CERSEI

Una fredda pioggia rendeva le mura e le fortificazioni della Fortezza Rossa scure come sangue. Tenendo il re per mano, la regina lo condusse con fermezza attraverso il cortile invaso dal fango, verso la carrozza in attesa assieme alla scorta.

«Zio Jaime ha detto che potevo venire in sella al mio cavallo» obiettò il piccolo re Tommen «e gettare conio al popolino.»

«Vuoi forse prenderti un’infreddatura?» Cersei non intendeva certo correre quel rischio: Tommen non era mai stato di costituzione robusta come Joffrey. «Tuo nonno avrebbe voluto che apparissi come un vero re ai suoi funerali. Non ci presenteremo al Grande Tempio fradici e scarmigliati.»

"È già abbastanza brutto che io debba tornare a indossare il lutto." Il nero era un colore che non le aveva mai donato. Con la sua pelle chiara, le dava un aspetto cadaverico. Cersei si era alzata un’ora prima dell’alba per fare il bagno e acconciarsi i capelli e non avrebbe permesso alla pioggia di vanificare tutti i suoi sforzi.

Dentro la carrozza, Tommen si sprofondò nei cuscini e guardò fuori la pioggia che cadeva. «Gli dèi stanno piangendo per il nonno. Lady Jocelyn dice che le gocce di pioggia sono le loro lacrime.»

«Jocelyn Swyft è una sciocca. Se gli dèi potessero realmente piangere, avrebbero pianto anche per tuo fratello Joffrey. La pioggia è solo pioggia. Tira le tendine prima di bagnarti del tutto. Quel mantello è di zibellino, vuoi rovinarlo?»

Tommen fece quanto gli veniva chiesto. La sua mansuetudine era un cruccio per Cersei. Un re doveva essere forte. Joffrey avrebbe protestato. Non era mai stato facile intimidirlo.

«Non stare lì come un sacco di patate» disse a Tommen. «Stai seduto come un re. Tieni le spalle aperte, raddrizza la corona. Vuoi che ti cada davanti a tutti i lord?»

«No, madre.» Il ragazzo si sedette diritto sul sedile e con una mano si sistemò la corona. Era la corona di Joff, troppo grande per lui. Tommen era sempre stato incline alla pinguedine, ma il suo viso adesso era più affilato. "Mangerà bene?" Cersei doveva ricordarsi di chiederlo all’attendente. Non poteva rischiare che Tommen si ammalasse, non con Myrcella tra le grinfie dei dorniani. "Col tempo crescerà e la corona di Joff gli andrà bene." Ma fino a quel momento, bisognava fargliene una più piccola, che non rischiasse di inghiottirgli la testa. Cersei decise di dare istruzioni agli orafi.

La carrozza risalì lentamente l’Alta Collina di Aegon. Davanti a loro cavalcavano due uomini della Guardia reale, cavalieri bianchi su cavalli bianchi, con le cappe bianche intrise d’acqua che penzolavano afflosciate dalle spalle. Dietro di loro venivano cinquanta armigeri con i colori oro e cremisi dei Lannister.

Attraverso le tende, Tommen osservò le strade vuote. «Pensavo che ci sarebbe stata più gente. Quando è morto papà, tutti sono usciti a guardarci passare.»

«È la pioggia a farli restare chiusi nelle case.»

Approdo del Re non aveva mai amato lord Tywin Lannister. "Né lui ha mai voluto l’amore di questa città." "Non puoi mangiarlo, l’amore" Cersei lo aveva udito dire a Jaime una volta, quando suo fratello non aveva molti più anni di Tommen "non puoi comprarci un cavallo, né usarlo per riscaldare le tue sale in una notte fredda."

Al Grande Tempio di Baelor, il magnifico gioiello architettonico sulla cima della collina di Visenya, il piccolo gruppo di persone in lutto era superato in numero dalle cappe dorate della Guardia cittadina che ser Addam Marbrand aveva dislocato sull’intera piazza. "Più tardi ne arriveranno altri", si disse la regina mentre ser Meryn Trant, della Guardia reale, la aiutava a scendere dalla carrozza. Solo i nobili e i loro cortigiani erano ammessi all’ufficio funebre del mattino. Ce ne sarebbe stato un altro al pomeriggio per i comunardi mentre alle preghiere serali erano ammessi tutti. Cersei avrebbe dovuto partecipare anche a quelle, in modo che il popolino potesse vederla in lutto. "La plebaglia deve pur avere il suo spettacolo." Era una seccatura. Cersei aveva doveri da assolvere, una guerra da vincere, un regno da governare. Suo padre questo lo avrebbe compreso.

L’Alto Sacerdote venne a incontrarli sulla sommità della scalinata del tempio. Un vecchio curvo con la barba grigia spelacchiata, talmente oppresso dal peso delle tonache dagli elaborati ricami che aveva gli occhi all’altezza del seno della regina… anche se la sua corona, un’aerea struttura di cristallo e oro fino, aggiungeva oltre un piede e mezzo alla sua statura.

Era stato lord Tywin a dargli quella corona, in sostituzione di quella andata perduta quando la folla inferocita aveva ucciso l’Alto Sacerdote suo predecessore. Nel corso di una sommossa aizzata dalla fame, i disperati di Approdo del Re avevano strappato quel grasso idiota dalla sua carrozza e lo avevano fatto a pezzi, proprio il giorno in cui Myrcella era salpata per Dorne. "Quello era un incorreggibile goloso, e corruttìbile. Questo invece…" Era una creatura di Tyrion, ricordò improvvisamente Cersei. Un pensiero inquietante.

Quando emerse dalla manica ornata di alamari dorati e piccoli cristalli, la mano chiazzata del vegliardo sembrava la zampa di un pollo. Cersei si inginocchiò sul marmo bagnato e gli baciò le dita, e accennò a Tommen di fare lo stesso. "Che cosa sa di me, questo vecchio? Che cosa gli ha rivelato il nano?" L’Alto Sacerdote sorrise e la scortò all’interno del tempio. Ma cos’era quel suo sorriso: una minaccia carica di verità non dette, oppure semplicemente la vacua contrazione delle labbra avvizzite di un vecchio? La regina non lo poteva sapere.

Avanzarono nella sala delle Lampade, sotto i pesanti globi di vetro colorato, Cersei con la mano di Tommen tra le sue. Trant e Kettleblack, i due cavalieri della Guardia reale, li affiancavano, con l’acqua che colava dai loro mantelli bianchi, tracciando scie liquide sul pavimento. L’Alto Sacerdote camminava con lentezza, appoggiandosi a un bastone di legno di albero-diga sormontato da un pomo di cristallo. Al suo seguito c’erano sette dei Più Devoti, scintillanti nei loro mantelli di tessuto argentato. Sotto la cappa di zibellino, Tommen indossava un abito di stoffa dorata, la regina un vecchio abito di velluto nero con guarnizioni di ermellino. Non c’era stato il tempo di far confezionare un abito nuovo, e non poteva indossare lo stesso che aveva messo alle esequie di Joffrey, né quello con il quale aveva seppellito Robert Baratheon.

"Quanto meno non ci si aspetterà che porti il lutto anche per Tyrion. Per l’occasione mi vestirò di sete cremisi e tessuto dorato, con rubini tra i capelli." L’uomo che le avesse portato la testa mozzata del nano maledetto sarebbe stato innalzato al rango di lord, aveva proclamato Cersei, senza alcun pregiudizio di origini o lignaggio. Corvi messaggeri stavano portando quella promessa in ogni angolo dei Sette Regni, e ben presto la notizia sarebbe arrivata sulla sponda opposta del mare Stretto, fino alle nove città libere e alle terre al di là. "Che il nano scappi pure fino all’ultimo confine del mondo: non riuscirà a sfuggirmi."

La processione reale oltrepassò le porte interne, raggiungendo il cuore vero e proprio del Grande Tempio di Baelor. Si inoltrarono lungo uno dei sette corridoi che andavano a convergere sotto la cupola. A destra e a sinistra, nobili in lutto si inginocchiarono al passaggio del re e della regina reggente. Erano presenti molti lord alfieri di Tywin Lannister, e anche cavalieri che avevano combattuto al suo fianco in cento battaglie. La vista di tutti quei fedeli fece sentire Cersei più sicura di sé. "Non sono priva di amici."

Sotto l’ampia cupola di vetro, oro e cristallo del Grande Tempio, il corpo di lord Tywin Lannister riposava su un giaciglio di marmo posto al centro di una piattaforma a gradini. Vicino alla testa c’era Jaime che lo vegliava, l’unica mano posata sull’elsa di una grande spada la cui punta toccava il pavimento. La cappa con cappuccio che indossava era candida come neve appena caduta, le scaglie del lungo usbergo erano di madreperla montata in oro. "Lord Tywin lo avrebbe voluto nei colori oro e cremisi dei Lannister" rimuginò Cersei. "Vedere Jaime nel bianco della Guardia reale lo faceva sempre infuriare."

Jaime si stava anche facendo crescere di nuovo la barba. I corti peli che gli ricoprivano il mento e le guance gli conferivano un aspetto trasandato. "Quanto meno avrebbe potuto aspettare fino a quando le ossa di nostro padre non fossero state deposte nelle cripte di Castel Granito."

Cersei guidò il re su per i tre brevi gradini, facendolo inginocchiare accanto al feretro. Gli occhi di Tommen erano pieni di lacrime.

«Piangi in silenzio» gli ordinò Cersei, protendendosi verso di lui. «Sei un re, non un bamboccio qualunque. I tuoi lord ti stanno guardando.»

Il ragazzino si asciugò le lacrime con il dorso della mano. Aveva gli stessi occhi di Cersei, verde smeraldo, grandi e luminosi come erano stati quelli di Jaime quando aveva la sua età. Suo fratello Jaime era stato un bambino così carino, ma anche fiero, come Joffrey, un vero cucciolo di leone. La regina passò un braccio attorno alle spalle di Tommen e gli baciò i riccioli dorati. "Bisognerà che io gli insegni a governare, e che lo protegga dai suoi nemici." Alcuni di loro erano lì perfino in quel momento, fingendo di essere amici.

Le Sorelle del silenzio avevano composto lord Tywin come se dovesse affrontare la battaglia finale. Indossava la sua armatura più raffinata, acciaio pesante smaltato di una cupa tonalità cremisi, con istoriazioni d’oro sui guanti ferrati, i gambali e la corazza pettorale. Le rondelle ai gomiti e alle ginocchia erano lampi di sole coperti d’oro. Su ciascuna spalla c’era una leonessa dorata, un leone ornava il grande elmo a lato della salma. Sul petto era stata posata una spada lunga con il fodero istoriato tempestato di rubini, le mani guantate di maglia di ferro sovrapposte sull’elsa. "Il suo viso è nobile perfino nella morte" pensò Cersei "ma la sua bocca…" Gli angoli della bocca di suo padre erano leggermente incurvati verso l’alto, conferendogli un’espressione vagamente divertita. "Non dovrebbe essere così." Cersei biasimò per questo il gran maestro Pycelle: avrebbe dovuto dire lui alle Sorelle del silenzio che lord Tywin Lannister non sorrideva mai. "Quel vecchio è utile quanto dei capezzoli su un’armatura." Il mezzo sorriso faceva apparire lord Tywin meno minaccioso. Questo, più il fatto che i suoi occhi erano chiusi. Gli occhi del capostipite dei Lannister erano sempre stati inquietanti: di un verde slavato, quasi scintillanti, punteggiati d’oro. Occhi che potevano vedere un uomo dentro e capire quanto potesse essere debole, inetto e brutto nel profondo. "E quando lui ti guardava, anche tu ne diventavi consapevole."

D’un tratto, affiorò in lei un ricordo, il banchetto che Aerys Targaryen, il re Folle, aveva dato in onore di Cersei quando lei era venuta a corte, una ragazza ingenua e verde come l’erba dell’estate. Il vecchio lord Merryweather berciava riguardo all’aumento delle tasse sul vino quando lord Rykker aveva detto: "Se è d’oro che abbiamo bisogno, sua maestà dovrebbe far sedere lord Tywin sul suo vaso da notte". Aerys e i suoi leccapiedi avevano riso forte, mentre lord Tywin fissava Rykker da sopra il bordo della sua coppa. E aveva continuato a fissarlo anche dopo che l’ilarità era scemata. Rykker aveva distolto lo sguardo, poi si era voltato di nuovo, incontrando ancora gli occhi di lord Tywin; a quel punto li aveva ignorati, aveva scolato il boccale di birra e alla fine aveva lasciato la sala, rosso in faccia, sconfitto da quegli occhi implacabili.

"Ora gli occhi di lord Tywin sono chiusi per sempre. È il mio sguardo che da ora in poi gelerà il sangue nelle vene. Anch’io appartengo alla stirpe del Leone."

Il Grande Tempio di Baelor era pieno di ombre cupe, con il cielo fuori così plumbeo. Se la pioggia fosse cessata, il sole sarebbe sceso in lame oblique attraverso i cristalli appesi alla volta, avvolgendo la salma nei colori dell’arcobaleno. Il lord di Castel Granito meritava arcobaleni. Era stato un uomo importante. "Io sarò addirittura più grande di te. Tra mille anni, quando i maestri scriveranno di questa epoca, tu sarai ricordato solamente come il padre della regina Cersei."

«Madre.» Tommen la tirò per la manica. «Cos’è questo cattivo odore?»

"Il lord mio padre…"

«La morte.»

Anche Cersei lo percepiva: un leggero lezzo di carne in decomposizione che rischiò di farle arricciare il naso. Si impose di non farci caso. I sette septon nelle loro tonache argentate erano in piedi alle sue spalle sulla piattaforma, implorando il Padre di lassù affinché giudicasse benevolmente lord Tywin. Una volta che ebbero finito l’invocazione, settantasette septon si radunarono davanti all’altare della Madre e iniziarono a cantare, invocando la sua pietà. A quel punto, Tommen cominciava a essere irrequieto, e anche alla regina dolevano le ginocchia. Cersei gettò un’occhiata a Jaime. Suo fratello gemello stava diritto come se fosse stato scolpito nella pietra e non volle incontrare i suoi occhi.

Ser Kevan, loro zio, era inginocchiato tutto ingobbito su una panca del tempio, con il figlio al fianco. "Lancel ha una cera anche peggiore di quella di lord Tywin." Pur avendo solo diciassette anni, il giovane Lannister sembrava un settantenne: grigio di faccia, scheletrico, le guance scavate, gli occhi infossati, i capelli bianchi e aridi come stoppa. "Com’è possibile che Lancel sia ancora tra i vivi mentre lord Tywin Lannister è morto? Che gli dèi siano impazziti?"

Il perennemente malandato lord Gyles Rosby tossiva più del solito, coprendosi il naso con un fazzoletto di seta rossa. "Anche lui sente l’odore." Il gran maestro Pycelle teneva gli occhi chiusi. "È mezzo addormentato: lo farò frustare, lo giuro!" Sul lato destro della piattaforma erano inginocchiati i Tyrell: il lord di Alto Giardino, la sua orribile madre, chiamata regina di Spine, la sua insipida moglie, suo figlio Garland, sua figlia Margaery. "La regina Margaery" si corresse Cersei: vedova di Joffrey e futura moglie di Tommen. Margaery assomigliava molto a suo fratello ser Loras, il Cavaliere di Fiori, ora anche lui tra le Spade bianche. Cersei si domandò che cos’altro avessero in comune. "La nostra piccola rosa ha una quantità di cortigiane tutte pronte per lei, notte e giorno." Erano con Margaery anche in quel momento, circa una dozzina. Cersei studiò le loro facce, facendosi delle domande. "Quale di loro è la più spaventata? Quale la più laida? Quale la più avida di favori? Quale ha la lingua più sciolta?" Cersei decise di scoprirlo.

Fu un sollievo quando il canto finalmente si concluse. Il fetore emanato dal cadavere di lord Tywin sembrava aumentare. La maggior parte dei presenti alla cerimonia ebbe il buongusto di far finta di niente, ma a Cersei non sfuggì che un paio dei cuginetti di Margaery stavano arricciando il loro piccolo naso Tyrell.

Mentre Cersei e Tommen ripercorrevano il corridoio del tempio, la regina credette di udire qualcuno mormorare la parola "latrina" e sghignazzare, ma quando voltò la testa per capire chi fosse vide soltanto un mare di facce austere che la fissavano prive di espressione. "Non avrebbero mai osato fare dello spirito quando lui era ancora in vita. Gli sarebbe bastata una sola occhiata per far loro rivoltare le viscere."

Una volta lasciata la sala delle Lampade, i presenti alle esequie sciamarono attorno a loro, fitti come una nube di locuste, servili e pronti a offrire a Cersei le loro inutili condoglianze. I due gemelli Redwyne, ser Orrore e ser Fetore, le baciarono la mano, il loro padre le baciò le guance. Hallyne il Piromante le promise che una mano fiammeggiante avrebbe incendiato il cielo sopra la città il giorno in cui le ossa di lord Tywin sarebbero state inviate verso ovest. Tra un colpo di tosse e l’altro, lord Gyles le disse di aver assunto un maestro scultore, affidandogli il compito di realizzare una statua di lord Tywin che potessse montare guardia sempiterna alla Porta del leone. Ser Lambert Turnberry apparve con una benda nera sull’occhio destro, spergiurando che l’avrebbe tenuta fino a quando non fosse riuscito a portare a Cersei la testa mozzata di Tyrion. La regina era appena riuscita a liberarsi di quell’imbecille che si ritrovò tra le grinfie di lady Falyse di Stokeworth e di suo marito, ser Balman Byrch. «La lady mia madre ti porge le sue condoglianze, maestà» bofonchiò Falyse. «Lollys è costretta a letto a causa dei dolori per la gravidanza, e mia madre ha voluto restare con lei. Implora il tuo perdono, e mi ha incaricata di chiederti… mia madre ammirava il tuo defunto padre più di qualsiasi altro uomo. Dovesse mia sorella dare alla luce un maschio, è suo desiderio che venga chiamato Tywin, se… ti compiace.»

«Compiacermi?» Cersei la fissò stupefatta. «Quella mentecatta di tua sorella si fa fottere da metà della feccia di Approdo del Re, e Tanda pensa di onorare il suo bastardo dandogli il nome di mio padre? Che se lo scordi!»

Falyse arretrò come se fosse stata schiaffeggiata, ma suo marito si limitò a lisciarsi i folti baffi biondi. «È quello che ho detto anch’io a lady Tanda. Troveremo un nome… più adatto per il bastardo di Lollys, hai la mia parola, maestà.»

«Cerca di mantenerla.»

Cersei voltò loro le spalle e si allontanò. Vide che Tommen era finito tra le spire di Margaery Tyrell e della di lei nonna. La grinzosa, caustica regina di Spine era talmente bassa di statura che per un istante Cersei pensò si trattasse di un’altra bambina. Ma prima che potesse lanciarsi al salvataggio di suo figlio, la calca la portò faccia a faccia con suo zio, ser Kevan Lannister. La regina gli ricordò che dovevano incontrarsi più tardi. Per tutta risposta, ser Kevan annuì con aria assente e chiese licenza di ritirarsi. Lancel per contro rimase, l’incarnazione di un uomo con un piede nella fossa. "Ma sta entrando o uscendo da quella fossa?"

Cersei si costrinse a sorridere. «Lancel, sono felice di vedere che stai recuperando così bene le forze. Maestro Ballabar continuava a dare notizie talmente tristi da farci temere per la tua vita. Pensavo che tu fossi già in viaggio per Darry, per prendere possesso del tuo dominio quale nuovo lord.» Allo scopo di compiacere ser Kevan, suo fratello, dopo la battaglia delle Acque Nere lord Tywin aveva concesso a Lancel il titolo di lord.

«Non ancora. Nel mio castello ci sono dei fuorilegge.» La voce del giovane era sottile come i baffi sul suo labbro superiore. Per quanto i capelli gli fossero diventati bianchi, quell’ombra di baffi conservava il colore biondo.

Durante la loro illecita relazione erotica, Cersei aveva spesso guardato quei baffi dal basso, mentre Lancel faceva il suo dovere piantandole dentro la propria erezione. "Sembrano una traccia di sporco sul labbro." A quel tempo, Cersei ripuliva quello sporco con un po’ di saliva.

«Alle terre dei fiumi serve una mano decisa, dice mio padre» aggiunse Lancel.

"Peccato che quella mano non possa essere la tua" voleva dire Cersei. Invece sorrise. «E stai anche per sposarti.»

Un’espressione tetra apparve sul volto distrutto del giovane cavaliere. «Una fanciulla Frey, e non di mia scelta. Non è neppure vergine. Una vedova, di sangue Darry. Secondo mio padre, questo matrimonio sarà di aiuto con i contadini, solo che adesso sono tutti morti.» Lancel le prese la mano. «È una cosa crudele, Cersei. Sua maestà sa che io amo…»

«… la Casa Lannister» finì Cersei per lui. «Nessuno potrà mai dubitare di questo, Lancel. Possa tua moglie darti figli robusti.» "Ma non permettere al lord suo nonno di offrire il banchetto." L’ultimo banchetto offerto dal vetusto quanto malefico patriarca Frey — un bieco, sanguinario tradimento, a detta di molti — si era risolto nello spaventoso massacro di Robb e Catelyn Stark e nella distruzione pressoché completa dell’esercito del Nord. «Sono certa che a Darry compirai nobili gesta.»

Lancel annuì, visibilmente prostrato. «Quando sembrava che stessi per morire, mio padre portò l’Alto Sacerdote affinché pregasse per me. È un brav’uomo.» Gli occhi del giovane erano umidi e lucidi, occhi di un bambino nel volto di un vecchio. «Sostiene che la Madre ha voluto risparmiarmi per l’alto proposito di fare ammenda per i miei peccati.»

Cersei si domandò in quale modo Lancel intendesse fare ammenda per lei. "Concedergli il cavalierato è stato un errore, concedergli il mio corpo un errore ancora maggiore." Lancel era ridotto a un debole giunco, e quel suo nuovo atteggiamento di autocommiserazione non le piaceva affatto: era molto più divertente quando faceva finta di essere Jaime. "Che cosa avrà detto, questo patetico stupido, all’Alto Sacerdote? E che cosa potrà mai dire alla sua piccola moglie Frey quando si ritroveranno a giacere l’uno di fianco all’altra nel buio?" Quand’anche avesse confessato di avere fornicato con Cersei, bene, lei sarebbe stata in grado di affrontarlo. Gli uomini mentivano sempre riguardo alle proprie avventure: Cersei avrebbe semplicemente liquidato il problema come la vanteria di un ragazzo irruente travolto dalla bellezza della regina. "Ma se dovesse mettersi a cantare di Robert e del vino opportunamente corretto…"

«Il modo migliore per fare ammenda è la preghiera» gli disse Cersei. «La preghiera silenziosa.» Lo lasciò a riflettere su quelle parole e si preparò ad affrontare la testuggine dei Tyrell.

Margaery la abbracciò come una sorella, cosa che la regina trovò presuntuosa, ma quello non era il luogo adatto per richiamarla all’ordine. Lady Alerie e i cugini si accontentarono di baciarle le dita. Lady Graceford, visibilmente gravida, chiese alla regina di poter chiamare Tywin il bambino, se fosse stato maschio, Lanna se fosse stato femmina. "Anche tu?" fu sul punto di sbottare Cersei. "Il regno pullulerà di Tywin." Diede il proprio consenso con tutta la buonagrazia che riuscì a trovare, fingendo di essere deliziata.

Fu lady Merryweather, però, a darle il massimo compiacimento. «Maestà» le disse nel suo sensuale accento di Myr «ho inviato messaggi ai miei amici al di là del mare Stretto, chiedendo loro di catturare il Folletto nel momento stesso in cui dovesse mostrare la sua brutta faccia in una qualsiasi delle città libere.»

«E ne hai molti, di amici, al di là delle acque?»

«A Myr, molti. Anche a Lys, e a Tyrosh. Uomini di potere.»

Cersei non aveva difficoltà a crederlo. La donna di Myr era incredibilmente bella: lunghe gambe, seno pieno, liscia pelle olivastra, labbra carnose, enormi occhi scuri e folti capelli neri la facevano sembrare sempre appena scesa dal letto. "Questa donna ha addosso addirittura l’odore del peccato, come una sorta di fiore di loto selvaggio."

«Lord Merryweather e io desideriamo unicamente servire sua maestà e il piccolo re» concluse la donna con uno sguardo ammaliante, pregno quanto lady Graceford.

"Ambiziosa, e il lord suo marito è un uomo orgoglioso ma povero." «Dovremo parlare ancora, mia signora. Taena, sì? La tua squisita cortesia mi compiace. Sono certa che ci sarà amicizia tra noi.»

Dopo di che, calò su di lei il signore di Alto Giardino.

Mace Tyrell aveva solo una decina d’anni più di Cersei, eppure la regina lo vedeva come un uomo dell’età di suo padre, non della sua. Non era alto quanto lo era stato lord Tywin, però era più grosso, con un torace massiccio e la pancia ancora di più. Aveva i capelli castano scuro, e fili bianchi e grigi striavano la sua barba. Spesso era rosso in viso. «Lord Tywin era un grande uomo, un uomo straordinario» dichiarò solennemente dopo aver baciato Cersei su entrambe le guance. «Mai più, temo, vedremo qualcun altro a par suo.»

"L’hai di fronte, qualcun altro a par suo, idiota" pensò Cersei. "È sua figlia che hai di fronte." Ma per tenere Tommen sul trono aveva bisogno di Tyrell e della potenza di Alto Giardino, per cui tutto quello che disse fu: «Mancherà molto a tutti noi».

Tyrell le pose una mano sulla spalla. «Nessun uomo su questa Terra sarà mai in grado di riempire l’armatura di lord Tywin, questo è palese. Ma si deve andare avanti e il regno deve essere governato. Se c’è qualcosa che io possa fare per assisterti in questa ora oscura, maestà, non hai che da chiedere.»

"Se vuoi diventare il Primo Cavaliere del re, milord, abbi il coraggio di dirlo con chiarezza." La regina sorrise. "E che a questo sorriso tu dia tutte le interpretazioni che vuoi." «Di certo ci sarà bisogno della tua nobile presenza sull’Altopiano.»

«Mio figlio Willas è un giovane capace» replicò Mace Tyrell, rifiutandosi di capire il chiaro sottinteso di Cersei. «Ha una gamba inabile, ma l’arguzia di certo non gli manca. E presto Garlan prenderà Acquachiara. Con loro, l’Altopiano sarà in buone mani, e a tutti gli effetti c’è bisogno della mia presenza altrove. Il governo del regno deve venire prima di qualsiasi altra cosa, soleva dire lord Tywin. E mi compiaccio che tu, maestà, stia seguendo così bene le sue orme. Mio zio Garth è pronto a servire quale maestro del conio, come desiderava il lord tuo padre. Sta dirigendosi verso Vecchia Città per imbarcarsi su una nave che lo porterà qui ad Approdo del Re. I suoi figli lo accompagneranno. Lord Tywin menzionò qualcosa riguardo alla possibilità di affidare cariche anche a loro. Forse il comando della Guardia cittadina.»

Il sorriso si era talmente congelato sul viso di Cersei da farle temere che i denti fossero sul punto di spezzarsi. "Garth il Grosso nel concilio ristretto e i suoi due bastardi tra le cappe dorate… I Tyrell credono forse che offrirò loro il regno su un piatto d’argento?" L’arroganza di lord Mace quasi le tolse il fiato.

«Garth mi ha servito bene come lord siniscalco, così come servì mio padre prima di me» continuava intanto Tyrell. «Ditocorto aveva fiuto per l’oro, questo lo riconosco, ma Garth…»

«Milord» lo interruppe Cersei «temo che ci sia stato un malinteso. Ho chiesto a lord Gyles Rosby di servire quale nuovo maestro del conio, e lui mi ha fatto l’onore di accettare.»

Mace la fissò a bocca aperta. «Rosby? Quel… tisico? Ma… era già deciso, maestà. Garth si sta già muovendo alla volta di Vecchia Città.»

«Allora farai meglio a inviare un corvo messaggero a lord Hightower, chiedendogli di accertarsi che tuo zio non salga su quella nave. Detesteremmo imporre al coraggioso Garth i rigori di un autunno in mare per niente.» Cersei si sciolse in un sorriso.

«Questo…» Una vampata di rossore coprì il collo tozzo di Tyrell. «… Il lord tuo padre mi aveva garantito…» balbettò.

A quel punto si avvicinò sua madre, la regina di Spine, e prendendolo sottobraccio disse: «Sembrerebbe che lord Tywin non abbia condiviso la sua politica con la nostra regina reggente, non riesco proprio a immaginare perché. Cionondimeno, è chiaro, non c’è ragione di assillare sua maestà. Ella ha ragione: devi scrivere a lord Leyton Hightower prima che Garth si imbarchi. Sai bene che soffre il mal di mare e questo peggiora la sua flatulenza». Lady Olenna rivolse a Cersei un sorriso sdentato. «Le sale del tuo concilio ristretto avranno un olezzo più delicato con la presenza di lord Gyles, per quanto, oserei dire, troverei quel suo continuo tossire di notevole distrazione. Noi tutti adoriamo il caro, vecchio zio Garth, però è meteorico, non lo si può negare. E sapessi quanto aborro i cattivi odori.» La sua faccia grinzosa si fece ancora più grinzosa. «Mi è giunto alle nari un effluvio sgradevole nel sacro tempio, in verità. Forse lo hai sentito anche tu?»

«No» rispose Cersei, gelida. «Un odore, dici?»

«Un puzzo, a dire il vero.»

«Forse ti mancano le tue rose d’autunno. Ti abbiamo trattenuta qui troppo a lungo.»

Quanto prima Cersei avesse liberato la corte da lady Olenna, tanto meglio sarebbe stato. Senza dubbio lord Tyrell avrebbe distaccato un numero più che consistente di cavalieri per fare da scorta alla madre. Minore il numero di spade Tyrell ad Approdo del Re, migliori i sonni di Cersei.

«Mi mancano le fragranze di Alto Giardino, lo confesso» disse la regina di Spine «ma naturalmente non posso certo andarmene prima di avere visto la mia dolce Margaery andare in sposa al tuo prezioso piccolo Tommen.»

«Un giorno che anch’io attendo con favore» si associò Mace Tyrell. «Lord Tywin e io eravamo sul punto di definire una data, in effetti. Forse un giorno, maestà, potremmo riprendere quella conversazione.»

«Lo faremo presto.»

«Presto andrà bene» concordò lady Olenna, tirando su col naso. «Ora andiamo, Mace, lasciamo che sua maestà proceda con il suo… lutto.»

"Ti voglio vedere morta, vecchia maledetta" promise Cersei a se stessa guardando la regina di Spine allontanarsi tra due gigantesche guardie del corpo, una coppia di gemelli identici alti sette piedi che lady Olenna trovava divertente chiamare Sinistro e Destro. "E allora sentiremo che profumo avrà il tuo cadavere." L’anziana madre del signore di Alto Giardino aveva due volte il senno del figlio, era fin troppo evidente.

Cersei andò al salvataggio del figlio, strappandolo a Margaery e alle sue cugine e si diresse verso i portali.

Fuori, la pioggia era finalmente cessata. L’aria dell’autunno sapeva di buono, di fresco. Tommen si tolse la corona.

«Rimettitela» gli ordinò Cersei.

«Mi fa male il collo» si lamentò il ragazzo, ma obbedì. «Mi sposerò presto? Margaery dice che, prima ci sposiamo, prima andiamo ad Alto Giardino.»

«Tu non andrai ad Alto Giardino, ma puoi fare ritorno al castello in sella.» Cersei fece un cenno a ser Meryn Trant. «Porta un cavallo a sua maestà, e chiedi a lord Gyles di farmi l’onore di condividere la mia carrozza.»

Tutto si stava muovendo più in fretta di quanto lei avesse anticipato: non c’era tempo da perdere.

Tommen fu molto felice della prospettiva di cavalcare, e naturalmente lord Gyles fu più che onorato dell’invito della regina… ma quando Cersei gli chiese di diventare maestro del conio, il malandato lord fu colto da un accesso di tosse così violento da far pensare che sarebbe morto all’istante. Ma la Madre fu misericordiosa e Gyles riuscì a riprendersi quanto bastava per accettare l’offerta, anzi, cominciò addirittura a tirar fuori i nomi degli uomini che voleva rimpiazzare, ufficiali doganali e mercanti assortiti nominati da Ditocorto, includendo addirittura uno dei custodi delle chiavi.

«Chiama pure chi diavolo vuoi» approvò Cersei «basta che sia valido. E se qualcuno te lo chiedesse, tu sei entrato a fare parte del concilio ristretto a partire da ieri.»

«Ieri…» Un altro accesso di tosse piegò Gyles Rosby in due. L’anziano lord si portò alla bocca un fazzoletto di seta rossa, come per celare il sangue espettorato. Cersei fece finta di non vedere.

"Dovesse crepare, troverò qualcun altro." Forse avrebbe chiamato di nuovo Ditocorto. La regina faceva fatica a immaginare che, essendo morta Lysa Arryn, Petyr Baelish potesse restare protettore della valle di Arryn ancora a lungo. I lord locali stavano già dando segni di malcontento. "Una volta che gli avranno strappato quel grottesco ragazzino, lord Petyr tornerà qui strisciando."

«Maestà?» Lord Gyles tossì con la bocca nel fazzoletto. «Potrei…» tossì di nuovo «… chiedere chi…» Venne scosso da un’ennesima raffica di colpi di tosse. «… chi sarà Primo Cavaliere del re?»

«Mio zio» rispose Cersei in tono assente. «Ser Kevan Lannister.»


Vide con sollievo i portali della Fortezza Rossa incombere nuovamente davanti a lei. Affidò Tommen alle cure dei suoi scudieri e finalmente poté ritirarsi nelle sue stanze per avere un po’ di riposo. Si era appena tolta le scarpe quando Jocelyn entrò timidamente, annunciandole che Qyburn, l’ex maestro che si era occupato della salma di lord Tywin, era alla soglia e chiedeva udienza.

«Che entri» comandò la regina. "Nessun riposo per i governanti."

Qyburn era vecchio, ma i suoi capelli erano ancora più biondi che bianchi e le rughe di espressione agli angoli della bocca lo facevano apparire come il nonno preferito di ogni bambina. "Un nonno piuttosto male in arnese, però." Il colletto della tonaca era tutto sfilacciato, uno strappo su una manica era stato rattoppato alla meglio.

«Chiedo il perdono di sua maestà per il mio aspetto» esordì Qyburn. «Sono stato nelle segrete della fortezza a cercare tracce della fuga del Folletto, come mi avevi comandato.»

«E che cosa hai scoperto?»

«La notte in cui lord Varys e tuo fratello sono scomparsi, è sparito anche un terzo uomo.»

«Lo so, il carceriere. Ebbene?»

«Quell’uomo si chiama Rugen. Un carceriere di secondo grado incaricato delle celle nere. Il carceriere capo lo descrive come corpulento, non rasato, dalla parlata brusca. Serviva anche sotto il vecchio re, andando e venendo a suo piacimento. In anni recenti, le celle nere spesso non erano occupate. A quanto sembra, gli altri aguzzini avevano paura di questo Rugen, ma nessuno di loro sapeva molto di lui. Non aveva amici né parenti. Non beveva, non frequentava i bordelli. La cella dove alloggiava era umida e tetra, il pagliericcio su cui dormiva era muffito. Il secchio della sua latrina traboccava.»

«So già tutto questo» rispose Cersei. Jaime aveva esaminato la cella di Rugen e le cappe dorate di ser Addam l’avevano ispezionata a loro volta.

«Aye, maestà» disse Qyburn «ma sapevi anche che sotto quella latrina puzzolente c’era una pietra staccata, che celava una piccola cavità? Il genere di buco in cui un uomo nasconde oggetti di valore che non vuole vengano scoperti.»

«Oggetti di valore?» Quello era nuovo. «Conio, intendi dire.» Cersei aveva sospettato fin dall’inizio che Tyrion fosse in qualche modo riuscito a corrompere il carceriere.

«Senza alcun dubbio. Una cosa è certa: quando l’ho trovata, la cavità era vuota. Né possono esserci dubbi che, al momento della fuga, questo Rugen abbia portato con sé il suo tesoro di oscura provenienza. Tuttavia, mentre ero chinato sulla cavità, alla luce della torcia ho notato qualcosa che brillava, così ho tolto il terriccio fino a estrarla.» Qyburn aprì la mano. «Una moneta d’oro.»

"Oro, certo." Ma nel momento stesso in cui Cersei prese la moneta si rese conto che qualcosa non andava. "Troppo piccola" pensò "troppo sottile." Era una moneta vecchia e usurata. Su una faccia, il profilo di un re, sull’altra il simbolo di una mano.

«Questo non è un dragone d’oro» dichiarò Cersei.

«No, infatti» concordò Qyburn. «È conio antecedente alla Grande Conquista dei Targaryen, maestà. Il re in effigie è Garth Dodicesimo, e la mano è l’emblema di Casa Gardener.»

"Antenati di Alto Giardino." Cersei strinse la moneta in pugno. "Quale tradimento è mai questo?" Mace Tyrell era stato uno dei giudici di Tyrion, e aveva invocato a gran voce la sua messa a morte. "E se invece fosse stato un complotto? Se Tyrell avesse cospirato con il Folletto fin da principio, e avessero ordito la morte del lord mio padre?" Con Tywin Lannister nella tomba, lord Tyrell sarebbe stato la scelta più ovvia per la carica di Primo Cavaliere del re, eppure…

«Tu non fare parola di questo con nessuno» ordinò Cersei.

«Sua maestà può confidare nella mia discrezione. Chiunque si accompagni a una banda di soldati di ventura impara a tenere a freno la lingua, altrimenti quella medesima lingua non durerebbe a lungo.»

«Lo stesso vale per coloro che si accompagnano a me.» La regina mise via la moneta. Ci avrebbe pensato in seguito. «Che cosa mi dici dell’altra questione?»

«Ser Gregor Clegane.» Qyburn scrollò le spalle. «L’ho esaminato, come tu mi hai comandato di fare. Il veleno sulla lancia della Vipera rossa era estratto di manticora dell’Oriente, sarei pronto a scommettere la mia vita.»

«Pycelle sostiene di no. Aveva detto al lord mio padre che il veleno di manticora uccide nell’istante stesso in cui raggiunge il cuore.»

«Ed è vero. Ma questo particolare veleno è stato in qualche modo reso più denso, in modo da rallentare la morte della Montagna che cavalca.»

«Reso più denso? E come? Con qualche altra sostanza?»

«Potrebbe essere come sua maestà suggerisce, per quanto in molti casi l’adulterazione di un veleno ne indebolisca la potenza. Ma la causa potrebbe anche essere… meno naturale, per così dire. Una stregoneria.»

"Che anche quest’uomo sia un grande stolto come Pycelle?"

«Quindi mi vorresti dire che la Montagna sta morendo a causa di qualche magia nera?»

Qyburn ignorò lo scherno nella voce di Cersei. «Sta morendo a causa del veleno, ma lentamente, e con atroci sofferenze. I miei sforzi per attenuare il dolore si sono rivelati futili quanto quelli di Pycelle. Ser Gregor si è ormai assuefatto al latte di papavero, temo. Il suo scudiero mi ha detto che il cavaliere è assillato da fortissime emicranie e che spesso ingolla latte di papavero come uomini meno robusti di lui ingollano birra. Ma, in ogni caso, le sue vene sono diventate nere dalla testa ai piedi, la sua orina è inquinata dal pus e nel fianco ferito il veleno gli ha scavato un foro grosso quanto il mio pugno. A dire il vero, è un miracolo che quell’uomo sia ancora in vita.»

«Le sue dimensioni» suggerì la regina, aggrottando la fronte. «Gregor è un uomo gigantesco. Ma anche la sua stupidità è gigantesca. Troppo stupido per capire quando è ora di morire, a quanto pare.» Cersei tese la mano che reggeva la coppa e Senelle le versò di nuovo da bere. «Le sue grida spaventano Tommen. E qualche notte hanno svegliato anche me. Direi che è giunto il momento di convocare ser Ilyn Payne.»

«Maestà» suggerì Qyburn «e se spostassi ser Gregor nelle segrete? Le sue urla non potrebbero disturbarti da là sotto, e io potrei occuparmi di lui in tutta libertà.»

«Occuparti di lui?» Cersei rise. «Sarà ser Ilyn a farlo.»

«Se tale è il desiderio di sua maestà» disse Qyburn «ma questo veleno… sarebbe utile saperne qualcosa di più, non trovi, mia regina? Manda un cavaliere a uccidere un cavaliere e un arciere a uccidere un arciere, dice spesso il popolino. Per combattere le arti oscure…» Il maestro sconsacrato non finì la frase, limitandosi a sorridere.

"Non è come Pycelle, questo è poco ma sicuro." La regina lo scrutò, soppesandolo. «Per quale motivo la Cittadella ti ha portato via la catena di maestro?»

«Nel profondo, tutti gli arcimaestri sono dei codardi. Le pecore grigie, li chiama Marwyn. Io ero un guaritore abile quanto Ebrose, ma aspiravo a superarlo. Per centinaia di anni, gli uomini della Cittadella hanno sezionato cadaveri per studiare la natura della vita. Io desideravo comprendere la natura della morte, così sezionai i corpi dei vivi. Per quel crimine, le pecore grigie mi coprirono di vergogna e mi costrinsero all’esilio… ma io comprendo la natura della vita e della morte meglio di qualsiasi altro uomo di Vecchia Città.»

«Davvero?» Cersei era affascinata da quel concetto. «Molto bene. La Montagna è tua. Fa’ di lui quello che vuoi, ma tieni i tuoi studi circoscritti alle celle nere. Quando sarà morto, portami la sua testa. Mio padre la promise a Dorne. So che il principe Doran Martell preferirebbe uccidere Gregor Clegane con le sue mani, ma a questo mondo tutti siamo destinati a patire delle delusioni.»

«Benissimo, maestà.» Qyburn si schiarì la voce. «Ricorda però che non ho a disposizione gli stessi mezzi di Pycelle. Sarà necessario che io mi provveda…»

«Darò incarico a lord Gyles di fornirti conio sufficiente alle tue necessità. E comprati anche delle tonache nuove. Sembri appena uscito dal Fondo delle Pulci.» Cersei lo guardò diritto negli occhi, domandandosi quanto avrebbe potuto fidarsi di quell’uomo. «È necessario che ti dica che le cose si metteranno molto male per te qualora anche una sola parola dei tuoi… sforzi… dovesse varcare queste mura?»

«Non è necessario, maestà.» Qyburn le rivolse un sorriso rassicurante. «I tuoi segreti sono al sicuro con me.»

Quando se ne fu andato, Cersei si versò una coppa di vino forte e la sorseggiò vicino alla finestra, osservando le ombre allungarsi nel cortile della Fortezza Rossa, e ripensò alla strana moneta. "Oro dell’Altopiano. Come può un infimo carceriere di Approdo del Re essere in possesso di oro dell’Altopiano, se non come compenso per la sua complicità nella morte del lord mio padre?"

A dispetto di tutti i suoi sforzi, Cersei continuava a non riuscire a richiamare alla mente il volto di lord Tywin senza quello stupido sorriso e l’odore mefitico che emanava dal suo cadavere. Si domandò se in qualche modo, anche dietro quelle macabre beffe, non potesse esserci Tyrion. "Cose meschine e crudeli, proprio come lui." E se Tyrion si fosse servito proprio di Pycelle come emissario? "Ha mandato il vecchio nelle celle nere" ricordò Cersei "di cui si occupava questo aguzzino Rugen." Trame ordite le une nelle altre in grovigli che a Cersei non piacevano affatto. "Anche il nuovo Alto Sacerdote è un uomo di Tyrion" ricordò improvvisamente Cersei "e il corpo del mio povero padre è stato nelle sue mani dal tramonto fino all’alba."


Ser Kevan Lannister, suo zio, si presentò da lei puntualmente al tramonto, con indosso un farsetto di lana imbottita color antracite, tetro quanto la sua faccia. Come tutti i Lannister, anche ser Kevan era biondo e di carnagione chiara, anche se all’età di cinquantacinque anni aveva perduto quasi tutti i capelli. Nessuno lo avrebbe definito un uomo attraente. Ventre prominente, spalle ingobbite, mascella squadrata, mento sporgente, che la barba bionda tagliata corta non riusciva a nascondere, a Cersei ricordava un vecchio mastino… ma un vecchio mastino fedele era proprio quello che le serviva.

Consumarono una cena frugale a base di barbabietole, pane e manzo al sangue, annaffiando il tutto con una caraffa di vino dorniano. Ser Kevan parlò ben poco e quasi non toccò la sua coppa. "Pensa troppo" decise Cersei. "Deve essere messo subito in azione per superare il dolore."

E fu precisamente questo che gli disse, non appena i resti del cibo furono portati via e i servi si furono dileguati. «So quanto mio padre facesse conto su di te, zio. Ora, anch’io devo fare lo stesso.»

«Hai bisogno di un Primo Cavaliere» rilevò ser Kevan. «E Jaime ha rifiutato.»

"È un uomo diretto. Molto bene." «Jaime… Mi sentivo talmente sperduta a causa della dipartita di mio padre, da non sapere nemmeno quello che stavo dicendo. Siamo franchi: Jaime è un uomo valoroso, ma anche uno sciocco. A Tommen serve un uomo di maggiore esperienza. Un uomo in età…»

«Mace Tyrell è in età.»

Le narici di Cersei si dilatarono. «Mai!» Scostò una ciocca di capelli dalla fronte. «I Tyrell sono troppo avidi.»

«Saresti sciocca a nominare Mace Tyrell Primo Cavaliere» ammise ser Kevan «ma saresti doppiamente sciocca a inimicartelo. Ho sentito di quanto è accaduto nella sala delle Lampade. Mace avrebbe dovuto avere maggiore discernimento prima di affrontare un simile argomento in pubblico, ciononostante tu non hai agito in modo saggio a coprirlo di vergogna davanti a metà della corte.»

«Meglio questo che subire un altro Tyrell nel concilio ristretto.» La critica di suo zio l’aveva indispettita. «Rosby sarà un maestro del conio all’altezza del suo compito. Tu hai visto la sua carrozza, tutta bassorilievi e tende di seta. I suoi cavalli hanno finimenti migliori di quelli della maggior parte dei cavalieri. Un uomo così ricco non dovrebbe avere problemi nel reperire oro. Quanto alla carica di Primo Cavaliere… chi potrà portare a compimento il lavoro di mio padre meglio del fratello che ha preso posto al suo fianco in tutte le riunioni?»

«Ogni uomo ha bisogno di qualcuno di cui fidarsi. Tywin aveva me e, un tempo, tua madre.»

«L’ha amata moltissimo.» Cersei rifiutò di pensare alla puttana trovata morta nel letto del padre. «Io so che ora loro due sono l’uno al fianco dell’altra.»

«È anche la mia preghiera.» Ser Kevan studiò l’espressione di lei per un lungo momento prima di proseguire. «Mi stai chiedendo molto, Cersei.»

«Non più di quanto ti chiedeva mio padre.»

«Sono stanco.» Ser Kevan prese la coppa con il vino e bevve un sorso. «Ho una moglie che non vedo da due anni, un figlio morto per il quale sono tuttora in lutto, un altro figlio che sta per sposarsi e diventare lord. Il castello di Darry deve tornare a essere quello di un tempo, le terre protette, i campi bruciati nuovamente arati e seminati. Lancel ha bisogno del mio aiuto.»

«Lo stesso vale per Tommen.» Cersei non si era aspettata di dover convincere Kevan. "Con mio padre non si è mai fatto pregare." «Il regno ha bisogno di te.»

«Il regno. Aye. E Casa Lannister.» Bevve un altro sorso di vino rosso. «Molto bene: rimarrò a servire sua maestà…»

«Ottimo…» cominciò Cersei, ma ser Kevan alzò la voce e le impedì di continuare.

«… ma solamente a patto che nomini me Primo Cavaliere e reggente, e che tu faccia ritorno a Castel Granito.»

Per un istante che le sembrò non finire mai, tutto quello che Cersei riuscì a fare fu fissarlo. «Sono io la reggente» gli ricordò.

«Lo eri. Non era intenzione di Tywin che tu continuassi a ricoprire quella carica. Mi parlò dei suoi piani di rimandarti alla Rocca e di trovarti un nuovo marito.»

Cersei sentì il furore crescerle dentro. «Parlò di questo, sì. E io gli dissi che non intendevo sposarmi di nuovo.»

Suo zio non si lasciò impressionare. «Se sei contraria al matrimonio, non sarò io a importelo. Quanto all’altro argomento… tu ora sei la signora di Castel Granito. Il tuo posto è là.»

"Come osi?" avrebbe voluto urlare Cersei. «Io sono anche la regina reggente» disse invece. «Il mio posto è vicino a mio figlio.»

«Tuo padre non la pensava così.»

«Mio padre è morto.»

«Con mio dolore, e per il sollievo dell’intero regno. Apri gli occhi, Cersei, e guardati attorno. Il regno è in rovina. Tywin sarebbe forse stato in grado di rimettere le cose a posto, ma…»

«Sarò io a farlo!» Cersei poi addolcì il tono. «Con il tuo aiuto, zio. Se tu mi servirai fedelmente come hai servito mio padre…»

«Tu non sei tuo padre. E Tywin ha sempre guardato a Jaime quale suo erede di diritto.»

«Jaime… Jaime ha prestato giuramento nelle Spade bianche. Jaime non pensa. Mai. Jaime se la ride di tutto e di tutti, e dice qualsiasi cosa gli passi per la testa. Jaime è uno sciocco.»

«Eppure era lui la tua preferenza quale Primo Cavaliere. Allora, Cersei, tu che cosa sei?»

«Te l’ho già detto: ero accecata dal dolore, non pensavo…»

«No, infatti, non pensavi» concordò ser Kevan. «Ed è proprio per questo che dovresti ritornare a Castel Granito, affidando il re a quelli che invece continuano a pensare.»

«Il re è mio figlio!» Cersei si alzò in piedi.

«Aye» concordò di nuovo suo zio «e da tutto quanto ho visto di Joffrey, sei tanto incapace di essere madre quanto di governare.»

Cersei gli scaraventò in faccia tutto il vino della coppa.

Ser Kevan Lannister si alzò a sua volta, con austera dignità. «Maestà.» Il vino rosso gli grondava lungo le guance, gocciolando nella barba corta. «Con tua licenza, posso ritirarmi?»

«In base a quale diritto ritieni di dettare condizioni a me? Tu non sei nulla di più di uno dei cavalieri di mio padre.»

«Non possiedo terre, è vero. Ma ho certi introiti, e casse di conio messe da parte. Alla sua morte, mio padre non dimenticò nessuno dei suoi figli, e Tywin sapeva come ricompensare i buoni servigi. Io mantengo duecento cavalieri, un numero che posso raddoppiare, se necessario. Ci sono soldati erranti pronti a seguire i miei vessilli, e ho oro per assoldare mercenari. Sarebbe saggio da parte tua non prendermi alla leggera, maestà, e ancora più saggio non fare di me un tuo nemico.»

«Mi stai forse… minacciando?»

«Ti sto consigliando. Se non intendi cedermi la reggenza, allora nominami lord di Castel Granito e fai Primo Cavaliere Mathis Rowan o Randyll Tarly.»

"Alfieri dei Tyrell, sia l’uno sia l’altro." Quel suggerimento lasciò Cersei senza parole. "Che si sia fatto comprare?" si chiese. "Che abbia preso l’oro dei Tyrell, tradendo Casa Lannister?"

«Mathis Rowan è uomo sensibile, prudente, molto apprezzato» continuò ser Kevan, ignaro. «Randyll Tarly è il più capace uomo d’arme del regno. In tempo di pace, non un’eccelsa scelta come Primo Cavaliere, ma essendo morto Tywin non c’è uomo migliore di lui per concludere questa guerra. Lord Tyrell non potrà ricevere oltraggio qualora tu nominassi Primo Cavaliere uno dei suoi alfieri. Tarly e Rowan sono entrambi uomini validi… e leali. Nomina uno di loro due, e Tyrell sarà dalla tua. Rafforzerai la tua posizione e indebolirai quella di Alto Giardino, ma è comunque probabile che Mace Tjnrell ti ringrazierà per questo.» Ser Kevan scrollò le spalle. «Tale è il mio consiglio, che tu lo accolga o no. Nomina Ragazzo di luna Primo Cavaliere, per quello che m’importa. Mio fratello è morto. E ora io lo riporterò a casa.»

"Traditore!" pensò Cersei. "Voltagabbana!" Si domandò quanto Mace Tyrell lo avesse pagato. «Tu abbandoni il tuo re proprio quando ha maggiormente bisogno di te» gli disse. «Tu abbandoni Tommen.»

«Tommen ha sua madre.» Gli occhi verdi di ser Kevan incontrarono quelli di Cersei: non c’era esitazione nello sguardo di lui, nessun ammiccamento. Un’ultima goccia di vino tremolò sulla sua barba, e infine cadde. «Aye, ha sua madre» ripeté in tono remoto, poi, dopo una pausa: «E ha anche un padre, suppongo».

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