Per tornare al Castello, Ciliegino e Cipollino presero il treno. Già, di questo treno non vi ho ancora detto niente. Un treno straordinario. Aveva una sola carrozza, e tutti i posti erano vicino al finestrino, così nessuno doveva litigare per ammirare il panorama. Per i bambini, figurarsi, era una manna.
Ma quel trenino era una manna anche per gli uomini grassi. Infatti, nelle pareti della carrozza avevano fatto delle nicchie apposta per loro. I grassi salivano e vi accomodavano la pancia, così viaggiavano comodi.
Proprio mentre stavano per montare in treno, Ciliegino e Cipollino sentirono la voce di Fagiolone che diceva:
— Coraggio, signor Barone. Ancora una spinta e siamo a posto. Il Barone Melarancia stava salendo in treno e naturalmente, data la sua pancia, faceva una tremenda fatica. Fagiolone, da solo, non ce la faceva a spingerlo sul predellino. Chiamò due facchini per farsi aiutare, ma nemmeno in tre riuscirono a farlo salire di un gradino. Finalmente accorse il capostazione e si mise a spingere anche lui. Spingeva senza togliersi dalle labbra il fischietto, e per la fatica gli scappò un sonorissimo fischio.
Il macchinista credette che fosse il segnale di partenza e abbassò la manovella. Il treno si mosse.
— Ferma! Ferma! — gridava il capostazione.
— Aiuto! Aiuto! — gridava il Barone Melarancia.
Ma per lui fu una fortuna, perché il treno, partendo, gli diede una scossa che lo spinse in carrozza. Il Barone tirò un respiro di sollievo, accomodò la pancia nell'apposita nicchia e aprì subito il pacco delle provviste dove c'era un intero montone arrostito.
Tutti quegli incidenti aiutarono Ciliegino e Cipollino a salire inosservati.
Durante il viaggio il Barone fu troppo occupato a mangiare per vederli. Fagiolone, dal canto suo, li scorse, ma Ciliegino si pose un dito sulle labbra per raccomandargli il silenzio, e il cenciaiolo rispose con un cenno che era d'accordo.
— Dunque, vi stavo parlando del treno, quando è arrivato il Barone.
Un'altra specialità di questo treno era il macchinista.
Era molto bravo, come macchinista, questo sì. Però era anche un po' poeta. Se passava vicino ad un prato fiorito, fermava subito la macchina e scendeva a cogliere un mazzolino di margherite o di violette, secondo la stagione.
La gente protestava:
— Partiamo, sì o no?
— Questa è una truffa. Dateci indietro i soldi del biglietto!
— La fate andare con i fiori invece che con il carbone la vostra locomotiva? — domandava qualcuno che aveva voglia di scherzare.
Poi il controllore. Era una persona gentilissima. Quando scendeva la nebbia la gente si lamentava perché non si vedeva il paesaggio:
— Che ferrovia è questa? — protestavano gli amanti del paesaggio. — Si guarda dai finestrini e non si vede assolutamente nulla. E' come viaggiare in un baule.
— Ci avete preso per un treno merci?
Allora il controllore, gentile e paziente, si metteva dietro le spalle dei viaggiatori e indicava loro il paesaggio con il dito. Lo sapeva tutto a memoria, non aveva bisogno di vederlo per descriverlo.
— Qui a destra, — diceva, — c'è un passaggio a livello, con una casellante bionda, che saluta con la bandiera rossa. E' una bella ragazza, vestita di giallo e di turchino.
La gente guardava, non vedeva che nebbia ma sorrideva ugualmente, soddisfatta.
— Qui proprio davanti a noi, — continuava il controllore, — c'è un laghetto azzurro, con un'isola verde e una barca che fa il giro dell'isola. La barca ha la vela rossa, quadrata e in cima alla vela sventola una bandiera turchina con tante stelle gialle. Le onde sono tranquille, i pesci vengono alla superficie e gli uccelli li beccano.
La gente guardava e non vedeva che grigie ondate di nebbia, ma sorrideva ugualmente soddisfatta.
Il Barone Melarancia, appunto, prendeva il treno per sentirsi raccontare il paesaggio a quel modo. Era troppo pigro e troppo occupato a mangiare per guardare con i suoi occhi dal finestrino. Gli piaceva invece mangiare il montone arrostito, assaporandone il sugo con gli occhi chiusi, mentre la voce mite e gentile del controllore spiegava:
— Qui a sinistra c'è un gregge di pecore. Sono bianche bianche, c'è solo un agnellino nero che saltella allegramente e bruca solo le margherite: l'erba verde non gli piace ancora. Il cane ha un campanello, sentite?
Difatti si sentiva il campanello suonare: dlin… dlin…
Così la gente aveva la prova che il controllore diceva la verità.
Ciliegino e Cipollino ascoltarono tranquilli il racconto del controllore, dimenticando per un poco i loro pensieri.
Chi non dimentica le sue preoccupazioni, quando il treno lo culla dolcemente e fuori del finestrino corrono gli alberi, le colline, le case ed anche quando non si vedono correre, perché c'è la nebbia, però si sa che sono là, e che nessuno le può rubare?
Lasciamo dunque i nostri due amici comodamente sprofondati nelle poltroncine del trenino, quasi sotto il naso del Barone Melarancia, ubriacato dal profumo dell'arrosto di montone e andiamo invece a dare un'occhiata altrove.
Difatti, proprio nel momento in cui il treno attraversava la foresta, Mister Carotino e Segugio venivano liberati da un boscaiolo, dopo essere rimasti quasi tre giorni in cima alla quercia.
I due investigatori si sgranchirono le gambe e ripartirono subito di corsa per continuare le loro ricerche.
II boscaiolo, dopo essere rimasto ad osservarli stupito, si preparava ad abbattere la quercia, quando vide passare un intero plotone di Limoncini, comandati da un Limone di secondo grado.
— Attenti! — comandò il Limone di secondo grado. Il boscaiolo lasciò cadere la scure e si mise sull'attenti.
— Riposo! — ordinò ancora il Limone di secondo grado. Il boscaiolo assunse la posizione di riposo.
— Avete visto passare di qui due persone, ossia un cane e il suo padrone?
Dovete sapere che al Castello erano molto impensieriti per la scomparsa di Carotino e di Segugio, e avevano deciso di inviare un plotone di guardie alla loro ricerca. Il boscaiolo, come tutta la povera gente, non si fidava molto della polizia. I due tipi che aveva trovato legati alla quercia e che, appena liberati, si erano gettati a terra ad ascoltare se arrivavano gli indiani, gli erano sembrati due pazzi. Ma per nulla al mondo avrebbe dato un'informazione ai poliziotti del Principe.
— Se i Limoncini li cercano per arrestarli, — pensò fra sé, — devono essere due brave persone.
— Sono andati di là, — disse poi ad alta voce, indicando una direzione sbagliata.
— Benissimo, — esclamò il Limone di secondo grado, — li raggiungeremo subito. Attenti!
Il boscaiolo si rimise sull'attenti, fece il saluto e li guardò filar via a tutta velocità. Poi si asciugò il sudore e ricominciò a tagliare la sua quercia.
Era passato forse un quarto d'ora quando sentì un gran rumore di passi e vide comparire Mastro Uvetta, Zucchina, Mirtillo, Pisello, Pero Pera e la sora Zucca, e tutti insieme gli domandarono se avesse visto passare Cipollino.
— Io non lo conosco, — rispose il boscaiolo stupito, — ma non ho visto passare nessun ragazzo.
— Se lo vedete avvertitelo che lo stiamo cercando da tre giorni, — disse Mastro Uvetta, che aveva tutta l'aria di essere il comandante della spedizione.
E la spedizione ripartì a tutta velocità.
Non era passata un'ora, e la quercia era quasi abbattuta, quando passarono di lì Cipollino e Ciliegino. Il Visconte aveva deciso di non tornare a casa, per quel giorno, e di aiutare il suo amico a rintracciare gli scomparsi. Il boscaiolo narrò l'arrivo e la partenza della spedizione, così Cipollino potè capire che anche i suoi amici lo stavano cercando.
Prima di sera il boscaiolo vide passare molt'altra gente.
Innanzitutto Ravanella e gli altri ragazzi, anche loro in cerca di Cipollino; infine nientemeno che Pomodoro e don Prezzemolo, che andavano in cerca di Ciliegino, persuasi che fosse stato rapito dagli evasi.
Ma per il povero boscaiolo le sorprese della giornata non finirono lì. Al tramonto, infatti, un gran concerto di campanelli gli fece alzare la testa. Sopraggiungeva il Principe Limone in persona, il quale, preoccupato perché le sue guardie non tornavano, si era messo in campagna per rintracciarle. Le Contesse del Ciliegio lo seguivano in calesse: erano contente e allegre come se andassero a caccia.
Il boscaiolo tentò di nascondersi: difatti sapeva che i poveri non devono mai farsi vedere dal Principe, per non guastargli la digestione.
Ma un Limone di primo grado, che sedeva alla destra del Principe sulla carrozza, lo vide e lo chiamò:
— Vieni qua, pezzente!
— Comandi, Eccellenza, — balbettò il boscaiolo.
— Hai visto passare un plotone di guardie?
Il boscaiolo, come sapete, aveva visto ben altro che un plotone eli guardie. Ma quando si parla con il Principe Limone, è sempre meglio non sapere niente.
E così rispose che non aveva visto nessuno. Se avesse detto:
— Sì, le ho viste, — gli avrebbero fatto delle altre domande, e magari lo avrebbero punito e messo in prigione.
Siccome non sapeva niente, non gli poterono far niente. Il corteo del Principe si allontanò con un fragoroso scampanio.
La sera scendeva rapidamente, anzi, nell'interesse della nostra storia facciamola scendere di colpo, così abbiamo subito il buio. Al buio le storie sono molto più divertenti. E non solo le storie, ma anche gli inseguimenti.
In questo momento, infatti, mentre il buio scende sulla foresta, la nostra storia è diventata una corsa a inseguimento, nella quale i campioni ciclisti potrebbero fare una bellissima figura: peccato che non ci possano essere anche loro!
Invece abbiamo: Carotino che investiga; le guardie che cercano Carotino; il Principe che cerca le sue guardie; Mastro Uvetta che guida la spedizione in cerca di Cipollino; Cipollino e Ciliegino che vanno in cerca di Mastro Uvetta; Ravanella che va in cerca di Cipollino; Pomodoro e don Prezzemolo che vanno in cerca di Ciliegino.
E sottoterra, per chi non lo avesse ancora immaginato da solo, la Talpa che va in cerca di tutti. La Talpa, il giorno prima, aveva fatto una capatina alla grotta nella quale si erano rifugiati i prigionieri e vi aveva trovato un biglietto che diceva: "Cipollino scomparso. Andiamo alla sua ricerca. Se avete notizie, comunicatecele."
Subito dopo aver letto il biglietto, la Talpa si era messa febbrilmente a scavare in tutte le direzioni. Sopra il suo capo, sentiva passare continuamente della gente: isolata, a piccoli gruppi, a gruppi numerosi. E passavano a una tale velocità, che quando la Talpa risaliva alla superficie per osservarli, erano già scomparsi.
Mancavano solo i lupi.
I lupi non si fecero vedere: credevano che ci fosse una battuta di caccia grossa e se ne stettero rintanati nei loro rifugi.