14

Charlie e Constance passeggiavano per il terreno, nel giardino dietro a casa dove il muro di pietra si ergeva alto, simile a un’antica fortificazione. Charlie lo guardò con un’aria meditabonda. «Maddie pensa che un ladro abbia scalato questo muro e si sia introdotto in casa» disse. «Mi sembra altamente improbabile.»

«Non lo pensa davvero» gli rammentò Constance. «Probabilmente s’inventerà che Milton era andato a fare una passeggiata e che si è imbattuto nello stesso ladro, questa volta armato di pistola. Queste spiegazioni la rincuorano.»

«Lo so.» La prese sottobraccio e continuarono la loro passeggiata in mezzo ai rododendri. Il giardino sul retro di Smart House era troppo all’ombra. Con il muro della casa sul versante occidentale e la parete di roccia su quello orientale non poteva certo penetrare molto sole. Era piacevolmente fresco e umido, i sentierini erano cosparsi di corteccia sminuzzata.

«Non si può attraversare il giardino ed entrare in casa con un carrello, senza che la corteccia rimanga attaccata alle ruote o senza lasciare dei solchi nel terreno» disse Constance terminando il ragionamento cominciato da Charlie. «Ovviamente, se sono morti nel punto in cui sono stati ritrovati, allora questa considerazione diventa irrilevante.» Constance tacque, e Charlie la guardò aspettando chissà quali rivelazioni. «Lo voglio anch’io uno di quei carrelli da giardino» disse Constance con un cenno del capo, pensando alla raccolta delle mele. «Si può caricare molto peso e trainarlo facilmente.»

Charlie le afferrò il braccio e la spinse verso il fronte della casa. Da lì si godeva una vista sui campi da tennis e su un tradizionale giardino all’italiana con migliaia di rose, gigli e fiori che Charlie non aveva mai visto. Degli uomini stavano rovistando tra le piante. La nebbia era calata e si era fatta più vicina, mozzando la scogliera da nord a sud. Il sole appariva già pallido e informe e presto sarebbe stato completamente oscurato, mentre sulla costa sarebbe cominciato un altro giorno pieno di nebbia e foschia.

«Andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia» propose Charlie, e si avviarono verso il mare. Si fermarono in cima alla scogliera e Dwight Ericson li raggiunse. C’erano parecchi uomini radunati lungo il limite del livello dell’alta marea, in attesa che il mare si ritirasse completamente. Due di essi erano aggrappati alle formazioni di basalto su cui si era fermato il corpo di Milton.

Di fronte allo sguardo interrogativo di Charlie, Dwight si strinse nelle spalle. «Ancora niente. Per i vasi della casa stanno usando dei metal detector, ma l’oceano è grande. Con un buon lancio ci si può sbarazzare di un sacco di cose. Soprattutto cose pesanti.»

Osservarono in silenzio uno degli uomini impegnato nella ricerca della pistola scivolare tra gli scogli riuscendo però a trovare un appiglio. Per qualche istante l’uomo restò immobile, quando riprese a muoversi Constance tirò un sospiro di sollievo.

«È sicuro che Harry Westerman non abbia avuto la possibilità di raccoglierla?» domandò Dwight.

«Ne sono sicuro. E nemmeno di posarla, l’ho osservato attentamente.»

«Ma certo. Ho intenzione di trattenerli tutti in quanto testimoni chiave finché non avremo i risultati preliminari dell’autopsia, e comunque almeno fino a stasera. Non posso tenerli qui più a lungo.»

Arrivò uno degli uomini di Dwight e gli parlò a bassa voce. «Forse è arrivata la relazione preliminare su Sweetwater. Ci vediamo dopo.»

Né Constance né Charlie menzionarono di nuovo la passeggiata sulla spiaggia e continuarono a osservare gli uomini che si muovevano sugli scogli viscidi. Sebbene si stesse ritirando per la bassa marea, l’oceano sibilava e si frangeva rumorosamente sugli scogli bagnando gli uomini da capo a piedi. La foschia aveva coperto completamente il cielo, la temperatura era calata di colpo tanto che Charlie rabbrividì e si ritrovò a desiderare ardentemente il caldo sole di casa. In quel momento apparvero Jake e Beth.

Beth era pallida e aveva un’aria molto stanca, mentre Jake sembrava ancora troppo rigido, troppo teso.

«Hanno detto che possiamo andare dove vogliamo purché non usciamo dai confini di Smart House, stiamo alla larga dalla spiaggia, dall’atrio e…» La voce di Beth divenne stridula e lei si ammutolì. Guardò in basso, verso gli uomini sugli scogli, poi fissò lo sguardo sulla porzione di oceano ancora visibile, una distesa grigia punteggiata da schiuma bianca. «Stanno ancora cercando la pistola? Non la troveranno mai.»

«Probabilmente ha ragione» concordò tristemente Charlie. Guardò Jake che stava ancora osservando gli uomini in fondo alla scogliera, e gli domandò: «Secondo lei, quant’è intelligente Bruce?»

Jake parve sorpreso da quella domanda. «Maledettamente intelligente» rispose dopo un istante. «So che da quando siete arrivati Bruce ha fatto ben poco sfoggio delle sue doti intellettive, ma le assicuro che non aveva molto da invidiare all’intelligenza del fratello, e questo è certo.» Beth stava per dire qualcosa, ma Jake le prese la mano. «Un momento, c’è una cosa che va detta. Gary ha creato seri problemi emozionali o mentali a tutti quelli con cui è venuto a contatto.» Beth cercò di tirare via la mano ma Jake la trattenne. «In tutti questi anni vi ho osservati tutti quanti, quando eravate insieme a lui» disse. «Non sono cieco. Ha trasformato Maddie in una specie di serva sciocca. Anche Maddie invece è una donna molto intelligente. Suo marito lavorava all’ENIAC molti anni fa, e lei collaborava con lui. Maddie si è sempre tenuta aggiornata, ma Gary l’ha trasformata in una brava massaia con la farina sulle guance e la torta di mele nel forno. Era quella la madre che voleva, ed è ciò che Maddie è diventata per amor suo. Rich e Alexander lavoravano al progetto di Smart House per lui, non con lui. Noi possiamo definirci tutti persone abbastanza in gamba ma lui, Charlie, lui era un genio, un autentico genio, e questa consapevolezza ci ha spinto a rimanere al suo fianco fino alla fine.»

Beth continuava a dare dei piccoli strattoni per cercare di liberare la mano. Quando Jake si voltò a guardarla, la sua espressione non era più dura e irrigidita dalla tensione, ma piuttosto confusa e quasi ferita. Uno spasmo percorse il muscolo della guancia di Jake. «Perché non l’hai lasciato? Non l’hai lasciato sul serio, non hai divorziato?»

Di colpo Beth smise di tentare di liberare la mano. Un sentimento di grande confusione le attraversò il volto, e rispose allo sguardo di Jake fissandolo a sua volta. Jake lasciò la presa e infilò le mani in tasca.

«Scusa» le disse. «La mia domanda è fuori luogo.» Guardò prima Charlie e poi la grande distesa dell’oceano. «Il punto è che sapevo perfettamente cosa stava accadendo, lo sapevamo tutti, ma nessuno sì è tirato indietro. Nessuno poteva andarsene. In un modo o nell’altro Gary ha saputo trattenerci. A volte, quando si stava con lui, era come essere avvolti da un vortice di idee. Non semplici speranze o illusioni campate in aria, ma idee che potevano funzionare, che potevamo vedere realizzate. Noi eravamo consapevoli del fatto che nemmeno in un milione di anni avremmo avuto quelle intuizioni. Per alcuni era questa l’attrattiva principale di Gary. Era una persona stimolante e dinamica, ci faceva sentire migliori di quanto eravamo, migliori di quanto pensavamo di essere. Per quanto fossimo in gamba, lui era sempre molto più avanti rispetto a noi. Sapevamo che era irraggiungibile, e forse era proprio questo che ci attraeva, il fatto di sapere che eravamo nello stesso gruppo, che stavano accadendo grandi cose e altre ancora più grandi sarebbero accadute. Ci faceva compiere cose impossibili e, per Dio, era proprio questo il suo fascino! Anche quando a un certo punto ci siamo accorti che stava rovinando le nostre vite, lo abbiamo comunque lasciato fare.»

All’inizio le parole gli uscirono calme e misurate, poi il suo tono si fece sempre più affannato, infine la sua voce perse intensità fino ad arrivare quasi a un sussurro. «Se mai dovessi incontrare qualcuno come lui, scapperei il più lontano possibile. Se oggi Gary ritornasse in vita, conoscendo i suoi sogni, i suoi progetti, le idee che non aveva ancora nemmeno cominciato a sviluppare…» All’improvviso Jake smise di parlare, il volto pallido ed emaciato rivolto verso il mare. «Faremmo tutti esattamente le stesse cose» terminò la frase senza alcuna intonazione.

«Di nuovo dentro al sogno» sussurrò Beth.

Jake si scosse, la guardò e annuì. «Di nuovo dentro al sogno finendo per amare e odiare ogni minuto di quell’avventura. Riprendiamo la passeggiata.»

Beth annuì. In silenzio, ignorando Charlie e Constance, si allontanarono l’uno accanto all’altra senza alcun contatto fisico.

«Bene, bene» disse Charlie, e subito tacque nel vedere un poliziotto in uniforme che si avvicinava. Era Howie, l’agente che poco prima aveva relazionato Charlie nell’ufficio di Gary.

Il ragazzo accennò un saluto militare, arrossì e si bloccò prima di aver terminato il movimento. «Il capitano mi ha incaricato di dirvi che tra qualche minuto spareremo dei colpi di pistola per verificare se dall’interno si sente il rumore dello sparo.» E quasi senza volere terminò la frase dicendo: «Signore.»

Charlie annuì con serietà, Constance trattenne un sorriso e ritornarono a Smart House mano nella mano.

«Pensavo che potremmo piazzare qualcuno in varie stanze e vedere cosa succede» disse Dwight Ericson quando entrarono in casa. «Con le tende tirate e le porte chiuse per ricreare il più possibile le stesse condizioni della scorsa notte. D’accordo?» Dwight non aspettò la risposta. «Ho già spiegato agli altri cosa faremo, pensavano di dover tenere le porte aperte.»

Charlie finì nella camera di Laura e Harry. Diede un’occhiata al bagno e vide che era quasi identico a quello della sua stanza. La camera da letto, invece, era molto diversa. C’erano due letti, uno scrittoio, delle comode sedie e una libreria con dei bei libri e dei reggilibri di cristallo come anche i portacenere. Dentro a uno di questi c’erano delle graffette e due mozziconi di sigaretta. Charlie sapeva che appartenevano certamente a Laura, Harry non avrebbe mai messo a repentaglio la sua salute in quel modo. Sparpagliati sul tavolo da toeletta c’erano le solite spazzole e i prodotti di bellezza, oltre a due belle lampade; anche queste con la base di cristallo. La stanza aveva un’aria sfarzosa. In quella sua e di Constance, invece, l’uccello, il portacenere e le lampade erano cloisonné. Ogni stanza era stata arredata con cura, con raffinati accessori, a quanto pareva tutti diversi. "Un vero buco nero" pensò Charlie, e il termine stava assumendo sempre più significato.

Controllò la porta scorrevole, eliminò l’ultimo spiraglio di luce che filtrava tra le tende e aspettò di udire il rumore dello sparo. Un minuto dopo sentì bussare leggermente alla porta. Quando Constance entrò, scossero entrambi la testa.

Diede uno sguardo alla stanza, annuì in segno di approvazione e uscirono in corridoio ad aspettare Dwight Ericson che arrivò poco dopo con un’espressione estremamente delusa.

«Avete già portato via qualcosa dalla stanza di Milton?» domandò Charlie.

«No. Vuole dare un’occhiata?» Li condusse lungo il corridoio sino alla stanza numero tre, la porta accanto a quella di Beth che si trovava prima delle scale. Oltre le scale c’era la camera di Gary. Entrarono nella stanza e un poliziotto in divisa si alzò da una sedia a schienale alto guardando Dwight Ericson in attesa di ordini. Dwight gli fece segno di tornare a sedersi. La stanza, anch’essa diversa dalle altre, aveva pareti color avorio con intense sfumature mogano che emergevano qua e là, una moquette verde scuro e copriletti di un verde più chiaro. Gli accessori erano di rame lucido. Uno dei letti era stato preparato per la notte. Un pigiama di seta bianca lucente e una vestaglia in coordinato spiccavano sul copriletto verde. Una valigetta era appoggiata sull’altro gemello; sulla scrivania c’erano dei fogli, un portacenere di rame con un mezzo sigaro fumato e della cenere.

Appoggiati sulla scrivania inoltre c’erano anche un bicchiere con un dito d’acqua e un assortimento di penne e matite. Alcuni fogli erano impilati ordinatamente, altri erano sparsi sul tavolo come se Milton li avesse sfogliati più volte. La disposizione delle due spazzole e del pettine allineati con cura sul tavolo da toeletta rivelavano un ordine quasi militare, e lo stesso poteva dirsi di ciò che si trovava in bagno o nell’armadio. Un irritante pignolo che trattava con rispetto i propri oggetti personali, che amava l’ordine, fumava poco, beveva poco, sapeva di assomigliare a una star del cinema ed era morto troppo giovane. Charlie sospirò.

«Mi sono sentito esattamente così dopo aver esaminato la stanza, completamente disorientato» disse Dwight dando un ultimo sguardo in giro. «Non era ancora andato a dormire, stava lavorando ed è uscito finendo per farsi sparare e buttare nell’oceano. Qualcuno deve aver bussato alla sua porta, o forse l’assassino è stato colto di sorpresa dalla passeggiata a tarda notte di Sweetwater sul ciglio della scogliera, o magari aveva un appuntamento proprio laggiù.»

«Come avete fatto a entrare? Sweetwater aveva detto che avrebbe sbarrato la porta. Io per esempio nella nostra camera ho usato una sedia.»

«Credo che il problema non si sia nemmeno posto, siamo semplicemente entrati. Pensa che Sweetwater sia uscito dalla porta scorrevole del balcone?»

«In questo momento non credo un accidenti di niente» borbottò Charlie. Sentì le dita invisibili di Constance tra le scapole e la guardò. Constance era in piedi accanto alla porta, lontana da lui, ma Charlie aveva comunque avuto la sensazione della sua mano sulla schiena.

Constance scosse leggermente la testa, infastidita come lui da qualcosa che non le quadrava, e che non riusciva a identificare. «Avete rilevato le impronte in questa stanza?» domandò lentamente.

«E a quale scopo?» ribatté Dwight Ericson. «Anche se trovassimo delle impronte non significherebbe nulla. Chiunque avrebbe potuto entrare e uscire liberamente da una stanza all’altra.» È tutto troppo pulito «disse Constance.» Più pulito persino della nostra camera. Le pare possibile che Sweetwater si sia messo a lustrare ogni cosa? E se non ci fosse nemmeno un’impronta?

Dwight lece segno al poliziotto assegnato a quella stanza di avvicinarsi. «Fai venire qui Petey.» Appena l’uomo si fu allontanato, domandò a Constance: «Cosa le fa pensare che non ce ne siano?» Lanciò uno sguardo astioso alla camera come se per lui costituisse un oltraggio.

«Non lo so» rispose Constance. «Sembra ordinata in modo ossessivo, e non penso che Milton fosse un uomo con una personalità ossessiva. Naturalmente, però, potrei sbagliarmi.»

Mezz’ora più tardi, Dwight guardava Constance con una sorta di reverenza e Charlie con rassegnazione. «Non può essersi trattato semplicemente di un’intuizione» disse Dwight.

Non erano state rinvenute impronte né sulla scrivania, né sul tavolo da toeletta, né sulle lampade o sugli interruttori, né sui soprammobili di rame. Sul vetro invece avevano rinvenuto delle impronte piuttosto nitide, così come su varie superfici del bagno.

«Prima fai delle foto e poi svuota la stanza» disse Dwight al tecnico che stava ricercando le impronte. «Tutto quello che è trasportabile deve andare in laboratorio. Puoi lasciare qui il mobilio. Andiamo» disse poi a Charlie e Constance.

Nel grande corridoio fuori dalla stanza Charlie alzò una mano. «Non so voi, ma io ho intenzione di dirigermi al bar a bere qualcosa.»

«Mi piacerebbe poterlo fare» rispose Dwight con una sorta di ringhio. «Stasera magari.»

«A proposito di stasera» disse Charlie. «Tornerà a Portland quando avrà finito?»

«Il mio ufficio è là ma ho messo su bottega per un paio di giorni a Coos Bay, perché?»

«Avevo in mente una cena e uno scambio d’informazioni. Offriamo noi. Ci sta?»

«Mi sembra decisamente meglio di un McDonald’s.» Guardò l’ora e storse la bocca. «Facciamo alle sette e mezzo? Vi passo a prendere io.»

Sembrava che i poliziotti avessero terminato le ricerche nel giardino dell’atrio. Quando Charlie e Constance entrarono, Bruce li salutò dal bar con la mano e Maddie annuì. Sul bancone c’era un vassoio con formaggio, piccoli salamini e cracker. Charlie si avviò verso il bar e fece segno a Constance di sedersi a un tavolo.

«Oggi ti faccio da cameriere» le disse allegramente. «Cosa desidera, signora?»

«Del vino, per favore. L’accesso alla spiaggia è di nuovo consentito?» domandò a Maddie che pareva ben poco interessata al bicchiere di Martini che aveva in mano. La donna appoggiò le labbra al vetro senza bere e riposò il bicchiere.

«Penso di sì.» La voce di Maddie sembrava quella di una vecchia, era una voce roca, aspra, tremolante. «Secondo Harry i poliziotti non hanno trovato niente. Credo che siano ancora qui intorno da qualche parte.»

Charlie portò il vino e un piatto di stuzzichini, prese un salamino e ritornò al bar. Constance spalmò sul cracker del formaggio, un Brie molto cremoso. «Buono» disse, e con sua grande sorpresa si ritrovò a pensare a Brutus, uno dei loro gatti. Prima che lo trovassero era vissuto per le strade di New York e conosceva l’arte di arrangiarsi. Il suo cibo preferito era il Brie o qualunque altro formaggio che Charlie stesse mangiando. Per anni aveva tentato di far perdere al marito il vizio di lasciare il piatto di formaggio nel soggiorno. A New York costituiva un richiamo per un infinito numero di ospiti indesiderati, per questo Constance aveva preso l’abitudine di portare lei stessa il piatto del marito in cucina. Poi Brutus era arrivato nelle loro vite, e nel giro di una settimana Charlie aveva imparato a farlo da solo.

Constance si rese conto che era quella maledetta Smart House a farle venire voglia di tornare a casa, al caldo, dai suoi terribili gatti e da tutto ciò che significava vita casalinga, senza l’odore di cloro che penetrava dappertutto, lo stucchevole profumo delle gardenie e dei fiori d’arancio…

«Eccovi qui!» esclamò Laura a voce troppo alta. La donna si avvicinò al bar. «Se c’è un modo per mettere su un po’ di musica posso fornirla io.»

«Noi ce ne andiamo alla spiaggia» disse Charlie. «È da stamattina che cerco di fare una passeggiata. Forse questa è la volta buona.» Sollevò il bicchiere e ne verificò il contenuto. «Questo viene con me. Sei pronta?» Si alzò e tese la mano a Constance.

«Assolutamente sì.» Constance guardò Maddie. «A proposito, non ceneremo qui stasera. Penso sia meglio passare in cucina ad avvertire Mrs Ramos.»

«L’avvertirò io» disse Maddie con quella sua nuova voce da anziana.

«Vi serviranno dei maglioni» urlò loro Laura mentre uscivano dall’atrio. «E questa in Oregon la chiamano estate! Mah!»

Alla fine del sentiero che scendeva alla spiaggia videro Beth e Jake camminare lentamente verso di loro. Beth aveva la testa china e le mani in tasca. Jake, a qualche metro da lei, avanzava in riva all’oceano tirando calci alla schiuma e ai detriti portati dall’acqua. L’uomo alzò lo sguardo e li salutò per primo. Subito dopo li scorse anche Beth, li salutò e allungò leggermente il passo.

«Tranquilli» disse loro Charlie quando si furono avvicinati. «Siamo venuti a fare una passeggiata, niente di più.» Si guardò intorno soddisfatto. «Carino quaggiù.» Finsero tutti di non essersi accorti della presenza dei due uomini che proseguivano la ricerca dell’arma del delitto tra le asperità degli scogli, a mano a mano che la bassa marea si ritirava scoprendone una porzione sempre maggiore.

Jake annuì. «Ci sono quasi due chilometri fino alla successiva barriera di scogli. Facendo avanti e indietro di corsa si coprono circa cjuattro chilometri, un bell’allenamento giornaliero.»

«Direi proprio di sì» disse Charlie rabbrividendo leggermente. «Penso che faremo due passi prendendocela molto con calma.» Charlie era fermamente convinto che un adulto dovesse correre per sfuggire a una minaccia o per precipitarsi su un tesoro, e che in tutti gli altri casi dovesse semplicemente camminare. I bambini correvano solo perché riuscivano a farlo senza fatica.

«Abbiamo trovato delle pietre di agata» disse Beth in modo un po’ maldestro. «In estate però non ce ne sono molte. Se ne trovano di più d’inverno, soprattutto dopo una mareggiata.» Sembrava in imbarazzo. Quindi aggiunse con un tono allegro: «Be’, ho bisogno di farmi una doccia, sono tutta piena di sabbia.»

Beth e Jake ripresero a camminare, ma subito l’uomo si fermò e disse: «Se vi spingete oltre gli scogli tenete d’occhio la marea, o potreste rimanere bloccati. L’alta marea sale piuttosto velocemente.»

«Grazie per il consiglio» gli rispose Constance. «Staremo attenti. Ci vediamo.» E proseguì insieme a Charlie lungo la costa.

«Due chilometri» disse Charlie con un’espressione dubbiosa. «Non sembra così lontano, vero?»

L’insenatura formava una mezzaluna perfetta racchiusa tra due braccia di pietra protese verso il mare, le cui dita erano formate da un ammasso di scogli frantumati. La bassa marea si stava ancora ritirando, nel punto centrale dell’insenatura la spiaggia era larga una sessantina o anche una settantina di metri, ma il segno del livello dell’acqua indicava che la maggior parte di essa scompariva con l’alta marea. Ai piedi della scogliera c’erano tronchi sradicati dalla forza dell’acqua e trasportati fin lì dalla corrente, alcuni lunghi oltre due metri con un diametro di un metro, un metro e mezzo. Charlie li guardò con un certo rispetto. Un tronco di quelle dimensioni trascinato da un’onda avrebbe potuto essere letale per un uomo. Dalla sabbia emergeva lo scheletro bianco di un intero albero, e le radici rovesciate superavano in altezza i rami rimasti attaccati al tronco. L’insieme delle radici raggiungeva un’altezza di tre metri e mezzo, e ogni radice terminava con una punta simile a un pugnale resa affilata dall’azione dell’acqua.

Camminavano lentamente fermandosi di tanto in tanto a raccogliere qualcosa che, dopo aver esaminato attentamente, restituivano alla sabbia. La marea ritirandosi formava pozze d’acqua sempre nuove, ognuna con i suoi affaccendati abitanti, ognuna che meritava di essere osservata con calma, con stelle di mare rosse, vistosi anemoni di mare che si richiudevano di scatto comunicando tutta la loro insofferenza, pesci che guizzavano fuori dall’acqua e granchi disorientati che correvano veloci attraverso la vita avanzando lateralmente. Percorsero i due chilometri abbastanza in fretta e si arrampicarono su un affioramento roccioso per osservare l’insenatura successiva, identica a quella in cui si trovavano, altrettanto isolata, altrettanto nascosta. La distesa di scogli si estendeva verso il mare e le onde vi si infrangevano con fragore producendo schiuma e un’eruzione di spruzzi simile a una tempesta in miniatura. Charlie e Constance non si spinsero oltre.

Videro scogliere di arenaria e basalto nero messe a nudo come a rivelare le fondamenta stesse della terra, e poi la sabbia chiara che sembrava d’argento attraverso il velo di foschia, l’oceano luccicante, grigio, bianco di schiuma. In cima alla scogliera c’era un bordo nero formato dagli alberi, e tutt’intorno non una presenza umana. Tornando indietro, Charlie fece scivolare il braccio intorno alla vita di Constance che fece altrettanto con il marito, e cominciarono a camminare sincronizzando i passi.

«Sai cosa cambierei della mia vita, se potessi?» disse Charlie dopo qualche istante.

«Che cosa?»

«Ti sposerei prima. Pensa a tutti gli anni in cui non siamo stati sposati. Anni buttati, solo tempo perso.»

«Charlie, eravamo praticamente dei bambini quando ci siamo sposati. Avevamo appena finito l’università!»

«Forse tu eri troppo giovane» disse con un’espressione assennata. «Io invece ero un ragazzo maturo, responsabile e con forti pulsioni sessuali.» Ignorò la risata di Constance e aggiunse: «Beth e Jake stanno bene insieme, vero? Pensi che stia nascendo qualcosa tra loro?»

«Se è così non si sono ancora abituati all’idea. Sembrano ragazzini sorpresi sul sedile posteriore di un’auto.» Constance serrò con più forza il braccio intorno alla vita del marito e gli domandò a bassa voce: «Cosa c’è che non va? Cos’hai sentito, visto, fatto, pensato?»

Charlie si fermò, si voltò verso l’oceano e le raccontò della conversazione tra Bruce e Harry che lui e Jake avevano ascoltato nascosti nel giardino.

Constance fu percorsa da un brivido, e questa volta fu Charlie ad abbracciarla più stretta. «Harry ha mandato qui Laura perché scoprisse cosa aveva in mente Gary, vero?» disse infine Constance. «Ora questo…»

«Dubito che sarebbero disposti ad ammetterlo» disse Charlie «ma sono pronto a scommettere. Stanno giocando una partita a scacchi con la realtà, usandosi a vicenda, formando alleanze…»

Constance annuì. «Questo spiega anche altre cose. Per esempio il risentimento di Laura per il fatto che, dopo aver parlato di divorzio, Gary l’avesse scaricata. Gary doveva aver capito le intenzioni di Laura, anche lui faceva il loro stesso gioco.»

«È un miracolo che Gary sia arrivato fino al trentesimo compleanno» fu il commento di Charlie. Ripresero a camminare e dopo un istante Charlie disse dispiaciuto: «Sai, quando parlano di computer non capisco una sola parola. E non stanno nemmeno discutendo di questioni tecniche, solo di strategie commerciali, di losche manovre aziendali. Ma anche quella per me è una lingua incomprensibile. Mi sembra di aver capito che vogliano fare in modo che il governo li spinga ad accettare una sovvenzione. Accidenti, avrei dovuto prendere appunti, un giorno o l’altro potrei mettermi in affari anch’io.»


Ritornati nelle loro stanze, Constance disse di sentirsi piena di sabbia e sale. S’infilò sotto la doccia e Charlie la raggiunse poco dopo. Constance gli fece notare che c’era il tempo per due docce, ma lui le fece notare che aveva in mente ben altre cose. Quando Dwight Ericson arrivò a prenderli erano entrambi piacevolmente umidi e profumati, i loro occhi brillavano.

Dopo che si furono seduti e il cameriere ebbe confidato loro che si chiamava George ed era nato per servirli e allietare la loro serata, Charlie decise che il ristorante in cui Dwight li aveva portati era troppo elegante. Charlie sospirò e guardò Constance tutta presa dalla lettura dell’elaborato menù, la bocca contratta per la fame o per mascherare un sorriso. Charlie diede anche lui una scorsa al menù, e rimpianse i grandi piatti di frutti di mare al vapore che avevano mangiato l’ultima volta sulla costa dell’Oregon. In quel locale il cibo costava sicuramente troppo, era pieno di salse e servito da George.

Quando arrivarono gli aperitivi che avevano ordinato, perfettamente dosati e alla giusta temperatura, si sentì molto più ben disposto. Ordinarono la cena, poi Charlie guardò il giovane cameriere con aria severa.

«George» disse Charlie. «Sono un anziano signore piuttosto irritabile e molto, molto attaccato alle mie abitudini. Tra venti minuti esatti voglio vedere sul tavolo un altro Gibson uguale a questo, ma senza che sia seguito da alcuna conversazione. A lei servirà un altro daiquiri e a lui un altro Scotch con acqua. In quel lasso di tempo non voglio vedere né cibo, né insalate, né pane. Nulla di nulla. Ha capito bene?»

George parve più spaventato che offeso. Abbassò la testa e si allontanò in fretta. Charlie sorseggiò il suo cocktail con gusto e disse a Dwight: «Forse riusciremo a stare in pace senza essere disturbati per venti minuti. Novità?»

«Qualcuna» rispose Dwight, e si chinò verso di lui. «Ma non sembra avere molto più senso di quello che già sappiamo riguardo a questa storia assurda. La relazione preliminare del medico legale ha stabilito che Sweetwater è morto in seguito alla caduta dalla scogliera. Aveva contusioni e fratture ovunque, ma la causa della morte è stata una ferita alla testa. A Sweetwater però hanno anche sparato proprio alla testa, ma il foro del proiettile non ha sanguinato, e questo significa che era già morto quando lo hanno colpito. Charlie, è come se qualcuno lo avesse raggiunto dopo il volo sugli scogli e gli avesse sparato. Oppure qualcuno lo ha colpito con una pietra o un altro oggetto contundente, poi gli ha sparato e lo ha gettato giù dalla scogliera. Nessuna delle due ipotesi mi sembra convincente.»

«Dio santo!» Charlie terminò di bere il Gibson e pensò che era stato frettoloso nel dire al cameriere di servirgli il secondo cocktail dopo così tanto tempo.

«Già» commentò Dwight con aria un po’ troppo compiaciuta. «L’unico modo per rendere credibile questo scenario è immaginare che Sweetwater fosse fuori con qualcuno, e che sia scoppiato un litigio. L’altra persona ha raccolto una di quelle pietre levigate e decorative che si trovano intorno a Smart House e lo ha colpito, poi ha preso la pistola di Sweetwater e immagino gli abbia sparato pensando che non fosse ancora morto. Questo spiegherebbe come mai c’è così poco sangue sul ciglio della scogliera. A volte un bel colpo assestato alla vecchia maniera con un’arma contundente ottiene il risultato voluto senza un grande spargimento di sangue. L’assassino poi ha fatto rotolare giù il corpo di Sweetwater e ha gettato la pistola il più lontano possibile. L’alta marea è alle sei e quaranta del mattino. Sto utilizzando un paio di sommozzatori per cercare quella dannata pistola. Cosa ne pensa di tutta questa storia?»

«Penso che sia un gran pasticcio» rispose cupamente Charlie.

«Quindi c’era la bassa marea a quell’ora» intervenne a quel punto Constance. «È tutto così poco logico. Sweetwater era morto, e anche se l’assassino non ne era del tutto certo, di sicuro la sua vittima non si stava muovendo, era svenuta. Su questo punto non ci sono dubbi. Perché non farlo rotolare semplicemente giù dalla scogliera e lasciare che l’oceano pensasse al resto? In quel modo avrebbe anche potuto passare per una morte accidentale. Un uomo cammina nella nebbia, scivola e precipita in mare sugli scogli aguzzi. Quantomeno in quella situazione nessuno avrebbe potuto provare che si trattava di un omicidio.»

«Lo so» disse Dwight con un profondo sospiro. «Lo so.»

Nei minuti successivi nessuno parlò. George arrivò con un vassoio, prese i bicchieri vuoti, li sostituì con quelli pieni e si allontanò nuovamente senza dire una parola. Dwight sollevò il bicchiere e fissò il contenuto.

«E sapete cosa penso?» disse con una certa rabbia. «Penso che stiano mentendo tutti, che si stiano coprendo a vicenda, che stiano proteggendo Bruce Elringer, la società. A un certo punto Sweetwater era ritornato in sé, vi aveva assunti e aveva minacciato di raccontare tutto… È per questo che l’hanno fatto fuori, e ora pensano di poter di nuovo chiudere i ranghi come hanno sempre fatto.»

«Bruce?» mormorò Charlie con un’aria preoccupata.

«Bruce.» Dwight si fece scuro in volto. «So che ha ucciso suo fratello e Rich Schoen da questa primavera ma non sono riuscito a trovare uno straccio di prova perché mentono tutti dal primo all’ultimo. Se riuscirò a stabilire una connessione tra lui e la pistola, questa volta non mi sfuggirà.»

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