SAMWELL

Stava leggendo degli Estranei quando notò il topo.

Aveva gli occhi arrossati e gli bruciavano. "Non dovrei continuare a stropicciarmeli" si ripeté per l’ennesima volta mentre se li sfregava. La polvere li faceva prudere e lacrimare, e là sotto la polvere era dappertutto. Piccoli sbuffi si sollevavano ogni volta che Sam voltava una pagina, altra polvere si gonfiava in nubi grigiastre quando spostava una intera pila di libri, per vedere che cosa poteva esserci nascosto sotto.

Samwell Tarly, il Guardiano della notte, il Distruttore, non ricordava quando era stata l’ultima volta che aveva dormito. Della grassa candela di sego che aveva acceso quando aveva cominciato a esaminare il fascio di pagine malridotte, trattenute alla meglio da un laccio, ormai restava meno di un pollice. Era stanco come una bestia da soma, eppure non riusciva a smettere. "Solo un altro libro" continuava a dirsi "poi mi fermo. Solo un altro foglio, solo uno. Un’altra pagina, poi vado di sopra a riposare e a mangiare qualcosa." Ma c’era sempre un’altra pagina, e dopo quella un’altra ancora, e un altro libro in attesa in fondo alla pila. "Do solo un’occhiata veloce, per vedere di cosa parla" pensava, e prima di rendersene conto ne aveva letto metà. Dopo la tazza di zuppa di fagioli e pancetta con Pyp e Grenn non aveva più mangiato niente. "Be’, a parte il pane e il formaggio" pensò "ma quello era solo uno spuntino." Fu allora che lanciò uno sguardo al piatto vuoto e vide il topo banchettare con le briciole di pane.

Era un topino lungo la metà del suo dito mignolo, occhietti neri e morbido pelo grigio. Samwell sapeva che avrebbe dovuto ucciderlo. I topi prediligono il pane e il formaggio, ma mangiano anche le pergamene. Sam aveva trovato molti escrementi di topo tra gli scaffali e i montanti, e le rilegature in cuoio di alcuni libri mostravano di essere state rosicchiate.

"È una creatura talmente piccola, però. E affamata." Come poteva risentirsi per poche briciole? "Però, se mangia…"

Dopo tutte quelle ore trascorse seduto, Sam sentiva la schiena rigida come un’asse di legno e le gambe mezzo intorpidite. Sapeva di non essere abbastanza rapido per prenderlo, ma forse sarebbe riuscito a schiacciarlo. Accanto a lui c’era una robusta copia rilegata in pelle degli Annali del Centauro Nero, un resoconto estremamente dettagliato, scritto da septon Jorquen, dei nove anni in cui Orbert Caswell aveva servito come lord comandante dei Guardiani della notte. C’era una pagina per ogni singolo giorno del suo impero, e ognuna cominciava con "Lord Orbert si alzò all’alba e andò di corpo" tranne l’ultima: "Lord Orbert venne rinvenuto all’alba, morto nel suo letto durante la notte".

"Non c’è topo che possa tener testa a septon Jorquen." Con molta lentezza, Sam afferrò il libro con la sinistra. Era un volume spesso e pesante, e quando cercò di alzarlo con una mano sola, gli scivolò tra le dita grassocce e ricadde con un tonfo. In un attimo, il topo svanì, rapido come la folgore. Sam si sentì sollevato. Schiacciare quell’animaletto gli avrebbe procurato degli incubi.

«Però non dovresti mangiare i libri» disse a voce alta. Forse, la prossima volta avrebbe dovuto portare più formaggio.

Notò con sorpresa quanto si era consumata la candela. E quella zuppa di fagioli e pancetta, era ieri che l’aveva mangiata? "Ieri, sì, dev’essere stato ieri." Un pensiero che gli provocò uno sbadiglio. Jon probabilmente si stava domandando dove fosse finito, ma Sam non dubitava che maestro Aemon avrebbe capito. Prima di perdere la vista, l’anziano saggio del Castello Nero amava i libri quanto Samwell Tarly. E capiva in che modo a volte si potesse venir risucchiati da loro, come se ogni pagina fosse un vortice che trasporta in un altro mondo.

Sam si costrinse ad alzarsi, con una smorfia per i formicolii ai polpacci. Il sedile era molto duro, e ogni volta che Sam si chinava in avanti su una pagina il bordo premeva contro il retro delle sue cosce. "La prossima volta devo ricordarmi di portare giù un cuscino." Ancora meglio sarebbe stato dormire là sotto, nella cella che aveva trovato seminascosta dietro quattro bauli pieni di pagine sciolte, staccatesi dai libri cui erano appartenute, ma non voleva lasciare maestro Aemon da solo per così lungo tempo. L’anziano sapiente non era stato bene negli ultimi tempi e aveva bisogno di aiuto, specialmente con i corvi messaggeri. Aemon aveva Clydas, d’accordo, ma Sam era più giovane e se la cavava meglio con i corvi.

Con una quantità di libri e di rotoli sotto il braccio sinistro, reggendo la candela con la mano destra, Sam avanzò lungo l’intrico di tunnel che i confratelli in nero chiamavano "il labirinto dei vermi". Una lama di luce pallida illuminava i gradini di pietra che conducevano in superficie, e Sam capì che fuori era giorno. Lasciò la candela accesa in una nicchia nella parete e cominciò a salire. Al quinto gradino aveva il fiato grosso. Al decimo si fermò per passare i libri sotto il braccio destro.

Una volta emerso, si trovò sotto un cielo dal colore livido. "Cielo da neve" pensò, alzando lo sguardo. Neve. La prospettiva lo mise a disagio. Gli ricordava quella notte, sul Pugno dei Primi Uomini, quando i morti che camminano e le nevi si erano alleati. "Non essere tanto codardo. Hai al tuo fianco i confratelli in nero, per non parlare di Stannis Baratheon e di tutti i suoi cavalieri." I manieri e le torri del Castello Nero, piazzaforte dei Guardiani della notte, si ergevano tutt’attorno a lui, rimpiccioliti dall’immensità della Barriera. Sull’immane muraglia di ghiaccio, a un quarto dell’altezza, stava lavorando un piccolo esercito per costruire una nuova scala che sarebbe andata a ricongiungersi con quanto restava della vecchia, distrutta nell’estrema difesa contro i bruti. Il rumore delle seghe e delle mazze echeggiava tra i ghiacci. Jon Snow, nuovo lord comandante dei Guardiani della notte, stava facendo lavorare i costruttori giorno e notte. A cena, Sam ne aveva sentiti parecchi che si lamentavano, insistendo che lord Mormont, il Vecchio Orso, predecessore di Jon, non li aveva mai fatti sgobbare così tanto. Senza la grande scala, l’unico modo per raggiungere la sommità della Barriera era l’argano a catena. Samwell Tarly odiava le scale, tutte le scale, ma odiava ancora di più la gabbia dell’argano. Chiudeva sempre gli occhi, convinto che la catena stesse per spezzarsi. Ogni volta che la gabbia di ferro strisciava contro il ghiaccio, il suo cuore cessava per un attimo di battere.

"Duecento anni fa qui c’erano i draghi" si trovò a pensare Sam, guardando la gabbia completare la sua lenta discesa. "Loro potevano semplicemente volare oltre la Barriera." La regina Alysanne si era recata in visita al Castello Nero cavalcando un drago, seguita da Jaehaerys Targaryen, il re, in groppa a un altro drago. E se Ali d’argento si fosse lasciato dietro un uovo? O se Stannis avesse trovato a sua volta un uovo sulla Roccia del Drago? "Se anche così fosse, come potrebbe sperare di farlo dischiudere?" Baelor il Benedetto usava pregare sulle sue uova di drago, e altri Targaryen avevano tentato di farle dischiudere servendosi della stregoneria. Ma tutto quello che avevano ottenuto era stata farsa e tragedia.

«Samwell» chiamò una voce tetra «stavo venendo a prenderti. Mi è stato detto di portarti dal lord comandante.»

Un fiocco di neve si posò sul naso di Sam. «Jon vuole vedermi?»

«Questo non lo so» rispose Edd Tollett l’Addolorato, l’uomo più depresso e deprimente dell’intera confraternita in nero. «Quanto a me, non avrei voluto vedere neppure la metà delle cose che ho visto, mentre non ho mai visto nemmeno la metà delle cose che invece avrei voluto vedere. Non penso che la volontà c’entri qualcosa. Farai comunque meglio ad andare da lui. Lord Snow desidera parlarti non appena avrà finito con la moglie di Craster.»

«Gilly.»

«Lei. Se la mia nutrice avesse avuto l’aspetto che ha lei, me ne starei ancora appiccicato alla sua tetta. La mia aveva i baffi.»

«La maggior parte delle capre ha i baffi» gli fece eco Pyp, sbucando da dietro un angolo insieme a Grenn, con gli archi lunghi in mano e le faretre piene di frecce sulla schiena. «Dov’eri finito, Distruttore? Ieri sera a cena non ti sei fatto vedere. Un intero bue arrosto è rimasto lì solo soletto.»

«Non chiamarmi Distruttore.» Sam ignorò la battuta sul bue. Pyp era fatto così. «Stavo leggendo. C’era un topo…»

«Ah, non dirlo a Grenn: ha il terrore dei topi.»

«Non è vero» ribatté Grenn, indignato.

«Avresti troppa paura di mangiarne uno.»

«Ne potrei mangiare più di te.»

Edd l’Addolorato sospirò. «Quando ero ragazzo, i topi li mangiavamo solo nei giorni speciali. Io ero il più piccolo, per cui a me rimaneva solo la coda. Di carne sulla coda non ce n’è.»

«Dov’è il tuo arco lungo, Sam?» chiese Grenn.

Ser Alliser Thorne, l’odiato istruttore dei nuovi confratelli, lo chiamava uro, e ogni giorno che passava Grenn si avvicinava un po’ di più a quella definizione. Quando era arrivato alla Barriera era grosso ma lento, il collo taurino, la vita grossa, rosso in faccia e goffo. Il suo collo diventava ancora rosso quando Pyp gli danzava attorno come un folletto impazzito, ma ore di pratica con la spada e lo scudo gli avevano buttato giù la pancia, rafforzato le braccia, allargato il torace. Grenn era proprio forte, e anche peloso, come un uro.

«Ulmer ti aspetta ai bersagli» aggiunse.

«Ulmer» ripeté Sam, abbacchiato.

Una delle prime cose che Jon aveva stabilito al suo insediamento quale lord comandante era la pratica quotidiana di tiro con l’arco per l’intera guarnigione del Castello Nero, attendenti e cuochi compresi. I Guardiani della notte avevano messo troppa enfasi sulla spada e non abbastanza sull’arco, aveva detto, vestigia di un tempo in cui un confratello su dieci era cavaliere, a differenza di oggi, in cui ce n’era uno su cento. Sam comprendeva la logica di quella decisione, ma odiava il tiro con l’arco lungo quasi quanto odiava le scale. Se metteva i guanti, non riusciva mai a colpire niente, e se li toglieva gli venivano le vesciche sulle dita. Quegli archi erano pericolosi. Una volta, nel tendere la corda, Satin si era spaccato mezza unghia del pollice.

«Me n’ero dimenticato» disse.

«Hai spezzato il cuore a quella principessa dei bruti, Distruttore» riprese Pyp. Negli ultimi tempi, Val aveva preso l’abitudine di osservare i confratelli dalla sua finestra nella Torre del re. «Ti stava cercando.»

«No, non è vero!»

Da quando maestro Aemon aveva voluto che Val lo aiutasse per essere sicuro che gli infanti restassero in salute, Sam aveva parlato con lei solo due volte. La principessa era così bella che in sua presenza spesso Sam si ritrovava a balbettare e ad arrossire.

«Perché no?» chiese Pyp. «Vuole essere la madre dei tuoi figli. Forse dovremmo chiamarti Sam il Seduttore.»

Sam arrossì. Sapeva che re Stannis aveva dei progetti per lei: Val era lo strumento con cui Stannis Baratheon intendeva suggellare la pace tra gli uomini del Nord e il popolo libero che viveva oltre la Barriera.

«Oggi non ho tempo per il tiro con l’arco, devo vedere Jon.»

«Jon? Conosciamo qualcuno che si chiama così, Grenn?»

«Parla del lord comandante.»

«Oh. Il grande lord Snow. Certo. E perché lo vuoi vedere? Non sa nemmeno muovere le orecchie.» Pyp fece muovere le sue, per mostrare di saperlo fare. Erano orecchie grandi, rosse dal freddo. «È lord Snow adesso, poco ma sicuro, troppo fottutamente nobile per quelli come noi.»

«Jon ha dei doveri» disse Sam in sua difesa. «È responsabile della Barriera, con tutto ciò che ne consegue.»

«Un uomo ha dei doveri anche verso gli amici. Se non fosse stato per noi, adesso il comandante sarebbe Janos Slynt. Lord Janos avrebbe mandato Snow di pattuglia nudo, a cavallo di un mulo. "Va’ su fino al castello di Craster" gli avrebbe detto "e portami il mantello e gli stivali del Vecchio Orso." È da questo che noi lo abbiamo salvato, ma adesso ha così tanti doveri da non riuscire neppure a bere una coppa di vino al miele con noi?»

«I suoi doveri non lo tengono di certo lontano dal cortile degli addestramenti» concordò Grenn. «Un giorno sì e quello dopo anche, è là a battersi con qualcuno.»

Questo era vero, Sam dovette ammetterlo. Una volta, quando Jon era venuto a consultarsi con maestro Aemon, Sam gli aveva chiesto per quale motivo passasse così tanto tempo ad addestrarsi con la spada. "Il Vecchio Orso non si addestrava tanto duramente quando era lord comandante" gli aveva fatto notare. Per tutta risposta, Jon gli aveva messo in mano Lungo artiglio. Aveva fatto sentire a Sam la leggerezza, l’equilibrio della spada. Gli aveva fatto esaminare la lama, e le increspature erano parse fluire lungo il metallo scuro come fumo. "Acciaio di Valyria" aveva spiegato Jon "forgiato con incantesimi e affilato come un rasoio, quasi indistruttibile. Uno spadaccino dovrebbe valere quanto la sua spada, Sam. Lungo artiglio è acciaio di Valyria, ma io no. Qhorin il Monco avrebbe potuto uccidermi con la stessa facilità con cui schiacci un insetto."

Sam gli aveva restituito la spada. "Quando cerco di schiacciare un insetto, quello se ne vola via. Finisco per darmi da solo un colpo sul braccio. E mi faccio male."

Jon aveva riso. "Come credi. Allora diciamo che Qhorin avrebbe potuto uccidermi con la stessa facilità con cui mangi una ciotola di porridge." Sam adorava il porridge, specialmente quando era addolcito con il miele.

«Adesso non ho tempo per discutere.» Sam si congedò dagli amici e si diresse verso l’arsenale, con i libri stretti al petto. "Io sono lo scudo che protegge il regno degli uomini" ricordò. Si chiese che cosa avrebbero pensato quegli uomini se si fossero resi conto che i loro regni venivano protetti da personaggi come Grenn, Pyp e Edd l’Addolorato.


La Torre del lord comandante era stata sventrata da un incendio e Stannis Baratheon si era praticamente impossessato della Torre del re, facendone la propria residenza, perciò Jon Snow si era sistemato nei modesti quartieri dietro l’armeria appartenuti a Donai Noye, l’eroico fabbro del Castello Nero caduto nell’estrema difesa contro i bruti. Quando Sam arrivò, Gilly se ne stava andando, avvolta nella vecchia cappa che Sam stesso le aveva dato durante la loro fuga dal castello di Craster. La ragazza fece per correre via, ma Sam l’afferrò per un braccio; nel fare questo lasciò cadere due libri nella neve.

«Gilly.»

«Sam» disse lei con voce roca. Gilly era magra, con i capelli scuri e grandi occhi castani da cerbiatta. Quasi inghiottita tra le pieghe del vecchio mantello di Sam, aveva il viso seminascosto dal cappuccio, eppure tremava. La sua espressione era vacua, spaventata.

«Che cosa c’è che non va?» le chiese Sam. «Come stanno i piccoli?»

Gilly si staccò da lui. «Stanno bene, Sam. Bene.»

«Avendone due, mi chiedo come tu riesca a dormire» disse Sam in tono gentile. «Chi era che piangeva ieri notte? Pensavo non avrebbe più smesso.»

«Il figlio di Dalla. Piange quando vuole la tetta. Il mio… il mio non piange quasi mai. A volte rutta, ma…» Gli occhi le si riempirono di lacrime. «Devo andare. Sono già in ritardo per la poppata. Se non mi sbrigo finisce che mi gocciolo il latte addosso.»

Attraversò il cortile di corsa, lasciandosi alle spalle un Sam molto perplesso.

Sam si inginocchiò per raccogliere i volumi che aveva lasciato cadere. "Non avrei dovuto portarne così tanti." si disse mentre ripuliva dal fango Il compendio di Giada, di Colloquo Votar, un tomo di racconti e leggende orientali che maestro Aemon gli aveva ordinato di cercare. Non sembrava che il libro avesse subito danni. Invece l’opera di maestro Thomax, Stirpe di drago. La storia di casa Targaryen dall’esilio all’apoteosi, con una considerazione riguardante la vita e la morte dei draghi, non aveva avuto la medesima fortuna. Cadendo si era aperto, alcune pagine si erano imbrattate, compresa quella con un’illustrazione a inchiostri colorati piuttosto bella di Balerion, il Terrore nero. Lisciando e ripulendo le pagine, Sam si maledisse: che razza di goffo caprone era stato. La presenza di Gilly lo agitava sempre, facendo sorgere anche… delle erezioni. Un confratello ordinato dei Guardiani della notte non avrebbe dovuto provare quel genere di cose che Gilly gli faceva provare, soprattutto quando parlava dei suoi seni e…

«Lord Snow ti sta aspettando.»

Due uomini con mantelli neri e mezzi elmi di ferro montavano la guardia alle porte dell’armeria, puntellati alle loro lance. Quello che aveva parlato era Hal il Peloso. Mully aveva aiutato Sam a rialzarsi. Lui mormorò una sorta di ringraziamento e li superò in tutta fretta, aggrappandosi disperatamente alla pila di libri mentre oltrepassava la forgia con i suoi incudini e mantici. Su un banco da lavoro c’era una cotta di maglia di ferro, completata a metà. Spettro era disteso sotto un’incudine, a rosicchiare un osso di bue. Al passaggio di Sam, il grande meta-lupo albino alzò lo sguardo, ma non emise alcun suono.

La stanza di Jon si trovava dietro le rastrelliere con le lance e gli scudi. Quando Sam entrò, Jon stava leggendo una pergamena. Il corvo appartenuto al lord comandante Mormont era appollaiato sulla sua spalla, e gli occhi di ossidiana scrutavano in basso come se anche lui stesse leggendo. Quando l’uccello notò Sam, spalancò le ali e calò verso di lui. «Grano, grano!» gracchiò.

Passando i libri da un braccio all’altro, Sam affondò la mano nel sacchetto vicino alla porta e tirò fuori una manciata di chicchi. Il corvo gli atterrò sul polso e beccò direttamente dalla sua palma, talmente forte che Sam cacciò un mezzo grido e ritirò la mano di scatto. Il corvo volò via, mentre chicchi gialli e rossi schizzavano dappertutto.

«Chiudi la porta, Sam.» Pallide cicatrici segnavano la guancia di Jon Snow nel punto in cui un’aquila aveva cercato di cavargli un occhio. «Ti ha ferito, quella bestiaccia?»

Sam posò i libri e si tolse il guanto. «Sì…» Si sentiva svenire. «Sto perdendo sangue.»

«Tutti noi versiamo il nostro sangue per i Guardiani della notte. Devi usare guanti più spessi.» Con un piede, Jon spinse una sedia verso di lui. «Siediti. Guarda un po’ qui.» Gli tese una pergamena.

«Di che cosa si tratta?» chiese Sam. Il corvo stava beccando i chicchi tra le lenzuola del letto sfatto.

«Di uno scudo di carta» rispose Jon.

Sam lesse succhiandosi il sangue dalla ferita sulla mano. Riconobbe immediatamente la calligrafia del maestro Aemon. Era minuta e precisa, ma l’anziano sapiente non si accorgeva quando l’inchiostro sbavava lasciando qua e là macchie frastagliate.

Sam alzò lo sguardo. «Una lettera per re Tommen?»

«A Grande Inverno, Tommen e mio fratello Bran si affrontarono con delle spade di legno. Tommen aveva addosso così tanta imbottitura di protezione da sembrare un’anatra ripiena. Bran lo mandò a terra.» Jon si alzò e si avvicinò alla finestra. «Oggi Bran è morto, e Tommen, grassoccio e dalla faccia rubiconda, siede sul Trono di Spade, con la corona sui suoi riccioli d’oro.»

"Bran non è morto" avrebbe voluto dire Sam. "È andato a nord della Barriera, insieme a Manifredde e ai due ragazzi della Torre delle Acque Grigie." Parole che rimasero impigliate nella sua gola. "Ma al Portale delle Tenebre ho giurato di non rivelarlo." «Non hai firmato la lettera» disse invece.

«Cento e cento volte il Vecchio Orso implorò l’aiuto del Trono di Spade. E loro ci hanno mandato Janos Slynt. Nessuna lettera indurrà i Lannister ad appoggiarci di più, soprattutto quando avranno saputo che stiamo aiutando Stannis Baratheon.»

«Solo per difendere la Barriera, non la sua rivolta.» Sam rilesse il testo. «È così che viene detto qui.»

«Una finezza che a lord Tywin potrebbe sfuggire.» Jon riprese la lettera. «Per quale motivo dovrebbe aiutarci? Finora non l’ha mai fatto.»

«Be’» disse Sam «non vorrà che si dica che Stannis ha marciato in difesa del regno degli uomini mentre re Tommen si trastullava con i suoi giocattoli. Getterebbe vergogna sulla casa Lannister.»

«Io voglio gettare sui Lannister morte e distruzione, non vergogna.» Jon sollevò la lettera. «"I Guardiani della notte non prendono parte alcuna nelle guerre dei Sette Regni"» lesse. «"Noi prestiamo giuramento al regno, e ora il regno è in grave pericolo. Stannis Baratheon ci è venuto in aiuto contro i nostri nemici oltre la Barriera, cionondimeno noi non siamo suoi uomini."»

«Ma» obiettò Sam a disagio «in effetti non siamo suoi uomini, vero?»

«Ho dato a Stannis cibo, riparo e il Forte della Notte, più il consenso che una parte del popolo libero si insediasse nelle terre del Dono di Brandon, a sud della Barriera. Questo è tutto.»

«Lord Tywin dirà che è troppo.»

«E Stannis dice che non è abbastanza. Più si dà a un re, più lui vorrà. Stiamo camminando su un ponte di ghiaccio sospeso su un precipizio. Compiacere un re è già difficile, compiacerne due è pressoché impossibile.»

«Sì, ma… se i Lannister dovessero prevalere e lord Tywin decidesse che noi, aiutando Stannis, abbiamo tradito il re, questo potrebbe significare la fine dei Guardiani della notte. Lord Tywin ha l’appoggio dei Tyrell, con tutta la potenza di Alto Giardino. E ha sconfitto lord Stannis alle Acque Nere.» La vista del sangue faceva svenire Sam, certo, ma lui era comunque ben consapevole di come si vincevano le guerre. Una cosa cui Randyll Tarly, il lord suo padre, aveva pensato.

«Quella delle Acque Nere è stata una battaglia. Mio fratello Robb ha vinto tutte le sue battaglie, eppure ha perso la testa. Se Stannis riuscisse a sollevare il Nord…»

"Sta cercando di convincere se stesso" comprese Sam "ma non ci riesce." I corvi messaggeri avevano spiccato il volo dal Castello Nero in un vortice di ali oscure, portando ai lord del Nord l’invocazione di schierarsi con Stannis Baratheon, di unire le loro forze alle sue contro i Lannister. Era stato Sam a inviare la maggior parte di quei corvi. Fino a quel momento, solo uno aveva fatto ritorno, quello che avevano inviato a Karhold, piazzaforte dei Karstark. Per il resto, il silenzio era stato assordante.

E quand’anche Stannis fosse riuscito nel suo intento di portare dalla sua parte gli uomini del Nord, Sam non vedeva in che modo l’ultimo dei Baratheon potesse sperare di contrastare l’alleanza di Castel Granito, Alto Giardino e le Torri Gemelle. Del resto, senza il Nord, la causa di Stannis era perduta. "Così come saranno perduti i Guardiani della notte, se lord Tywin decide di bollarci quali traditori."

«Anche i Lannister hanno i loro uomini del Nord» aggiunse Sam. «Lord Bolton e il suo bastardo.»

«Stannis ha i Karstark. Se avrà dalla sua Porto Bianco…»

«Se…» sottolineò Sam. «Altrimenti, mio signore, perfino uno scudo di carta è meglio che niente.»

Jon scosse la pergamena. «Suppongo di sì.» Sospirò, poi prese una penna d’oca e scarabocchiò la sua firma in fondo al documento. «Prendi la lacca per il sigillo.»

Sam scaldò un po’ di cera nera alla fiamma della candela, ne fece colare alcune gocce sulla pergamena, poi guardò Jon imprimere il sigillo del lord comandante dei Guardiani della notte nel grumo scuro.

«Porta questo a maestro Aemon, quando te ne vai» ordinò a Sam «e digli di inviare un uccello ad Approdo del Re.»

«Lo farò.» Sam esitò. «Mio signore, se posso chiedere… Ho visto Gilly che si allontanava. Era quasi in lacrime.»

«Val l’ha di nuovo mandata a chiedere clemenza per Mance.»

«Oh.»

Val era la sorella di Dalla, la donna che Mance Rayder, il re oltre la Barriera, capo del popolo libero, aveva preso quale sua regina. La "principessa bruta", era così che Stannis e i suoi uomini la chiamavano. Dalla era morta durante la battaglia, per quanto nessuna lama l’avesse toccata. Era perita dando alla luce il figlio di Mance Rayder. E Rayder stesso l’avrebbe presto seguita nella tomba, stando alle voci che Sam continuava a udire.

«Che cosa le hai detto?» chiese a Jon.

«Che avrei parlato a Stannis, anche se dubito che le mie parole gli faranno cambiare idea. Un re ha il dovere di difendere il suo regno, e gli uomini di Mance lo hanno attaccato. È improbabile che sua maestà possa dimenticarlo. Mio padre diceva sempre che Stannis Baratheon era un uomo giusto. Nessuno però ha mai detto che sia anche un uomo incline al perdono.» Jon fece una pausa, la fronte aggrottata. «Vorrei quasi essere io a staccare la testa a Mance. Un tempo era un confratello dei Guardiani della notte. Per legge, la sua vita appartiene a noi.»

«Pyp dice che lady Melisandre intende consegnarlo alla fiamma, per compiere qualche sortilegio.»

«Pyp dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa. Anch’io ho udito la stessa cosa da altri. Del sangue reale per risvegliare un drago. Dove Melisandre ritenga di poter trovare un drago dormiente, non si sa. È assurdo. Il sangue di Mance non è più reale del mio. Non ha mai avuto una corona in testa, né si è mai seduto su un trono. È un brigante, niente di più. Non c’è alcun potere nel sangue di un brigante.»

Dal pavimento, il corvo alzò lo sguardo. «Sangue» gracchiò.

Jon non ci fece caso. «Intendo allontanare Gilly.»

«Oh.» Sam assentì. «Be’, questo… è un bene, mio signore.» Per lei sarebbe stata la cosa migliore: andare in un posto caldo e sicuro, lontano dalla Barriera e dai combattimenti.

«Lei e il bambino. Dovremo trovare un’altra nutrice per il suo fratellino di latte.»

«Si può usare il latte di capra. Per un infante è meglio di quello di vacca.» Sam lo aveva letto da qualche parte. Si agitò sulla sedia. «Mio signore, mentre studiavo gli annali della confraternita, sono incappato in un altro comandante ragazzo. Quattrocento anni prima della Grande Conquista da parte dei Targaryen. Osric Stark aveva dieci anni quando venne scelto, ma servì per sessant’anni. E ce ne sono stati altri quattro, mio signore. Tu non sei neanche lontanamente il più giovane lord comandante in carica. A oggi, sei il quinto.»

«E quei quattro erano tutti figli, fratelli o bastardi del re del Nord. Dimmi qualcosa di utile, Sam. Parlami dei nostri nemici.»

«Gli Estranei.» Sam si umettò le labbra. «Negli annali sono menzionati, ma non così spesso come pensavo. Parlo degli annali che ho esaminato, anche se so che sono molti di più quelli che non ho ancora trovato. Alcuni dei libri più vecchi stanno cadendo a pezzi. Le pagine si sbriciolano quando faccio per voltarle. Quanto ai libri veramente antichi, o si sono già disgregati o sono sepolti in qualche luogo che non ho ancora scoperto… ma potrebbe anche essere che non esistano, che non siano mai esistiti. I trattati storici più antichi che abbiamo qui sono stati scritti quando gli andali invasero il continente occidentale. I Primi Uomini ci hanno lasciato solamente rune incise sulla pietra, per cui tutto quello che pensiamo di sapere sull’Età degli eroi, sul Tempo dell’alba e sulla Lunga notte si basa su resoconti scritti dai septon migliaia di anni dopo. Alla Cittadella, ci sono arcimaestri che mettono in dubbio tutto questo. Quelle storie antiche sono piene di re che hanno regnato per secoli, e di cavalieri che percorrevano la terra migliaia di anni prima di diventare cavalieri. Le conosci anche tu: Brandon il Costruttore, Symeon Occhi di stelle, il re della Notte… Noi ti consideriamo il novecentonovantottesimo lord comandante dei Guardiani della notte, ma la lista più antica che ho trovato annovera seicentosettantaquattro comandanti, quindi dovrebbe essere stata scritta durante…»

«Molto tempo fa» lo interruppe Jon. «Che cosa mi dici degli Estranei?»

«Ho trovato menzione del vetro di drago. Nell’Età degli eroi, i Figli della foresta erano soliti dare ai Guardiani della notte cento daghe di ossidiana all’anno. Gli Estranei vengono quando c’è il gelo, quasi tutte le storie concordano su questo. Oppure è il loro arrivo a portare il freddo. A volte appaiono durante le tempeste di neve, dissolvendosi quando torna il sereno. Rifuggono la luce del sole ed escono di notte… oppure compaiono al calare delle tenebre. Certe storie narrano degli Estranei in sella a cadaveri di ammali. Orsi, meta-lupi, mammut, cavalli, non ha importanza, purché la bestia sia morta. L’Estraneo che uccise Piccolo Paul era in sella a un cavallo morto, quindi questo particolare è sicuramente vero. Certi resoconti parlano anche di giganteschi ragni di ghiaccio. Non so che cosa siano. Gli uomini che cadono in battaglia contro gli Estranei vanno bruciati, altrimenti i morti risorgeranno come loro creature.»

«Tutto questo la sappiamo. La domanda è: come li possiamo combattere?»

«Se vogliamo dare credito alle storie, la corazza degli Estranei non può essere intaccata dalle lame convenzionali» riprese Sam. «E le loro spade sono talmente dure da disintegrare l’acciaio. Il fuoco però li spaventa, e sono vulnerabili all’ossidiana.» Sam continuava a ricordare l’Estraneo che aveva affrontato nella foresta Stregata, pugnalandolo con la daga di ossidiana che Jon aveva fatto per lui. L’evento che aveva trasformato il pavido, grasso Samwell Tarly, nel letale "Distruttore". «Ho trovato un resoconto della Lunga notte, in cui si dice che l’ultimo degli eroi sterminava gli Estranei con una lama di acciaio di drago. A quanto pare, non lasciava loro scampo.»

«Acciaio di drago?» Jon corrugò la fronte. «Acciaio di Valyria?»

«È la prima cosa che ho pensato anch’io.»

«Così, se riuscissimo a convincere i lord dei Sette Regni a consegnarci le loro lame di Valyria, tutto sarebbe risolto? Niente di più facile.» Non c’era alcuna allegria nella risata di Jon Snow. «Hai scoperto chi sono gli Estranei, da dove vengono e che cosa vogliono?»

«Non ancora, mio signore, ma forse ho semplicemente letto i libri sbagliati. Ce ne sono centinaia che non ho neppure aperto. Dammi più tempo e troverò quanto è possibile trovare.»

«Non c’è più tempo.» La voce di Jon era triste. «Prepara le tue cose, Sam. Anche tu lascerai la Barriera con Gilly.»

«Lasciare la Barriera?» Per un attimo Sam non comprese. «Me ne vado anch’io? Al Forte Orientale, mio signore? O dove…»

«Vecchia Città.»

«Vecchia Città?» il nome gli uscì come una specie di belato. La Collina del Corno era vicina a Vecchia Città. "Casa." Quel pensiero gli diede le vertigini. "Mio padre."

«E anche Aemon.»

«Aemon? Il maestro Aemon? Ma, mio signore, ha centodue anni, non può… mandi via lui e me? Chi si occuperà dei corvi? Se si ammalano, o se sono feriti, chi…»

«Clydas.»

«Ma è solo un attendente, e i suoi occhi sono malandati. Maestro Aemon è così fragile, un viaggio per mare…» Sam ripensò ad Arbor, al vascello Regina di Arbor, e per poco non gli mancò il fiato. «Potrebbe… lui è vecchio, è…»

«La sua vita sarà a rischio, lo so, Sam, ma il rischio maggiore è qui. Stannis sa chi è Aemon. Se Melisandre, la Donna rossa, vuole sangue di re per le sue stregonerie…»

«Oh.» Sam impallidì. Aemon era un Targaryen.

«Dareon verrà con te al Forte Orientale. La mia speranza è che le sue canzoni convincano alcuni uomini del Sud a entrare nella confraternita in nero. La galea Uccello nero vi porterà fino alla città libera di Braavos. Da là, provvederai tu a trovare il modo per raggiungere Vecchia Città. Se è sempre tua intenzione riconoscere il bimbo di Gilly quale tuo bastardo, manda lei e il piccolo alla Collina del Corno. Altrimenti, Aemon le troverà un lavoro come serva alla Cittadella.»

«Il mio ba-ba-bastardo.» Questo Sam lo aveva detto, certo, ma… "Tutta quell’acqua. Potrei finire annegato. Le navi affondano di continuo, e l’autunno è stagione di tempeste." Gilly però sarebbe stata con lui, e il piccolo sarebbe cresciuto al sicuro. «Sì, mia madre e le mie sorelle aiuterebbero Gilly con il bimbo.» "Potrei inviare una lettera, non dovrei andare di persona alla Collina del Corno." «Dareon potrebbe scortarla a Vecchia Città al posto mio. Io sono… mi sto allenando ogni pomeriggio con Ulmer al tiro con l’arco, come tu hai comandato. Be’, tranne quando sono giù nelle cripte, ma sei stato tu a dirmi di scoprire tutto il possibile sugli Estranei. L’arco lungo mi indolenzisce le spalle e mi fa venire le vesciche alle dita.» Mostrò a Jon una vescica scoppiata. «Però io vado avanti comunque. Adesso riesco a colpire il bersaglio quasi tutte le volte, anche se sono sempre il peggior arciere di questa terra. Ma mi piacciono le storie di Ulmer. Qualcuno dovrebbe metterle per iscritto e raccoglierle in un libro.»

«Sarai tu a farlo. Hanno sia pergamene sia inchiostro alla Cittadella, e anche archi lunghi. Mi aspetto che tu continui a fare pratica. Sam, nei Guardiani della notte centinaia di uomini sono capaci di lanciare frecce, ma soltanto pochi di loro sanno leggere e scrivere. Ho bisogno che tu diventi il mio nuovo maestro.»

"Maestro." Sam strinse gli occhi a quella parola. "No, padre, non ne parlerò mai più, lo giuro sui Sette Dèi. Lasciami andare, ti prego, lasciami andare." «Mio signore, io… il mio lavoro è qui, i libri…»

«… saranno ancora qui al tuo ritorno.»

Sam si portò una mano alla gola. Poteva quasi sentire la stretta soffocante della catena di vari metalli. «Mio signore, alla Cittadella… loro ti fanno sezionare i cadaveri.» E ti fanno indossare una catena attorno al collo. "Se è una catena che vuoi, vieni con me." Di nuovo le parole minacciose di suo padre. Per tre giorni e tre notti, Sam aveva pianto fino a crollare esausto, con i ceppi alle mani e ai piedi contro un muro. La catena attorno al collo era talmente stretta da lacerargli la pelle e ogni volta che cambiava posizione nel sonno, voltandosi dalla parte sbagliata, arrivava a mozzargli il respiro. «Non posso portare una catena.»

«Puoi farlo, Sam. E la porterai. Maestro Aemon è vecchio e cieco. Le forze lo stanno abbandonando. Chi prenderà il suo posto quando morirà? Maestro Mullin alla Torre delle Ombre è più guerriero che sapiente, e maestro Harmune al Forte Orientale è più ubriaco che sobrio.»

«Potresti chiedere alla Cittadella di inviarti altri maestri…»

«Intendo farlo. Avremo bisogno di tutti quanti. Tuttavia, Aemon Targaryen non potrà essere sostituito facilmente.» Jon appariva perplesso. «Ero certo che la cosa ti avrebbe fatto piacere. Ci sono così tanti libri alla Cittadella che nessuno può neppure sperare di riuscire a leggerli tutti. Ti troverai bene laggiù, Sam, ne sono sicuro.»

«No, posso leggere i libri, ma un ma-maestro deve essere un guaritore, e il sa-sangue mi fa svenire.» Mostrò a Jon una mano tremante. «Io sono Sam lo Spaventato, non Sam il Distruttore.»

«Spaventato? Da che cosa? Le chiacchiere dei vecchi? Sam, tu hai visto l’orda dei morti che camminano dare l’assalto al Pugno dei Primi Uomini, esseri mostruosi con mani nere e rilucenti occhi azzurri. Tu hai ucciso un Estraneo.»

«È stato il ve-vetro di drago a ucciderlo, non io.»

«Sei stato tu a colpire. Sei stato tu a mentire, a circuire, a complottare in modo che io diventassi lord comandante della confraternita. E adesso tu mi obbedirai. Andrai alla Cittadella e forgerai la tua catena di maestro, e se dovrai sezionare cadaveri, lo farai. Per lo meno, a Vecchia Città i cadaveri non avranno nulla da obiettare.»

"Non vuole capire." «Mio signore» disse Sam «mio pa-pa-padre, lord Randyll, lui, lui… la vita di un maestro è una vita di servizio.» Sam stava balbettando, ne era consapevole. «Nessun figlio della casa Tarly può portare una catena al collo. Gli uomini della Collina del Corno non si inchinano né si piegano a nessun signorotto.» "Se è una catena che vuoi, vieni con me." «Jon, io non posso disobbedire a mio padre.»

Lo aveva chiamato Jon, ma Jon non c’era più: di fronte a lui adesso c’era lord Snow, con gli occhi grigi freddi come il ghiaccio.

«Tu non hai più un padre» disse lord Snow. «Hai solamente fratelli. Solamente noi. La tua vita appartiene ai Guardiani della notte, per cui va a mettere le tue mutande in una bisaccia, assieme a tutto quello che vorrai portare con te a Vecchia Città. Partirai un’ora prima dell’alba. E ho anche un altro ordine per te. Da oggi in poi, tu non ti definirai più un codardo. Nell’anno appena trascorso, hai affrontato più cose di quelle che la maggior parte degli uomini affronta in tutta la vita. Quindi puoi affrontare anche la Cittadella, ma la affronterai come confratello ordinato dei Guardiani della notte. Non posso ordinarti di essere coraggioso, però posso ordinarti di nascondere la tua paura. Tu hai pronunciato il giuramento, Sam. Ricordi?»

"Io sono la spada delle tenebre." Ma in verità non era bravo a maneggiare la spada, e le tenebre lo spaventavano. «Io… ci proverò.»

«No, Sam, non ci proverai. Tu obbedirai.»

«Obbedirai.» Il corvo di Mormont agitò le grandi ali nere.

«Come il mio signore comanda. E… maestro Aemon lo sa?»

«È un’idea tanto sua quanto mia.» Jon andò ad aprirgli la porta. «Nessun addio tra di noi. Meno gente è a conoscenza di questo, meglio sarà. Un’ora prima dell’alba, nel cimitero.»


Samwell Tarly non conservò alcuna memoria di quando aveva lasciato l’arsenale del Castello Nero. L’unica cosa che ricordava era il suo arrancare tra fanghiglia e chiazze di neve vecchia, mentre si dirigeva verso gli alloggi di maestro Aemon. "Potrei nascondermi. Potrei scendere giù nelle cripte insieme ai libri. Potrei vivere là sotto con quel topolino e strisciare fuori la notte a procurarmi del cibo." Pensieri folli, si rese conto, tanto futili quanto disperati. Le cripte sarebbero state il primo posto dove sarebbero andati a cercarlo. Invece, l’ultimo posto era oltre la Barriera, ma quello era un pensiero ancora più folle. "I bruti mi prenderebbero e mi ucciderebbero lentamente. Potrebbero bruciarmi vivo, come la Donna rossa intende fare con Mance Rayder."

Trovò maestro Aemon nell’uccelliera, gli consegnò la lettera che Jon aveva firmato e fece dilagare le proprie paure in un profluvio di parole.

«Il lord comandante non capisce!» A Sam pareva di essere sul punto di vomitare. «Se io portassi una catena al collo, il lord mio pa-pa-padre… lui…»

«Anche mio padre ebbe le medesime obiezioni quando scelsi una vita basata sul servizio» disse l’anziano saggio. «Fu suo padre a mandarmi alla Cittadella. Re Daeron aveva generato quattro figli, tre dei quali avevano a loro volta generato figli. "Troppi draghi sono altrettanto pericolosi quanto troppo pochi draghi" udii sua maestà dire al lord mio padre il giorno in cui mi inviarono a Vecchia Città.» Aemon portò una mano chiazzata dall’età alla catena di molti metalli che pendeva dal suo esile collo. «La catena è pesante, Sam, ma mio nonno aveva ragione. Lo stesso vale per lord Snow.»

«Snow» gracchiò uno dei corvi. «Snow» fece eco un altro. Poi tutti quanti ripeterono: «Snow, Snow, Snow, Snow». Era stato Sam a insegnare loro quel nome. Non avrebbe trovato alcun aiuto qui, si rese conto. Maestro Aemon era in trappola quanto lui.

"Morirà in mare" pensò Sam in preda alla disperazione. "È troppo vecchio per sopravvivere a un viaggio del genere. E anche il bimbo di Gilly potrebbe morire, non è grande e forte come il figlio di Dalla. Forse Jon ha intenzione di ucciderci tutti?"


Il mattino seguente, Sam si ritrovò a sellare il cavallo con il quale era arrivato alla Barriera dalla Collina del Corno e a condurlo verso il cimitero vicino alla strada orientale. Le sue bisacce erano gonfie di formaggio, salsicce, uova sode e metà del prosciutto cotto che Hobb Tre Dita gli aveva regalato per il suo compleanno. "Tu sì che sei un uomo che sa apprezzare il buon cibo, Distruttore" gli aveva detto il cuoco del Castello Nero. "C’è bisogno di gente come te." Il prosciutto avrebbe aiutato, nessun dubbio. Sarebbe stato un lungo, freddo viaggio, e non esistevano villaggi né locande all’ombra della Barriera.

L’ora prima dell’alba era buia e silenziosa. Il Castello Nero sembrava avvolto in una quiete innaturale. Nel cimitero erano in attesa un paio di carretti a due ruote, oltre a Black Jack Bulwer e a una dozzina di ranger veterani, duri come i destrieri che montavano. Kedge Occhiobianco imprecò ad alta voce quando il suo occhio buono scorse Sam.

«Non fargli caso, Distruttore» disse Black Jack. «Ha perso la scommessa: era certo che ti avremmo dovuto tirare fuori da sotto il letto, scalciante e urlante.»

Maestro Aemon era troppo debole per reggersi in sella, per cui c’era un carretto pronto per lui, carico di pellicce e con un tetto di cuoio per riparare l’anziano saggio dalla pioggia e dalla neve. Gilly e il bimbo avrebbero viaggiato con lui. Sul secondo carretto c’erano vestiti ed effetti personali, più un baule di antichi libri rari che maestro Aemon riteneva sarebbero stati utili alla Cittadella. Sam aveva trascorso metà della notte a cercarli, ma alla fine ne aveva trovato solamente uno su quattro. "E per fortuna, altrimenti avremmo avuto bisogno di un altro carretto."

Arrivò il maestro, avvolto da una pelle d’orso grossa il triplo di lui. Mentre Ciydas lo accompagnava verso il carretto, un’improvvisa raffica di vento fece barcollare il vecchio.

Sam corse al suo fianco, per sorreggerlo. "Un’altra ventata come questa e finirà dall’altra parte della Barriera." «Afferrati al mio braccio, maestro. Non dobbiamo fare molta strada.»

Il vecchio cieco annuì, mentre il vento abbassava i loro cappucci. «È sempre caldo a Vecchia Città. In un’isola nel fiume Vino di Miele c’è una locanda dov’ero solito fermarmi da giovane. Sarà piacevole tornare a sedere là, a sorseggiare sidro.»

Avevano appena sistemato il maestro sul carretto quando arrivò anche Gilly, con il bimbo tra le braccia, tutto infagottato. Sotto il cappuccio, gli occhi della ragazza erano rossi di pianto. Arrivò anche Jon assieme a Edd l’Addolorato.

«Lord Snow» chiamò maestro Aemon. «Ho lasciato un libro per te nel mio alloggio. Il compendio di Giada. È stato scritto da Colloquo Votar, un avventuriero della città libera di Volantis, che viaggiò in Oriente, visitando tutte le isole del mare di Giada. C’è un passaggio che potrai trovare interessante. Ho detto a Qydas di evidenziarlo.»

«Sarà mia cura leggerlo, maestro» rispose Jon.

Un pallido filo di muco colava dal naso di maestro Aemon. Lui lo ripulì con il dorso della mano inguantata. «La conoscenza è un’arma, Jon. Munisciti bene prima di andare in battaglia.»

«Lo farò.»

Una neve leggera, grandi fiocchi soffici, aveva cominciato a cadere pigramente dal cielo.

«Cerca di avanzare più in fretta possibile» disse Jon rivolgendosi a Black Jack Bulwer «ma non correre rischi inutili. Hai con te un vecchio e un infante. Fa’ in modo che stiano al caldo e che siano ben nutriti.»

«E anche tu, mio signore» disse Gilly. «Fa’ lo stesso con quell’altro bimbo. Trovagli una nutrice, come hai detto. Me l’hai promesso. Il piccolo… il piccolo di Dalla… il piccolo principe, voglio dire… trovagli una brava donna, in modo che cresca sano e forte.»

«Hai la mia parola» disse Jon Snow con solennità.

«Non dargli il nome. Non darglielo finché non ha due anni di età. È cattiva sorte dargli un nome quando stanno ancora al seno. Voi corvi neri questo magari non lo sapete, ma è così.»

«Come tu comandi, mia signora.»

«Non chiamarmi così.» Un’espressione d’ira apparve sul viso di Gilly. «Io sono una madre, non una signora. Io sono moglie di Craster e figlia di Craster, e una madre.»

Edd l’Addolorato prese il bimbo mentre Gilly montava sul carretto e si copriva le gambe con delle pellicce. A quel punto, il cielo a est stava virando dal nero al grigio. Lew il Mancino voleva mettersi in marcia. Edd riconsegnò il bimbo a Gilly, che iniziò ad allattarlo.

"Questa potrebbe essere l’ultima volta che vedo il Castello Nero" pensò Sam montando in sella al proprio cavallo. Una volta odiava quel posto, ma adesso andarsene lo dilaniava.

«Partenza» comandò Bulwer. Una frusta schioccò, i carretti cominciarono ad avanzare lentamente lungo la strada piena di solchi, mentre la neve calava su di loro. Sam si attardò con Clydas, Edd l’Addolorato e Jon Snow.

«Bene» disse. «Addio.»

«Addio a te, Sam» lo salutò Edd l’Addolorato. «Vedrai che la tua barca non affonda. Le barche affondano solo quando ci sto sopra io.»

Jon rimase a fissare i carretti. «La prima volta che ho visto Gilly» disse «era con le spalle al muro nel castello di Craster, una ragazzina con i capelli scuri e il pancione, che cercava di stare lontana da Spettro. Lui era andato a infilarsi tra i suoi conigli, e penso che Gilly avesse paura che divorasse il suo bimbo… Ma, alla fine, non era del lupo che doveva avere paura, o sbaglio?»

"No" pensò Sam. "Era Craster il vero pericolo, il suo stesso padre." «Ha più coraggio di quanto non dia a vedere.»

«Lo stesso vale per te, Sam. Che tu possa avere un viaggio rapido e sicuro. Abbi cura di lei, del bimbo e di Aemon.» Jon sorrise, un sorriso strano e triste. «E tira su il cappuccio. I fiocchi di neve ti stanno bagnando i capelli.»

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