O che brutta malattia essere senza compagnia!

Ciliegino continuò a piangere per tutta la sera. Il duchino Mandarino lo scherniva crudelmente:

— Ti consumerai tutto in lagrime, — egli diceva, — non resterà neanche il nocciolo.

Il barone Melarancia, come certi grassi molto grassi, aveva qualche cosa di dolce in fondo al cuore. Per consolare Ciliegino gli offrì addirittura un pezzetto della sua torta. Mica tanto, però: un cucchiaino, ecco. Ma conoscendo il vizio del barone, quella generosità non era da disprezzare.

Le Contesse invece erano inviperite:

— Nostro nipote doveva scegliere di suonare il piffero, — osservava Donna Prima.

— Sarebbe riuscito benissimo anche senza il piffero a fare un ottimo concerto, — rincarava Donna Seconda.

— Domani, — minacciava don Prezzemolo, — domani ti farò scrivere tremila volte: «Non devo piangere a tavola perché disturbo la digestione ai miei commensali».

Quando però fu chiaro che Ciliegino non avrebbe smesso di piangere, lo mandarono a letto.

Fragoletta fece del suo meglio per consolare il povero Visconte, ma non c'era verso. La ragazza si commosse tanto che cominciò a piangere pure lei.

— Smetti subito di piangere, — ordinò Donna Prima, — altrimenti ti licenzio.

Per farla breve, Ciliegino si ammalò gravemente. Aveva un febbrone che faceva tremare i vetri.

Nel delirio chiamava continuamente:

— Cipollino! Cipollino!

Pomodoro fece osservare che certamente il ragazzo era stato spaventato dal pericoloso delinquente che circolava nella zona.

— Domani lo farò arrestare, — disse al malato, per confortarlo.

— No, no, per favore! Arrestate me, gettatemi in fondo alla prigione, ma non arrestate Cipollino. Cipollino è buono. Cipollino è il mio unico amico.

Don Prezzemolo si soffiò il naso:

— Il ragazzo sta delirando. Il caso è molto grave. Mandarono a chiamare i medici più famosi.

Venne prima il dottor Fungosecco e ordinò un decotto di funghi vecchi.

Ma il decotto non fece nessun effetto. Anzi, il dottor Nespolino fece osservare che i funghi erano molto pericolosi per quel genere di malattia, e che sarebbe stato meglio un impacco di sugo di nespole del Giappone.

Col sugo delle nespole del Giappone imbrattarono le lenzuola, ma Ciliegino non dava segni di miglioramento.

— Secondo me, — sentenziò il dottor Carciofo, — bisognerebbe fare una medicazione a base di carciofi crudi.

— Con le spine? — domandò Fragoletta spaventata.

— Per forza, altrimenti non fa effetto.

Medicarono Ciliegino con i carciofi crudi, appena colti: il povero ragazzo saltava per le punture come se lo scorticassero.

— Vedete? — disse lietamente il dottor Carciofo, — il signor Visconte manifesta una maggiore vivacità. Continuate nella cura.

— Tutto sbagliato, — esclamò il professor Delle Lattughe, inorridendo. — Chi è quel somaro che ha ordinato una cura di carciofi? Provate piuttosto con la lattuga.

Fragoletta mandò a chiamare in segreto il dottore dei poveri, ossia il dottor Marrone, che abitava nei boschi, sotto un castagno. Lo chiamavano il dottore dei poveri perché ordinava pochissime medicine, e quelle poche le pagava lui di tasca sua.

Quando il dottor Marrone si presentò alla porta del Castello, i servitori volevano mandarlo via perché era arrivato senza carrozza.

— Un dottore senza carrozza, — essi dicevano, — è un dottore senza medicina.

Ma proprio in quel momento sbucò fuori don Prezzemolo, che come sapete si trovava sempre dappertutto e, tanto per dire il contrario degli altri, ordinò che lo lasciassero passare.

Il dottor Marrone visitò il malato di sotto e di sopra, gli guardò la lingua e gli occhi, gli tastò il polso, gli fece qualche domanda a bassa voce, poi si lavò le mani e disse soltanto:

— O che brutta malattia esser senza compagnia.

— Che cosa volete insinuare? — domandò bruscamente il Cavalier Pomodoro.

— Io non insinuo nulla, io dico la verità, se la volete sentire. Questo ragazzo non ha nulla. Ha un po' di malinconia.

— Che malattia è? — domandò Donna Prima che non l'aveva mai avuta. Donna Prima, infatti, aveva un debole per le malattie: quando ne sentiva nominare una nuova se la faceva subito venire per provarla. Del resto era tanto ricca che la spesa delle medicine non le importava nulla.

— Non è una malattia, signora Contessa. E' una tristezza. Il ragazzo ha bisogno di compagnia. Perché non lo mandate a giocare qualche volta con gli altri ragazzi?

Non l'avesse mai detto: si levò un coro di proteste. Il povero dottore fu coperto di insulti.

— Se ne vada, — ordinò Pomodoro, — se ne vada prima che lo faccia cacciare fuori dai miei servi.

— E si vergogni — aggiunse Donna Seconda, — si vergogni di aver abusato della nostra fiducia. Lei si è introdotto nella nostra casa con l'inganno. Se io volessi potrei farla denunciare per violazione di domicilio: non è vero, avvocato?

E si volse per chiedere il parere del sor Pisello, che quando c'era bisogno di un suo parere era sempre presente.

— Certamente, signora Contessa.

E tratto il suo taccuino segnò subito, nel conto delle Contesse del Ciliegio: «Parere circa la denuncia del dottor Marrone per violazione di domicilio, lire cinquantamila».

Avendo così guadagnato la sua giornata, si affrettò a togliere l'incomodo.


Загрузка...