Parte diciottesima Collisione

1

Stor Gendibal si stava dirigendo verso Gaia quasi con la stessa prudenza che aveva usato Trevize. Ora che S-Gaia era un disco dai contorni netti che si poteva guardare soltanto attraverso filtri potenti, l’Oratore si era immerso in riflessioni. Sura Novi, che sedeva in disparte, lo guardava ogni tanto timorosamente.

— Maestro — lo chiamò, infine, con voce sommessa.

— Che cosa c’è, Novi? — disse lui, distratto.

— Siete triste?

Gendibal alzò gli occhi. — No, preoccupato. Vi ricordate questa parola? Sto cercando di decidere se raggiungere il pianeta in fretta o temporeggiare un po’. Devo fare il coraggioso, Novi?

— Secondo me voi siete sempre coraggioso, Maestro.

— Essere coraggiosi a volte è da sciocchi.

Novi sorrise. — Come può uno studioso, un maestro essere sciocco? — Indicò lo schermo. — Quello è un sole, vero?

Gendibal annuì.

Dopo un attimo di incertezza, Novi disse: — È lo stesso sole che splende su Trantor? È il sole hamiano?

— No, Novi. È un sole diverso. Ci sono miliardi di soli, sapete.

— Ah, sì, con la testa lo sapevo, ma non riuscivo a crederci. Com’è che a volte non si riesce a credere a quello che sappiamo con la testa, Maestro?

Gendibal abbozzò un sorriso. — Nella vostra testa, Novi... — cominciò, e così dicendo, automaticamente, si ritrovò nella mente di lei. La accarezzò piano, come faceva sempre quando vi entrava: giusto un lieve tocco alle fibre mentali per mantenere la ragazza calma, libera da preoccupazioni. Sarebbe uscito come al solito dopo pochi attimi. Questa volta però qualcosa lo trattenne. Ciò che sentì non era descrivibile che in termini mentalici; in senso metaforico si poteva dire che il cervello di Novi brillasse, anche se il brillio era appena percettibile.

Era chiaro che esistesse un campo mentalico imposto dall’esterno; un campo di intensità così lieve, che nonostante l’assoluta linearità della struttura mentale della hamiana le funzioni riceventi più sensibili del cervello ben addestrato di Gendibal lo cogliessero appena.

— Novi, come vi sentite? — disse Gendibal, brusco.

Lei aprì gli occhi. — Mi sento bene, Maestro.

— Vi sentite stordita, confusa? Chiudete gli occhi e state seduta immobile finché non vi dico “ora”.

Obbediente, Novi chiuse gli occhi. Gendibal allontanò con cura tutte le sensazioni estranee dalla mente di lei, calmò i suoi pensieri, addolcì le sue emozioni, placò completamente il suo cervello. Non lasciò altro che il brillio. Questo, notò, era così debole che gli riuscì difficile convincersi della sua esistenza.

— Ora — disse alla fine, e Novi riaprì gli occhi.

— Come vi sentite? — le chiese.

— Calmissima, Maestro. Riposata.

Il campo mentalico era troppo debole per avere un effetto riconoscibile su di lei.

Gendibal si mise ad armeggiare col computer. Doveva ammettere che non se l’intendeva troppo bene con quello, forse perché era troppo abituato ad usare la mente in modo diretto; aveva difficoltà a lavorare con un intermediario. Ma stava cercando una nave e la ricerca iniziale poteva essere condotta meglio con l’aiuto dell’elaboratore.

Localizzò la nave che si aspettava di trovare. Era a mezzo milione di chilometri di distanza; come modello somigliava molto alla sua, ma era più grande ed ancora più complessa. Appena la ebbe individuata col computer, la esaminò con la mente. Spedì le proprie onde a fasci serrati e con esse sentì (in senso mentalico) la nave sia all’interno, sia fuori.

Poi percorse con la mente altri milioni e milioni di chilometri, avvicinandosi al pianeta Gaia, e quindi si ritrasse. Né un esame né l’altro gli permisero di capire senza possibilità di dubbio se fosse la nave o fosse Gaia la fonte del campo. Sempre che non esistesse un terzo candidato...

— Novi — disse, — vorrei che vi sedeste vicino a me, adesso.

— C’è qualche pericolo in vista, Maestro?

— Non dovete assolutamente preoccuparvi minimamente. Farò in modo che non vi succeda nulla.

— Maestro, non m’importa di quello che mi può succedere. Se c’è pericolo in vista, desidero solo potervi aiutare.

Gendibal s’intenerì. — Mi avete già aiutato, Novi — disse. — Grazie a voi, mi sono accorto di un piccolo particolare che era importante saper riconoscere. Se non vi avessi avuto con me mi sarei potuto impantanare in un guaio dal quale mi sarei tratto fuori solo con grande impaccio.

— E vi ho aiutato con la mia mente, Maestro, come mi avete spiegato un giorno?

— chiese Novi, sbalordita.

— Sì. Nessuno strumento sarebbe potuto essere più sensibile. Nemmeno la mia mente lo è: è troppo complessa.

Novi s’illuminò. — Sono così felice di essere utile.

Gendibal sorrise ed annuì. Poi pensò con tristezza che avrebbe avuto bisogno ancora di altro aiuto. Un istinto infantile, dentro di lui, si oppose a quell’idea; doveva fare tutto da solo, gli disse.

Mise a tacere quella voce interna. No, non poteva fare tutto da solo. Era sempre più improbabile che potesse fare tutto da solo.

2

Su Trantor, Quindor Shandess avvertiva sempre più come un peso la propria carica di Primo Oratore. Da quando la nave di Gendibal era scomparsa nel buio dello spazio, non aveva più riunito la Tavola. Era rimasto costantemente immerso nei propri pensieri.

Aveva fatto bene a lasciare andare Gendibal per conto suo? Era, sì, un giovane intelligente, ma non così intelligente da essere completamente privo di presunzione. Il grande difetto di Gendibal era l’arroganza, così come il grande difetto di Shandess (pensò con amarezza il Primo Oratore) era la stanchezza derivante dall’età.

Si era ripetuto più e più volte che basarsi sul precedente di Preem Palver, il quale per mettere le cose a posto aveva viaggiato in lungo ed in largo per la Galassia, era stato uno sbaglio. Chi poteva eguagliare Preem Palver? Probabilmente nemmeno Gendibal. E Palver aveva avuto sua moglie con sé. Certo, Gendibal si era portato dietro quella hamiana, ma era una donna che non valeva niente. La moglie di Palver invece era un Oratore a tutti gli effetti.

Shandess si sentiva sempre più vecchio a mano a mano che passavano i giorni e che l’atteso messaggio di Gendibal non arrivava mai. La tensione gli aumentava, dentro. Forse, si diceva, avrebbe dovuto mandare in avanscoperta non una nave sola, ma una flotta, od una flottiglia... No. La Tavola non glielo avrebbe permesso. E tuttavia...

Quando finalmente il messaggio arrivò, lui era sprofondato in un sonno di stanchezza che non gli dava alcun sollievo. Era una notte ventosa e aveva faticato ad addormentarsi. Come un bambino, aveva immaginato di sentire voci nel vento. Poi aveva pensato alle proprie dimissioni, al fatto che gli sarebbe più che mai piaciuto rassegnarle e che però non poteva rassegnarle in quel momento perché gli sarebbe succeduta la Delarmi.

Benché il sonno fosse profondo, appena il messaggio arrivò Shandess si svegliò subito.

— State bene? — disse.

— Benissimo, Primo Oratore — disse Gendibal. — Non è meglio che ci colleghiamo visivamente perché la comunicazione sia più concentrata?

— Più tardi, magari — rispose Shandess. — Prima di tutto ditemi come sia la situazione.

Gendibal parlò con una certa cautela perché percepì che l’altro si era svegliato allora e sentì che aveva addosso una profonda stanchezza. Disse: — Mi trovo nelle vicinanze di un pianeta abitato di nome Gaia, della cui esistenza a quanto mi risulta non si trovi traccia in alcun archivio della Galassia.

— È il mondo di coloro che si sono adoperati perché il Piano procedesse lungo la sua strada? Il mondo degli Anti-Muli?

— Può darsi, Primo Oratore. C’è motivo di crederlo. Innanzitutto la nave di Trevize e Pelorat si è avvicinata molto al pianeta e probabilmente è già atterrata. In secondo luogo, a circa mezzo milione di chilometri da me, nello spazio, c’è una nave da guerra della Prima Fondazione.

— Non sarebbe lì, se non ci fosse una buona ragione.

— Primo Oratore, forse la ragione non è Gaia, ma Trevize. Io sono qui solo perché sto seguendo lui e forse la nave da guerra si trova da queste parti per lo stesso mio motivo. Quello che bisogna chiedersi quindi è come mai Trevize sia qui.

— Pensate di atterrare anche voi sul pianeta, Oratore?

— Ho considerato quella possibilità, ma è intervenuto un fatto nuovo. Mi trovo attualmente a cento milioni di chilometri da Gaia e capto nello spazio intorno a me un campo mentalico, un campo omogeneo eccezionalmente debole. Non me ne sarei accorto se non fosse stato per l’effetto di focalizzazione rivelato dalla mente della hamiana che mi accompagna nel viaggio. È una mente non comune, la sua; ho accettato di prendere la donna con me proprio perché avevo intuito le sue capacità nascoste.

— La vostra intuizione era giusta, dunque. Credete che l’Oratore Delarmi avesse previsto questo?

— Quando mi esortò a prendere con me la hamiana? No, non credo proprio, ma sono contento che la sua mossa mi abbia involontariamente favorito.

— Anch’io ne sono contento. Pensate che il campo di forza sia generato dal pianeta?

— Per accertarmene dovrei fare opportuni calcoli in punti assai distanziati tra loro per vedere se il campo abbia una generale simmetria sferica. La mia sonda mentale unidirezionale mi dice che è probabile, ma non mi assicura certo che il pianeta sia l’origine del campo. Tuttavia non credo sia troppo prudente svolgere ulteriori indagini in presenza della nave da guerra della Prima Fondazione.

— Non penso che costituisca una minaccia.

— Potrebbe costituirla in futuro. Non sono ancora certo che non sia essa a generare il campo.

— Ma sono...

— Con tutto il dovuto rispetto, permettetemi di interrompervi, Primo Oratore. Noi non sappiamo quali progressi tecnologici abbia fatto la Prima Fondazione. So però che si comporta come se fosse molto sicura di sé. e potrebbe riservarci delle brutte sorprese. Potrebbe addirittura avere messo a punto dei congegni mentalici. In una parola, Primo Oratore, ho davanti o una nave da guerra con congegni mentalici; od un pianeta di mentalisti. Se fosse vera la prima ipotesi, allora mi troverei probabilmente a fronteggiare una forza troppo debole per immobilizzarmi ma sufficiente a rallentarmi. E le armi fisiche a bordo potrebbero distruggermi. Se invece il campo è generato dal pianeta, il fatto che l’abbia captato ad una simile distanza può significare che in superficie l’intensità è enorme, maggiore di quella che posso reggere. Nell’un caso o nell’altro sarà necessario predisporre una rete, una rete totale, nella quale all’occorrenza si trovino a mia disposizione tutte quante le risorse di Trantor.

Il Primo Oratore esitò. — Una rete totale? Non è mai stata usata, non se n’è mai neppure parlato... se non all’epoca del Mulo.

— Questa crisi potrebbe essere ancora più grave di quella che si verificò all’epoca del Mulo, Primo Oratore.

— Non so se la Tavola acconsentirà.

— Penso che non dobbiate chiedere il parere della Tavola, ma che dobbiate decretare lo stato di emergenza.

— Con che scusa?

— Dite loro ciò che ho detto a voi.

— L’Oratore Delarmi dirà che siete un codardo incompetente e che la paura vi ha reso pazzo.

Gendibal rimase zitto un attimo, prima di rispondere. Poi disse: — È probabile che sosterrà qualcosa del genere, ma qualunque cosa dica, penso che sopravviverò alle accuse. L’importante adesso è che non sono in gioco il mio orgoglio o il mio amor proprio: è in gioco l’esistenza stessa della Seconda Fondazione.

3

Harla Branno fece un sorriso truce, ed i solchi della sua faccia rugosa diventarono più profondi. Disse: — Credo che possiamo procedere. Sono pronta.

— Siete sempre sicura di sapere quel che state facendo? — disse Kodell.

— Se fossi così pazza come vi piace far credere di ritenermi avreste mai insistito per restare a bordo della mia nave, Liono?

Kodell scrollò le spalle e disse: — Probabilmente si. Sarei rimasto nella speranza di potervi fermare, o nella speranza di indurvi a cambiare idea e venire a più miti consigli prima di compiere l’irreparabile. Se invece non foste pazza...

— Sì?

— Ecco, non vorrei che le cronache storiche del futuro vi attribuissero tutta la gloria dell’impresa. Vorrei che parlassero della mia presenza qui accanto a voi, e che magari il merito fosse attribuito a me...

— Siete astuto, Liono, davvero astuto. Ma inutilmente. Sono stata il vero potere dietro le quinte per troppi anni quando erano sindaci gli altri perché la gente possa pensare che adesso che la carica è mia permetta a voi di prendere decisioni per me.

— Vedremo.

— No, non lo vedremo, perché questo genere di giudizio storico verrà dato dopo che saremo morti. In ogni modo non ho dubbi di sorta. Né sul mio posto nella storia, né su quella. — Indicò lo schermo.

— La nave di Compor — disse Kodell.

— La nave di Compor, sì, ma senza Compor a bordo. Una delle nostre navi vedetta ha assistito al trasferimento. La nave di Compor è stata fermata da un’altra.

Le due persone che erano a bordo di quest’ultima si sono trasferite in quella di Compor e in seguito Compor si è allontanato sull’altra.

La Branno si fregò le mani. — Trevize ha svolto il suo ruolo di parafulmine alla perfezione. Il fulmine infatti è arrivato: la nave che ha fermato Compor era della Seconda Fondazione.

— Come fate ad esserne sicura? — disse Kodell, tirando fuori la pipa e riempiendola con calma di tabacco.

— Perché ho sempre pensato che Compor potesse essere sotto il controllo della Seconda Fondazione. La sua vita è filata troppo liscia. Gli andava sempre tutto bene... e poi, quella sua grande abilità nell’inseguimento iperspaziale era almeno sospetta. La mossa di tradire Trevize poteva essere semplicemente la mossa di un uomo politico ambizioso, ma lui l’ha fatta con tanta matematica sicurezza, che mi è parso ci fosse dietro qualcosa di più dell’ambizione personale.

— Sono solo supposizioni, sindaco.

— Sono diventate però certezza quando ho visto che Compor riusciva a seguire Trevize attraverso Balzi multipli con la stessa facilità con cui l’avrebbe seguito se il Balzo fosse stato unico.

— Era aiutato dal computer.

La Branno si appoggiò allo schienale della sedia e scoppiò a ridere.

— Caro Liono, siete sempre così impegnato ad ideare piani complicati che dimenticate l’efficacia di quelli semplici — disse. — Ho mandato Compor dietro a Trevize non perché avessi bisogno di far seguire il nostro parafulmine. Che senso aveva farlo seguire? Anche se avesse voluto mantenere segrete le sue mosse, Trevize non avrebbe potuto evitare di richiamare su di sé l’attenzione dei mondi non appartenenti alla Fondazione su cui avesse deciso di atterrare. La sua bella nave ultimo modello, il suo forte accento di Terminus, i suoi crediti della Fondazione l’avrebbero messo subito bene in evidenza rispetto al contesto. Ed in caso di emergenza sapevo che si sarebbe immediatamente rivolto ai rappresentanti della Fondazione, cosa che ha fatto su Sayshell, permettendoci di apprendere tutto ciò che gli è successo finora senza nessun bisogno di consultare Compor.

«No — continuò, — mandando Compor nello spazio ho voluto mettere alla prova Compor stesso. E ci sono riuscita, perché sulla sua nave ho fatto mettere apposta un computer difettoso; non tanto difettoso da renderla ingovernabile, ma abbastanza da non servire come aiuto tecnico nell’inseguimento di Trevize attraverso i Balzi.

Eppure Compor è riuscito ugualmente, senza alcuna difficoltà, a raggiungere il suo ex amico.

— Vedo che spesso prendete decisioni di cui mi parlate solo a cose fatte, sindaco.

— Non sapere nulla di certi particolari non può offendervi e non sono solo quelli i particolari che vi tengo nascosti, Liono. Vi ammiro e ricorro ai vostri servigi, ma la mia fiducia in voi ha limiti netti, come del resto la vostra in me. E non datevi la pena di negarlo.

— No — disse Kodell, secco, — e un giorno, sindaco, mi prenderò la libertà di ricordarveli, questi limiti. Nel frattempo, posso chiedervi se ci sia qualcos’altro che debba sapere? Che nave è quella che ha avuto il rendez-vous con Compor? Avete detto che era della Seconda Fondazione, ma come mai non era mimetizzata?

— È sempre un piacere parlare con voi, Liono. Afferrate le cose subito. Vedete, la Seconda Fondazione non si cura di nascondere le proprie tracce perché ha il mezzo per renderle invisibili anche quando materialmente non lo sono. Ad un membro della Seconda Fondazione non verrebbe mai in mente di servirsi di una nave straniera, anche se sapesse che siamo in grado di riconoscere perfettamente l’origine di una nave dal diagramma del suo uso dell’energia. Perché dovrebbe prendersi la briga di mimetizzarsi quando può rimuovere dalla mente degli altri quanto essi hanno appreso? Bene, siamo riusciti a stabilire l’origine della nave che si è avvicinata a Compor pochi minuti dopo averla avvistata.

— E adesso, immagino, la Seconda Fondazione provvederà a rimuovere dalla nostra mente quel che abbiamo saputo.

— Se ci riuscirà — disse la Branno. — Ma potrebbe anche scoprire che le cose sono cambiate.

— Avete affermato di sapere dove si trovi la Seconda Fondazione — disse Kodell.

— Avete detto che vi sareste occupata prima di Gaia e poi di Trantor. Deduco quindi che la nave che si è avvicinata a Compor provenisse da Trantor.

— Deduzione esatta. Siete sorpreso?

Kodell scosse la testa lentamente. — No, dato che la storia insegna. Ebling Mis, Toran Darell e Bayta Darell si trovavano tutti su Trantor quando il Mulo fu sconfitto.

Arkady Darell, la nipote di Bayta, nacque su Trantor, e si trovava su Trantor quando si pensò che la Seconda Fondazione fosse stata sconfitta a sua volta. Arkady stessa racconta poi come giocasse un ruolo chiave Preem Palver, con le sue apparizioni nei momenti più opportuni. E Palver era un mercante di Trantor. È dunque ovvio pensare che la Seconda Fondazione abbia la sua sede su Trantor, dove, tra l’altro, lo stesso Hari Seldon visse, all’epoca in cui creò entrambe le Fondazioni.

— È ovvio, sì, però nessuno ha mai pensato a questa possibilità. Ci ha pensato la Seconda Fondazione a fare in modo che nessuno ci pensasse. Vale sempre il discorso che ho fatto per la nave di Compor; a che serve nascondere le proprie tracce quando si è capaci di indurre la gente a non guardarle?

— In tal caso — disse Kodell, — sarà meglio non guardare troppo nella direzione in cui la Seconda Fondazione desidera che guardiamo. A proposito, secondo voi qual è la ragione per cui Trevize abbia potuto pensare che la Seconda Fondazione esistesse? Perché non è stato fermato?

La Branno alzò una mano e cominciò a contare sulla punta delle dita nodose. — Primo, perché Trevize è una persona diversa dalle altre e, nonostante la sua totale incapacità di usare una certa prudenza, ha qualcosa di speciale che non sono ancora riuscita a definire. Secondo, non è vero che la Seconda Fondazione non sia intervenuta per niente. Compor ha tallonato Trevize e lo ha subito deferito alle autorità, cioè a me. La Seconda Fondazione contava insomma che lo fermassi io, così avrebbe sistemato la faccenda senza scendere in campo aperto. Terzo, dato che non ho reagito come previsto, dato che non ho fatto incarcerare o giustiziare Trevize, né ho provveduto a fargli cancellare la memoria od a sottoporlo alla Sonda Psichica ma mi sono limitata a mandarlo “in esilio” nello spazio, la Seconda Fondazione si è spinta più in là. Ha compiuto una mossa diretta: gli ha spedito dietro una delle sue navi. — Harla Branno strinse le labbra in un sorriso soddisfatto. — Ah, che eccellente parafulmine — concluse.

— E la nostra prossima mossa? — disse Kodell.

— Intendo sfidare il membro della Seconda Fondazione cui ci troviamo davanti.

Di fatto, già adesso ci stiamo dirigendo verso di lui a velocità piuttosto moderata.

4

Gendibal e Novi sedevano fianco a fianco, davanti allo schermo.

Novi era spaventata. Gendibal ne era perfettamente consapevole, così come era consapevole che la hamiana cercasse con tutte le sue forze di combattere la paura.

D’altra parte lui non poteva aiutarla in quella lotta, perché se avesse toccato la sua mente in quel momento avrebbe potuto diminuirne la sensibilità, che gli permetteva di captare il debole campo mentalico che li circondava.

La nave da guerra della Fondazione si avvicinava piano, ma decisa. Era grande, e a giudicare da quello che aveva visto in passato, Gendibal calcolava che avesse un equipaggio di circa sei persone. Le sue armi sarebbero sicuramente bastate a respingere e, se necessario, a distruggere una flotta di tutte le navi di cui la Seconda Fondazione disponeva, se queste avessero potuto contare solo sulla loro potenza materiale.

Dato che invece Gendibal poteva contare sulle sue armi mentaliche, il fatto che la nave da guerra stesse avanzando permetteva di trarre certe conclusioni e non altre.

Anche se fosse stata dotata di congegni mentalici, era improbabile che si azzardasse a sfidare così apertamente la Seconda Fondazione. Era più probabile che si stesse dirigendo verso Gendibal senza sapere chi avesse davanti in realtà. Forse il suo comandante ignorava che Compor fosse stato sostituito, oppure, se anche non lo ignorava, non sapeva che fosse stato rimpiazzato da un membro della Seconda Fondazione. Magari non sapeva nemmeno che cosa fosse un membro della Seconda Fondazione.

Però (Gendibal non voleva escludere alcuna ipotesi) poteva anche essere che la nave, disponendo di congegni mentalici, li sopravvalutasse tanto da decidere di sfidare la Seconda Fondazione. In questo caso il comandante sarebbe stato un megalomane. Tuttavia c’era anche un’ultima eventualità: che le armi mentaliche della Prima Fondazione fossero assai più potenti di quanto Gendibal potesse prevedere. In fondo, non era detto che fosse infallibile nelle sue previsioni...

L’Oratore saggiò la mente di Novi. Novi, diversamente da lui, non era in grado di percepire coscientemente i campi mentalici, eppure captava campi debolissimi che lui non riusciva ad individuare. Era un fenomeno strano, che avrebbe dovuto essere studiato in futuro e che forse avrebbe prodotto a lungo andare frutti così importanti, che al loro confronto il problema che stava per essere fronteggiato adesso sarebbe apparso insignificante.

Gendibal aveva riflettuto sulla cosa la prima volta che aveva notato l’insolita linearità e simmetria della mente di Novi, e si era sentito orgoglioso delle proprie capacita intuitive. Gli Oratori erano sempre andati fieri di queste loro facoltà, ma era un orgoglio veramente giustificato? Non poteva essere che l’intuizione servisse solo a coprire l’incapacità di misurare i campi con metodi fisici e di capire quindi quali forze fossero coinvolte nei fenomeni mentalici? “Intuizione” era una parola mistica con cui sì poteva mascherare facilmente l’ignoranza. Quanta di questa ignoranza poteva nascere dall’abitudine a sottovalutare la fisica, a ritenerla assai meno rilevante della mentalica?

E non era, questa, un abitudine assurda? Quando fosse diventato Primo Oratore, pensò, la situazione sarebbe cambiata. Avrebbe cercato di colmare l’abisso tecnologico fra le due Fondazioni. Non si poteva permettere che la Seconda Fondazione rischiasse di soccombere ogni qualvolta il monopolio mentalico mostrasse anche solo un minimo cedimento. Forse anzi quel cedimento era già una realtà. Forse la Prima Fondazione possedeva armi segrete, oppure aveva stretto un’alleanza con gli Anti-Mulo. (Quest’idea, che gli era venuta in mente ora per la prima volta, lo fece rabbrividire.)

Mentre pensava a tutte queste cose con la velocità cui gli Oratori erano abituati, continuò a sorvegliare il brillio della mente di Novi, che denunciava la presenza attorno a loro di un lieve campo mentalico. Il brillio non aumentò con l’avvicinarsi della nave da guerra.

Questo non dimostrava che la nave della Fondazione fosse priva di congegni mentalici. Era ben noto che il campo mentalico non obbedisse alla legge dell’inverso del quadrato della distanza, ovvero non aumentava d’intensità proporzionalmente al quadrato della diminuzione di distanza fra emittente e ricevente. In questo differiva dal campo elettromagnetico e dal campo gravitazionale. Però, anche se variavano meno, con la distanza, dei vari campi fisici, i campi mentalici non erano del tutto insensibili ad essa. La mente di Novi avrebbe dovuto rivelare un certo aumento di brillio all’avvicinarsi della nave.

(Come mai in ben cinque secoli, dall’epoca di Hari Seldon in poi, nessun membro della Seconda Fondazione aveva mai pensato di calcolare il rapporto matematico fra intensità mentalica e distanza? Non si poteva assolutamente continuare ad ignorare così la fisica, si disse Gendibal.)

Se la nave da guerra fosse stata provvista di congegni mentalici e fosse stata consapevole di trovarsi di fronte un membro della Seconda Fondazione non avrebbe forse aumentato al massimo l’intensità del suo campo, prima di avanzare? Ed in quel caso non avrebbe forse la mente di Novi registrato sicuramente un aumento di brillio?

Eppure non era successo.

Rincuorato, Gendibal escluse la possibilità che la nave fosse fornita di congegni mentalici. Stava avanzando verso di lui perché non sapeva di avere a che fare con un membro della Seconda Fondazione, e quindi la sua pericolosità andava ridimensionata.

Il campo mentalico, ovviamente, era una realtà indiscutibile, ma doveva per forza essere generato dal pianeta Gaia. Un tal fatto non era certo rassicurante, ma il problema immediato da risolvere era costituito dalla nave. Eliminato quello, Gendibal avrebbe potuto rivolgere la sua attenzione al mondo degli Anti-Muli, Rimase in attesa. Quelli della Prima Fondazione alla fine si sarebbero decisi ad agire, oppure gli si sarebbero avvicinati a tal punto che lui non avrebbe più dubitato di dover passare alle vie di fatto.

La nave continuò a procedere (ora velocemente). Gendibal calcolò che la forza del suo intervento sarebbe stata sufficiente. Nessuno avrebbe provato dolore, e neanche particolare disagio: le persone a bordo avrebbero semplicemente constatato di avere i muscoli della schiena e degli arti che rispondevano con grande lentezza ai comandi del cervello.

Restrinse il campo mentalico controllato dalla sua mente, intensificandolo. Esso coprì la distanza che separava le due navi alla velocità della luce. (Le navi erano abbastanza vicine da rendere inutile il contatto iperspaziale, che comportava inevitabilmente una mancanza di precisione.)

Ma Gendibal, attonito, trovò inaspettata resistenza. La nave della Fondazione era dotata di un efficace schermo mentalico il cui spessore aumentava proporzionalmente all’aumento di intensità del campo mentalico prodotto da lui. Dopotutto quindi, non è che ignorasse chi avesse davanti. E aveva un’arma imprevista, anche se difensiva.

5

— Ha tentato di attaccarci, Liono. Guardate! — disse la Branno.

L’ago dello psicometro si mosse tremolando e salì con un guizzo irregolare.

C’erano voluti centoventi anni di ricerca per mettere a punto lo schermo mentalico. Era stato il progetto scientifico più segreto della storia, fatta eccezione forse per quello di Hari Seldon, che aveva condotto la sua analisi psicostorica per conto suo, senza che nessuno sapesse nulla. Cinque generazioni di esseri umani si erano arrabattate a perfezionare un congegno la cui plausibilità tecnica non era suffragata da alcuna teoria.

Eppure, nessun progresso sarebbe stato possibile senza l’invenzione dello psicometro, che fungeva da guida, indicando la direzione e il grado di avvicinamento a ogni stadio. Nessuno sapeva spiegare come funzionasse, però i risultati pratici dimostravano che misurasse l’incommensurabile e descrivesse in cifre l’indescrivibile. La Branno era convinta (una convinzione che alcuni scienziati condividevano) che se mai la Prima Fondazione fosse riuscita a spiegare il funzionamento dello psicometro, avrebbe raggiunto le capacità di controllo mentale della Seconda.

Ma quello era un discorso che riguardava il futuro. Per il momento lo schermo doveva bastare, tanto più che la superiorità delle armi fisiche era schiacciante.

La Branno spedì il suo messaggio, che arrivò al destinatario espresso con una voce maschile alla quale era stata tolta qualsiasi sfumatura emotiva e che suonava quindi fredda e minacciosa.

— Alla “Bright Star” ed ai suoi occupanti. Mediante un atto di pirateria vi siete impadroniti con la forza di una nave della Marina della Federazione della Fondazione. Vi ordiniamo di arrendervi e di consegnare la nave immediatamente, se non volete fronteggiare un attacco.

La voce che rispose era pacata. — Sindaco Branno di Terminus, so che siete su quella nave. La “Bright Star” non è stata presa con un atto di pirateria. Sono stato invitato espressamente a bordo dal suo legittimo comandante, Munn Li Compor di Terminus. Chiedo un periodo di tregua perché si possa parlare fra noi di questioni di grande importanza.

Kodell sussurrò alla Branno: — Fate parlare me, sindaco.

Lei alzò una mano e con sprezzo disse: — La responsabilità è mia, Liono.

Regolando il trasmettitore disse, con un tono poco meno freddo e meccanico di quello della voce artificiale che aveva parlato in precedenza: — Uomo della Seconda Fondazione, cercate di capire in che posizione vi troviate: se non vi arrendete, possiamo disintegrare la vostra nave nel breve lasso di tempo che impiega la luce a viaggiare dalla nostra nave alla vostra. E siamo pronti a farlo, anche perché voi non siete in possesso di informazioni preziose per le quali si riveli necessario tenervi in vita. Sappiamo che siete di Trantor ed una volta che ci saremo occupati di voi, ci occuperemo anche del vostro pianeta. Siamo disposti a concedervi di parlare, ma poiché non potete avere cose importanti da dirci, non vi ascolteremo a lungo.

— In tal caso — disse Gendibal, — parlerò in fretta, arrivando subito al punto. Il vostro schermo non è perfetto, né potrebbe esserlo. L’avete sopravvalutato e avete sottovalutato me. Sono in grado di manipolare e controllare la vostra mente, magari non con la stessa facilità con cui lo farei se non ci fosse lo schermo, ma sempre efficacemente. Nel momento stesso in cui tenterete di usare una qualsiasi arma, io vi colpirò, e voglio che comprendiate bene una cosa: senza lo schermo posso manipolarvi la mente senza danneggiarla in alcun modo, ma in presenza dello schermo sono costretto ad aprirmi la strada con la forza, e la manipolazione non potrà più avvenire come nell’altro caso. La vostra mente può venire frantumata proprio come lo schermo, e l’effetto, se ciò avviene, è irreversibile. In altre parole, voi non potete fermarmi mentre io posso fermarvi riducendovi ad una condizione peggiore della morte. Diverreste delle carcasse prive di cervello: siete disposti a correre un simile rischio?

— Sapete benissimo che state bluffando — disse la Branno.

— Allora volete correre il rischio di subire le conseguenze che vi ho appena descritto? — disse Gendibal con tono freddo ed indifferente.

Kodell si chinò sopra la spalla della Branno e sussurrò: — Per amor di Seldon, sindaco...

Gendibal disse (non proprio in quello stesso esatto momento, dato che la luce e tutto ciò che viaggiava alla sua velocità impiegavano un secondo per passare da una nave all’altra): — Ho seguito i vostri pensieri, Kodell, non ha senso che sussurriate.

Ho seguito anche i pensieri del sindaco. È indecisa, quindi non è ancora il caso che vi facciate prendere dal panico. Ed il fatto stesso che conosca i vostri pensieri dimostra ampiamente che lo schermo sia difettoso.

— Lo si può rinforzare — disse il sindaco, con tono di sfida.

— Lo stesso vale per la mia energia mentalica — disse Gendibal.

— Ma io me ne sto seduta qui tranquilla e consumo solo energia fisica per mantenere in funzione lo schermo; e di energia ne ho abbastanza da tenerlo attivo per periodi di tempo lunghissimi. Voi invece per penetrare oltre esso siete costretto a spremervi la mente, e vi stancherete.

— Non sono stanco — disse Gendibal. — Al momento né voi, né Kodell siete in grado di dare ordini ai membri del vostro equipaggio o ad altri equipaggi di altre navi. Questo riesco ad impedirvelo senza farvi alcun male, ma non tentate trucchi particolari per sfuggire a tale controllo, perché se ci proverete, sarò costretto ad intensificare la mia azione mentalica, con le conseguenze che vi ho illustrato poco fa.

— Aspetterò — disse la Branno, posando le mani in grembo con l’aria di una decisa a pazientare. — Prima o poi vi stancherete e quando questo succederà, non darò l’ordine di eliminarvi, perché ormai sarete innocuo: darò invece al grosso della Flotta della Fondazione l’ordine di attaccare Trantor. Se volete salvare il vostro pianeta, arrendetevi. Contrariamente a quanto accadde all’epoca del Grande Saccheggio, questa volta la vostra organizzazione non sopravviverà alla nostra azione distruttiva.

— Non capite, sindaco, che se mi dovessi stancare, il che non succederà, potrei tranquillamente salvare il mio pianeta eliminandovi prima che le mie energie se ne fossero completamente andate?

— Non lo farete. Il vostro compito fondamentale è preservare il Piano Seldon.

Eliminare il sindaco di Terminus significherebbe inferire un duro colpo al prestigio e all’autorità della Prima Fondazione, provocarne il regresso ed incoraggiare i suoi numerosi nemici; sarebbe un tale disastro per il Piano, questo, da essere ai vostri occhi quasi pari alla prospettiva di vedere Trantor distrutto. Tanto vale che vi arrendiate.

— Sareste pronta a scommettere che non vi eliminerò?

La Branno gonfiò il petto in un respiro profondo ed espirò lentamente. Poi disse, decisa: — Sì.

Kodell, che era seduto al suo fianco, impallidì.

6

Gendibal fissò l’immagine tridimensionale della Branno, nello spazio davanti alla parete. Era un po’ tremolante e nebbiosa per via dell’interferenza provocata dal campo. L’uomo vicino al sindaco non si distingueva quasi, tanto era sfocato, ma Gendibal non poteva sprecare le sue energie per lui: doveva concentrarsi sulla Branno.

Lei non vedeva Gendibal su alcuno schermo; non aveva ad esempio modo di sapere che anche lui avesse un compagno, o meglio una compagna di viaggio; non poteva studiare la sua espressione, i suoi gesti: sotto quell’aspetto si trovava in svantaggio.

Tutto ciò che l’Oratore aveva detto era vero: con un dispendio enorme di energia mentalica era effettivamente in grado di penetrare oltre il campo e di neutralizzare la Branno, col rischio però di distruggerle irreparabilmente la mente. Ma anche quello che aveva detto lei era vero: eliminando il sindaco di Terminus, Gendibal avrebbe danneggiato il Piano almeno quanto l’aveva danneggiato il Mulo. Anzi, le conseguenze sarebbero potute essere ancora più gravi di quelle provocate dal Mulo, perché ormai si era avanti nel gioco e c’era meno tempo per riparare ai passi falsi.

A peggiorare la situazione c’era Gaia, che, con quel suo campo mentalico così debole da essere a stento individuabile, rappresentava ancora un’incognita. Per un attimo Gendibal toccò la mente di Novi, sincerandosi che il flusso fosse sempre presente: era lì, immutato, con la stessa debole intensità di prima.

Novi non poteva aver sentito in alcun modo il lieve tocco di Gendibal, però si voltò verso di lui e sussurrò, piena di soggezione: — Maestro, c’è una nebbiolina, lì davanti alla parete. È con essa che parlate?

Doveva avere avvertito la presenza delle immagini nebbiose attraverso il sottile collegamento che esisteva fra le loro due menti. Gendibal si portò l’indice alle labbra.

— Non abbiate paura, Novi. Chiudete gli occhi e state tranquilla.

— Sindaco Branno — disse poi, alzando la voce, — è giusto che scommettiate che non vi eliminerò, perché in ogni caso non intendo farlo subito. Penso infatti che se vi spiegherò una certa cosa, verrete a miti consigli e non ci sarà bisogno di azioni distruttive né dall’una né dall’altra parte. Poniamo che mi arrenda e vi lasci vincere: che cosa succederebbe in questo caso? Voi ed i vostri successori vi fareste prendere dall’ottimismo e, sentendovi sicuri dello schermo mentalico, estendereste il vostro potere su tutta la Galassia troppo in fretta. Agendo così ritardereste in pratica l’avvento del Secondo Impero, perché distruggereste il Piano Seldon.

— Non mi meraviglia che non vogliate eliminarmi subito — disse la Branno, — e penso che già ora vi stiate rendendo conto di non potermi eliminare neanche in seguito.

— Non illudetevi con queste assurde idee da megalomane. La maggior parte della Galassia è tuttora al di fuori della sfera d’influenza della Fondazione, e molti pianeti sono anche dichiaratamente anti-Fondazione. Ci sono addirittura settori della Federazione che rimpiangono i tempi in cui erano indipendenti. Se, ringalluzziti dalla mia resa, vi butterete troppo precipitosamente in imprese di conquista, toglierete al resto della Galassia quello che è sempre stato il suo tallone d’Achille: l’indecisione nata dalla discordia. Finalmente la paura costringerà i vostri nemici ad unirsi, ed anche all’interno della Fondazione il vostro atteggiamento incoraggerà chi prima vi era amico a ribellarsi.

— Mi state minacciando con una clava di paglia — disse la Branno. — Saremo in grado di sconfiggere facilmente i nostri nemici anche se tutti i mondi della Galassia non appartenenti alla Fondazione si coalizzassero contro di noi e anche se ad aiutarli intervenisse una ribellione in metà dei mondi che appartengono alla Federazione. Vi assicuro che non avremmo problemi.

— Non subito forse, sindaco. Non commettete però l’errore di guardare solo ai risultati immediati. Potete anche fondare il Secondo Impero proclamandone semplicemente l’esistenza, ma non riuscirete mai a mantenere indisturbati il potere: dovrete riconquistarlo ogni dieci anni.

— Allora lo faremo, finché i mondi non si stancheranno, proprio come voi.

— Non si stancheranno, così come non mi stancherò io. D’altra parte, questo processo di continua riconquista non durerebbe nemmeno molto, perché un altro pericolo minaccerebbe lo Pseudo-Impero da voi proclamato. Dato che questo si potrebbe mantenere in piedi solo attraverso una sorveglianza militare costante, i generali della Fondazione diventerebbero per la prima volta nella storia più importanti e più potenti delle autorità civili. Lo Pseudo-Impero si frazionerebbe in tante zone militari all’interno delle quali i singoli comandanti deterrebbero il potere assoluto. Si avrebbe così una reazione a raffica e si verificherebbe molto probabilmente un ritorno alla barbarie che potrebbe durare più dei trentamila anni di cui parlava Seldon prima di perfezionare il suo Piano.

— Che minacce puerili! Anche se la matematica del Piano Seldon prevedesse reazioni di questo tipo, si tratterebbe sempre di previsioni basate sul probabile, non sull’inevitabile.

— Sindaco Branno — disse Gendibal, serio, — lasciate stare il Piano Seldon. Non comprendete la sua matematica e non siete in grado di afferrarne concretamente la struttura. Ma forse non avete bisogno di capirlo, perché siete un politico esperto ed anche di successo, a giudicare dalla carica che rivestite. Per di più, almeno considerando i rischi che state correndo, siete coraggiosa. Vi basta quindi usare il vostro acume. Riflettete sulla storia politica e militare dell’umanità e consideratela alla luce di ciò che conoscete della natura umana, di ciò che sapete degli uomini, dei politici, dei militari e del loro modo di agire e reagire. Non potrete che concludere che io abbia ragione.

— Anche se aveste ragione, uomo della Seconda Fondazione — disse la Branno, — non cambierebbe niente. Noi intendiamo correre questo rischio. Con le persone giuste al comando e col progredire continuo della tecnologia sia nel campo della fisica sia in quello della mentalica, abbiamo ottime probabilità di vittoria. Hari Seldon non intuì che sarebbero stati fatti enormi passi avanti nell’ambito della tecnologia. Come avrebbe potuto, del resto? Nel suo Piano non previde a esempio che la Prima Fondazione avrebbe messo a punto uno schermo mentalico. In ogni caso, che cosa ce ne facciamo del Piano Seldon? Correremo i nostri rischi e fonderemo l’Impero infischiandocene di esso. Dopotutto, è meglio incontrare un insuccesso agendo al di fuori del Piano che avere successo seguendo le sue direttive. Non vogliamo un Impero in cui svolgere il ruolo di burattini manovrati in segreto dai membri della Seconda Fondazione.

— Dite così solo perché non capite quanto sarebbe grave un vostro insuccesso per la popolazione della Galassia.

— Può darsi — disse la Branno, impassibile. — State cominciando a stancarvi, uomo della Seconda Fondazione?

— No, per niente. Permettetemi di proporvi un’alternativa che non avete ancora preso in considerazione; un’alternativa che non costringerebbe né voi ad arrendervi a me, né me ad arrendermi a voi. Ci troviamo nelle vicinanze di un pianeta chiamato Gaia.

— Lo so.

— Sapete anche che si tratti del probabile luogo di nascita del Mulo?

— Vorrei che questa affermazione fosse suffragata da prove, o pretendete che vi creda sulla parola?

— Il pianeta è circondato da un campo mentalico. È un mondo abitato da tante persone simili al Mulo. Se procederete nel vostro intento e distruggerete la Seconda Fondazione, vi renderete schiavi di Gaia. Che male vi ha mai fatto la Seconda Fondazione? Male vero, intendo, non immaginario o ipotetico? Chiedetevi invece che male vi abbia fatto il Mulo, considerando il fatto che fosse da solo.

— Che Gaia sia un pianeta di Muli, ripeto, me lo dicono solo le vostre parole.

— Finché rimaniamo qui non posso fornirvi prove. Propongo quindi una tregua, durante la quale, se non vi fidate, potete continuare a tenere lo schermo attivo. Vi domando però di collaborare minimamente con me; avviciniamoci insieme al pianeta e quando vi sarete resa conto che sia pericoloso, io neutralizzerò il suo campo mentalico e voi ordinerete alle vostre navi di prendere possesso di esso.

— E dopo?

— Dopo, se non altro, avremo una lotta tra la Prima Fondazione e la Seconda, senza interferenze dall’esterno. Il confronto sarà senza ombre, mentre adesso sarebbe rischioso combattere, visto che entrambe le Fondazioni sono sotto il tiro di un nemico comune.

— Perché non l’avete detto prima, questo?

— Speravo di convincervi che noi non siamo vostri nemici, e di ottenere la vostra collaborazione. Poiché, a quanto pare, non sono riuscito nel mio intento, tanto vale che vi spieghi perché in questo momento dobbiamo essere uniti comunque.

La Branno rimase zitta un attimo. Inclinò la testa con aria pensierosa, poi disse: — State cercando di incantarmi con le vostre storie. Come potreste mai, da solo, neutralizzare il campo mentalico di un intero pianeta di Muli? L’idea è così ridicola che non posso credere che siate in buona fede.

— Non sono solo — disse Gendibal. — Dietro di me c’è tutta la forza della Seconda Fondazione. Sarebbe questa forza a occuparsi di Gaia usando me come canale. Tra l’altro potrebbe tranquillamente spazzar via il vostro schermo come se si trattasse di una nebbiolina sottile.

— Se le cose stanno così, a che vi serve il mio aiuto?

— Mi serve innanzitutto perché neutralizzare il campo non basta. La Seconda Fondazione non può dedicarsi per l’eternità a un tale compito, proprio come io non posso dedicarmi per il resto della vita a questa lotta verbale con voi: ci occorre l’aiuto materiale delle vostre navi. In secondo luogo, se non sono riuscito con argomentazioni ragionevoli a convincervi di come le due Fondazioni debbano considerarsi alleate e non nemiche, forse un’impresa delicatissima condotta insieme potrebbe riuscirci. I fatti possono conseguire un successo là dove le parole hanno fallito.

La Branno rimase un attimo in silenzio, poi disse: — Sono disposta ad avvicinarmi di più al pianeta, assieme a voi. Di là da questo non posso promettervi niente.

— Mi basta — disse Gendibal, chinandosi sopra il computer.

Novi disse: — No, Maestro, fino a questo punto non aveva importanza, ma adesso per favore non fate altre mosse. Dobbiamo aspettare il consigliere Trevize, di Terminus.

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