8

Il servizio da caffè era sulla credenza e questa volta ognuno si servì da solo. Charlie aspettò che si fossero seduti tutti poi disse: «Ho chiesto a Mrs Ramos di procurarmi queste matite e questi taccuini.» Su un tavolino c’erano una pila di blocchetti gialli e un portapenne di peltro pieno di matite. Charlie li prese, e mentre cominciava a distribuirli domandò affabilmente: «A proposito, di chi è stata l’idea di cancellare il gioco dalla memoria del computer?» Nessuno rispose. «Proverò a porre la domanda in un altro modo» disse. «È accaduto prima che arrivassero i poliziotti, durante o dopo?»

«Dopo» rispose Alexander. «Erano già andati via.»

«Capisco. Quindi, mentre erano qui, vi siete semplicemente limitati a non dire una parola riguardo al gioco e al tabulato dei movimenti registrati.» Terminò di distribuire i taccuini e sprofondò in una poltrona scura come la notte. Era così soffice, così comoda, quasi sensuale, tanto che dovette resistere all’istinto di accarezzarne il bracciolo. «Dove vi trovavate quando fu presa la decisione di cancellare tutto ciò che aveva a che fare col gioco?»

«Nella biblioteca» rispose Alexander. «Dicevano che avrebbero mandato qualcuno da Portland, un investigatore speciale, e che dovevamo restare tutti qui finché non ci avesse interrogato. Abbiamo indetto una riunione, ma non sapevamo quale fosse la nostra posizione legale, cioè quella della società.»

Charlie annuì con aria comprensiva. «Immagino. Quindi vi siete seduti al grande tavolo per le riunioni, da dove Mrs Ramos ha preso i taccuini, credo, e qualcuno ha detto: "Sbarazziamoci di ogni prova che riguardi il gioco". È andata così?»

«Lo sa che non è andata così!» gridò Laura Westerman con una voce stridula. «Nessuno ha mai pensato di cancellare delle prove di qualcosa che non fosse semplice stupidità. Io dissi che saremmo finiti su tutte le prime pagine dei settimanali scandalistici del paese. Saremmo stati ridicolizzati.»

«Credo che lei avesse ragione» ne convenne Charlie, e aspettò che qualcuno riprendesse il racconto.

Jake si strinse nelle spalle. «Forse sono stato io a suggerirlo, non lo ricordo, ma ricordo che all’improvviso ne parlavamo tutti. Mi ricordo anche che la polizia aveva preso il dischetto con i nostri movimenti dal programma di sicurezza di Smart House, un programma completamente diverso da quello del gioco. Noi però eravamo convinti che i nostri movimenti fossero stati registrati su quel dischetto, perlomeno è quello che pensavo io» aggiunse in modo perentorio. «Durante la riunione in cui si è discusso di lei, abbiamo deciso di fornirle uno stampato dei dati prelevati dalla polizia.» Guardò Milton con aria interrogativa e Milton annuì.

«Ce l’ho infatti» ammise Charlie. «Ma se Gary aveva una unità di controllo manuale mi domando quanto quello stampato possa essere accurato. A ogni modo, tornando alla simulazione del gioco, vorrei che cercaste di ricordare qualsiasi vostro movimento che abbia attinenza col gioco. Quando avete saputo qual era la vostra vittima, quando avete preso l’arma, quale arma avete scelto, quando e se l’avete usata.»

«A cominciare da che momento?» domandò Harry. «Io, per esempio, non sono in grado di fornirle un resoconto minuzioso di tutti i miei movimenti nell’arco delle ventiquattr’ore. Chi potrebbe farlo?»

«Per adesso mi interessano solo quelli più significativi» rispose Charlie tranquillizzandolo. «La vittima, il testimone, l’arma, l’ora. Sarete sorpresi nel constatare quante cose vi torneranno alla mente se davvero darete inizio a questo processo.»

«Che differenza fa?» insistette Harry. «Anche questo non ha alcun senso!»

Charlie lo guardò con un’espressione calma. «Qualcuno stava giocando per una posta molto alta. Qualcuno ha trovato i computer portatili e li ha usati. Lei sa chi è, Harry? Uno di voi lo sa sicuramente e altri sanno più di quello che lei crede. Se qui c’è un assassino, uno di voi o più di uno ha visto abbastanza da poter indicare di chi si tratta.»

«Mio Dio!» gemette Beth. «Durante il gioco ci siamo comportati come dei paranoici, ma questo… questo è mostruoso!»

«L’omicidio è qualcosa di mostruoso» ribatté Charlie, e passò in rassegna i loro volti osservandoli freddamente. Maddie era pallida come un cencio, le mani le tremavano troppo per riuscire a reggere una matita, del caffè o qualsiasi altra cosa. Alle parole di Charlie Laura aveva stretto il braccio del marito, ma Harry l’aveva allontanata con una scrollata e ora si fissava le scarpe con uno sguardo arcigno e lontano. Jake osservava attentamente Charlie e la sua espressione era distaccata e indecifrabile. Alexander rigirava la matita tra le dita, ne mordicchiava la gomma e ritornava a farla roteare. Solo Milton Sweetwater aveva un’aria rassegnata. Fu lui a rompere il silenzio.

«Charlie, quali sono i suoi sospetti? Cosa sa?» domandò.

«So che fin dall’inizio del gioco c’è qualcosa che non quadra nella lista dei movimenti. Se non aveste occultato delle prove alla polizia se ne sarebbero accorti anche loro. Venerdì sera Gary vi ha radunati tutti qui, vi ha descritto brevemente le regole del gioco ed è uscito dalla stanza. Il tabulato mostra che è salito in ascensore ed è andato in camera, dove sembrerebbe essere rimasto tutta la sera dal momento che non è più stata registrata alcuna uscita. In realtà però ho verificato che più tardi si trovava al primo piano, tutto preso dal gioco e dal tentativo di uccidere Bruce.» Charlie rise in maniera stridula. «Una magia. Sul tabulato risulta che quella sera è rientrato in camera una seconda volta.» Charlie li guardò nuovamente. Erano tutti immobili. «A meno che abbiate dei cloni segreti di cui non vi siete ancora dati la pena di informarmi, il sistema non ha registrato tutti i suoi movimenti, oppure è riuscito a mettere a segno un numero acrobatico praticamente impossibile. La polizia non ha chiesto di vedere l’intero tabulato?»

Alexander scosse la testa. La matita si spezzò all’improvviso tra le sue dita con un crac quasi assordante. Il ragazzo si schiarì la voce. «Non ho mai visto il tabulato completo. A nessuno è venuto in mente di risalire fino a venerdì, a cosa sarebbe servito? La polizia ha chiesto di avere il tabulato dei movimenti a partire da sabato dopo cena fino al momento del loro arrivo. Nessuno ha chiesto dei movimenti avvenuti prima di allora, perché avrebbero dovuto farlo?»

«Esattamente» rispose con ironia Charlie.

Harry balzò in piedi, scagliò per terra il blocco per gli appunti e guardò Jake con un’espressione furente. «È tutta una stramaledetta bugia! Quella registrazione non significa un accidente di niente! La prova che non c’era nessuno in ascensore con Rich, che Gary era solo nella Jacuzzi! Non significa niente! È tutta una stramaledetta bugia! Guardate cosa è successo a non dire niente su quel dannato gioco!»

«Il programma è pieno di errori» disse con rabbia Bruce. «Lo sapevo! Quel bastardo! Quel maledetto bastardo! Tutti soldi buttati al vento! Il programma è totalmente inaffidabile! Lo sapevo fin dall’inizio.»

«Non è vero!» gridò Alexander, balzando in piedi con i pugni serrati. «Un conto è se Gary l’ha disattivato, ma il programma non ha fatto errori né ha mentito. Maledizione, funziona!» urlò con voce stridula.

Constance li stava osservando. Quando Maddie prese un bel respiro e si alzò, lei fece altrettanto.

«Non mi sento molto bene» disse Maddie con un filo di voce. «Vado a sdraiarmi un po’.»

«Lasci che l’accompagni» le propose Constance. «Devo salire anch’io in camera per qualche minuto.»

Maddie e Constance lasciarono la stanza accompagnate dalla scia delle voci impegnate in un’animata discussione. Quando si aggiunse anche la voce acuta di Laura, Constance si chiese se Charlie non li avesse messi un po’ troppo sotto pressione. Constance gli aveva trasmesso con lo sguardo che avrebbe cercato di far parlare Maddie, e Charlie le aveva risposto con un cenno talmente veloce e impercettibile da dare a Constance la certezza che fosse passato inosservato agli occhi altrui. Tutti quei geni si erano comportati esattamente come Charlie aveva previsto, e ora lui si sarebbe seduto comodamente a osservare e ad ascoltare. Al momento giusto, poi, li avrebbe nuovamente punzecchiati fino a farli confessare o ricordare qualcosa di interessante. Maddie imboccò le scale senza esitazione e cominciò a salire. Sembrava che in quella casa nessuno volesse proprio prendere l’ascensore.

A metà della rampa, lontano da occhi e orecchie indiscrete, Constance disse: «Mrs Elringer, può smettere di recitare adesso.»

Maddie si fermò e la guardò in modo pungente.

«Mi riferisco alla sceneggiata del bere» spiegò Constance. Le prese il braccio e ricominciarono a salire. «L’ho osservata tutta la sera. Direi che non ha assunto più alcol di quanto ne abbia assunto io.»

«Tutti continuano a chiedermi di prendere posizione» disse Maddie a bassa voce. «Gary è morto da meno di tre mesi e loro si azzuffano come cani. Proprio come cani.»

Constance annuì. «Finché credono che sia sotto l’effetto dell’alcol la lasciano in pace, vero?»

«Credo di sì» ammise Maddie.

«Possiamo parlare qualche minuto?»

«Sono davvero stanca» rispose. Si fermarono davanti a una porta e la donna posò la mano sul pomo.

«Ed è anche terrorizzata» aggiunse gentilmente Constance. «Forse dovrebbe sfogarsi un po’.»

Il viso di Maddie si corrugò e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Constance le passò davanti per aprire la porta, ed entrarono nella camera da letto.

«Avrebbe dovuto essere figlio unico» disse Maddie qualche minuto dopo. La donna era andata in bagno a sciacquarsi la faccia e si era seduta su una delle poltroncine davanti al tavolino e alla vetrata. Constance era seduta di fronte a lei. Le tende erano tirate, la stanza illuminata solo da una fioca lampada a muro. «Era un bambino difficile. Molto difficile. Naturalmente anche molto precoce, ma Bruce… Aveva solo sei anni e non poteva capirlo. Mi dicono che sia una brutta età per accettare l’arrivo di un fratellino. Con la sua intelligenza vivace era stato per tanto tempo coccolato da tutta la famiglia poi, all’improvviso, è arrivato qualcuno ancora più in gamba di lui. Sin dall’età di tre o quattro anni non c’era una sola cosa che Gary non potesse fare meglio di Bruce. All’inizio era allo stesso livello del fratello maggiore ma poi lo superò in tutti i campi. Litigavano continuamente, i viaggi in macchina erano un inferno e restare a casa con loro due era anche peggio.» Scosse la testa, gli occhi chiusi, la fronte corrucciata.

«Non si rendeva conto di quanto potesse far soffrire la gente» continuò. «Suo padre, me, Bruce, poi Beth e alla fine tutti quanti. Non lo faceva apposta né per cattiveria. Semplicemente non se ne rendeva conto. Prendeva dalla gente quello che gli serviva, e quando aveva ottenuto ciò che voleva voltava loro le spalle senza esitazione.»

Sospirò profondamente e divenne immobile, avvolta da ricordi che le facevano assumere una smorfia di dolore. «Però gli siete rimasti tutti fedeli» disse Constance dopo un istante. «Vi siete messi in affari con lui, avete continuato a proteggerlo anche dopo che era diventato adulto.»

«Era anche così vulnerabile» si giustificò Maddie. «Non si accorgeva delle conseguenze che le sue scelte avevano sulle persone. Quella sera, quando ha tirato fuori la storia del gioco, era sincero. Per lui si trattava solo di un gioco. Avevo avuto una premonizione» disse quasi in un sussurro. «Non credo alle premonizioni, ma d’un tratto ho sentito distintamente che quel gioco sarebbe finito in una tragedia. Ne ho avuto la netta sensazione. Tutti erano risentiti e dentro di loro desideravano che fosse Gary la loro vittima. Ma non fu solo questo. Provai anche un sentimento di orrore, e dissi che non volevo saperne di partecipare al gioco. E così feci. Stasera, quando suo marito ha cominciato a parlare di nuovo del gioco, ho rivissuto quel terribile sentimento di orrore, di terrore.»


Quando Constance ritornò in soggiorno, Charlie la fissò con aria interrogativa.

«Sta riposando.»

Si mandarono alcuni messaggi con gli occhi, poi Charlie annuì leggermente e lei andò alla credenza per un caffè. A quanto pareva gli altri erano ancora tutti presenti. C’erano fogli di taccuino sparsi sui tavoli, sul pavimento accanto alle sedie, sul tavolino basso che Charlie utilizzava come piano di lavoro. Non fu affatto sorpresa nel vedere che stavano seguendo la proposta di Charlie.

«Bene» disse Charlie consultando gli appunti. «È l’una passata. Gary ha appena cercato di ucciderla ma vostra madre non può testimoniare perché non partecipa al gioco. Giusto?»

L’espressione di Bruce tradiva la sua impazienza, rispose di sì con una specie di gemito. Constance lo osservava e si chiese se avesse sviluppato quell’atteggiamento come reazione alla genialità del fratello. Si trattava del vero Bruce o dell’uomo che gridava, imprecava e urlava turpitudini un po’ a casaccio?

«Jake non collaborò» proseguì Bruce. «Quando capì cosa stava per fare Gary si allontanò.»

Jake annuì e prese appunti sul foglio. Anche Beth scrisse qualcosa. Quando anche Bruce ebbe terminato di scrivere, ognuno consegnò i propri appunti a Charlie che li aggiunse alla crescente pila di fogli.

«Qualcun altro vuole aggiungere qualcosa?» Non intervenne nessuno, allora Charlie chiese a Jake: «Perché non ha voluto testimoniare a favore di Gary?»

«Avevo cominciato a intuire l’importanza di ciò che Gary aveva realizzato con Smart House e volevo parlargli, seriamente però, non col gioco di mezzo. Quella sera pensavo che stessimo andando a discutere da qualche parte, ma sulla porta della sala tv Gary vide Bruce e disse qualcosa tipo: "Preso". Mi resi conto che sarei stato il testimone e, sinceramente, decisi di non aiutare Gary a vincere il gioco se potevo evitarlo, così mi allontanai.»

«Dov’è andato?»

«In giardino a prendere qualcosa da bere prima di andare a letto e poi in camera con il bicchiere.»

«Non ha più incontrato Gary quella sera?»

Jake scosse la testa.

Charlie si voltò nuovamente verso Bruce. «E lei dov’è andato?»

«Volevo andare in cucina a mangiare qualcosa, ma Gary continuava a venirmi dietro e a urlare così ho preso l’ascensore, sono andato in camera mia e lì sono rimasto. A quel punto penso che Gary si sia diretto in cucina.»

Charlie aprì il tabulato sul tavolo e corrugò la fronte. Picchiettò la gomma sui fogli con aria assente e disse: «Secondo il tabulato ufficiale Gary si è ritirato nella sua camera al secondo piano alle dieci e dieci di venerdì sera e non è più uscito. Risulta inoltre che è andato in cucina all’una e venticinque, e anche in questo caso non ne è più uscito. Forse le sue regole erano diverse da quelle che seguivate voi.»

«E cosa risulta quando ha preso quel dannato pugnale?» domandò Bruce alzandosi e avvicinandosi alle spalle di Charlie per consultare il tabulato.

Charlie scosse la testa. «Nulla.» Guardò Alexander con un’aria assorta. «Potrebbe aver programmato il computer in modo che cancellasse determinate funzioni, permettendogli comunque di aprire le porte?»

Alexander dovette ammettere miseramente di sì.

«D’accordo. Potrebbe aver programmato il computer in modo che non registrasse i suoi movimenti quand’era con un’altra persona, in questo caso Jake, per esempio?»

Alexander annuì.

«Non ne sono convinto» protestò Jake. «Insomma, anche se fosse stato in grado, perché farlo? Per l’amor del cielo, si trattava di un gioco! A cosa gli sarebbe servito programmare un gioco come questo e poi imbrogliare?»

«Non lo so» rispose Charlie. «Qualcun altro avrebbe potuto fornire al programma le stesse istruzioni, Alexander?»

Il ragazzo impallidì poi arrossì violentemente. «Sì. Io, o Rich. Nessuno conosceva ancora il programma, quantomeno nessuna delle persone che erano qui. A Palo Alto c’era un paio di tecnici che avevano lavorato al programma e anche loro avrebbero potuto modificarlo.»

«D’accordo» disse Charlie nel tono più cordiale possibile, il tono che a volte faceva rabbrividire Constance. «Siamo arrivati al momento in cui vi trovate tutti al sicuro nelle vostre stanze e nessuno sa dove sia Gary. Dopo cosa è successo?»

«Ha davvero intenzione di farci ripercorrere ogni minuto?» domandò Laura incredula. «È una follia. Che differenza fa?»

«Non so rispondere a questa domanda» ammise tranquillamente Charlie. «Visto che ha capito perfettamente quello che voglio fare, potrebbe sveltire l’operazione cercando di fornirci le informazioni riguardo al tempo mancante, evitandoci la fatica di ricostruirlo secondo per secondo? Ripensi a quando e dove è stata uccisa, chi l’ha uccisa e chi ha testimoniato. A quel punto faccia mente locale su ciò che è accaduto prima e poi prosegua la sua ricostruzione. Se quella sera non c’è stata nessun’altra attività andiamo avanti e passiamo al mattino seguente.»

Minuto dopo minuto, incontro dopo incontro, Charlie li condusse attraverso quella giornata di maggio. Di tanto in tanto interrompeva qualcuno per porre una domanda, ma per la maggior parte del tempo si limitò ad ascoltare. Quando Beth menzionò le copie cianografiche viste il sabato sul tavolo accanto a Rich Schoen, Charlie la interruppe.

«Immagino che Rich avesse nascosto il bastone di gommapiuma dentro ai fogli arrotolati» disse Beth. «È stata l’arma che poi ha usato su Gary.»

«Dove sono ora le copie cianografiche?»

Vi fu uno scambio di sguardi, poi Milton Sweetwater si strinse nelle spalle e disse: «Presumibilmente in uno degli uffici.»

«Rich li portò qui dall’ufficio di Palo Alto» spiegò Alexander. «Ce li avrebbe mostrati alla riunione di lunedì. Di solito li teneva là, non più a Smart House, ma non so dove siano adesso.»

Charlie annuì e lasciò che continuassero a descrivere il pomeriggio di sabato.

Poco dopo intervenne nuovamente. «Fino a questo momento nessuno ha riferito di aver incontrato Gary. Era normale alle tre del pomeriggio?»

Beth annuì. «Stava sveglio quasi tutta la notte, non si alzava mai prima di mezzogiorno o l’una e gli piaceva fare colazione da solo. Non mi ha allarmata il fatto di non vederlo in giro.»

«È per questo che cenavamo alle sette» disse Laura con un sorriso sarcastico. «Gary voleva che la cena finisse entro le nove così poteva rimettersi a lavorare.»

Proseguirono raccontando le loro avventure come assassini e come vittime, finché non arrivarono al momento in cui si erano ritrovati per l’aperitivo. A quel punto Charlie li interruppe.

«Basta così, è tardi» disse. «Per favore, consegnatemi i fogli se avete delle annotazioni sull’orario o delle osservazioni di qualsiasi genere. Finiremo domani.»

«Era quasi mezzanotte.»

Загрузка...