2 LA RAGAZZA SUL CERVO

Tre volte nel corso della sua vita Asineth apprese cosa significava essere la figlia del Re. Ciascuna lezione fu l’inizio della saggezza.

La lezione di Asineth sul bene e sul male

Quando Asineth aveva solo tre anni, le dame che avevano cura di lei la portarono a passeggiare nel giardino del palazzo, nella parte sicura, dove ci sono sentieri di ghiaia ben segnati e le piante crescono in forme di animali. Uno dei suoi giochi favoriti era starsene seduta tranquilla, facendo scorrere la sabbia o la ghiaia fra le dita, fino a quando le dame si annoiavano di lei e si facevano prendere dalla loro conversazione. A questo punto si alzava silenziosamente e si andava a nascondere. All’inizio si nascondeva vicino, da dove poteva osservare le espressioni di paura sulle loro facce, quando si accorgevano che non c’era più. — Oh, cattiva — dicevano. — È una cosa da fare per una principessa, scappare e lasciare le sue dame?

Ma quella volta Asineth si nascose più lontano, perché stava diventando grande, e anche il mondo diventava più grande, ed era attirata verso quella parte del giardino dove il muschio non veniva tagliato, e gli animali non erano radicati alla terra. Qui vide una grande bestia grigia che scivolava lentamente fra i cespugli, e sentì una strana attrazione per essa, e la seguì. Ogni tanto la perdeva di vista e vagava alla sua ricerca, e sempre la rivedeva, o pensava di rivederla, e la seguiva sempre più nel folto selvaggio del giardino.

Non sentì le dame che la cercavano; non era vicina quando, spaventate, riferirono al maggiordomo che era scomparsa; solo quando il cielo si stava arrossando, e i soldati la trovarono che si bagnava i piedi ai bordi di una grande pozza d’acqua, solo allora si ricordò del suo gioco a nascondino. I soldati la presero e la portarono attraverso la foresta fino alla parte sicura del giardino, dove aveva giocato. Qui vide le tre donne che non l’avevano sorvegliata bene, nude e legate a terra, con la schiena, le cosce e le natiche insanguinate per i colpi di frusta. Si impaurì. — Picchieranno anche me? — chiese.

— No, non te — disse il soldato che la portava. — Mai. Re Nasilee è tuo padre. Quale uomo oserebbe sollevare la frusta contro di te?

Così fu che Asineth imparò che la figlia del Re non può sbagliare.


La lezione di Asineth sull’amore e sul potere

L’amante favorita di Re Nasilee era Berry, e Asineth amava Berry con tutto il cuore. Berry era flessuosa e bellissima. Quando era nuda, era esile e scattante, come un cane da corsa, e tutti i suoi muscoli si muovevano con grazia sotto la pelle. Quando era vestita era eterea, lontana dal mondo come uno sprazzo di sole, e altrettanto bella. Asineth andava da lei ogni giorno, per parlarle, e Berry, bella com’era, perdeva tempo ad ascoltare la bambina, e tutte le sue storie del palazzo, e tutti i suoi sogni e i suoi desideri.

— Vorrei essere come te — le disse Asineth.

— E perché vorresti essere come me? — chiese Berry.

— Sei così bella.

— Ma fra pochi anni la mia bellezza svanirà, e il Re tuo padre mi metterà da parte con una pensione, come una governante o un soldato.

— Sei così saggia.

— La saggezza è nulla senza il potere. Un giorno tu sarai Regina. Tuo marito regnerà su Burland perché è tuo marito, e tu avrai il potere, e a questo punto non avrà più importanza se sei saggia.

— Cos’è il potere? — chiese Asineth.

Berry rise, e questo fece capire alla bambina di sei anni che aveva fatto una buona domanda, e difficile da rispondere. Gli adulti ridevano sempre quando Asineth faceva una domanda difficile. Dopo che avevano riso, Asineth studiava sempre la domanda e la risposta, per vedere cosa avevano di tanto importante.

— Il potere — disse Berry — significa poter dire a un uomo: Tu sei uno schiavo, e lui è uno schiavo. O dire a una donna: Tu sei una contessa, e lei è una contessa.

— Allora il potere è dare i nomi alla gente? — chiese Asineth.

— Qualcosa di più. Il potere è predire il futuro, piccola Asineth. Se l’astronomo dice: Domani la luna coprirà il sole, e succede come ha detto, allora lui ha il potere sul sole e sulla luna. Se tuo padre dice: Domani morirai, anche questo succederà, e dunque tuo padre ha il potere di morte. Tuo padre può dire il futuro di tutti gli uomini di Burland. Tu sarai prospero, tu andrai in rovina, tu combatterai in guerra, tu porterai il tuo carico giù per il fiume, tu pagherai le tasse, tu non avrai figli, tu sarai vedova, tu mangerai melograni ogni giorno della tua vita… può predire qualsiasi cosa agli uomini, e questa succederà. Può perfino dire all’astronomo: Domani tu morirai, e tutto il potere dell’astronomo sul sole e sulla luna non serviranno a salvarlo.

Berry si spazzolò i capelli cento volte mentre parlava, e i suoi capelli brillavano come oro. — Anch’io ho un potere — disse Berry.

— Il futuro di chi predici? — chiese la piccola Asineth.

— Quello di tuo padre.

— Cosa dici che gli succederà?

— Dico che questa notte vedrà un corpo perfetto, e lo abbraccerà; vedrà delle labbra perfette e le bacerà. Predico che il seme del Re sarà versato dentro di me questa notte. Io dico il futuro… ed esso si avvererà.

— Perciò tu hai potere su mio padre? — chiese Asineth.

— Amo tuo padre. Lo conosco come neppure lui si conosce. Non potrebbe vivere senza di me. — Berry era in piedi, nuda davanti allo specchio, e tracciò i propri confini, e disse ad Asineth come suo padre amava ciascuna nazione della sua carne, in quali giungeva come cortese ambasciatore, quali trattava con durezza, e quali conquistava con la spada.

Poi la sua voce si ammorbidì, la sua faccia divenne infantile e serena, anche se le sue parole divennero fredde. — Una donna è un campo, Asineth, o così pensa un uomo, un campo che egli arerà e seminerà e dal quale intende mietere molto di più del suo piccolo seme. Ma la terra si muove più in fretta di quanto possa muoversi un uomo, e l’unica ragione per cui egli non lo sa è che io lo porto come me mentre giro. Lui ara solo i solchi che trova; lui non fa nulla. È l’agricoltore che viene arato, non il campo, e lui non mi dimenticherà. — Asineth ascoltò ogni parola di Berry e osservava i movimenti di Berry e si allenava a muoversi e a parlare come lei. Pregava le Dolci Sorelle di essere com’è lei quando fosse cresciuta; sapeva che non era mai esistita donna più perfetta al mondo.

Amava Berry anche il giorno in cui parlò di lei al Re. Nasilee lasciava che sedesse al suo fianco nella Sala delle Domande, e anche se era giovane qualche volta la consultava pubblicamente. Lei dava la sua risposta a voce alta, e Nasilee lodava la sua saggezza, o le faceva notare gli sbagli, in maniera che tutti potessero sentire e trarne beneficio, e che lei potesse imparare l’arte del governo. Quel giorno il Re chiese alla figlia: — Chi è più saggio di me. Asineth?

Nell’innocenza della fanciullezza, lei non aveva ancora imparato che ci sono domande di cui bisogna far finta di non sapere le risposte. — Berry — rispose subito.

— Ah — disse suo padre. — E come mai è così saggia?

— Perché ha il potere, e se tu hai il potere non hai bisogno di essere saggio.

— Io ho più potere di lei — disse il Re. — Non sono più saggio, allora?

— Tu hai potere su tutti gli uomini, Padre, ma Berry ha potere su di te. Non puoi obbligare un agricoltore ad arare lo stesso campo due volte in un anno, ma lei può farti arare due volte al giorno, anche quando non ti resta nessun seme da seminare.

— Ah — disse di nuovo Nasilee. Poi disse ai soldati di portargli Berry. Asineth vide che suo padre era adirato. Perché era adirato? Non amava Berry quanto l’amava Asineth? Non era contento che fosse saggia? Non aveva forse avvelenato la madre di Asineth perché lei non voleva che si portasse a letto Berry?

Berry arrivò con le catene ai polsi. Guardò Asineth con un odio terribile e gridò: — Come puoi credere alle parole di una bambina! Non so perché menta, o chi le abbia detto di dire queste cose, ma tu non vorrai credere alle storie dei miei nemici!

Nasilee si limitò ad alzare le sopracciglia e disse: — Asineth non mente mai.

Berry guardò con terrore Asineth e gridò: — Non sono mai stata tua rivale!

Ma Asineth non comprese le sue parole. Aveva imparato così bene la sua prima lezione che non poteva immaginare di aver fatto qualcosa di sbagliato. Berry implorò il suo amante. Asineth vide come usava il suo corpo bellissimo, come si contorceva nelle catene, come il suo abito si aprì ad arte mostrando il gonfiore del seno. Papà avrebbe amato ancora Asineth e l’avrebbe perdonata, Asineth ne era sicura. Ma l’amante di Berry era diventato il suo Re, e quando lei ebbe finito di implorarlo, il Re mandò a chiamare un contadino, con un tiro di buoi e un aratro.

Lo fecero nel giardino: ararono Berry dall’inguine al cuore, con il tiro di buoi, e le sue urla risuonarono nel giardino del palazzo fino all’inverno, e per questo Asineth non poté uscire fino a quando l’inverno non si trasformò in un altro mondo.

Fu una cosa crudele quella che fece suo padre, ma Asineth sapeva che anche lui, la notte, sentiva le grida di Berry. Berry abitava in ogni stanza del palazzo, anche se era morta, e un giorno, quando Asineth aveva nove anni, trovò suo padre accasciato su una sedia, nella libreria, con un libro aperto davanti a sé, le guance segnate da lacrime mezze asciutte. Senza bisogno di chiedere, Asineth sapeva a chi stava pensando. Confortò Asineth sapere che anche se Berry non aveva avuto tanto potere quanto credeva di avere, ne aveva a sufficienza per non farsi dimenticare, e per costringere il suo amante a vivere per sempre nel rimorso. E tuttavia la morte di Berry era ancora una lezione imparata a metà, e il suo significato non le era ancora stato svelato, e così Asineth rivolse una domanda a suo padre.

— Non l’amavi?

Con sua sorpresa, lui rispose: — Se non l’amavo, non ho mai amato nulla.

— Perché l’hai uccisa, allora?

— Perché sono il Re — disse Nasilee. — Se non l’avessi uccisa avrei perso la paura del mio popolo, e se il popolo non ha paura di me io non sono Re.

Asineth seppe allora che dei due poteri che Berry le aveva detto, il più forte era quello di dare i nomi. Era a causa del fatto che Nasilee si chiamava Re, che aveva dovuto uccidere ciò che amava di più. — Tu non amavi Berry più di tutto — disse Asineth.

Nasilee aprì gli occhi, lasciando che brillassero sottili sulla sua giovane figlia. — Davvero?

— Più di lei amavi il nome di Re.

Gli occhi di suo padre tornarono a chiudersi. — Vai via, bambina.

— Non voglio andare, padre — disse. Amavo Berry più di quanto amassi te, non disse.

— Non voglio vederti quando penso a lei — disse suo padre.

— Perché no? — chiese Asineth.

— Perché mi hai obbligato a ucciderla.

— Io?

— Se non mi avessi riferito le sue parole di tradimento, non avrei dovuto ucciderla.

— Se tu avessi semplicemente riso alle parole di una bambina, lei sarebbe vissuta.

— Un Re deve essere Re!

— Un Re debole deve essere ciò che altri Re sono stati; un Re forte è se stesso, e da quel momento il significato del nome di Re è cambiato. — Le parole avrebbero potuto essere di Berry, perché Berry comprendeva queste cose, e Asineth ancora capiva solo vagamente ciò che voleva dire.

— Che importa? — disse stancamente il Re. — Tu avevi detto le parole, il Re le aveva sentite, e Berry doveva morire; ora io la piango, e vorrei che tu fossi morta nascendo, portando tua madre con te. Per il Cervo lo desidero, per le Sorelle lo giuro, e adesso lasciami solo, ragazzina!

Lei lo lasciò. Fino a quel momento era stata l’unica persona di Burland a non avere paura di Re Nasilee. Adesso non rimaneva nessuno che non ne avesse paura, poiché lui era il Re e poteva spezzare chiunque con una parola.


La lezione di Asineth sulla giustizia e sul perdono

Era il giorno di Palicrovol.

Il terribile ribelle aveva sollevato tutte le genti di Burland contro il Re. Insieme al traditore Zymas aveva sconfitto esercito dopo esercito, non in campo aperto, ma tagliando i rifornimenti, separandoli, corteggiando soldati, truppe, intere armate a disertare e a servire Palicrovol. Ora infine, dopo sei anni di guerra che non era mai diventata una battaglia, l’esercito di Palicrovol era fuori dalle mura di Speranza del Cervo. Speranza del Cervo, la grande città di Burring, la capitale. E Nasilee guardò dalle mura, e non vide alcun aiuto.

Nel corso degli ultimi cinque anni, i pagamenti delle tasse erano costantemente diminuiti, interrompendosi dapprima nelle contee di confine, per cessare quasi del tutto negli ultimi tempi. Anche il commercio di Speranza del Cervo era in crisi, poiché Palicrovol aveva costruito una strada a ovest e costretto tutto il traffico fluviale per via terra, anche se costava di più; Speranza del Cervo era alla fame, e la gente scappava. Ora Nasilee attendeva dentro le mura impenetrabili, e osservava Palicrovol, un Uomo di Dio, raccogliere i suoi bianchi stendardi, ciascuno con cento uomini attorno, fino a quando il terreno attorno alla città ribollì come la schiuma del mare.

Anche Asineth attendeva. Osservò suo padre consultare i maghi… i pochi che rimanevano. L’osservò vagare per le sale mezzo vuote del palazzo, perseguitato dalla consapevolezza della propria morte. Tutti sapevano che le mura di Speranza del Cervo non potevano essere spezzate. Erano lunghe molte miglia, alte molte pertiche, spesse molti passi; perfino i pochi soldati di Nasilee potevano resistere all’armata di Palicrovol, anche con il traditore Zymas al comando.

Ma Asineth aveva paura. Era grande abbastanza adesso (aveva dodici anni, ed era appena diventata donna) per sapere che suo padre era un uomo cattivo, che la gente aveva ragione a odiarlo. Asineth sapeva che Palicrovol era amato dalla gente, poiché perfino i servitori del palazzo, per quanto leali, parlavano con desiderio, e sottovoce, della libertà e della prosperità che Palicrovol portava nelle terre conquistate. Asineth temeva che i soldati di suo padre lo tradissero e aprissero le porte a Palicrovol. E così pregò le Dolci Sorelle. Portò il sangue della luna all’altare delle donne nel luogo segreto e disse: — Rendi i cuori di questi uomini leali a mio padre, perché possiamo salvarci dal nostro nemico.

La mattina successiva alla notte in cui aveva bruciato il sangue per le Dolci Sorelle, le porte della città si spalancarono e i soldati del muro esterno innalzarono il bianco vessillo del Dio di Palicrovol. Si sparse la voce che Zymas fosse venuto da loro, di notte, da solo e disarmato, e con le sue parole leali avesse conquistato i loro cuori.

Asineth prese tre forti guardie e le condusse con sé al santuario delle Sorelle, dove nessun uomo era mai stato condotto prima, e comandò loro di fare a pezzi l’altare. Essi lo frantumarono con quattro colpi di mazza. All’interno, la roccia massiccia dell’altare era vuota. Come in un piccolo stagno, conteneva antica acqua, che era lì da quando il mondo per la prima volta aveva brillato sulla punta del Corno del Cervo. L’acqua colò sul pavimento e Asineth camminò sull’acqua e la sporcò con la sua scarpa. — Vi odio — disse alle Dolci Sorelle.

A questo punto, l’esercito di Palicrovol teneva la città stessa di Speranza del Cervo. Si diceva che Palicrovol avesse cambiato nome alla città. Adesso la chiamava Inwit, e aveva dato incarico a metà dei suoi soldati di costruire un grande tempio al suo Dio. Vietò a chiunque di offrire sangue al tempio del Cervo.

Questo diede speranza ad Asineth. Anche se il Cervo era un dio estraneo a lei, come a tutte le donne, era sicura che il Cervo l’avrebbe ascoltata. Non erano alleati, ora? Non era Palicrovol nemico di entrambi? Pregò dunque il Cervo, perché fosse scudo attorno alle mura del castello. Non c’era rischio di tradimento, adesso: poche guardie rimanevano e lo stesso Re teneva le sole chiavi che aprivano le stanze da dove poteva essere sollevata la porta, o aperto l’ingresso posteriore. Ma Palicrovol aveva Sleeve, il più grande mago del mondo, e ciò che nessun uomo poteva fare, Sleeve poteva farlo. Perciò Asineth pregò il Cervo che li proteggesse.

E di notte, proprio nell’istante in cui implorava il Cervo di salvare suo padre e lei stessa, sentì un grandissimo rumore, come di mille alberi che si spezzino durante un temporale, e seppe subito cosa significava. La grande porta del castello era stata frantumata dalla magia di Sleeve, e non c’era più nulla che potesse fermare Palicrovol ora.

Asineth corse alla ricerca di suo padre nel labirinto del palazzo. Guardò in ogni nascondiglio; ma non conosceva suo padre bene come credeva. Non si era nascosto. Non lo trovò finché non lo trovarono i soldati, nella Sala delle Domande.

— Padre! — gridò Asineth.

— Sciocca! — urlò lui. — Scappa!

Ma i soldati la riconobbero subito, la presero, e la tennero fino all’arrivo di Palicrovol.

Ti odio, Cervo, disse Asineth in silenzio.

Giunsero nella Sala delle Domande un’ora dopo: Palicrovol alto e forte, con la luce di Dio sul viso, o almeno la luce del trionfo. Zymas, il traditore, con braccia e gambe come le zampe di un toro, e la luce della battaglia nera nei suoi occhi. Sleeve, scheletrico e simile a uno spettro, con la sua pelle bianca e i capelli bianchi e gli occhi rosa, che scivolava come nebbia sul pavimento.

— Deve morire come sono morti migliaia del suo popolo — gridò Zymas. — Infilzalo nudo su un palo, e lascia che il popolo gli sputi addosso mentre urla di dolore.

— Dovrebbe essere bruciato — disse Sleeve — perché la forza del suo sangue ritorni nel mondo.

— È un Re — disse Palicrovol. — Morirà come un Re. — Palicrovol estrasse la spada. — Dagli la tua spada, Zymas.

— Palicrovol — disse Zymas — non dovresti essere tu a correre questo rischio.

— Palicrovol — disse Sleeve — non dovresti sporcarti le mani con il suo sangue.

— Quando i cantori diranno che ho sconfitto Nasilee — disse Palicrovol — sarà vero.

Così Asineth osservò suo padre sollevare la spada che gli diedero. Non tentò neppure di combattere: sarebbe stato poco dignitoso. Rimase fermo con la punta della spada sollevata. Palicrovol batté due volte contro la spada, cercando di farla arretrare, ma Nasilee non si mosse. Allora Palicrovol infilò la spada sotto le braccia di Nasilee, sotto lo sterno, dritto nel cuore. Asineth osservò il sangue di suo padre scorrere lungo la lama di Palicrovol e sulle sue mani, e sentì i soldati gridare di gioia.

Allora fece un passo avanti. — Sono la figlia del Re — disse con voce che era tanto più potente in quanto flebile e infantile.

Tutti tacquero e l’ascoltarono.

— Il Re mio padre è morto. Da questo momento io sono Regina, secondo le leggi di Burland. E Re sarà quell’uomo che sposerò.

— Il Re — disse Zymas — è l’uomo a cui gli eserciti obbediscono.

— Il Re — disse Sleeve — è l’uomo favorito dagli dèi.

— Il Re — disse Palicrovol — è l’uomo che ti sposerà. E io ti sposerò.

Con tutto il disprezzo che riuscì a mettere nella voce, Asineth disse: — Io ti spregio, Conte di Traffing.

Palicrovol annuì, come se onorasse il suo verdetto sul suo onore. — Come vuoi — disse. — Ma non ho mai chiesto il tuo consenso. — Si rivolse a una delle Fantesche che si faceva piccola sotto lo sguardo dei soldati. — Questa ragazza è diventata donna?

La fantesca balbettò qualcosa, mentre Asineth rispondeva per lei. — Perché non lo chiedi a me? Io non mento.

A queste parole la faccia di Palicrovol si illuminò, come riconoscendo qualcosa. — Ho conosciuto un’altra donna che non mentiva mai. Dimmi dunque, Regina Asineth: sei diventata donna?

— Tre volte — disse Asineth. — Sono grande abbastanza per sposarmi.

— Allora ti sposerai.

— Mai con te.

— Adesso. E con me. Non voglio si dica che non regno su Burland di diritto.

La vestirono con un abito da sposa che era stato fatto per una sposa bambina otto generazioni prima, di lei. Non era mai stato indossato, dal momento che la bambina era morta di una peste prima del matrimonio. Ora, mentre portavano Asineth in un carro per i prigionieri attraverso la città di Inwit, con diecimila persone che la schernivano e la maledivano, anche se non aveva mai fatto loro alcunché di male, Asineth pregò.

Pregò l’unico dio che restasse, il Dio di Palicrovol, il cui tempio stava sorgendo nell’angolo sud-est della città. Dio, gli disse, il tuo trionfo è completo, e anch’io disprezzo le Sorelle e il Cervo. Abbi compassione di me, Dio. Lascia che muoia senza sposare quest’uomo.

Ma non accadde alcun miracolo. Nessun coltello era rimasto abbandonato vicino alle sue mani; non era vicina ad alcun precipizio; non c’era acqua più di quella contenuta in un’urna. Non poteva tagliarsi la gola né gettarsi verso la morte, né affogarsi. Dio non ebbe misericordia di lei.

L’immagine del Cervo era stata portata via dal Tempio, e ora giaceva vergognosamente davanti al Salone delle Facce. Mille generazioni di maghi erano saliti sulla groppa del Cervo per pregare in favore di Burland e offrire il sangue del potere. Ora solo Palicrovol era lì, e l’attendeva indossando la corta tunica dello sposo. Non ci sarebbe stata alcuna Danza della Discesa, né alcun rito; era evidente a chiunque avesse occhi per vedere, che Palicrovol intendeva consumare il matrimonio di fronte a diecimila testimoni, cosicché nessuno in seguito potesse dire che non era il legittimo marito della figlia del Re.

Asineth aveva saputo fin da piccola che come figlia del Re il suo corpo era il Regno, e che qualsiasi uomo la possedesse, avrebbe posseduto Burland. Ciò che non aveva mai saputo era che come figlia del Re, al di sopra delle leggi e dei costumi, lei ora non aveva alcuna protezione. Non c’era alcuna legge che dicesse che una fanciulla di dodici anni non potesse essere pubblicamente violentata da un marito che lei non voleva… se questa fanciulla era la figlia del Re. Non c’era alcun costume che imponesse alla gente di distogliere gli occhi per la vergogna di fronte a una tale crudeltà contro una bambina… se la bambina era la figlia del Re.

Le infilarono a forza un anello sul pollice della mano sinistra… Fu l’unico gesto gentile di Palicrovol, quel giorno, di darle come nome Bella al momento del matrimonio. Asineth vide che lui aveva l’anello sul pollice della destra, per indicare forza. — Adesso tutti vedranno come sei forte — disse — per vincere un nemico pericoloso come me.

Lui non le rispose. La guardò soltanto.

Le legarono delle assi imbottite alle mani, così pesanti che a malapena riusciva a sollevarle. Le misero un bavaglio alla bocca, con delle spine, così che se le toccava con la bocca o cercava di stringerlo fra i denti, si tagliava dolorosamente. Poi la misero sulla groppa del cervo, e di fronte a tutti i cittadini e i soldati di Inwit suo marito disse le parole del voto, poi le tagliò il vestito. Asineth sentì la brezza sulla pelle nuda come se fossero i dardi di diecimila occhi. Sono la figlia del Re e tu mi hai reso nuda e indifesa fra i porci. Hai dato a mio padre la dignità di una morte da Re, ma mi degraderai come la peggiore delle prostitute non viene degradata. Asineth non aveva mai conosciuto una vergogna tale in tutta la sua vita, e desiderava ardentemente morire.

Ma la sua verginità era Burland, e Burland sarebbe stata di Palicrovol. Zymas il traditore prese gli abiti di Palicrovol; il suo mago, Sleeve, lo unse per il letto matrimoniale. E mentre veniva unto, Palicrovol guardò la fanciulla che intendeva defraudare di tutto ciò che aveva, vide nella sua angoscia quale cosa terribile fosse quella che doveva fare a quella bambina, e tuttavia per il bene del regno non si ritrasse.

Poiché lei era la figlia del Re, lo guardò a sua volta. Quei pezzenti avrebbero visto una principessa violentata, ma non l’avrebbero vista inchinarsi. Morse con rabbia le punte del bavaglio, sperando di soffocare nel proprio sangue, ma le punte erano troppo sottili per versarne molto, e non poté impedire alla propria gola di inghiottire.

Poi vide la pietà sulla faccia di lui, e si rese conto per la prima volta che Palicrovol non era un mostro di potere, ma un uomo; e se un uomo, dunque un animale; e se un animale, dunque un prigioniero del proprio corpo. Palicrovol non era forte come un dio, perché gli dèi non avevano pietà, e gli dèi erano comunque deboli e malvagi. Palicrovol aveva il potere di averla viva, quando fosse entrato nella sua camera segreta e le avesse lasciato la sua bava. Ma lei aveva il potere che Berry le aveva insegnato, quello di farsi ricordare da quell’uomo? Cominciò a muovere il suo corpo da fanciulla come aveva visto fare a Berry. Vide la sorpresa di Palicrovol, poi i suoi occhi si riempirono di… desiderio. I movimenti di Asineth erano così lievi che non potevano essere visti da nessuno, se non da Palicrovol; ma una volta che lui li ebbe visti, non poté vedere nient’altro. Asineth non rimase sorpresa per l’effetto che suscitò: aveva imparato da Berry, e Berry era la perfezione.

Palicrovol tremava quando la prese, e Asineth ignorò il dolore e cercò di usarlo come Berry le diceva che una donna deve usare un uomo, se vuole essere ricordata. Quando ebbe finito, Palicrovol si alzò, il sangue di lei che luccicava sul suo corno trionfante, e lei guardò mentre gli ponevano sulla testa la Corona del Cervo, e sulle spalle il Mantello. Gli occhi di Palicrovol erano velati, le ginocchia deboli, e lei seppe di averlo scosso. Pensò che tremava per il ricordo del suo corpo, come gli uomini tremavano per Berry.

— Il Cervo ha montato la Cerva — disse lui. Gettò via il Mantello, e indossò invece la veste bianca di Uomo di Dio. E fu Re. Il popolo acclamò più volte.

Il rito era terminato, e i pochi partecipanti si ritirarono dalla folla, entrando nel Salone delle Facce. — Uccidila ora — disse Zymas. — Hai avuto quello che ti serviva da lei. Se la lasci vivere, sarà solo un pericolo per te.

— Uccidila ora — disse Sleeve. — Le donne sanno vendicarsi in modi che gli uomini non possono comprendere.

Uccidimi se osi, lo sfidò Asineth, muovendo dolorosamente la lingua sulle punte. Tutti gli dèi mi hanno abbandonato, ho fatto quel poco che potevo fare, e non ho desiderio di vivere. Uccidimi ora, ma io ti apparirò nelle camere segrete del tuo cuore.

— Non la ucciderò — disse Palicrovol.

E Asineth credette, in quel momento, di essere una vera discepola di Berry, che lui avesse trovato il suo corpo troppo bello, troppo desiderabile per ucciderlo. Naturalmente gli altri, che non avevano conosciuto la sua carne, non compresero.

— La pietà verso di lei è ingiustizia verso Burland — disse Zymas. — Se vivrà, prometti a tutti noi un futuro di guerra e sofferenze.

Gli occhi di Palicrovol lampeggiarono d’ira, e per un lungo momento non disse nulla. Asineth aspettò che lui parlasse del suo amore per lei. Invece, la guardò e gli occhi gli si riempirono di lacrime e disse: — Posso uccidere un Re, posso violentare una bambina, tutto per l’amore di Dio e di Burland, ma in nome di Dio, Zymas, non era per porre fine all’uccisione di bambini che sei venuto da me all’inizio?

Sleeve toccò la spalla del Re. — È la figlia di Nasilee. Immagina quanta pietà avrebbe se avesse in proprio potere la Principessa dei Fiori.

Alla menzione della Principessa dei Fiori, Re Palicrovol chinò la testa. — Ricordo la Principessa dei Fiori, Sleeve. Non l’ho dimenticata. Questa fanciulla è tanto figlia di Nasilee che, mentre la prendevo, ha cercato di sedurmi. Questo è il genere di animale che è stato allevato nel palazzo di Nasilee.

Asineth si sentì gelare, poiché Palicrovol sembrava inorridito al ricordo. Aveva cercato di essere Berry, ma quell’uomo aveva solo pietà di lei, e gli altri la guardavano con disprezzo. La sua vergogna, prima, era stata la vergogna della figlia di un Re degradata; adesso era quella di una donna disprezzata, e si odiò per aver cercato di farsi amare da lui, e odiò Berry per essere stata tanto più bella di lei, e odiò Palicrovol e Zymas e Sleeve perché sapevano del suo penoso tentativo di femminilità, e odiò più di ogni altra cosa questa sconosciuta Principessa dei Fiori che non sarebbe mai stata violentata sul Cervo. Gridò contro il bavaglio e Palicrovol ordinò che le liberassero la bocca.

— Se sono un animale, uccidetemi! — gridò. Senza nessuna folla a guardarla, senza più dignità, era disposta a implorare. — Uccidetemi subito! Come mio padre!

Palicrovol si limitò a scuotere la testa. — Non è colpa sua se è ciò che è. Se fosse nata in qualsiasi altra casa, da qualsiasi altro padre, non sarebbe quello che è. Se fosse nata dall’altra parte delle acque meridionali, avrebbe potuto essere la Principessa dei Fiori.

— Ma mai Enziquelvinisensee Evelvenin — disse Sleeve.

— No — disse Palicrovol. — Ma possiamo chiedere agli dèi solo un miracolo nel corso di una vita.

— Tu l’hai violata e umiliata — disse Zymas. — La figlia di Nasilee non dimenticherà.

— L’ho violata e umiliata — gli fece eco Palicrovol — e ho ucciso suo padre davanti ai suoi occhi, le ho portato via il regno, e se le facessi altro male mi disprezzerei più di quanto possa sopportare. Se non tempero la mia vittoria con un atto di misericordia, anche se è pericoloso per me, come potrò guardare nel cristallo e dire a Dio che un uomo migliore di Nasilee porta ora in capo la corona di Nasilee?

Ci fu un momento di silenzio, poi Sleeve venne avanti e prese Asineth per una delle goffe assi che le chiudevano le mani. — Se insisti perché questa creatura violata debba vivere, lasciala alle mie cure. Io soltanto sono forte abbastanza per sorvegliarla nel suo esilio, e nasconderla dagli occhi di tutti i tuoi nemici, che vorrebbero trovarla e usarla per distruggerti.

— Ho bisogno di te al mio fianco — protestò il nuovo Re.

— Allora uccidi questa donna.

Palicrovol non esitò più. — Prendi la piccola Regina dunque, Sleeve, e sii gentile con lei.

— Sarò gentile con lei quanto tu mi permetterai di esserlo con una il cui solo desiderio è morire — disse Sleeve. — Per il mio sangue, vorrei che tu fossi veramente stato misericordioso.

Sleeve la coprì con le pieghe del suo nuovo mantello, così che nessuno potesse più vedere il corpo nudo della piccola Regina. Piccola Regina pensò Asineth. Ricorderò il nome con cui mi hai chiamata, si disse. Un giorno saprai chi è grande e chi è piccolo. Sei il più forte di tutti gli uomini, così forte che puoi essere misericordioso verso di me, una debole donna? Questa è la rovina della tua forza: non sono una debole donna. Non sono una piccola Regina. E la tua misericordia sarà la tua rovina. Ti pentirai di avermi lasciato viva, e un giorno ricorderai di avermi posseduta, e vorrai possedermi ancora.

Quale fu la terza lezione che Asineth imparò? Me l’ha detto lei stessa, molte volte, quando abitava nel tuo palazzo e tu vagavi senza speranza nelle foreste di Burland.

Asineth imparò che la giustizia può essere crudele, e la necessità ancora più crudele, ma che la misericordia era la cosa più crudele di tutte. Questo le sarebbe stato utile. L’avrebbe ricordato. È per questo che ha lasciato vivere te per tre secoli, quando aveva il potere di ucciderti tutte le volte che avesse voluto. Come dicono gli Uomini di Dio, nessun atto di misericordia è senza ricompensa. Ah, Palicrovol, quando imparerai che la misericordia è buona quanto la persona a cui essa viene fatta? Hai risparmiato Asineth, che avrebbe dovuto morire; ora non risparmierai Orem Fianchi-Magri, chiamato Banningside, il cui buon cuore dovrebbe nascere centomila volte sulla terra. Sei come Asineth? Imparerai tutte le tue lezioni al contrario?

Загрузка...