CERSEI

Sognò di sedere sul Trono di Spade, più in alto di tutti.

Sotto di lei, i cortigiani erano come topi dai vividi colori. Grandi lord e orgogliose lady si inginocchiavano al suo cospetto. Valorosi cavalieri deponevano le loro spade ai suoi piedi, invocando i suoi favori. La regina concedeva loro il suo sorriso. Fino a quando, dal nulla, apparve il nano. Puntava il dito verso di lei e rideva in modo sguaiato. Anche i lord e le lady cominciarono a sghignazzare, celando i sorrisi dietro le dita. Solo a quel punto la regina si rese conto di essere nuda.

Inorridita, cercò di coprirsi con le mani. Si chinò in avanti per nascondere le vergogne, i rostri e le lame del Trono di Spade artigliarono le sue carni. Il sangue le ruscellò lungo le gambe mentre zanne di acciaio la mordevano nel didietro. Quando cercò di alzarsi, un piede scivolò in un vuoto in agguato fra tutto quel metallo contorto. Più si agitava, più il trono la stringeva, strappandole brandelli di carne dal seno, dal ventre, infliggendole tagli sulle braccia e le gambe, finché tutto il suo corpo diventò un simulacro rosso e luccicante.

Mentre il nano suo fratello, là sotto, continuava a sbellicarsi dalle risate…

Le sentiva ancora echeggiare quando percepì un lieve tocco sulla spalla.

Si svegliò con un sussulto. Per un momento, anche quel tocco sembrò far parte dell’incubo. Cersei gridò, ma era solo Senelle. Il viso della serva era pallido, spaventato.

"Non siamo sole" capì la regina. C’era una folla di ombre attorno al suo letto, figure alte, cotte di maglia di ferro scintillanti sotto i mantelli. Uomini d’arme: non avrebbero dovuto trovarsi lì. "Dove sono le mie guardie?" La sua camera da letto era immersa nell’oscurità, tranne che per la lanterna che uno degli intrusi teneva sollevata. "Non devo mostrare di aver paura."

Cersei spinse indietro i capelli arruffati dal sonno. «Che cosa volete?»

Uno degli uomini avanzò nell’alone di luce della lanterna. Cersei vide che la sua cappa era bianca: la Guardia reale. «Jaime?» "Ho sognato uno dei miei fratelli, ma l’altro viene a svegliarmi."

«Maestà.» Non era la voce di suo fratello. «Il lord comandante ci ha incaricato di venire a prenderti.»

L’uomo aveva i capelli ricci come quelli di Jaime, ma suo fratello era biondo oro, come lei, mentre i capelli di quest’uomo erano neri e unti. Cersei rimase a fissarlo, disorientata, mentre l’uomo borbottava qualcosa riguardo a una latrina e a una balestra. Alla fine, nominò suo padre. "Sto ancora sognando" pensò Cersei. "Non mi sono svegliata, l’incubo non ha avuto fine. Ben presto Tyrion striscerà fuori da sotto il letto e mi riderà in faccia."

No, era la follia. Suo fratello Tyrion, il nano deforme, era giù nelle celle nere, condannato a morire quello stesso giorno. Cersei abbassò lo sguardo sulle proprie mani, per accertarsi di avere ancora tutte le dita. Quando si accarezzò un braccio, sentì la pelle d’oca, ma non c’erano tagli, e nemmeno sulle gambe, e non aveva piaghe sulle piante dei piedi. Un sogno, nient’altro che un sogno. "Ieri sera ho bevuto troppo, queste paure sono solamente gli umori provocati dal vino. Sarò io a ridere per ultima, quando calerà il crepuscolo. I miei figli saranno al sicuro, anche il trono di Tommen, e quel piccolo, contorto valonqar marcirà senza più la testa attaccata alle spalle.

Jocelyn Swyft era al suo fianco e le porse una coppa. Cersei bevve: acqua e limone spremuto, così aspra che la sputò. Sentiva il vento della notte scuotere le imposte, e la sua mente era stranamente lucida. Jocelyn tremava come una foglia, spaventato quanto Senelle. Ser Osmund Kettleblack incombeva su di lei. Alle sue spalle c’era ser Boros Blount con la lanterna. Sulla porta c’erano dei Lannister armati, con gli emblemi del leone scintillanti, sulle creste dei loro elmi. Anche loro parevano spaventati. "Può essere?" si chiese la regina. "Può essere vero?"

Cersei si alzò e lasciò che Senelle le mettesse una vestaglia da camera sulle spalle per nascondere la sua nudità. Cersei si allacciò da sola la cintura, le sue dita erano rigide, goffe.

«Il lord mio padre ha guardie attorno a sé, giorno e notte» disse.

Sentiva la lingua gonfia. Bevve un altro sorso di acqua e limone, sciacquandosi la bocca per rinfrescare l’alito. Una falena era andata a finire nella lanterna di ser Boros. Cersei ne udiva il ronzio, vedeva l’ombra dell’insetto che sbatteva contro il vetro.

«Le guardie erano ai loro posti, maestà» disse ser Osmund Kettleblack. «Abbiamo trovato una porta nascosta dietro il caminetto. Un passaggio segreto. Il lord comandante è andato a esplorare dove conduce.»

«Jaime?» Il terrore si impossessò di lei, improvviso come una tempesta. «Jaime dovrebbe essere con il re…»

«Al ragazzo non è stato fatto alcun male. Ser Jaime ha messo una dozzina di uomini a proteggerlo. Sua maestà dorme pacificamente.»

"Che Tommen possa fare un sogno migliore del mio e avere un risveglio più piacevole." «Chi c’è con il re?»

«Ser Loras Tyrell ha questo onore.»

La cosa non le piaceva affatto. I Tyrell di Alto Giardino erano gli unici vassalli che i Targaryen, re dei draghi, avevano elevato ben al di sopra del loro rango. La loro vanità era superata soltanto dalla loro ambizione. Ser Loras sarà anche stato bello come il sogno di una vergine, ma sotto il mantello bianco rimaneva un Tyrell fino al midollo. Per quanto Cersei ne sapeva, il frutto marcio di quella notte poteva benissimo provenire dalle serre oscure di Alto Giardino.

Un sospetto che non osò esprimere ad alta voce. «Datemi un momento per vestirmi. Ser Osmond, tu mi accompagnerai alla Torre del Primo Cavaliere. Ser Boros, sveglia i carcerieri e assicurati che il nano sia ancora nella sua cella.» Non intendeva pronunciare il suo nome. "Non avrebbe mai trovato il coraggio di levare la mano contro il proprio padre" disse a se stessa, ma doveva comunque averne la certezza.

«Come sua maestà comanda.» Blount consegnò la lanterna a ser Osmund.

Cersei non fu affatto dispiaciuta di vederlo andare via. "Mio padre non avrebbe mai dovuto riammetterlo tra le Spade bianche." Quell’uomo aveva dato prova di essere un codardo.


Quando lasciarono il Fortino di Maegor, maniero dentro il maniero più vasto della Fortezza Rossa, il cielo aveva assunto una profonda tonalità cobalto, anche se le stelle brillavano ancora. "Tutte tranne una" pensò Cersei. "La vivida stella dell’Ovest è tramontata e ora le notti saranno più tenebrose." Si fermò brevemente sul ponte levatoio che scavalcava il fossato asciutto, abbassando lo sguardo sui ferri che emergevano dal suolo. "Non oserebbero mai mentirmi su una cosa di tale gravità."

«Chi è stato a trovarlo?»

«Una delle sue guardie» rispose ser Osmund. «Lum. Doveva assolvere un bisogno corporale e ha trovato il lord di Lannister nella latrina.»

"No, non può essere. Non è così che muore un Leone." La regina si sentiva stranamente calma. Si ricordò di quando, da bambina, aveva perso il primo dente. Non aveva sentito male, ma il vuoto in bocca le dava una sensazione così strana che non riusciva a impedirsi di cercarlo continuamente con la lingua. "Ora c’è un vuoto nel mondo, dove un tempo sì ergeva mio padre. E i vuoti vanno riempiti."

Se Tywin Lannister era morto davvero, allora nessuno era al sicuro, meno di tutti suo figlio Tommen, sul Trono di Spade. "Quando cade il leone, animali meno possenti si fanno avanti: gli sciacalli, gli avvoltoi e i cani selvatici." Avrebbero cercato di metterla da parte, come sempre. Cersei doveva agire con rapidità, come aveva fatto alla morte di Robert. Tutto questo poteva anche essere opera di Stannis Baratheon, per mezzo di una mano assassina. Poteva addirittura essere il preludio a un altro attacco di Stannis contro Approdo del Re. Cersei lo sperava. "Che venga pure. Lo sconfiggerò, come ha fatto mio padre, e questa volta Stannis morirà." Stannis Baratheon non le faceva più paura di quanta gliene facesse lord Mace Tyrell di Alto Giardino. Non temeva nessuno. Lei era la figlia della rocca di Castel Granito: era una leonessa. "Nessuno cercherà più di impormi un altro matrimonio." Castel Granito adesso apparteneva a lei, e anche la Casa Lannister. Nessuno le avrebbe più mancato di rispetto. E perfino quando Tommen non avesse più avuto bisogno di una reggente, la lady di Castel Granito sarebbe rimasta una potenza del regno.

Il sorgere del sole aveva incendiato la sommità delle torri della fortezza di un vivido colore rosso, ma sotto le mura era ancora notte. L’esterno del castello era immerso in un tale silenzio da indurre Cersei a pensare che dentro fossero tutti morti. "Dovrebbero esserlo. Non è giusto che Tywin Lannister muoia da solo. Un uomo come lui merita una corte che si occupi delle sue necessità anche all’inferno."

Quattro lancieri in mantelli rossi ed elmi a cresta di leone montavano la guardia alla porta della Torre del Primo Cavaliere.

«Nessuno entri e nessuno esca senza il mio permesso» ordinò Cersei. Dare ordini le veniva naturale. "Anche mio padre aveva l’acciaio nella voce."

All’interno della torre, il fumo delle torce faceva bruciare gli occhi, ma Cersei non pianse, nemmeno suo padre lo avrebbe fatto. "Sono io l’unico vero figlio che lui ha avuto." Nel salire le scale, i suoi tacchi strisciarono contro la pietra. Poteva ancora udire la falena dibattersi alla cieca nella lanterna di ser Osmund. "Muori" pensò, piena di irritazione. "Vola nella fiamma e che sia finita."

Altri due armati in mantello rosso sorvegliavano la sommità delle scale. Quando Cersei passò loro davanti, Lester il Rosso mormorò qualche parola di condoglianza. Il respiro della regina era rapido, affannoso, il cuore le sussultava nel petto. "I gradini" si disse. "Questa torre maledetta ha troppi gradini." Aveva una mezza idea di farla abbattere.

La sala era piena di idioti che bisbigliavano, come se lord Tywin Lannister stesse dormendo e temessero di svegliarlo. Al passaggio della regina, guardie, servitori e cortigiani le fecero ala. Cersei vide le loro gengive rosacee, l’agitarsi delle loro lingue, ma i suoni che emettevano per lei non avevano più senso di quanto ne avesse il ronzio della falena. "Perché sono qui? Come hanno saputo?" Di diritto, era lei che avrebbe dovuto essere avvertita per prima. Era la regina reggente, o lo avevano dimenticato?

Di fronte alla camera da letto del Primo Cavaliere c’era ser Meryn Trant, con l’armatura e la cappa bianche. La celata dell’elmo era alzata e le borse sotto gli occhi davano l’impressione che Trant fosse ancora mezzo addormentato.

«Fate sgombrare tutta questa gente» gli disse Cersei. «Mio padre è nella latrina?»

«Lo hanno trasportato sul suo letto, mia signora.» Ser Meryn le aprì la porta.

Lame di luce mattutina filtravano attraverso le imposte, disegnando sbarre dorate sulle lenzuola gettate sul pavimento della camera. Ser Kevan Lannister, fratello di Tywin e zio di Cersei, era con un ginocchio a terra di fianco al letto. Cercava di pregare, ma le parole stentavano a uscire. Armigeri erano ammassati attorno al caminetto. Il passaggio segreto di cui aveva parlato ser Osmund era una nera bocca spalancata tra le ceneri, non più grande dello sportello di un forno. Un uomo sarebbe stato costretto a strisciare. "Ma Tyrion è solamente un mezzo uomo." Quel pensiero rese Cersei furibonda. "No, il nano è rinchiuso in una cella buia. Non può essere opera sua. Stannis, dietro c’è Stannis. Ha ancora suoi seguaci ad Approdo del Re. O lui o i Tyrell…"

Da sempre si parlava di passaggi segreti nella Fortezza Rossa. Si diceva anche che Maegor il Crudele avesse fatto eliminare tutti quelli che avevano lavorato alla costruzione del castello proprio per evitare che quei segreti venissero svelati. "Quante altre stanze da letto hanno porte nascoste?" Nella mente di Cersei fiammeggiò d’un tratto una visione: il nano strisciava fuori dalle tappezzerie nella camera di Tommen, con la lama in pugno. "Tommen è ben sorvegliato" ripeté a se stessa. Ma anche lord Tywin era ben sorvegliato.

Per un momento, Cersei non riconobbe l’uomo morto. Aveva i capelli di suo padre, questo sì, ma era un’altra persona, doveva esserlo. Un uomo più piccolo, e molto più anziano. La camicia da notte era sollevata fino al torace, lasciandolo nudo dalla cintola in giù. Il dardo della balestra lo aveva colpito tra l’ombelico e la virilità. Era penetrato talmente in profondità che se ne vedeva solo l’impennaggio. I peli pubici erano incrostati di sangue secco. Altro sangue si stava rapprendendo sull’inguine.

L’odore che emanava dal corpo le fece contrarre il naso. «Toglietegli quel dardo dalle carni!» ordinò. «È il Primo Cavaliere del re!» "Ed è mio padre. Il lord mio padre. Dovrei forse urlare? Strapparmi i capelli?"

Raccontavano che Catelyn Stark si fosse artigliata il volto, riducendolo a una maschera sanguinolenta, quando i Frey avevano macellato il suo prezioso primogenito Robb. "È questo che vuoi, padre?" avrebbe voluto chiedergli Cersei. "O invece vuoi che sia forte? Tu hai pianto, quando è morto tuo padre?" Suo nonno era morto quando lei aveva solamente un anno, ma Cersei conosceva la storia. Lord Tytos Lannister era diventato molto grasso e un giorno, mentre saliva i gradini che lo avrebbero portato dalla sua concubina, gli era scoppiato il cuore. Tywin allora era ad Approdo del Re, al servizio di Aerys Targaryen, il re Folle, in qualità di Primo Cavaliere. Quando Cersei e Jaime erano piccoli, lord Tywin era spesso ad Approdo del Re. Se anche aveva pianto nel ricevere la notizia della morte del proprio padre, lo aveva fatto dove nessuno poteva vederlo.

La regina sentì le unghie penetrarle nelle palme delle mani. «Come avete potuto lasciarlo in queste condizioni? Mio padre è stato Primo Cavaliere di tre diversi re, uno degli uomini più grandi che siano mai apparsi nei Sette Regni. Che le campane suonino per lui come suonarono per Robert Baratheon. Bisogna fargli un bagno e rivestirlo, come si addice al suo rango: ermellino, broccati d’oro e sete color porpora. Dov’è Pycelle? Dove è Pycelle?» Cersei si voltò verso gli armigeri. «Puckens, porta qui il gran maestro Pycelle. Deve occuparsi di lord Tywin.»

«È già venuto, maestà» rispose Puckens. «È arrivato, ha visto ed è andato ad avvertire le Sorelle del silenzio.»

"Sono stata l’ultima a sapere!" Una constatazione che la rese così furibonda da non riuscire a parlare. "E Pycelle che se ne va via per non sporcarsi quelle sue mani molli e rugose. Quell’uomo è inutile."

«Trovate il maestro Ballabar» comandò Cersei. «Trovate il maestro Frenken. Uno di loro.»

Puckens e Corto-orecchio si precipitarono a obbedire.

«Dov’è mio fratello?»

«Giù nel tunnel, maestà. C’è un cunicolo verticale, con scalini di ferro conficcati nella roccia. Ser Jaime si è calato per vedere quanto scende in profondità.»

"Jaime ha una mano sola" avrebbe voluto urlare Cersei. "Doveva andarci uno di voi. Lui non è in grado di scendere una scala di ferro. Gli uomini che hanno assassinato mio padre potrebbero essere là sotto, in agguato." Il suo fratello gemello, lo Sterminatore di re, ora lord comandante della Guardia reale, era sempre stato troppo impulsivo e nemmeno la perdita di una mano sembrava avergli insegnato la prudenza. Cersei stava per ordinare alle guardie di scendere a loro volta e di riportarlo indietro quando Puckens e Corto-orecchio tornarono, scortando un uomo dai capelli grigi.

«Maestà» disse Corto-orecchio «costui dice di essere stato un maestro.»

L’uomo fece un profondo inchino. «In quale modo posso servirti, maestà?»

Quella faccia le era vagamente familiare, per quanto Cersei non riuscisse a ricordare con chiarezza. Vecchio, ma non quanto Pycelle. "Questo è un uomo che ha ancora del vigore." Era alto, anche se leggermente incurvato, rughe attorno ai vividi occhi azzurri. "Il suo collo è nudo." «Tu non porti la catena di maestro della Cittadella.»

«Mi è stata tolta. Il mio nome è Qyburn, se compiace sua maestà. Fui io a occuparmi della mano di tuo fratello.»

«Del suo moncherino, vorrai dire.» Ora Cersei ricordava. Era venuto con Jaime da Harrenhal.

«Non ho potuto salvare la mano di ser Jaime, questo è vero. Tuttavia, le mie arti gli hanno salvato il braccio, forse la vita stessa. La Cittadella mi ha portato via la catena, ma non ha potuto portarmi via la conoscenza.»

«Tu sarai sufficiente» decise Cersei. «Deludimi e perderai ben più della catena, è una promessa. Rimuovi il dardo dal ventre di mio padre e prepara il corpo per le Sorelle del silenzio.»

«Come la mia regina comanda.» Qyburn si accostò al letto, si fermò, si voltò. «Che cosa devo fare della ragazza, maestà?»

«Quale ragazza?»

Cersei non si era nemmeno accorta del secondo cadavere. Si avvicinò al letto, scostò il mucchio di coperte insanguinate. Era lì: nuda, fredda, rosa… tranne il viso, diventato nero come la mano di Joffrey al suo banchetto di nozze. Una catena di mani dorate, la catena del Primo Cavaliere, era mezzo affondata nella carne della gola, così stretta da lacerare la pelle.

«E questa che cosa ci fa qui?» Cersei sibilò come una gatta furiosa.

«L’abbiamo trovata lì, maestà» disse Corto-orecchio. «È la puttana del Folletto.» Come se quelle parole spiegassero perché si trovava, anche lei morta, nel letto di lord Tywin Lannister.

"Il lord mio padre non frequentava le puttane. E dopo la morte di nostra madre, non ha toccato altra donna." Cersei fulminò l’armigero con lo sguardo. «Questo non è… quando il padre di lord Tywin morì, anche lui, tornato a Castel Granito, trovò… una donna di siffatta risma… addobbata con i gioielli di mia madre, con uno dei suoi vestiti. Lord Tywin glieli strappò di dosso, e non furono certo le uniche cose che le strappò. Per un mese intero la donna marciò nuda nelle strade di Lannisport, confessando a ogni uomo che incontrava di essere una ladra e una meretrice. Così lord Tywin trattava le puttane. Lui non ha mai… questa donna deve essersi trovata qui per qualche altro motivo, non per…»

«Forse il lord voleva interrogare la ragazza riguardo alla sua padrona» suggerì Qyburn. «Ho sentito che Sansa Stark è scomparsa la notte in cui il re è stato assassinato.»

«È così.» Cersei non si lasciò sfuggire l’opportunità. «Certo, la stava interrogando. Non ci sono dubbi.»

Poteva quasi vedere Tyrion che se la rideva, la bocca distorta in un sogghigno da scimmia sotto il naso devastato. "E quale modo migliore per interrogarla, se non averla nuda, nel letto, con le gambe bene aperte?" le sembrò di sentirlo sussurrare. "Anche a me piace interrogarla così."

La regina si voltò. "Non la voglio guardare." Di colpo, perfino trovarsi nella medesima stanza con il cadavere di quella donna fu troppo per lei. Cersei scostò bruscamente Qyburn e tornò nella sala.

Erano arrivati anche i fratelli di ser Osmund, Osney e Osfryd. «Nella camera del Primo Cavaliere c’è una donna morta» disse Cersei ai tre Kettleblack. «Non si dovrà mai sapere.»

«Aye, mia signora.» Ser Osney aveva pallidi segni di graffi su una guancia, ricordo di un’altra delle puttane di Tyrion. «E che cosa dobbiamo fare di lei?»

«Datela in pasto ai vostri cani. Tenetevela come compagna di letto. Che cosa volete che me ne importi? Non è mai stata qui. Farò mozzare la lingua a chiunque osi dire il contrario. Sono stata chiara?»

Osney e Osfryd si scambiarono un’occhiata.

«Aye, maestà.»

Rientrò con loro nella stanza da letto e rimase a osservare mentre avvolgevano il corpo della ragazza nelle coperte insanguinate di suo padre. "Si chiamava Shae." L’ultima volta che loro due avevano parlato era stato la notte prima del processo per duello del nano, dopo che quel sorridente serpente dormano si era offerto come campione per Tyrion. Shae era venuta a chiedere di certi gioielli che Tyrion le aveva dato, e di alcune promesse che forse Cersei le aveva fatto, più una magione in città e un cavaliere che la prendesse in sposa. La regina era stata chiara: quella puttana non avrebbe avuto nulla fino a quando non avesse rivelato dov’era finita Sansa Stark. "Eri la sua serva" le aveva detto. "Ti aspetti davvero che io creda che non sapevi nulla dei suoi piani?" Shae se ne era andata in lacrime.

Ser Osfryd si caricò in spalla il fagotto con dentro il cadavere. «Rivoglio quella catena» lo fermò Cersei. «Cercate di non graffiare l’oro.» Osfryd annuì e si diresse verso la porta. «No, non nel cortile.» Cersei indicò il passaggio segreto. «C’è un condotto che porta fino alle segrete. Da questa parte.»

Mentre ser Osfryd metteva un ginocchio a terra per infilarsi nel passaggio, si vide della luce provenire dall’interno. La regina udì dei rumori. Dal condotto emerse Jaime Lannister, curvo come una vecchia, gli stivali che sollevavano nuvole di caligine, residuo dell’ultimo fuoco di lord Tywin.

«Levatevi di mezzo» disse ai Kettleblack.

«Li hai trovati?» Cersei si precipitò verso di lui. «Hai trovato gli assassini? Quanti erano?» Perché dovevano essere più di uno. Un uomo da solo non poteva avere ucciso il Leone di Lannister.

Jaime appariva molto provato. «Il condotto scende fino a un punto dove converge una mezza dozzina di tunnel. Sono sbarrati da cancelli di ferro, con catene e lucchetti. Occorre trovare le chiavi.» Si guardò intorno nella stanza da letto. «Chiunque abbia commesso questo crimine, potrebbe essere ancora nascosto nei muri. Là dietro c’è un labirinto, immerso nell’oscurità.»

Cersei immaginò Tyrion strisciare nelle intercapedini come un ratto mostruoso. "No. Non essere sciocca. Il nano è rinchiuso nella sua cella." «Prendete delle mazze e abbattete i muri. Abbattete tutta la torre, se è necessario. Voglio che gli assassini vengano trovati. Chiunque siano. E voglio che vengano uccisi.»

Jaime la abbracciò, stringendola con la mano che gli restava. Lo Sterminatore di re sapeva di cenere, ma il sole del mattino si rifletteva nei suoi capelli, tramutandoli in un’aureola dorata. Cersei avrebbe voluto attirare a sé il suo viso e baciarlo. "Più tardi" si disse. "Più tardi verrà da me. In cerca di conforto."

«Noi siamo i suoi eredi, Jaime» gli sussurrò. «Spetta a noi portare a compimento la sua opera. Devi prendere il posto di nostro padre quale Primo Cavaliere. Ora lo devi accettare. Tommen ha bisogno dite…»

Jaime la respinse e alzò il braccio, avvicinando il moncherino verso il suo viso. «Un Primo Cavaliere mutilato? Pessima battuta, sorella. Non chiedermi di governare.»

Ser Kevan, loro zio, udì il secco rifiuto. Anche Qyburn, e anche i Kettleblack, alle prese con il loro fagotto fra la cenere. Perfino gli armigeri udirono, Puckens e Hoke Gamba di cavallo e Corto-orecchio. "Al tramonto, lo saprà l’intera fortezza." Cersei sentì il calore invaderle le guance.

«Governare? Non ho detto questo. Sarò io a farlo fino a quando mio figlio Tommen non avrà raggiunto l’età stabilita.»

«Non so davvero chi compatire di più» rispose il fratello. «Se Tommen o i Sette Regni.»

Cersei gli diede uno schiaffo. Jaime alzò il braccio per intercettare il colpo, rapido come un gatto… ma quel gatto aveva un moncone al posto della mano destra. Le dita di Cersei lasciarono tracce rosse sulla sua guancia.

Il suono dello schiaffo fece scattare in piedi ser Kevan. «Vostro padre giace qui… morto. Abbiate almeno la decenza di litigare fuori di qui.»

«Perdonaci, zio.» Jaime chinò il capo in segno di scuse. «Mia sorella è prostrata dal dolore. Non sa quello che fa.»

Cersei avrebbe voluto schiaffeggiarlo di nuovo per quelle parole. "Dovevo essere pazza a pensare che Jaime potesse essere Primo Cavaliere." Avrebbe dovuto abolire quella maledetta carica politica. Quando mai un Primo Cavaliere le aveva arrecato qualcosa di diverso dal dolore? Jon Arryn le aveva messo Robert Baratheon nel letto, e prima che lui morisse stava cominciando anche a sospettare di lei e di Jaime. Eddard Stark era partito esattamente da dove Arryn si era fermato: gli intrighi del Lupo del Nord l’avevano costretta a sbarazzarsi di Robert anzitempo, prima di poter chiudere la partita con Stannis e Renly, i suoi malefici fratelli. Tyrion aveva venduto Myrcella ai dorniani, aveva tramutato uno dei suoi figli in un ostaggio e aveva assassinato l’altro. E quando lord Tywin aveva fatto ritorno ad Approdo del Re…

"Il prossimo Primo Cavaliere dovrà stare al suo posto" si ripromise Cersei. Sarebbe stato ser Kevan. Suo zio era instancabile, prudente, assolutamente devoto. Cersei poteva contare su di lui, così come aveva fatto suo padre. "La mano non deve opporsi alla testa." Cersei aveva un regno da governare, ma per fare questo aveva bisogno di uomini. Pycelle era grottesco, uno sputo sulla faccia della Terra, Jaime con la mano che reggeva la spada aveva perso anche il coraggio, quanto a Mace Tyrell e ai suoi accoliti Redwyne e Rowan, non ci si poteva fidare di loro. Per quello che ne sapeva, potevano anche essere coinvolti nell’omicidio di suo padre. Lord Tyrell di Alto Giardino era consapevole che non avrebbe mai dominato i Sette Regni fino a quando Tywin Lannister fosse stato in vita.

"Dovrò fare attenzione con lui." La città brulicava dei suoi uomini, il lord di Alto Giardino era riuscito addirittura a piazzare uno dei suoi figli, l’avvenente ser Loras, nella Guardia reale e aveva intenzione di infilare sua figlia, la pur magnifica Margaery, nel letto di Tommen. "Una ragazza che ha il doppio dei suoi anni, due volte maritata e due volte vedova." Mace Tyrell spergiurava che Margaery era ancora vergine, ma Cersei aveva i suoi dubbi. Joffrey era stato assassinato prima che potesse defiorarla, ma prima di lui c’era stato Renly Baratheon… "Un uomo può anche preferire il gusto del membro virile, ma dopo qualche boccale di birra cambierà idea abbastanza in fretta." Doveva incaricare lord Varys di scoprire il più possibile.

Questo pensiero la lasciò senza fiato. Si era completamente dimenticata di Varys, il Ragno tessitore delle spie. "Dovrebbe essere qui. C’è sempre." Ogni volta che accadeva qualcosa di importante nella Fortezza Rossa, l’eunuco appariva come dal nulla. "Jaime è qui, zio Kevan è qui, Pycelle è venuto e se ne è andato, manca solo Varys." Un brivido le corse lungo la schiena. "È coinvolto. Forse temeva che mio padre volesse la sua testa, e ha colpito per primo." Lord Tywin non aveva mai provato simpatia per l’intrigante signore dei sussurri. E se c’era un uomo, o quanto ne rimaneva, che conosceva i segreti della Fortezza Rossa, quell’uomo era certamente lord Varys. "Deve essersi alleato con lord Stannis." Dopotutto, sotto Robert avevano fatto parte entrambi del consiglio ristretto del re…

Cersei si diresse verso la porta, dove stava ser Meryn Trant. «Trant, portami lord Varys. Berciante e scalciante, se necessario, ma illeso.»

«Come sua maestà comanda.»

Il cavaliere della Guardia reale se n’era appena andato che un altro cavaliere fece ritorno. Ser Boros Blount, rosso e affannato per la lunga corsa su per i gradini della torre. «Fuggito…» ansimò appena vide la regina. Crollò in ginocchio. «Il Folletto… la sua cella aperta, maestà… nessuna traccia di lui… da nessuna parte…»

"Il sogno diceva il vero." «Avevo dato ordini precisi» s’infuriò Cersei. «Doveva essere guardato a vista giorno e notte…»

Il petto di Blount si alzava e si abbassava. «Anche uno dei carcerieri è scomparso. Si chiama Rugen. Altri due uomini sono stati trovati addormentati.»

Cersei riuscì a trattenere a stento un grido di furore. «Spero che non li avrete svegliati, ser Boros. Lasciateli dormire.»

L’uomo la guardò, stupito. «Aye, maestà. Per quanto tempo?»

«Per sempre. Provvedi affinché il loro sonno duri per sempre, ser. Non tollererò che le mie guardie dormano nel loro turno di sorveglianza.»

"È nei muri. Ha ucciso mio padre, così come ha ucciso mia madre, e anche Joff." Il nano sarebbe venuto anche per lei, la regina lo sapeva, proprio come la vecchia le aveva profetizzato nella penombra di quella tenda. "Le risi in faccia, ma la vecchia aveva dei poteri. Vidi il mio futuro in una goccia di sangue. Vidi la mia fine." Cersei sentiva cederle le gambe come se fossero fatte d’acqua. Ser Boros cercò di sorreggerla per un braccio, ma la regina si ritrasse. Per quanto ne sapeva, anche lui poteva essere una delle creature di Tyrion.

«Stammi lontano» gli intimò. «Non mi toccare!» Barcollò fino a uno scanno.

«Maestà…?» tentò Blount. «Vuoi che ti porti un calice d’acqua?»

"Voglio sangue, non acqua. Il sangue di Tyrion, il sangue del valonqar." Le torce rotearono vorticosamente attorno a lei. Cersei chiuse gli occhi, vide il nano che sogghignava. "No" pensò "ero quasi riuscita a sbarazzarmi di te." Ma le dita del nano si chiusero attorno al suo collo, e Cersei Lannister sentì che cominciavano a stringere.

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