12

Charlie e Constance cercavano Alexander e invece s’imbatterono in Beth. Era pallida e sul punto di scoppiare in lacrime. «Non ce la faccio più» disse stancamente. «Mi stanno facendo impazzire.» Aveva una felpa appoggiata sul braccio e indossava dei jeans, una camicia scozzese e scarpe da ginnastica. «Scendo alla spiaggia.»

«Cos’è successo?» le domandò Constance.

Nell’udire il tono preoccupato di Constance si mise quasi a piangere e scosse la testa senza dire una parola.

«Ha fatto colazione? Andiamo, bisogna che metta qualcosa nello stomaco prima di uscire. Fa piuttosto freddo ed è ancora tutto bagnato per la nebbia. Charlie, ti raggiungo dopo.»

Charlie la guardò condurre la giovane donna nella sala della colazione e si mise alla ricerca di Alexander. Qualsiasi cosa stesse tormentando Beth, Constance lo avrebbe scoperto in cinque minuti, pensò, e ci avrebbe anche scommesso sopra se lì intorno ci fosse stato qualcuno a cui spillare dei soldi.

Charlie era già diretto verso le scale del seminterrato quando vide Harry e Bruce nell’ampio corridoio davanti alla porta della biblioteca. Sembrava stessero litigando. D’un tratto Harry afferrò Bruce per un braccio e lo sospinse verso la porta più vicina attraverso la quale passarono in giardino. Charlie cambiò meta e salì velocemente le scale fino al corridoio curvo, lo percorse ed entrò nel giardino dal piano superiore cercando di non fare rumore. Sapeva che dal basso nessuno poteva vederlo attraverso la fitta vegetazione. Era una giungla là in mezzo, pensò, e cominciò ad avanzare prudentemente costeggiando le piante, talvolta abbassandosi per evitare che Bruce o Harry lo vedessero nel caso in cui avessero sollevato lo sguardo.

Charlie dovette percorrere i due terzi del giardino per riuscire finalmente a udire le loro voci. I due erano al bancone del bar, uno di fronte all’altro. Ora Charlie riusciva a scorgerne dall’alto le teste. Spostandosi con cautela, scese lentamente i gradini avvicinandosi il più possibile al bar finché l’indistinto mormorio divenne abbastanza definito da poter afferrare le parole, e a quel punto si fermò. Un lussureggiante banano lo nascondeva alla loro vista. Una grossa protuberanza rossa indicava che la pianta stava fruttificando. Quella protuberanza aveva un qualcosa di stranamente osceno. Charlie si mise ad ascoltare.

Bruce aveva continuato a imprecare per quasi un minuto di fila, urlando una monotona serie di parolacce finché Harry aveva sbattuto la mano con forza sul piano del bancone.

«Chiudi il becco, per Dio, e stammi a sentire. Non c’è tempo per questo, ormai. Ce la fai a convincerla?»

«Certo, te l’ho già detto. Chiederò a mamma di darsi da fare con Beth, non ti preoccupare.»

«Non ti preoccupare! Bene, me lo ricorderò. Ascolta, dobbiamo diffondere una certa voce. Voglio far circolare la notizia che Bos e Bos2 fanno sembrare Unix un gioco da ragazzi. Ne annunceremo l’uscita in autunno e la dimostrazione in primavera. Questo è quanto.»

«Vaffanculo! Non abbiamo mai dovuto ricorrere al trucco di annunciare dei software che non andranno mai in commercio!»

«Vuoi stare zitto? Grollier potrebbe andare bene per mettere in giro la voce. Ci serve un’altra gola profonda che spifferi tutto quello che sa, chi potrebbe essere?»

«Non certo Beth, anche se l’avessimo già dalla nostra parte. Conosce troppe cose per parlare, e Grollier lo sa. Qualcuno della squadra di Alexander?»

«No, per lo stesso motivo.»

«Ma perché dare la notizia di un software che non verrà mai commercializzato? Perché in questo momento? Cosa cazzo cerchi di fare utilizzando questi squallidi sistemi?»

«Cristo!» gemette Harry disperato. «Usa un po’ di cervello! Abbiamo bisogno di liquidi, un bel po’ di liquidi, e ne abbiamo bisogno subito, altrimenti finiremo tutti gambe all’aria. Non possiamo chiedere soldi al dipartimento della Difesa, ma se fossero loro a venire da noi? Quali sarebbero le nostre condizioni di vendita? Lo sapevano tutti a cosa stava lavorando Gary. Dio santo, lo sa il mondo intero quello che stava cercando di fare. Ora noi mettiamo in giro la voce che c’è riuscito, così loro ci contattano. Devi assicurarti che Beth non cambi idea, devi farle tenere la bocca chiusa e restare tranquilla almeno per i prossimi tre, quattro mesi. Questo ci darà il tempo di valutare il risultato della voce che abbiamo messo in giro, e a quel punto ’fanculo Beth!»

«Il tuo piano è troppo vago» obiettò Bruce dopo una pausa. «Bos lo conoscono già ma vedranno Bos 2 come una trovata pubblicitaria e nulla di più.»

«Sbagliato» disse Harry. «Dobbiamo studiare quello che vogliamo far sapere con grande cura. A mettere in giro la voce deve essere qualcuno che non ne conosce il significato, ed è per questo che Beth non sarebbe adatta. Diciamo Bos 3.7 e Bos 2 2.4. Dovrebbe andare, non credi?»

Bruce fece una pausa ancora più lunga della precedente, poi cominciò a parlare con un tono più misurato: «Non può essere Grollier. Ci sono un paio di altre persone che fanno al caso nostro. Sal Vinton, per esempio, e anche Laura sarebbe adatta. Con Sal Vinton Laura sarebbe perfetta.»

Fino a poco prima Charlie si era accontentato di riuscire a sentire le loro voci, ma in quel momento desiderò anche di poterli vedere. Spostò leggermente la foglia di banano che aveva davanti al viso e colse un movimento con la coda dell’occhio. Guardò meglio e vide Jake che origliava, esattamente come lui, nascosto tra il fogliame del livello superiore. Ovviamente Jake doveva essersi accorto della presenza di Charlie già da qualche tempo, per questo si limitò ad annuire appena, restando immobile senza fare rumore.

«L’altra questione è quando iniziare a far circolare la voce» disse infine Harry senza il minimo cambiamento d’intonazione. «Dev’essere il prima possibile. Se iniziassimo questo fine settimana sarebbe un fallimento, naturalmente, ma Laura può cominciare da lunedì. Due, tre settimane dovrebbero essere sufficienti…»

Jake stava pian piano risalendo i gradini. Raggiunse la porta scorrevole più vicina, la aprì e si fermò sulla soglia come se fosse appena entrato nell’atrio. «Beth, sei qui?» urlò.

Charlie vide le teste di Bruce e Harry lasciare il bar e uscire dal giardino. Charlie si voltò verso Jake. «Tante grazie. Stavo assistendo a una lezione di etica informatica, credo.»

«Se avessimo voluto salvare anime ci saremmo dati al sacerdozio» rispose bruscamente Jake. Si voltò e si allontanò attraverso la porta scorrevole.


Beth si era sentita troppo imbarazzata per chiedere la colazione a Mrs Ramos, e aveva troppa paura di dare fastidio per andare in cucina a prepararsi qualcosa. Beth ammirò la sicurezza con cui Constance ordinò per lei uova strapazzate, pane tostato e caffè. «È l’idea di tutti quei soldi» disse d’un tratto, come se solo adesso si fosse resa conto di qualcosa d’importante. In effetti l’argomento era importante. I soldi stavano trasformando tutti in estranei, e lei era come una sconosciuta anche per se stessa. «Ho appena fatto una scenata a Maddie» disse con un filo di voce. «Che strano. Dopo tutti quegli anni con Gary e le volte che avrei potuto trovare delle scuse per prendermela con lei e non l’ho mai fatto, mentre adesso…»

«Maddie cosa vorrebbe che facesse?»

«Intanto vorrebbe che fossi più gentile con Bruce» disse amareggiata. «È come chiedere di essere gentile con un serpente a sonagli.»

Mrs Ramos apparecchiò, portò il caffè e si allontanò silenziosamente così come era arrivata. Constance versò il caffè a tutte e due benché ne avesse già bevuto parecchio quella mattina. In qualche modo, pensò, condividere il caffè o il cibo agevolava la conversazione. Agevolava le autorivelazioni, si corresse.

«Ha un comportamento che sfiora l’isteria» disse Constance vedendo che Beth non sembrava voler proseguire il discorso. «La gente in quello stato dice e fa cose che normalmente non direbbe o farebbe.»

«Credo sia così. Non siamo mai stati ricchi. La mia famiglia non ha mai avuto soldi. I miei lavoravano per l’amministrazione pubblica, mia madre è stata infermiera per qualche tempo ma ha lasciato il lavoro appena siamo andati all’università. Io e mio fratello, intendo. Avevamo una borsa di studio ma mio fratello ha smesso di studiare. Era troppo difficile finanziariamente, e poi voleva sposarsi. Anche quando Gary ha cominciato a guadagnare non avevamo soldi. Capisce cosa intendo? Se gli arrivava un assegno di mille dollari ne spendeva istantaneamente duemila. Poi è nata la società e siamo stati tutti assunti, ma neppure allora abbiamo visto il becco di un quattrino. C’era sempre qualcosa di più grande o migliore da comprare, un laboratorio più spazioso da affittare, altro personale da assumere e così via. Quando sono tornata all’università la situazione stava appena cominciando a migliorare. Pensavo che fosse finito il tempo delle economie, e credo che lo avessero pensato tutti. Nessuno di loro aveva grandi conti in banca. Avevano idee, progetti, sogni, speranze, ma neanche un soldo. A parte Milton, credo, ma di certo non gli altri.»

Constance si rese conto che quel discorso era fuori luogo. Non era ciò per cui avevano litigato Maddie e Beth. Aspettò. Quando la maniglia cominciò ad abbassarsi si alzò e con estrema gentilezza prese il vassoio dalle mani di Mrs Ramos, disse qualcosa e ritornò al tavolo con la colazione. Beth era ancora intenta a guardare fuori dalla finestra e non si era accorta di nulla.

«Maddie dice che se fossi stata più carina con Gary, se non lo avessi lasciato, non sarebbe successo nulla di tutto questo. Dice che si è incattivito a causa mia. Ora tutti trattano male Bruce, lui ne soffrirà e diventerà anche lui cattivo o chissà che altro. Maddie desidera che sia gentile con lui, che gli dica che non voglio soldi per le azioni, che aspetterò il momento più opportuno finché i guai non saranno passati.»

«Mangi la sua colazione» le disse Constance quando Beth ricadde nel silenzio.

Beth prese un boccone, poi un altro, senza nemmeno guardare il cibo. Posò la forchetta e bevve dell’altro caffè. «Mi ha detto che Bruce ha accettato delle pesanti condizioni economiche per gli alimenti della moglie, la sua ex moglie, perché pensava che non avrebbe avuto problemi di soldi. Se fossi rimasta con Gary non avrebbe pensato a quello stupido gioco. Uomini adulti che si aggirano furtivamente con palloncini, pistole ad acqua, fratello contro fratello. Ed è tutta colpa mia! Se fossi rimasta con lui e avessimo avuto dei bambini non avrebbe cominciato a occuparsi di Smart House!» Il mento le tremava di nuovo e aveva gli occhi lucidi e gonfi di lacrime.

Constance le appoggiò una mano sul braccio e le disse con fermezza: «Beth, Maddie è molto spaventata. Perché ha così paura?»

«Le è crollato il mondo addosso. Gary è morto, Bruce è… È convinta che Bruce abbia ucciso il fratello, credo. Gary era il sole, Bruce la luna, ed erano tutto per lei. Questa consapevolezza la spaventa a morte.»

Charlie e Alexander si trovavano nell’appartamentino di Gary. Charlie era al computer e lo stava detestando con tutte le sue forze. Alexander era seduto accanto a lui.

«Non c’è bisogno che le spieghi come lo so» disse Charlie rabbiosamente. «Le dico che aveva una serie di comandi separati, o qualcosa del genere, a cui poteva accedere attraverso questa dannata macchina, mi creda. Lei lo conosceva bene, cerchi di entrare nella sua testa. Se avesse una stanza segreta, per esempio, come aprirebbe e chiuderebbe la porta?»

Alexander si mordicchiava le unghie guardandosi intorno nervosamente e rifiutandosi di entrare nella testa di Gary anche solo per un istante. «Qualsiasi cosa. Avrebbe potuto programmare qualsiasi cosa avesse voluto. Come faccio a saperlo?»

Charlie inspirò brevemente. «Va bene, va bene. Facciamo un gioco. Attraverso questo computer possiamo colloquiare con quello principale, giusto?»

Alexander annuì stancamente.

«Immaginiamo che io voglia chiudere a chiave la porta e non mi voglia alzare. Cosa potrei fare?»

«Entrare nelle funzioni della sicurezza. È un programma separato che va sotto la denominazione sicurezza. È sufficiente che digiti la parola.»

«Bene. Di solito usava parole normali come questa? Nessun codice segreto o altri stratagemmi?»

«Dipende da cosa doveva fare.»

Charlie imprecò sottovoce e guardò il ragazzo. «Aveva creato un codice segreto, ammesso fosse questo ciò di cui si serviva?»

«Non lo so.»

«Lo deve sapere!» gli gridò Charlie, ed ebbe l’impressione che Alexander volesse scappare via, così lo afferrò per un braccio e lo trascinò sulla sedia di fronte alla tastiera. «Lei sa sicuramente qual è, e ora me lo cercherà. Non può essere sicurezza, quel programma è accessibile a tutti nel computer principale. Potrebbe trattarsi di un altro programma? Di un segnale? Di un codice di accesso o di un comando? Cosa potrebbe essere?»

Alexander sembrava terrorizzato e scosse la testa.

«Non si alzerà da qui finché non lo avrà trovato, ha capito?»

Sconsolato, Alexander iniziò a digitare sulla tastiera con due sole dita. Cominciò a scorrere un testo e il ragazzo guardò il monitor. Fece qualche operazione per cancellare la schermata, digitò nuovamente qualcosa e poi di nuovo, e di nuovo ancora. Qualche minuto dopo alzò lo sguardo pieno di speranza. In quel momento si udì bussare.

«Non si muova!» Charlie aprì appena la porta, vide che era Constance e la fece entrare.

Constance si accorse della presenza di Alexander e rivolse al marito uno sguardo interrogativo. Charlie aveva un’aria particolarmente corrucciata.

«Alexander sta cercando il codice che ha usato Gary» disse cupamente.

«È inutile» ribadì Alexander facendo appello alla comprensione di Constance. «Non può pretendere che gli dica qualcosa che non so.»

«Ha provato nella directory?» gli domandò Constance.

«Conosco tutti gli elementi che contiene, ma lui pensa che si tratti di qualcos’altro in aggiunta ai normali file.»

Constance annuì. Se Charlie era convinto di questo probabilmente aveva ragione. «Forse non in aggiunta, ma nascosto in uno dei file che già conosce.»

«È quello che sto cercando di verificare» rispose sconsolato.

Constance lo guardò per alcuni secondi poi disse: «A cosa era meno interessato? Alla serra? Alla cucina? A qualcosa fuori dalla casa? All’autorimessa?»

Alexander lanciò uno sguardo impaurito a Charlie e digitò un nuovo comando, e poi un altro ancora. Stava scorrendo i beni inventariati delle varie stanze tra cui la sala musica e la libreria. Era appena passato alla cucina quando all’improvviso trasalì nell’udire la voce di Charlie, ma questa volta il tono era gentile, sommesso e confortante come quello di un amorevole genitore. «Basta così, Alexander. Ora può andare. So che ha del lavoro da sbrigare.»

Il ragazzo guardò alternativamente Charlie e Constance, balzò in piedi e uscì quasi di corsa dalla stanza.

«Lo hai visto anche tu?» le domandò Charlie. Constance annuì e Charlie si sedette al computer e digitò "sala tv". Apparve una nuova schermata con sottocategorie riguardanti il mobilio e una lista di videocassette. Ad attirare Charlie e Constance era stata proprio quella lista la cui prima voce era "Sesamo". Charlie spostò il cursore su "Sesamo" e lo selezionò. Constance emise un suono soffocato. Una porzione di muro si stava spostando rivelando una porta.

«Sapevo che quel figlio di puttana era capace di farlo» mormorò Charlie, e Constance sorrise.

Charlie cominciò a canticchiare sottovoce, emettendo un suono monotono più simile alle fusa di un gatto che a una voce umana. Si chinò a esaminare la porta senza toccarla, tornò alla scrivania e prese una matita. Premette la gomma sul primo dei tre pulsanti posti sul rivestimento della porta e questa si aprì. Si ritrovarono davanti un altro ascensore non più grande di un metro per un metro, sul cui pavimento erano appoggiati un rotolo di copie cianografiche e due computer portatili perfettamente uguali a quello che avevano recuperato nel vaso di gardenia.

«Bene, bene» disse Charlie a bassa voce con un tono decisamente soddisfatto. «Che bella sorpresa!»


Beth si trovava in cima al lungo sentiero che portava alla spiaggia scendendo di una sessantina di metri. Il vento si era calmato e la temperatura era persino calda, un evento raro per la costa dell’Oregon. In lontananza vedeva le pozzanghere lasciate dalla bassa marea. Non c’era nessuno. Beth cominciò a scendere verso la spiaggia. In alcuni punti il sentiero era stato scavato nella roccia, in altri era ricoperto da una pavimentazione nera, e dove il percorso diventava pericolosamente ripido avevano costruito scale e ringhiere. L’ultima volta che era stata lì aveva capito che scendere era piuttosto facile, ma non risalire. Dopo aver parlato con Constance nella sala della colazione, si era sentita curiosamente vuota, senza energie. E i pensieri, così come erano arrivati, le erano sfuggiti senza lasciarle il tempo di fare delle considerazioni. Beth però sapeva che doveva ripensare alle cose che Maddie aveva farfugliato quella mattina. Continuava a ripetersi che non era giusto, questa volta cercando di fissare i pensieri nella sua mente ed esaminandoli a lungo. Se avesse accettato un pagamento differito per la sua quota azionaria sarebbe rimasta al verde per mesi, forse persino per anni, e di certo questo non era giusto. Se avesse preteso adesso quello che le spettava avrebbero dovuto vendere la società a un prezzo inferiore rispetto al valore di mercato, e anche questo non era giusto. Aveva lasciato il tetto coniugale a causa di quello che Gary era diventato. Non era diventato così perché lei se n’era andata. Tutto non era giusto! Bruce non era un suo problema, e nemmeno Maddie.

Quello che desiderava veramente, pensò, era ottenere parte del denaro che la società le doveva. Che le doveva, ripeté. Quei soldi li avrebbe investiti nella piccola casa editrice di Margaret Long, sarebbe tornata a occuparsi di quel genere di libri con cui nessun editore commerciale voleva avere a che fare. Nessuno considerava mai che anche lei aveva dei sogni, delle ambizioni, pensò tristemente.

Scivolò e afferrò la ringhiera. Sul sentiero c’era un tratto all’ombra attraversato da un rigagnolo d’acqua, che spariva tra i coriacei cespugli erbosi delle dune che scendevano fino al livello dell’alta marea. La marea era più bassa dell’ultima volta in cui si era spinta fino al mare. La spiaggia era più ampia di quello che immaginava potesse diventare. Era delimitata a nord da un promontorio, e sull’altro versante dalla scogliera su cui sorgeva Smart House. Quella mattina però Beth avrebbe potuto oltrepassare gli scogli in entrambe le direzioni e camminare per ore. Non era giusto, pensò nuovamente, e si morse il labbro per l’esasperazione. Fece l’ultima curva e lasciò il sentiero avanzando a fatica sulla sabbia, diretta verso la parte più compatta della spiaggia dove si poteva camminare agevolmente.

Nelle pozze d’acqua lasciate dalla marea c’erano stelle di mare rosa e rosse, e anemoni di mare multicolori che si chiusero ribollendo rabbiosamente appena li toccò. Piccoli granchi rosati correvano veloci spostandosi nella loro assurda andatura laterale. Si sedette sul bordo di uno scoglio, smosse l’acqua di una pozza e osservò le reazioni spaventate delle creature che l’abitavano finché fu assalita dalla vergogna e riprese a camminare.

Si arrampicò sugli scogli di basalto affiorati con la bassa marea, e guardò la spiaggia dalla tipica forma a mezzaluna che sorgeva oltre il confine a nord, deserta come quella in cui si trovava e con la stessa barriera di scogli all’estremità. Si voltò e ritornò sui propri passi. Non era giusto. Questa volta passò accanto alle pozze, alcune già traboccanti d’acqua per l’avanzare dell’alta marea, senza fermarsi. Camminava a passo svelto cercando di riflettere, di definire quali fossero realmente le sue responsabilità. Raggiunse l’altra estremità della spiaggia verso sud e si fermò ancora. La scogliera saliva quasi in verticale. Quando c’era l’alta marea, dall’alto si potevano vedere infrangersi le onde. Ora il livello del mare consentiva di arrampicarsi sui massi sparsi alla base della scogliera e arrivare fino in California, in Messico, andare avanti all’infinito.

Cominciò a inerpicarsi sugli spuntoni di roccia e si fermò nuovamente impietrita dal terrore, la bocca aperta ma incapace di emettere alcun suono. Era troppo spaventata, troppo sconvolta per gridare.

Incastrato tra le rocce c’era il corpo di un uomo con un vestito scuro, una mano appoggiata alla superficie di una pozza d’acqua rimasta imprigionata tre metri sopra il livello del mare. Beth riusciva a scorgerne la nuca, la parte superiore della schiena, le spalle, un braccio e una mano. L’uomo indossava un orologio d’oro. "Si è steso ad asciugarsi sugli scogli perché è bagnato" pensò. L’orologio d’oro brillava sotto il sole. L’altro braccio e l’altra mano non erano visibili. Poi, d’un tratto, si rese conto che erano stati certamente mozzati durante la caduta e si mise a vomitare.

Non ricordava di essersi inerpicata su per il sentiero né di essersi diretta verso Smart House, ma una volta entrata ebbe l’impressione che gli altri fossero già tutti presenti. Charlie cominciò a dare ordini in modo brusco e allo stesso tempo rassicurante. Era un bene che ci fosse Charlie a prendere in mano la situazione, perché Milton era morto. A quel punto Beth si mise a piangere.

Charlie mandò Bruce e Constance sul ciglio della scogliera di fronte al promontorio. «Non deve avvicinarsi nessuno» disse loro. «Alexander, chiami lo sceriffo e l’investigatore speciale dell’ufficio del Procuratore capo. Dica che se è morto non lo toccheremo, a meno che la marea non cominci a salire in fretta. Voglio che la squadra omicidi dello sceriffo si precipiti qui prima possibile. Jake, Harry, venite con me.»

«Dà per scontato che sia morto?» domandò Jake mentre raggiungevano quasi di corsa l’imboccatura del sentiero.

«Non lo so, ma quella dannata marea sta salendo e voglio che la squadra omicidi arrivi prima che l’acqua raggiunga il corpo. Se è vivo richiameremo la polizia.» Se fosse stato ancora vivo lo avrebbero trascinato in un punto più alto, ma Charlie sapeva che non poteva esserlo, e anche Beth lo sapeva.

Sulla spiaggia Charlie e Jake guardarono Harry arrampicarsi sulla parete nera di basalto, fino all’altezza della pozza e dello scoglio che aveva interrotto la caduta in mare di Milton Sweetwater. Harry procedeva con prudenza e grande sicurezza. Girò attorno alla pozza e allungò una mano per sentire il battito sul collo di Milton. La ritrasse subito e, colto da un attimo di esitazione, rimase qualche istante abbarbicato agli scogli prima di cominciare a scendere lentamente.

«Gesù» sussurrò Jake, e si voltò a guardare l’oceano. Aveva la schiena curva, le mani affondate nelle tasche come se fosse molto infreddolito.

Charlie si rammentò che l’ultima volta aveva visto Milton Sweetwater fare il giro della casa per spegnere le luci. Harry li raggiunse. Aveva un volto terreo e scuoteva la testa.

«Qualcuno deve restare qui ad assicurarsi che la marea non lo porti via» disse Charlie bruscamente. «Resterete tutti e due. Non tornate lassù e non lasciateci salire nessuno. Se viene raggiunto dall’acqua fate un grido e lo porteremo via da quella roccia.»

Non aspettò né la risposta né eventuali domande, lasciò Jake e Harry sulla spiaggia e cominciò a risalire il sentiero. Presto lo sceriffo sarebbe arrivato, ma c’erano ancora un paio di cose che Charlie voleva fare, e la prima era andare a dare un’occhiata in cima alla scogliera.

Rimandò Bruce a casa e, appena si fu allontanato, domandò a Constance: «Niente?»

«No. Voleva avvicinarsi al ciglio ma l’ho fermato. Anch’io volevo avvicinarmi, ma dubito che questo significhi qualcosa. È morto?»

«Sì.» Charlie guardò l’immensa costruzione stagliata contro la parete di roccia. Da lì erano visibili anche la serra e le due case del personale di servizio. La pavimentazione rossa del camminamento che correva tutto intorno alla casa spiccava da lontano poi, scendendo un paio di gradini verso il terreno ridisegnato dal paesaggista, c’erano sentieri coperti di frammenti di corteccia, lastricati con piastrelle o mattoni. Tra Smart House e il ciglio della scogliera non c’era alcun ostacolo, nulla che impedisse la vista, e per questo lui e Constance erano perfettamente visibili dalla casa. Voltò le spalle alla costruzione e studiò il terreno circostante. In quel punto il prato aveva ceduto il posto al basalto, e le rocce terminavano in un precipizio. Non c’erano ringhiere né protezioni di alcun genere, d’altronde perché avrebbero dovuto esserci? Non era una residenza per famiglie, ma una sorta di casa prototipo nata per essere visitata da uomini d’affari che presumibilmente avevano abbastanza buon senso per non finire giù da una scogliera.

Charlie si avvicinò lentamente verso il vuoto senza cercare nulla in particolare. Si fermò e appoggiò un ginocchio a terra per esaminare delle macchie marroni e opache che risaltavano sulla superficie lucida del basalto. Cercò ancora e trovò altre tre macchie marroni, vi passò accanto facendo attenzione a non calpestarle e proseguì.

«È sangue?» domandò Constance senza avvicinarsi.

«Probabile.» In due piccole porzioni di terreno c’erano quattro macchie a una trentina di centimetri dal ciglio. Fece un passo in avanti verso lo strapiombo e sentì una morsa allo stomaco, un fremito gli attraversò le viscere per la paura, così come gli accadeva sempre quando si avvicinava a un luogo posto a una certa altezza senza parapetto. Quando la paura passò, Charlie guardò giù. Lì la scogliera era a picco e in fondo, nel punto in cui la terra e il mare si scontravano con violenza, c’era un ammasso di scogli frantumati. Harry e Jake si trovavano ancora dove Charlie li aveva lasciati, entrambi rivolti verso il mare. A parte Milton Sweetwater, non si vedeva nessun altro.

«Potrebbe essere caduto» disse Constance.

«Oppure saltato giù.»

«Tu però non credi che sia andata così, vero?»

«Tu sì?»

«No.»

Charlie le cinse le spalle. «Possiamo pure ritornare in casa con gli altri, volevo solo dare un’occhiata.»

Lo sceriffo arrivò non appena Charlie e Constance rientrarono in casa, scelse due agenti e scese alla spiaggia seguito da Charlie. Nessuno gli chiese nulla. I tre agenti studiarono il corpo, si consultarono, e due di loro risalirono il sentiero. Jake, Harry e Charlie li seguirono a ruota. Lo sceriffo era sulla cinquantina, aveva profonde rughe sul viso dovute alla lunga esposizione all’aria aperta, la pelle lucida e coriacea. Aveva l’aspetto di un agricoltore o di un pescatore, pensò Charlie osservandolo lavorare. Lo sceriffo puntò dritto al telefono senza rivolgere la parola a nessuno dei presenti, chiamò un elicottero e la squadra di salvataggio della Guardia Costiera. Riattaccò e guardò Charlie con uno sguardo sconfortato.

«Vicino al ciglio della scogliera ci sono delle macchie che sembrerebbero essere sangue» lo informò Charlie.

«Non sono io a occuparmi del caso» rispose lo sceriffo. «Sono gli investigatori statali. Se non fosse che la marea sta avanzando velocemente, mi sarei limitato a mettere qualcuno di guardia e avrei aspettato il loro arrivo.» Lo sceriffo guardò gli altri componenti del gruppo che in quel momento, pur restando nella stessa stanza, si tenevano il più possibile lontani gli uni dagli altri. Lo sceriffo li scrutò con disgusto. «Nessuno dovrà muoversi da qui fino all’arrivo di Dwight.» L’uomo lasciò la stanza a grandi passi.

Questo risolveva il suo dilemma, pensò Charlie. In questo modo non era tenuto a mettere al corrente lo sceriffo del piccolo ascensore. Fino ad allora si era domandato quale fosse il momento giusto per dirglielo, ma sapeva che non ci sarebbe mai stato un momento giusto. "Dwight" pensò. "Dwight Ericson. L’investigatore del Procuratore generale." Charlie si sedette ad aspettarlo.

Загрузка...