XVI LA FAYETTE

Seduto dietro la sua immensa scrivania, Gilbert de La Fayette era intento a scrutare la grana del legno. Davanti a lui erano aperte diverse lettere. Una era di de Maurepas per il re Carlo. Freddie era stato evidentemente conquistato da Napoleone. La lettera traboccava di lodi per il piccolo generale e per la sua brillante strategia.


Maestà, presto dunque otteremo la vittoria decisiva che darà nuova gloria al Vostro nome. Il generale Bonaparte si rifiuta di lasciarsi imprigionare negli angusti limiti della tradizione militare europea. Sta infatti addestrando i nostri soldati a combattere come i Rossi, anche se è sua intenzione costringere i cosiddetti americani a battersi in campo aperto come gli europei. Mentre Andrew Jackson raccoglie un esercito americano, noi raccogliamo un esercito di uomini che avrebbero ben più diritto di fregiarsi del nome di americani. I diecimila uomini di Ta-Kumsaw schierati al nostro fianco ci aiuteranno a distruggere i diecimila uomini di Vecchio Hickory. In questo modo Ta-Kumsaw avrà vendicato il sangue versato nel massacro del Tippy-Canoe, mentre noi, distruggendo l’esercito americano, sottometteremo tutto il territorio dal fiume Hio al lago Huron. E di tutto questo riconosciamo volentieri il merito alla Vostra Maestà, poiché foste Voi ad inviarci il generale Bonaparte, l’unico uomo capace di una simile conquista. E se adesso voleste inviarci altri duemila francesi per rafforzare le nostre linee così da indurre gli americani a compiere qualche azione precipitosa, il Vostro intervento sarà l’elemento decisivo della nostra vittoria.


Che un semplice conte — e per giunta caduto in disgrazia — scrivesse una lettera di quel tenore al proprio sovrano era un’idea assolutamente oltraggiosa. Ma Gilbert sapeva come sarebbe stata ricevuta. Re Carlo, infatti, era anch’egli sotto l’incantesimo di Napoleone, e avrebbe letto con gioiosa partecipazione qualsiasi elogio del piccolo generale corso.

Se solo Napoleone fosse stato un impostore con il dono di conquistarsi l’ammirazione di chi era migliore di lui! Allora La Fayette avrebbe potuto assistere alla sua inevitabile rovina senza sporcarsi le mani. Napoleone e de Maurepas avrebbero condotto l’esercito francese alla disfatta; questa disfatta avrebbe potuto portare alla caduta del governo e a una limitazione dei poteri della monarchia, o addirittura alla cacciata del sovrano come gli inglesi avevano fatto così opportunamente un secolo e mezzo prima.

Ma Napoleone era proprio quello che Freddie e Carletto erano stati indotti dal suo fascino a pensare che fosse: uno stratega assolutamente geniale. Gilbert sapeva che il piano di Napoleone sarebbe riuscito. Gli americani avrebbero marciato verso nord, convinti di andare a combattere contro i Rossi. All’ultimo momento, si sarebbero trovati di fronte l’esercito francese, disciplinato, bene armato, e fedele a Napoleone sino alla morte. Gli americani sarebbero stati costretti a disporsi come un esercito europeo. Allora i francesi avrebbero cominciato a ritirarsi lentamente e in buon ordine. Quando nel corso dell’inseguimento la disciplina degli americani fosse venuta meno, allora i Rossi li avrebbero attaccati in massa, circondandoli completamente e sopraffacendoli con la forza del numero. Nessun americano ne sarebbe uscito vivo, mentre i francesi non avrebbero quasi subito perdite.

Era un piano audace ma rischioso. Le truppe francesi avrebbero corso il rischio della disfatta, in quanto gli americani sarebbero stati molto più numerosi. In più, quel piano richiedeva una cieca fiducia nei Rossi. Ma Gilbert sapeva che la fiducia di Napoleone in Ta-Kumsaw era pienamente giustificata.

Ta-Kumsaw avrebbe ottenuto la sua vendetta. De Maurepas sarebbe riuscito a fuggire da Detroit. In seguito a una simile vittoria persino La Fayette avrebbe probabilmente potuto vantare crediti sufficienti a tornarsene in patria e trascorrere in pace gli anni che gli restavano nelle tenute dei suoi antenati. Soprattutto, Napoleone sarebbe diventato il più amato e rispettato dei generali francesi. Re Carlo gli avrebbe sicuramente conferito un titolo e un feudo, e l’avrebbe impiegato nelle campagne europee. Carlo sarebbe diventato ancora più ricco e potente, e il popolo sempre più sottomesso alla sua tirannide.

Perciò Gilbert strappò la lettera di de Maurepas in minutissimi frammenti.

La seconda lettera era di Napoleone, indirizzata allo stesso Gilbert. Era franca, persino brutale nel valutare la situazione. Napoleone aveva capito che sebbene Gilbert de La Fayette fosse immune al suo fascino inebriante, era tuttavia un suo sincero ammiratore, forse addirittura un amico. Sì, Napoleone, io sono tuo amico. Ma sono ancora più amico della Francia. E il destino che ho in mente per te è molto più grande di quello del semplice leccapiedi di uno stupido re.

Gilbert rilesse il capoverso più importante della lettera di Napoleone.


De Maurepas si limita a ripetere tutto quello che dico, cosa gradevole ma un tantinello noiosa. Rabbrividisco a pensare che cosa potrebbe accadere se si trovasse a comandare davvero. La sua idea di un’alleanza con i Rossi sarebbe di far loro indossare un’uniforme e disporli in fila come birilli. Che scempiaggine! Com’è possibile che re Carlo possa considerarsi qualcosa di più di un mentecatto, quando mi costringe a prestare servizio agli ordini di un idiota come Freddie? Ma agli occhi di Carlo, Freddie apparirà certamente il massimo dell’ intelligenza, vista la sua erudizione nel campo del balletto. In Spagna ho riportato per Carlo una vittoria che egli non si meritava, eppure si è mostrato così imbelle da permettere ai cortigiani gelosi di brigare finché non sono riusciti a mandarmi in Canada, dove per alleati mi ritrovo dei selvaggi, e per ufficiali dei perfetti idioti. Cadetto non merita la vittoria che riporterò in suo nome. Del resto, Gilbert, amico mio, è pur vero che dai tempi di Luigi XIV il sangue reale si è annacquato e infiacchito. Potrei pregarti di bruciare questa lettera, se non fossi convinto che Carletto mi ama al punto che potrebbe leggerla parola per parola senza restarne minimamente offeso. E se poi si offendesse, non oserebbe mai punirmi. Quale sarebbe oggi la sua statura in Europa se non avessi personalmente contribuito a quell’attacco di dissenteria del vecchio Testadilegno che mi ha permesso di vincere la guerra di Spagna, invece di perderla, come sarebbe sicuramente accaduto senza di me?


La vanità di Napoleone era insopportabile, soprattutto considerando che era pienamente giustificata. Ogni parola della sua lettera, per quanto sconsiderata, era vera; ma Gilbert aveva scrupolosamente coltivato in Napoleone questo candore. Era chiaro che Napoleone desiderava qualcuno che l’ammirasse sinceramente senza bisogno di manipolare i suoi sentimenti. Una persona del genere l’aveva trovata — e veramente — in Gilbert, l’unico vero amico che Napoleone potesse avere. Eppure. Eppure.

Gilbert piegò con cura la lettera di Napoleone e la racchiuse nella propria, un semplice appunto che diceva:


Vostra Maestà, Vi prego di non essere severo con questo giovane di talento. La sua è l’arroganza della gioventù; so per certo che nel suo cuore non alberga il tradimento. Come sempre, tuttavia, mi lascerò guidare da Voi che sapete mantenere con intuito infallibile il giusto equilibrio tra giustizia e clemenza. Il Vostro umile servitore, Gilbert.


Re Carlo sarebbe andato su tutte le furie, ovviamente. Anche se Napoleone avesse avuto ragione e Carletto fosse stato incline all’indulgenza, i cortigiani non si sarebbero mai lasciati sfuggire un’occasione così ghiotta. Tutti si sarebbero messi a reclamare la testa di Napoleone, e il baccano sarebbe stato tale che nemmeno re Carlo avrebbe potuto evitare di metterlo alla porta.

Un’altra lettera, la più sofferta, anch’essa di pugno di Gilbert, era indirizzata a Frederic, conte de Maurepas. Gilbert l’aveva scritta molto tempo prima, poco dopo che Napoleone era arrivato in Canada. Ben presto sarebbe giunto il momento di spedirla.


Alla vigilia di avvenimenti così importanti, mio caro Freddie, penso che tu debba indossare questo amuleto donatomi da un sant’uomo. Potrà esserti utile per schivare le menzogne e gli inganni di Satana. Portalo sempre su di te, amico mio, giacché sono convinto che tu ne abbia molto più bisogno di me.


Freddie non aveva alcun bisogno di sapere che il «sant’uomo» era Robespierre. Se l’avesse saputo, si sarebbe guardato bene dall’indossare quell’amuleto. Gilbert l’estrasse dallo scollo della camicia, dove era appeso a una catenella d’oro. Che cos’avrebbe fatto de Maurepas una volta che Napoleone avesse perso il suo ascendente su di lui? Avrebbe ripreso a comportarsi secondo la sua vera natura, ecco che cos’avrebbe fatto.

Gilbert era lì seduto da una mezz’ora, consapevole che il momento della decisione era giunto. Non ancora quello di spedire l’amuleto; solo al momento culminante Napoleone avrebbe dovuto perdere all’improvviso il suo ascendente su Freddie. Ma la lettera al re doveva essere spedita all’istante, se doveva raggiungere Versailles in tempo perché l’inevitabile risposta tornasse in Canada prima della battaglia primaverile contro gli americani.

Sono forse un traditore, che architetta la rovina del suo re e del suo paese? No, di questo sono certissimo. Se infatti fossi convinto che una vittoria di Napoleone sugli americani potesse essere anche minimamente di vantaggio alla mia amata Francia, farei di tutto per aiutarlo, anche a costo di pregiudicare la causa della libertà in questa nuova terra. Sebbene io sia un fogliante, un democratico, perfino nel profondo del cuore un giacobino, e sebbene io ami l’America più di chiunque altro, tranne forse Franklin o Washington, che sono morti, o Jefferson, che è ancora vivo… ciononostante, mi sento innanzitutto francese, e che cosa mi può importare della libertà di un remoto angolo di mondo se in Francia essa è ancora sconosciuta?

No, lo faccio perché la tremenda umiliazione di una sconfitta in Canada è esattamente ciò di cui la Francia ha bisogno, soprattutto se risulterà evidente che la sconfitta è stata causata dall’intervento diretto di re Carlo, e a maggior ragione se questo intervento diretto è consistito nel rimuovere dal comando alla vigilia della battaglia un uomo brillante e stimato come Bonaparte, sostituendolo con un somaro come de Maurepas: tutto a causa della vanità di Carletto.

Perché c’era anche un’ultima lettera, in codice, apparentemente innocua. Ma sotto le chiacchiere sulla caccia e sul tedio della vita a Niagara era nascosto il testo completo delle due lettere di Napoleone e di Frederic, da pubblicare con effetto dirompente non appena fosse giunta a Parigi la notizia della sconfitta francese in Canada. Quasi contemporaneamente all’arrivo della lettera di Napoleone al re, infatti, Robespierre ne avrebbe avuta tra le mani una copia cifrata.

E il mio giuramento di fedeltà al re? Ero destinato a essere un generale e a condurre eserciti in battaglia; o a essere governatore, e a dirigere la macchina dello Stato a beneficio del popolo. Invece sono ridotto a complottare, pugnalare alla schiena, ingannare, tradire. Sono un nuovo Bruto, disposto a tradire tutto e tutti in nome del bene superiore del popolo. Ma prego Dio che la storia mi riconosca i miei meriti, facendo sapere a tutti che se non fosse stato per me re Carlo si sarebbe fatto chiamare Carlomagno II, e avrebbe utilizzato Napoleone per sottomettere l’Europa intera, creando un nuovo impero francese. Invece, con l’aiuto di Dio, per merito mio la Francia diventerà esempio di pace e libertà per tutti i popoli della terra.

La Fayette accese una candela, lasciò gocciolare la cera sulla chiusura delle due lettere, quella al re e quella al suo fedele amico, quindi vi impresse il suo sigillo. Poi chiamò il suo aiutante, che le mise entrambe nella borsa della posta e uscì per portarle alla nave, l’ultima che sarebbe sicuramente riuscita a scendere il fiume e giungere in Francia prima dell’inverno.

Sulla scrivania restavano solo la lettera a de Maurepas e l’amuleto. Preferirei non averti mai avuto, disse Gilbert rivolto all’amuleto. Se anch’io fossi stato ingannato da Napoleone, adesso non potrei che rallegrarmi del suo inevitabile ingresso nella storia. Invece lo sto ostacolando; com’è possibile infatti che un generale, sia pur brillante come Cesare, possa prosperare nel regime democratico che Robespierre e io sapremo creare in Francia?

Tutti i semi sono stati gettati, tutte le trappole sono state predisposte.

Per un’altra ora Gilbert de La Fayette rimase seduto in poltrona, in preda a un tremito irrefrenabile. Poi si alzò, indossò i suoi abiti più eleganti, e trascorse la serata assistendo a un’insulsa farsa recitata da una compagnia di quart’ordine, la migliore che le magre risorse di Niagara potessero attirare dalla madrepatria. Alla fine si alzò ad applaudire, cosa che, essendo egli il governatore, assicurò alla compagnia il successo finanziario in Canada; applaudì a lungo e con vigore, mentre il resto del pubblico era costretto ad applaudire insieme con lui; applaudì finché le braccia non gli fecero male, finché l’amuleto che portava sul petto non fu viscido di sudore, finché non avvertì il bruciore dello sforzo nei muscoli delle spalle e del dorso, finché non fu più in grado di applaudire.

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