Il muro di pietra nel campo era vecchio e cadente, ma quando lo vide Brienne sentì i capelli rizzarsi sulla nuca.
"È dove gli arcieri tesero l’agguato al povero ser Qeos Frey" pensò… però mezzo miglio più in là trovò un altro muro quasi identico al primo, e questo la gettò nell’incertezza. La strada segnata dai solchi svoltava, si torceva, gli spogli alberi marrone avevano un aspetto diverso dalle verdi fronde che lei ricordava. Aveva effettivamente superato il luogo dove ser Jaime aveva strappato dal fodero la spada di suo cugino? Dov’erano i boschi in cui lui e Brienne avevano combattuto? Dov’era il torrente nel quale si erano avventati l’uno contro l’altra fino a quando i Bravi Camerati, la banda mercenaria al comando del turpe Vargo Hoat, non erano piombati su di loro?
«Mia lady? Ser?» Podrick non sapeva mai bene come apostrofarla. «Che cosa stai cercando?»
"Spettri." «Un muro dove passai un tempo. Non ha importanza.» "Era il tempo in cui ser Jaime aveva ancora entrambe le mani. Quanto lo disprezzavo, con i suoi scherni e i suoi sorrisi." «Stai buono, Podrick. Potrebbero esserci ancora fuorilegge in questi boschi.»
Il ragazzo lanciò un’occhiata al filare di alberi spogli, alle foglie bagnate, alla strada fangosa davanti a loro. «Ho una spada lunga. Posso combattere.»
"Non bene abbastanza." Brienne non dubitava del suo coraggio, bensì del suo addestramento. "Sarà anche stato uno scudiero, quanto meno di nome, ma gli uomini che ha servito sono stati un pessimo esempio."
Brienne aveva messo insieme la sua storia a spizzichi e bocconi lungo la strada da Duskendale. Discendeva da un ramo cadetto di Casa Payne, una genia impoverita generata dai lombi di un figlio minore. Il padre aveva trascorso la vita come scudiero dei cugini più ricchi e aveva avuto Podrick dalla figlia di un mercante di granaglie che aveva sposato poco prima di andare a morire nella ribellione di Greyjoy. All’età di quattro anni, la madre lo aveva abbandonato lasciandolo a una delle sue cugine, per poter scappare con il cantastorie che l’aveva messa incinta di un altro figlio. Podrick non ricordava il viso di sua madre. Ser Cedric era stato quanto di più vicino a un padre avesse avuto, anche se, a giudicare dai racconti sconnessi del ragazzo, a Brienne sembrava che avesse trattato Podrick più come un servo che come un figlio. Quando Castel Granito chiamò a raccolta il vessillo dei Payne, il cavaliere aveva portato Podrick con sé perché si occupasse del suo cavallo e gli pulisse la maglia di ferro. Poi ser Cedric era caduto nelle terre dei fiumi combattendo nelle file di lord Tywin.
Lontano da casa, solo e senza un soldo, il ragazzo si era unito a un grasso cavaliere di ventura chiamato ser Lorimer il Pancione, che faceva parte del contingente di lord Lefford con l’incarico di proteggere le salmerie del principe di Dorne. "Quelli che fanno la guardia al cibo mangiano sempre meglio di tutti." si compiaceva di dire ser Lorimer, finché non fu scoperto con un prosciutto salato che aveva sottratto dalla scorta personale di lord Tywin. Lord Tywin Lannister decise di impiccarlo quale monito per altri saccheggiatori. Podrick aveva condiviso Il prosciutto salato e stava per condividere anche la forca, ma il suo nome lo salvò. Ser Kevan Lannister si prese cura del ragazzo e qualche tempo dopo lo mandò come scudiero dal nipote Tyrion, il Folletto.
Ser Cedric aveva insegnato a Podrick a strigliare un cavallo e a verificare che sotto i ferri degli zoccoli non si fossero incastrate delle pietre, ser Lorimer gli aveva insegnato a rubare, ma nessuno dei due lo aveva addestrato a usare la spada. Arrivando alla corte di Approdo del Re, il Folletto quanto meno lo aveva mandato da ser Aron Santagar, maestro d’armi della Fortezza Rossa. Ma durante la sommossa del pane, ser Aron era stato tra quelli linciati dalla folla disperata, e la sua fine aveva decretato anche la fine dell’addestramento del giovane Payne.
Così Brienne aveva ricavato due spade di legno da un paio di rami caduti, per verificare le capacità del ragazzo. Podrick era lento di parola ma svelto di mano, notò con piacere. Per quanto sveglio e coraggioso, era però magro e denutrito, di certo non forte abbastanza. Se, come sosteneva, era riuscito a sopravvivere alla battaglia delle Acque Nere, era stato solo perché gli avversari avevano ritenuto che non valesse la pena di ucciderlo. "Potrai anche definire te stesso uno scudiero" gli aveva detto Brienne "ma ho visto paggi della metà dei tuoi anni che potrebbero suonartele di santa ragione. Se decidi di rimanere al mio fianco, andrai a letto ogni notte con le mani piagate e il corpo coperto di lividi. Ogni tua parte sarà indolenzita e non riuscirai quasi a dormire. Tu non vuoi che sia così."
"Invece sì" aveva risposto il ragazzo. "Voglio i lividi e le piaghe. Oddio, non li vorrei, ma accetto. Ser. Mia lady."
Fino a quel momento, aveva tenuto fede alla promessa, Brienne di Tarth anche. Podrick non si era lamentato. Ogni volta che una nuova vescica appariva sulla mano con cui impugnava la spada, sentiva il bisogno di mostrarla a Brienne con orgoglio. E si prendeva buona cura anche dei loro cavalli. "Continua a non essere un vero scudiero" Brienne ricordò a se stessa "ma neppure io sono un vero cavaliere, anche se lui mi chiama sempre ’ser’." Brienne lo avrebbe fatto andare per la sua strada, solo che Podrick non aveva dove andare. Inoltre, anche se il ragazzo aveva detto di non sapere dov’era finita Sansa Stark, forse sapeva più di quello che credeva. Qualche parola casuale, ricordata a metà, poteva rivelarsi la chiave di volta nella ricerca di Brienne.
«Ser? Mia lady?» Podrick indicò. «Là avanti c’è un carro.»
Lo vide anche Brienne: un carro da buoi, a due ruote e con le sponde alte, ma senza buoi. Un uomo e una donna arrancavano nel fango, tirando il carro nei solchi della strada, in direzione di Maidenpool. "Contadini, a giudicare dall’aspetto." «Stai calmo» disse Brienne al ragazzo. «Potrebbero pensare che siamo fuorilegge. Non dire più di quanto devi e sii cortese.»
«Lo farò, ser. Sarò cortese, mia lady.» Podrick sembrava quasi compiaciuto di poter essere preso per un fuorilegge.
I contadini li scrutarono con diffidenza mentre si avvicinavano al trotto, ma quando Brienne dichiarò che non avevano intenzioni ostili, accettarono di farli cavalcare al loro fianco.
«Avevamo un bue» disse l’uomo, mentre avanzavano tra i campi invasi dalle erbacce, laghi di fango e alberi bruciati, anneriti. «Ma se lo sono portato via i lupi.» Aveva la faccia arrossata dallo sforzo di tirare il carro. «Si sono portati via anche nostra figlia e ci hanno fatto quello che volevano, ma dopo la battaglia di Duskendale lei è tornata. Il bue invece non è più tornato. I lupi se lo sono mangiato, suppongo.»
La donna non aveva molto da aggiungere. Era più giovane dell’uomo di una ventina d’anni, ma non disse una sola parola, si limitò a fissare Brienne come se avesse di fronte un vitello con due teste. La Vergine di Tarth aveva già visto quel genere di sguardo. Lady Stark era stata gentile con lei, ma generalmente le donne erano crudeli quanto gli uomini. Brienne non sapeva quali fossero le peggiori, le belle ragazze dalla lingua affilata e la risatina acida o le nobildonne dagli occhi gelidi che celavano il loro disprezzo dietro la maschera della cortesia. Quanto alle donne del volgo, potevano essere addirittura le peggiori di tutte.
«Maidenpool era ridotta in rovina l’ultima volta che l’ho vista» disse la ragazza del carro. «Le porte erano distrutte e la città mezzo bruciata.»
«In parte l’hanno ricostruita» riprese l’uomo. «Quel Tarly è un uomo spietato, ma come lord è migliore di Mooton. Ci sono ancora fuorilegge nei boschi, ma meno di quanti ce n’erano prima. Tarly ha dato la caccia ai peggiori e ha mozzato loro la testa con la sua grande spada.» L’uomo voltò la testa e sputò. «Voi avete visto dei fuorilegge sulla strada?»
«No» rispose Brienne. "Non questa volta."
Più si allontanavano da Duskendale, più le strade erano deserte. Gli unici viandanti che Brienne e Podrick avevano intravisto si erano dileguati nei boschi prima che loro li potessero raggiungere, a parte un grosso septon con la barba in cammino verso sud, seguito da due colonne di seguaci dai piedi malconci. Quanto alle locande che avevano incontrato, o erano state saccheggiate e quindi abbandonate o erano state tramutate in accampamenti militari. Il giorno prima avevano incrociato una pattuglia di lord Randyll, irta di archi lunghi e lance. I cavalieri li avevano circondati mentre il capitano interrogava Brienne; alla fine però li avevano lasciati proseguire. "Sii cauta, donna" l’aveva avvertita il capitano. "I prossimi che incontrerai potrebbero non essere onesti come i miei soldati. Il Mastino ha varcato il Tridente con un centinaio di fuorilegge. Si dice che stuprino tutte le donzelle che incontrano, e poi taglino loro le tette a mo’ di trofeo."
Brienne si sentì in dovere di riferire l’avvertimento al contadino e a sua moglie. L’uomo annuì e sputò di nuovo nel fango. «Cani, lupi, leoni…» disse. «Che gli Estranei se li portino tutti all’inferno. Questi fuorilegge non oseranno avvicinarsi troppo a Maidenpool. Almeno fintanto che domina lord Randyll.»
Brienne conosceva lord Randyll Tarly da quando serviva nell’esercito di re Renly Baratheon. Per quanto non riuscisse a farsi piacere quell’uomo, non poteva nemmeno dimenticare il debito che aveva nei suoi confronti. "Se gli dèi sono misericordiosi, avremo oltrepassato Maidenpool prima che lui scopra che siamo qui." «La città verrà restituita a lord Mooton non appena i combattimenti saranno finiti» disse al contadino. «Sua signoria ha ricevuto il regale perdono.»
«Regale perdono?» Il vecchio rise. «E per che cosa? Starsene seduto sul culo dentro il suo fottuto castello? Ha mandato gli uomini a combattere a Delta delle Acque, lui però non c’è mai andato. La sua città è stata saccheggiata prima dai leoni di Lannister, poi dai lupi del Nord, poi dai soldati mercenari, ma la sua signoria se ne è rimasto al sicuro dietro le sue mura. Suo fratello non si sarebbe mai nascosto così. Ser Myles era un tipo coraggioso finché re Robert non l’ha ammazzato.»
"Altri spettri" pensò Brienne. «Sono alla ricerca di mia sorella, una bella fanciulla vergine di tredici anni. L’avete forse vista?»
«Non abbiamo visto fanciulle vergini, né belle né brutte.»
"Non l’ha vista nessuno." Ma Brienne doveva continuare a chiedere.
«La figlia di Mooton è una fanciulla vergine» riprese l’uomo. «Almeno per ora. Queste uova sono per le nozze. Sue e del figlio di Tarly. Ai cuochi servono uova per le torte.»
«Certo.» "Il figlio di lord Tarly. Il giovane Dickon si sposa."
Brienne cercò di ricordare quanti anni avesse. Otto o dieci, suppose. Anche lei era stata promessa sposa all’età di sette anni, a un ragazzo che ne aveva tre più di lei, il figlio minore di lord Caron, un ragazzino timido con una verruca sul labbro superiore. Si erano incontrati solo una volta, in occasione dello scambio delle promesse di fidanzamento. Due anni dopo era morto, portato via dal medesimo duro inverno che aveva falcidiato anche lord e lady Caron e le loro figlie. Altrimenti si sarebbero sposati entro un anno dal primo ciclo mestruale di Brienne, e tutta la sua vita sarebbe stata diversa. Non si sarebbe mai trovata in quel posto e in quel momento, con addosso una maglia di ferro e con una spada al fianco, alla ricerca della figlia di una donna morta. Quasi certamente sarebbe stata a Canto Notturno, a correre dietro al suo primo bimbo e magari con un altro in grembo. Non era un pensiero nuovo per Brienne. Questo la faceva sempre sentire un po’ triste, ma al tempo stesso anche sollevata.
Il sole era offuscato da un banco di nubi quando emersero dagli alberi anneriti e si ritrovarono davanti a Maidenpool, con le profonde acque della baia sullo sfondo. Le porte della città erano state ricostruite e rinforzate, notò subito Brienne, e i balestrieri erano tornati a pattugliare la sommità delle mura di pietra rosata. Sopra il posto di guardia sventolava il vessillo reale di re Tommen, il cervo nero e il leone dorato che lottavano su un campo metà oro e metà porpora. Sugli altri vessilli c’era il cacciatore, simbolo dei Tarly. Il salmone rosso di Casa Mooton ondeggiava solamente sul castello sulla collina.
Alla grata del portale si ritrovarono davanti a una dozzina di guardie armate di alabarde. I loro emblemi li identificavano come soldati dell’esercito di lord Tarly, anche se non facevano parte delle sue truppe personali. Brienne notò una miscellanea di simboli: due centauri, una folgore, uno scarafaggio blu, una freccia verde; ma non il cacciatore al galoppo, sigillo di Collina del Corno. Sul pettorale, il sergente al comando aveva un pavone, con i vividi colori della coda sbiaditi dal sole. Quando vide avvicinarsi il carro emise un fischio.
«Che cosa portate questa volta? Uova?» Ne lanciò una in aria e l’afferrò al volo. «Le prendiamo.»
«Sono per lord Mooton» ringhiò il vecchio. «Per le torte di nozze.»
«Fanne deporre altre alle tue galline. Saranno sei mesi che non mangio un uovo. Ecco…» Il sergente lanciò ai piedi del vecchio una manciata di monetine. «E non dire che non sei stato pagato.»
«Non basta» intervenne la moglie del contadino. «Non è sufficiente.»
«Io invece dico che basta» ribatté il sergente. «Per le uova e anche per te. Portatela qui, soldati. È troppo giovane per quel vecchio.»
Due guardie appoggiarono le alabarde alle mura e trascinarono la donna lontano dal carro. L’anziano contadino, grigio in volto, non osò muoversi.
Brienne diede di speroni, facendo avanzare la giumenta. «Lasciatela andare.»
La sua voce indusse le guardie a esitare, abbastanza perché la mogEe del contadino riuscisse a divincolarsi. «Non sono affari tuoi» disse uno degli armigeri. «Chiudi la bocca, balorda.»
Per tutta risposta, Brienne estrasse la spada.
«Ma bene» disse il sergente. «Si sfodera l’acciaio. A me sembra di sentire puzza di fuorilegge. Lo sai che cosa fa lord Tarly ai fuorilegge?» Aveva ancora in mano l’uovo che aveva preso dal carro. La serrò a pugno, e il tuorlo viscido gli sgocciolò tra le dita.
«So benissimo che cosa fa lord Randyll ai fuorilegge» ribatté Brienne. «E so anche che cosa fa agli stupratori.»
Aveva sperato che questo bastasse. Sbagliava: il sergente si limitò ad asciugarsi le dita e fece cenno ai soldati di allargare la formazione. Brienne si trovò circondata da punte d’acciaio. «Cosa dicevi, balorda? Cosa fa lord Tarly agli…»
«… stupratori» concluse per lui una voce grave. «Li castra o li spedisce alla Barriera. E ai ladri mozza le dita.»
Un giovane dall’aspetto languido uscì dal corpo di guardia, il cinturone della spada stretto in vita. Un tempo la sopratunica che indossava sulla corazza doveva essere stata bianca. Qua e là, tra chiazze d’erba e sangue disseccato, un po’ di bianco persisteva. Sul suo petto spiccava un emblema: un cervo marrone, morto, con le zampe legate, giaceva alla base di un palo.
"Lui." Per Brienne, la voce del cavaliere fu come un pugno nello stomaco, e il suo volto come una lama nelle viscere. «Ser Hyle» disse rigidamente.
«È meglio che la lasciate in pace, ragazzi» ammonì ser Hyle Hunt. «Vi presento Brienne la Bella, la Vergine di Tarth, che ha ucciso re Renly Baratheon e metà della sua Guardia dell’arcobaleno. È tanto cattiva quanto è brutta, e più racchia di lei non c’è nessuno… tranne forse te, Pisciasotto, ma visto che tuo padre era il buco del culo di un uri, hai una buona scusa. Il padre di Brienne, invece, è il lord di Tarth.»
Le guardie risero, le alabarde si aprirono.
«Non dovremmo catturarla, ser?» chiese il sergente. «Per aver ammazzato Renly?»
«Perché mai? Renly era un ribelle. Lo stesso vale per tutti noi: eravamo ribelli, certo, ma adesso siamo il leale esercito di re Tommen.» Ser Hyle fece cenno ai contadini di oltrepassare il portale. «All’attendente del lord farà piacere vedere quelle uova. Lo troverete al mercato.»
Il vecchio portò la mano alla fronte. «I miei ringraziamenti, milord. Tu sì che sei un vero cavaliere, come tutti possono vedere. Vieni, moglie.» Afferrarono di nuovo le stanghe del carro e varcarono la soglia del castello.
Brienne li seguì al trotto, con Podrick alle calcagna. "Un vero cavaliere" pensò, la fronte aggrottata. Una volta dentro la città, Brienne tirò le redini. Alla sua sinistra, in un vicolo fangoso, c’erano le rovine di una stalla. Dalla parte opposta, tre eleganti baldracche si mettevano in mostra sul balcone di un bordello, bisbigliando tra loro. Una assomigliava vagamente a una donna da soldati che una volta si era avvicinata a Brienne, chiedendole che cosa avesse in mezzo alle gambe, la fregna o il cazzo.
«Quello è il ronzino più fetente che ho mai visto» commentò ser Hyle, accennando al pony di Podrick. «Mi sorprende che non sia tu a cavalcarlo, mia lady. A proposito, non pensi che meriti un ringraziamento per l’aiuto che ti ho dato?»
Brienne smontò. Superava ser Hyle di tutta la testa. «Un giorno avrai il mio ringraziamento, cavaliere: in una mischia.»
«Lo stesso ringraziamento che hai offerto a Ronnet il Rosso?» Ser Hyle Hunt rise. Una risata grassa e piena, a dispetto dei suoi lineamenti anonimi. La faccia di un uomo onesto, aveva pensato Brienne un tempo, prima di cambiare decisamente idea. Capelli castani arruffati, occhi azzurri, con una piccola cicatrice vicino all’orecchio sinistro. Ser Hyle aveva la fossetta nel mento e il naso storto, ma rideva bene, e spesso.
«Non devi restare di guardia al portale?»
«Mio cugino Alyn è andato a caccia di fuorilegge.» Ser Hyle assunse un’espressione beffarda. «Tornerà di certo con la testa del Mastino, pieno di boria e coperto di gloria. Nel frattempo, a me tocca sorvegliare il castello, e questo grazie a te. Spero che ti faccia piacere, mia leggiadra fanciulla. Che cosa stai cercando?»
«Una stalla.»
«Alla Porta est. Questa è bruciata.»
"Lo vedo." «Quello che hai detto a quegli armigeri… Sì, io ero con Renly quando è morto, ma a ucciderlo fu una sorta di stregoneria. Lo giuro sulla mia spada.» Brienne pose la mano sull’elsa, pronta a combattere se ser Hyle le avesse detto in faccia che era una bugiarda.
«Aye, ed è stato il Cavaliere di Fiori a sgominare la Guardia dell’arcobaleno. Nel tuo giorno fortunato, saresti anche stata in grado di sconfiggere ser Emmon. Era un combattente rude e si stancava in fretta. Ma Royce? No, come spadaccino ser Robar Royce valeva due volte te. Anche se, in realtà, per te bisognerebbe dire spadaccina. Allora, che cosa ti porta a Maidenpool, mi chiedo?»
"Sto cercando mia sorella, una fanciulla vergine di tredici anni" stava per rispondere Brienne, ma ser Hyle sapeva benissimo che lei non aveva sorelle. «Sto cercando un uomo, in un posto chiamato l’Oca puzzolente.»
«E io che pensavo che Brienne la Bella non sapesse cosa farsene degli uomini.» Adesso c’era una punta di crudeltà nel sorriso di ser Hyle Hunt. «L’Oca puzzolente. Nome quanto mai adatto… almeno la seconda parte. È vicino al porto. Ma prima verrai con me a incontrare il lord.»
Brienne non aveva paura di ser Hyle, ma era comunque uno dei capitani di lord Randyll. Un suo cenno, e cento uomini sarebbero corsi a difenderlo.
«Sarei dunque in arresto?»
«Per che cosa? Per Renly? E chi era? Abbiamo cambiato re da allora, alcuni di noi addirittura due volte. A nessuno importa, nessuno ricorda.» Ser Hyle la prese per un braccio. «Da questa parte, se ti compiace.»
Brienne si liberò con uno strattone. «Ti sarei grata se non mi toccassi.»
«Oh, guarda, la gratitudine è arrivata, alla fine» di nuovo il sorriso beffardo.
L’ultima volta che Brienne aveva visto Maidenpool, la città era un antro di desolazione, un luogo tetro fatto di strade vuote e case bruciate. Ora le strade erano piene di maiali e bambini, e la maggior parte degli edifici bruciati erano stati abbattuti. In alcuni dei lotti di terreno dove sorgevano un tempo, adesso cresceva la verdura. In altri c’erano tende di mercanti e padiglioni di cavalieri. Brienne vide altre case in costruzione, una locanda di pietra al posto di quella di legno che era andata distrutta, un tetto nuovo di ardesia sul tempio della città. La fredda aria autunnale era piena del ritmico cigolio delle seghe e del pestare delle mazze dei carpentieri. Nelle strade, uomini trasportavano assi e i selciatori trascinavano carri nelle strade fangose. Molti riportavano l’emblema del cacciatore al galoppo.
«Quindi sono i soldati a ricostruire la città?» Brienne era sorpresa.
«Preferirebbero di gran lunga giocare a dadi, bere e chiavare, non c’è dubbio» rispose ser Hyle. «Ma a lord Randyll non piacciono gli sfaccendati.»
Brienne si aspettava di venire condotta al castello. Invece, ser Hyle guidò lei e Podrick verso il porto brulicante di attività. Le navi mercantili avevano fatto ritorno a Maidenpool, notò con piacere Brienne. Un galeone, una galea e un grosso cargo a due alberi erano alla fonda, oltre a una flottiglia di piccole barche da pesca. Altri pescatori erano al largo nella baia. "Se non scoprirò niente all’Oca puzzolente, cercherò un passaggio per mare" decise Brienne. Il viaggio fino a Città del Gabbiano era breve. Da là, non avrebbe avuto troppe difficoltà a raggiungere il Nido dell’Aquila.
Trovarono lord Randyll Tarly al mercato del pesce, intento a dispensare giustizia.
In prossimità dell’acqua era stata eretta una piattaforma da cui il lord poteva guardare dall’alto in basso gli uomini accusati di aver commesso dei crimini. Alla sua sinistra torreggiava una lunga forca, munita di abbastanza cappi da impiccare venti uomini. Già quattro cadaveri testimoniavano la condanna finale. Uno dei quattro era stato appeso di recente, gli altri tre invece pendevano da tempo. Un corvo stava banchettando con quello che restava di una delle facce. Altri corvi si tenevano a distanza dalla folla che si era raccolta nella speranza di assistere alla prossima impiccagione.
Lord Randyll divideva la piattaforma con lord Mooton, un uomo pallido, molle e in carne, con un farsetto bianco, brache rosse e la cappa di ermellino fissata alla spalla da un fermaglio di oro rosso a forma di salmone. Tarly indossava una giubba di cuoio, la maglia di ferro e la corazza pettorale di acciaio. L’elsa di una spada lunga sporgeva sopra la spalla sinistra. Veleno del cuore, era il suo nome, orgoglio della casata di Collina del Corno.
Quando Brienne, Podrick e ser Hyle arrivarono, si stava ascoltando il caso di uno straccione con un mantello di tela grezza e la giubba lercia.
«Non ho fatto del male a nessuno, milord» spiegava lo straccione. «I septon erano scappati, così ho preso solo quello che si erano lasciati dietro. Se mi devi tagliare un dito per questo, fallo, milord.»
«È usanza che ai ladri venga mozzato un dito» rispose lord Tarly in tono duro «ma chi ruba in un tempio ruba agli dèi.» Si rivolse al capitano delle guardie. «Mozzategli sette dita. Un dito per ognuno degli dèi che ha offeso. Lasciategli i pollici.»
«Sette?» Il ladro divenne terreo.
Le guardie lo afferrarono. Lui cercò di lottare, ma debolmente, come fosse già mutilato. Guardandolo, Brienne non poté fare a meno di pensare a ser Jaime: perfino lui aveva urlato quando l’arakh a lama ricurva di Zollo era calata lampeggiando, mozzandogli la mano della spada.
Allo straccione seguì un fornaio, accusato di avere mescolato la farina con della segatura. Lord Randyll lo multò di cinquanta cervi d’argento. Il fornaio spergiurò di non possedere una simile somma in argento, allora sua signoria il lord decretò una frustata per ogni cervo in meno. Al fornaio seguì una baldracca decrepita, dalla faccia grigiastra. L’accusa era di aver passato lo scolo a quattro soldati di Tarly. «Lavatele le parti intime con la soda caustica e gettatela in una segreta» comandò il lord. Mentre la baldracca veniva trascinata via, lord Randyll scorse Brienne in mezzo alla folla, tra Podrick e ser Hyle. Corrugò la fronte, ma nulla nel suo sguardo rivelò che l’avesse riconosciuta.
Poi fu la volta di un marinaio di una galea. Ad accusarlo era un arciere della guarnigione di lord Mooton, con una mano bendata e l’emblema del salmone sul petto. «Se compiace a milord» disse l’arciere «questo bastardo mi ha piantato il pugnale nella mano. Ha detto che baravo ai dadi.»
Lord Randyll distolse lo sguardo da Brienne, spostandolo sui due uomini di fronte a lui. «Era vero?»
«No, milord.»
«Ruba, e ti faccio mozzare un dito. Raccontami una menzogna, e ti faccio impiccare. Se ti chiedessi di mostrarmi quei dadi?»
«I dadi?» L’arciere cercò lo sguardo di lord Mooton, ma il suo signore era troppo intento ad ammirare le barche da pesca nel golfo. «Be’, può essere che io…» L’arciere deglutì. «… quei dadi mi portano fortuna, è vero, ma io…»
Randyll Tarly aveva udito abbastanza. «Mozzategli un mignolo: scelga lui di quale mano. Conficcategli un chiodo nella palma dell’altra mano.» Si alzò. «Abbiamo finito. Riportate gli altri nelle segrete, mi occuperò di loro domattina.» Si voltò, facendo cenno a ser Hyle di avvicinarsi. Brienne lo seguì.
«Milord» disse quando fu al suo cospetto. E di colpo era tornata a essere una bimba di otto anni.
«Mia lady. A che cosa devo un tale… onore?»
«Sono stata mandata alla ricerca di… di…» Brienne esitò.
«Come farai a trovare chi stai cercando, se non sai nemmeno il suo nome? Sei stata tu ad assassinare lord Renly?»
«No.»
Tarly soppesò quell’unica, secca parola.
"Lui mi sta giudicando, così come ha giudicato gli altri."
«No» decise Tarly alla fine «lo hai semplicemente lasciato morire.»
In effetti era morto tra le sue braccia, inondandola di sangue. «È stata una stregoneria. Io non ho mai…»
«Non hai mai che cosa?» La voce di lord Randyll divenne una frusta. «Aye. Non avresti mai dovuto indossare una maglia di ferro, né impugnare una spada. Non avresti mai dovuto lasciare il regno di tuo padre. Per tutti gli dèi, dovrei rispedirti direttamente a Tarth.»
«Se lo fai, ne risponderai direttamente al Trono di Spade.» La voce di Brienne uscì stridula, infantile, mentre la sua intenzione era di mostrare che non aveva paura. «Podrick. Nella mia bisaccia c’è una pergamena. Portala a sua signoria il lord.»
Tarly prese la lettera e la srotolò con espressione tetra. Le sue labbra si muovevano mentre leggeva. «Missione per conto del re. Che genere di missione?»
"Raccontami una menzogna, e ti faccio impiccare." «S-Sansa Stark.»
«Se la giovane Stark fosse qui, io lo saprei. È scappata su al Nord, scommetto. Nella speranza di trovare rifugio presso uno degli alfieri di suo padre. E di scegliere quello giusto.»
«O forse potrebbe essersi diretta verso la valle di Arryn» riuscì a dire Brienne «dalla sorella di sua madre.»
Lord Randyll le lanciò uno sguardo di disprezzo. «Lady Lysa è morta. Una sottospecie di cantastorie l’ha scaraventata giù dalla montagna. Adesso è Ditocorto a governare il Nido dell’Aquila… anche se non per molto ancora. I lord della Valle non sono inclini a fare atto di sottomissione a un viscido essere la cui unica abilità è contare le monete altrui.» Tarly le restituì la pergamena. «Va’ dove ti pare e fa’ quello che ti pare… ma se dovessi essere stuprata, non rivolgerti a me per cercare giustizia. Te lo sarai meritato perseguendo questa tua follia.» Guardò ser Hyle. «Quanto a te, cavaliere, dovresti trovarti al presidio dove ti avevo mandato, se non vado errato.»
«Naturalmente non sbagli, milord» rispose Hyle Hunt «ma avevo pensato che…»
«Tu pensi troppo.» Lord Tarly se ne andò.
"Lysa Tully è morta!" Brienne era rimasta immobile sotto le forche, con la preziosa pergamena in mano. La folla si era dispersa, i corvi avevano ripreso il loro banchetto. "Un cantastorie l’ha scaraventata giù dalla montagna." I corvi avevano dunque banchettato anche con la sorella di lady Catelyn?
«Hai nominato l’Oca puzzolente, mia lady» disse ser Hyle. «Se vuoi che ti mostri…»
«Torna alla tua porta.»
Sul viso di Hyle Hunt apparve un’espressione irritata. "Una faccia normale, non una faccia onesta." «Se è questo che desideri.»
«È questo.»
«Era solo un modo per far passare il tempo. Non volevamo fare del male.» Ser Hyle esitò. «Ben è morto, lo sai? Nella battaglia delle Acque Nere. Anche Farrow, e anche Will la Cicogna. E Mark Mullendore ci ha rimesso mezzo braccio.»
"Bene" stava per dire Brienne. "Se l’è meritato." Ma poi ricordò Mullendore, seduto fuori dal suo padiglione con la sua scimmietta sulla spalla, vestita anche lei con una piccola maglia di ferro, uomo e scimmia che si facevano le smorfie a vicenda. Come li aveva definiti lady Catelyn Stark, quella notte maledetta a Ponte Amaro? "I cavalieri dell’estate." Ma adesso era autunno, e stavano cadendo uno dopo l’altro come foglie secche…
Brienne voltò le spalle a Hyle Hunt. «Podrick, vieni.»
Il ragazzo trotterellò dietro di lei, conducendo i loro cavalli. «Andiamo a cercare quel posto? L’Oca puzzolente?»
«Io vado là. Tu vai a cercare una stalla, vicino alla Porta orientale. Chiedi allo stalliere se conosce una locanda dove possiamo trascorrere la notte.»
«Lo farò, ser. Mia lady.» Mentre camminavano, il ragazzo teneva gli occhi a terra, dando di tanto in tanto un calcio a qualche pietra. «Tu sai dove sta l’Oca puzzolente?»
«No.»
«Lui ha detto che poteva mostrarci la strada. Ser Kyle.»
«Hyle.»
«Sì. Che cosa ti ha fatto, ser? Cioè, mia lady.»
"Questo ragazzo si imbroglierà anche nel parlare, ma è tutt’altro che stupido." «Ad Alto Giardino, quando re Renly chiamò a raccolta i suoi vessilli di guerra, alcuni dei suoi uomini fecero un gioco con me. Ser Hyle era uno di loro. Era un gioco crudele, doloroso e per niente cavalleresco.» Brienne si fermò. «La Porta orientale è da quella parte. Aspettami là.»
«Come vuoi, mia lady. Ser.»
Nessuna insegna indicava l’Oca puzzolente.
Brienne impiegò quasi un’ora a trovarla, giù per una rampa di legno, sotto la stalla di un macellatore di cavalli. Era uno scantinato male illuminato, con il soffitto basso, tanto che entrando Brienne picchiò la testa contro una trave. Nessuna oca era in vista. Pochi sgabelli erano disseminati qua e là, una panca era addossata a una parete di terra battuta. I tavoli erano vecchie botti di vino, con il legno reso grigio dal tempo, pieno di buchi. Il puzzo promesso dal nome pervadeva ogni angolo. Quello che Brienne annusò era più che altro un misto di vino, umido e muffa, ma anche la latrina faceva la sua parte, per non parlare dell’odore di cimitero.
Gli unici avventori erano tre marinai della città libera di Tyrosh seduti in un angolo, intenti a ringhiarsi a vicenda dietro le barbe dipinte di verde e viola. Le lanciarono una breve occhiata, uno di loro disse qualcosa che fece ridere gli altri. Dietro il banco, un’asse appoggiata su due barili, c’era il proprietario: una donna, grassa, pallida, con pochi capelli in testa, enormi seni flaccidi che ondeggiavano sotto una tunica lercia. Sembrava che gli dèi l’avessero plasmata con della pasta per fare il pane.
Brienne qui non osò chiedere dell’acqua. Prese una coppa di vino e disse: «Cerco un uomo chiamato Dick lo Svelto».
«Dick Crabb. Viene qui quasi tutte le notti.» La donna guardò la maglia di ferro e la spada di Brienne. «Se vuoi ammazzarlo, va’ da qualche altra parte. Qui non vogliamo guai con lord Tarly.»
«Voglio solo parlargli. Perché dovrei fargli del male?»
La donna alzò le spalle.
«Se mi fai un cenno quando entra, te ne sarò grata.»
«Grata quanto?»
Brienne mise sull’asse una stella di rame, poi si trovò un posto nell’oscurità con una buona visuale sull’ingresso.
Assaggiò il vino. Era oleoso e dentro ci galleggiava un capello. "Sottile come le mie speranze di ritrovare Sansa Stark" pensò nel toglierlo dalla coppa. Dare la caccia a ser Dontos Hollard era stata un’impresa infruttuosa, e con lady Lysa morta nemmeno la valle di Arryn sembrava più un possibile rifugio. "Dove sei, lady Sansa? Sei ritornata a Grande Inverno, oppure sei con Tyrion tuo marito, come Podrick sembra suggerire?" Brienne non aveva intenzione di inseguire la ragazza fino all’altra sponda del mare Stretto, dove perfino il linguaggio le sarebbe stato estraneo. "In quelle terre, apparirei ancora più mostruosa, esprimendomi a grugniti e a gesti per cercare di farmi capire. Riderebbero di me, come fecero ad Alto Giardino."
Al solo pensiero, Brienne sentì una vampata arrossarle le guance.
Quando Renly Baratheon si era autoincoronato, la Vergine di Tarth aveva attraversato a cavallo l’intero Altopiano per raggiungerlo. Il giovane sovrano in persona l’aveva accolta con cortesia e si era dichiarato lieto di averla al suo servizio. Non così i suoi lord e i suoi cavalieri. Non che Brienne si fosse aspettata un caloroso benvenuto. Era preparata alla freddezza, alla derisione, all’ostilità: aveva già abbondantemente assaggiato queste pietanze in passato. Quello che la lasciava confusa e vulnerabile non era il disprezzo dei molti, ma la gentilezza dei pochi. Tre volte era stata promessa in sposa, ma non era mai stata realmente corteggiata finché non era giunta ad Alto Giardino.
Il primo era stato Big Ben Bushy, uno dei pochi uomini nell’accampamento di Renly a superarla in statura. Aveva mandato il suo scudiero a pulirle la maglia di ferro, le aveva fatto dono di un boccale di corno ornato d’argento. Ser Edmund Ambrose era arrivato a fare anche di meglio, portandole fiori e chiedendole di cavalcare con lui. Ser Hyle Hunt li aveva superati entrambi. Le aveva donato un libro, splendidamente illustrato e con cento storie di valore cavalleresco. Aveva portato mele e carote per il suo cavallo, e una piuma di seta azzurra per il suo elmo. Le aveva riferito i pettegolezzi che giravano nell’accampamento e si era prodigato in battute argute e taglienti che l’avevano fatta sorridere. Un giorno, addirittura si era allenato con lei, cosa che per Brienne contava più di qualsiasi altra cosa.
Aveva pensato che fosse stato l’atteggiamento di ser Hyle a indurre gli altri a essere cortesi con lei. "Più che semplicemente cortesi." A mensa, gli uomini litigavano pur di sedersi al suo fianco, offrendole coppe di vino, andando a prenderle pane dolce. Ser Richard Farrow le aveva suonato canzoni d’amore fuori della sua tenda, accompagnandosi con il liuto. Ser Hugh Beesbury le aveva portato un’anfora di miele "dolce come le fanciulle di Tarth". Ser Mark Mullendore l’aveva fatta ridere con la sua scimmietta, una strana creatura bianca e nera proveniente dalle isole dell’Estate. Un cavaliere errante chiamato Will la Cicogna si era offerto di massaggiarle le spalle.
Brienne l’aveva respinto. Aveva respinto tutti. Quando una notte ser Owen Ihchfield l’aveva presa e baciata, Brienne l’aveva scaraventato con il culo sul fuoco di uno dei bivacchi. Più tardi, aveva visto la propria immagine riflessa in uno specchio. Una faccia larga, con i denti grandi, piena di lentiggini, le labbra grosse, la mascella spessa. Una faccia brutta, molto brutta. Il suo unico desiderio era essere un cavaliere al servizio di re Renly, eppure adesso…
E non era certo stata l’unica donna dell’accampamento. Perfino le baldracche al seguito dell’esercito erano più graziose di lei, e ogni notte, su al castello, lord Tyrell offriva a re Renly un banchetto, mentre vergini di alto lignaggio e magnifiche lady danzavano alle melodie di flauti, corni, arpe. "Perché sei gentile con me?" avrebbe voluto urlare Brienne ogni volta che un cavaliere le faceva un complimento. "Che cosa vuoi?"
Era stato Randyll Tarly a svelare l’enigma, il giorno in cui le aveva mandato due dei suoi armigeri perché la scortassero al suo padiglione. Il suo figlio minore, Dickon, aveva udito per caso quattro cavalieri sghignazzare mentre sellavano i loro cavalli, ed era poi andato a riferire al padre quello che avevano detto.
Avevano fatto una scommessa.
A iniziare erano stati tre dei cavalieri più giovani, aveva detto Tarly a Brienne. Ambrose, Bushy e Hyle Hunt, uomini al servizio di Collina del Corno. Ma via via che la cosa si era risaputa nell’accampamento, anche altri avevano voluto starci. Ognuno aveva versato un dragone d’oro: l’intera somma sarebbe andata a chi avesse avuto la verginità di Brienne.
"Ho posto fine a questo gioco" aveva dichiarato Tarly. "Alcuni di questi… contendenti… sono meno onorevoli di altri, e la posta cresceva ogni giorno di più. Era solo questione di tempo prima che qualcuno decidesse di vincere con la violenza."
"Sono dei cavalieri!" Brienne era stupefatta. "Ordinati con i sette unguenti."
"E sono uomini d’onore. La colpa è tua."
"Ma io non…" L’accusa le aveva tolto la parola. "Non ho fatto nulla per incoraggiarli!"
"È bastata la tua presenza a incoraggiarli. Se una donna si comporta come un soldato, non può obiettare a essere trattata come tele. Un esercito in guerra non è un posto adatto a una vergine. Se ci tieni alla tua virtù o all’onore della tua casata, ti dovresti togliere quella maglia di ferro, fare ritorno a casa e implorare il lord tuo padre di trovarti un marito."
"Io sono qui per combattere" aveva insistito Brienne. "Per essere un cavaliere."
"Gli dèi hanno fatto gli uomini per combattere, e le donne per generare figli" aveva ribattuto lord Randyll Tarly. "Il posto di combattimento per una donna è il letto del parto."
Qualcuno stava scendendo i gradini di legno dello scantinato. Brienne spinse di lato la coppa. All’Oca puzzolente entrò un giovane in abiti cenciosi, segaligno, con la faccia affilata e i capelli castani unti e sporchi. Gettò una rapida occhiata ai tre marinai di Tyrosh, uno sguardo più lungo a Brienne, poi si diresse verso l’asse tra i due barili.
«Del vino» ordinò «e senza piscio di cavallo dentro.»
La donna lanciò uno sguardo a Brienne, annuendo.
«Te lo offro io» disse Brienne ad alta voce «in cambio di una parola.»
Il giovanotto la scrutò da capo a piedi, con occhi pieni di diffidenza. «Una parola? Io conosco un sacco di parole.» Andò a sedersi sullo sgabello davanti a lei. «Dimmi quale vuoi sentire, e Dick lo Svelto te la dice.»
«Ho sentito che hai fatto fesso un fesso.»
Lo straccione sorseggiò il vino. «Magari l’ho fatto fesso, e magari no.» Indossava un farsetto lacero e sbiadito, da cui era stato strappato via l’emblema di chissà quale lord. «Chi lo vuole sapere?»
«Re Robert.» Brienne mise un cervo d’argento sul coperchio del barile che li divideva. L’effigie del defunto re Robert su una faccia della moneta, il cervo di Casa Baratheon sull’altra.
«Ma davvero?» Sorridendo, Dick lo Svelto prese la moneta e la fece vorticare. «A me piace vederli ballare, i re, hey-nonny hey-nonny hey-nonny-ho. Magari l’ho visto, quel fesso che dici.»
«C’era una fanciulla con lui?»
«Due.»
«Due fanciulle?» "Arya? Che l’altra fosse Arya?"
«Be’» fece l’uomo «io non le ho proprio viste, quelle bamboline, ma lui cercava un passaggio per tre.»
«Un passaggio per dove?»
«Dall’altra parte del mare Stretto, se ricordo bene.»
«Ricordi che aspetto aveva?»
«Quello di un fesso.» Dick lo Svelto fu molto svelto ad afferrare la moneta il cui moto vorticoso stava rallentando e a farla sparire. «Un fesso spaventato.»
«Da che cosa?»
«Non l’ha mica detto da cosa.» Dick lo Svelto scrollò le spalle. «Ma Dick lo Svelto conosce bene il puzzo della paura. Viene qui quasi ogni sera, il fesso. Offre da bere ai marinai, racconta barzellette, canta. Ma poi una notte vengono altri uomini qua, quelli che hanno il cacciatore sulla tetta, e il tuo fesso diventa bianco come il latte e se ne sta tutto zitto finché loro non vanno via.» Spostò lo sgabello più vicino a Brienne. «Tarly ha soldati che strisciano su tutti i moli, che controllano ogni nave che va e che viene. Uno cerca un cervo? Va nel bosco. Uno cerca una nave? Va al molo. Ma il tuo fesso non osa. Allora lo aiuto io.»
«Che genere di aiuto?»
«Quello che costa più di un cervo d’argento.»
«Parla, e ne avrai un altro.»
«Prima vediamolo» disse Dick lo Svelto.
Brienne mise un secondo cervo d’argento sul piano del barile. L’uomo lo fece vorticare, sorrise, lo intascò. «Un uomo che non può andare dove ci sono le navi, ha bisogno che le navi vadano dove sta lui. Così io gli dico dov’è un posto del genere. Tipo, un posto nascosto.»
«Una baia di contrabbandieri.» Brienne sentì la pelle d’oca strisciarle lungo le braccia. «Lo hai mandato dai contrabbandieri.»
«E quelle due ragazze.» Dick lo Svelto ridacchiò. «È solo che, ecco, nel posto dove li ho mandati, di navi non ne partono da un bel pezzo. Metti, trent’anni.» Si grattò il naso. «Ma quel fesso, perché ti interessa?»
«Le due ragazze sono mie sorelle.»
«Davvero? Poverine. Anch’io avevo una sorella, una volta. Una ragazzina magra con le ginocchia tutte ossa, ma poi le sono spuntate le tette e il figlio di un cavaliere se l’è messa in mezzo alle gambe. L’ultima volta che l’ho vista, andava ad Approdo del Re a guadagnarsi il pane stando sdraiata sulla schiena.»
«Dove li hai mandati?»
Un’altra alzata di spalle. «Mica me lo ricordo.»
«Dove?» Brienne mise una terza moneta sul barile.
Dick lo Svelto respinse la moneta con un buffetto dell’indice. «In un posto dove non ci sono cervi… ma magari un dragone.»
L’argento non era sufficiente a strappargli una risposta, capì Brienne. "L’oro, forse. O forse no. Ma l’acciaio certamente sì." Brienne sfiorò il pugnale, ma estrasse dalla borsa del conio. Trovò un dragone d’oro. Lo mise sul barile.
«Dove?»
Lo straccione prese la moneta, l’addentò. «Buona. Mi fa ricordare punta della Chela. Che è a nord di qua, in quella terra selvaggia di paludi e colline, dove sono nato e cresciuto. Dick Crabb mi chiamo, Dick il Granchio, ma tutti mi conoscono come Dick lo Svelto.»
Brienne invece non disse il suo nome. «Dove, a punta della Chela?»
«I Sussurri. Avrai senz’altro sentito parlare di Clarence Crabb.»
«No.»
Dick lo Svelto parve sorpreso. «Ser Clarence Crabb. Ho il suo sangue, io. Era alto otto piedi, e così forte che poteva strappare dalla terra i pini con una mano sola e lanciarli lontano un mezzo miglio. Non c’era cavallo che poteva reggere il suo peso, per cui girava a dorso di un uri.»
«E questo che cosa c’entra con la baia dei contrabbandieri?»
«Sua moglie era una strega. Ogni volta che Clarence ammazzava un uomo, prendeva la testa del morto, la portava a casa e la moglie la baciava sulla bocca, e quella testa tornava in vita. Erano lord e maghi, famosi cavalieri e pirati. Uno era il re di Duskendale. E davano buoni consigli al vecchio Crabb. Erano solo le teste, e non potevano parlare tanto forte, però non stavano mai in silenzio. Perché quando sei solo una testa, per passare la giornata puoi solo parlare. E così il castello di Crabb lo chiamiamo i Sussurri. C’è ancora, ma è tutto in rovina da mille anni. Un posto molto malinconico, i Sussurri.» Dick lo Svelto si passò abilmente la moneta da una nocca all’altra. «Anche un drago, da solo si sente malinconico. Ma dieci draghi però…»
«Dieci dragoni d’oro sono una fortuna. Mi prendi per un fesso?»
«No, però posso procurarti un fesso.» La moneta danzò in una direzione, poi nell’altra direzione. «Ti porto ai Sussurri, milady.»
A Brienne non piaceva affatto come le dita di Dick lo Svelto facevano danzare la moneta d’oro. Eppure… «Sei dragoni se troviamo le mie sorelle. Due se troviamo solo il fesso. Niente se non troviamo niente.»
Dick lo Svelto scrollò le spalle. «Sei va bene. Sei ci sto.»
"Troppo in fretta." Brienne gli afferrò il polso in una morsa prima che potesse far sparire anche quella moneta. «Non provarti a fare il furbo con me. Scopriresti che non sono affatto tenera.» Lo lasciò andare.
«Piscio di sangue…» Dick lo Svelto si massaggiò il polso. «Mi hai fatto male.»
«Spiacente. Mia sorella ha tredici anni. Devo trovarla prima che…»
«… qualche cavaliere se la metta tra le gambe. Aye. Dick lo Svelto adesso è dalla tua parte. Vieni alla Porta occidentale alle prime luci dell’alba. Non c’è bisogno che mi procuri un cavallo.»