Molte volte fui sul punto di parlarne con lei. Ma mi tirai indietro, non trovai il coraggio di fare un passo verso di lei. Se volete, potete misurare la mia sincerità sul metro della mia riluttanza: quanto poteva essere puro quel mio nuovo credo di rivelazione, potreste chiedervi, se credevo che la mia sorella di legame fosse superiore ad una simile comunione? Ma non pretendo che vi sia stata alcuna coerenza nel mio modo di pensare di allora. La mia liberazione dal tabù del rivelarsi era una cosa voluta, non una evoluzione naturale, e io dovevo combattere continuamente contro gli strascichi delle vecchie abitudini. Anche se dicevo «io» e «me» con Schweiz e con alcuni di quelli con cui avevo diviso la droga, non mi sentivo mai a mio agio facendolo. Quel che rimaneva delle mie catene infrante si rinsaldava per legarmi di nuovo. Guardavo Halum, sapevo di amarla e mi dicevo che l’unico modo per rendere completo quell’amore era unire la sua anima alla mia, e che avevo in mano la polvere che avrebbe potuto farlo. E non osavo, non osavo.