Cipollino si strappò un lembo di camicia e lo ritagliò in tanti pezzettini.
— Ecco pronta la carta da lettere, — pensò soddisfatto. — E adesso aspettiamo che ci portino l'inchiostro.
Quando il Limonaccio di guardia gli portò la zuppa, non ne mangiò nemmeno un boccone. Graffiò dal muro un poco di mattone, servendosi del cucchiaio, e lo versò nell'acqua. Mescolò un poco, poi usando il manico del cucchiaio, scrisse le lettere che aveva pensato.
«Caro babbo, — diceva la prima lettera, — ricordate che vi ho promesso di venirvi a liberare! Ebbene, il momento si avvicina. Ho in mente un piano che ci permetterà di fuggire. Vi abbraccio, vostro figlio Cipollino».
La seconda lettera, indirizzata alla Talpa, diceva:
«Vecchia Talpa del mio cuore, non credere che ti abbia dimenticata. In prigione non ho niente da fare e continuo a pensare ai vecchi amici. Pensa e pensa, ho pensato che forse tu puoi aiutarmi ad uscire di qui e a liberare il mio babbo. L'impresa è un po' difficile, lo riconosco. Ma se tu sei in grado di radunare un centinaio di Talpe e di farti dare una mano, anzi una zampa da loro, non sarà impossìbile. Aspetto una tua pronta risposta, ossia aspetto il momento in cui sbucherai nella mia cella. Il tuo vecchio amico Cipollino.
Poscritto — Questa volta non ti farai male agli occhi. L'ergastolo è più buio di un pozzo d'inchiostro».
La terza lettera era per Ciliegino, e diceva così:
«Caro Ciliegino, sono senza tue notizie, ma sono sicuro che non ti sei perso di coraggio per la nostra sconfitta. Ti prometto che metterò a posto, una volta per sempre, il Cavalier Pomodoro. In prigione ho pensato tante cose che fuori non avrei avuto il tempo di pensare. Tu devi aiutarmi a uscire di qui. Consegna alla Talpa la mia lettera, nel posto che tu sai. Ti manderò altre istruzioni. Saluti a tutti. Cipollino».
Nascose le tre lettere sotto il pagliericcio, versò l'inchiostro che gli rimaneva in una piccola buca, rese la ciotola al Limonaccio, quando passò per l'ispezione serale, e si addormentò.
Il mattino dopo Ragno Zoppo gli portò un'altra lettera del babbo. Il povero Cipollone era ansioso di ricevere notizie da Cipollino, ma gli raccomandava di non consumare troppo presto la camicia.
Cipollino si strappò quasi mezza camicia, la distese per terra, intinse un dito nel calamaio, ossia nella buchetta sotto il letto e cominciò a scrivere.
— Che fai? — domandò il postino, indignato, — se usi dei fogli così grandi tra una settimana non avrai più carta per scrivere.
— Non ti preoccupare, — rispose Cipollino, — tra una settimana non sarò più qui.
— Figliuolo, tu ti illudi.
— Può darsi. Ma intanto, invece di stare a farmi delle prediche, non potresti darmi una mano?
— Ti do anche tutte le mie otto zampe. Che cosa hai in mente?
— Voglio disegnare una pianta della prigione, segnando al posto giusto il muro di cinta, il cortile, i corridoi, le celle e tutto il resto.
— Oh, non è difficile. Conosco la prigione centimetro quadrato per centimetro quadrato.
Con l'aiuto del Ragno Zoppo, Cipollino stese in un momento la carta della prigione e segnò con una croce il cortile.
— Perché hai segnato quella croce? — domandò il ragno.
— Te lo spiegherò un'altra volta, — rispose Cipollino, evasivamente. — Ora ti consegno una lettera per il mio babbo; queste due lettere e la pianta, invece, sono per un mio amico.
— Fuori della prigione?
— Sì. E' il Visconte Ciliegino.
— Abita lontano?
— Al Castello del Ciliegio.
— So dov'è. Ho un cugino impiegato nel solaio del Castello. Mi ha mandato a dire tante volte di andarlo a trovare ma non ne ho mai avuto il tempo. Dice che si sta una bellezza. Ma se io vado fin laggiù, chi farà il servizio postale?
— Tra andare e venire ti ci vorranno due giorni. Per due giorni, si potrà anche fare a meno della posta.
— Non mi assenterei dal mio servizio, — disse Ragno Zoppo, — ma dal momento che non si tratta di un viaggio di piacere…
— Tutt'altro, — disse Cipollino, — si tratta di un viaggio molto importante, di una missione delicatissima. Pensa che dall'esito del tuo viaggio può dipendere la libertà per i prigionieri.
— Per tutti?
— Per tutti, — promise Cipollino, — tranne che per i ladri e gli assassini, si capisce.
— In questo caso, appena terminato il giro mi metto in viaggio.
— Non so come ringraziarti.
— Oh, non ci pensare nemmeno, — rispose Ragno Zoppo — se la prigione si vuota potrò finalmente andare a starmene in campagna.
Mise le tre lettere nella borsa, se la gettò a tracolla e si avviò zoppicando verso il finestrino.
— Arrivederci, — bisbigliò Cipollino, mettendo il naso tra le sbarre. — E buon viaggio.
Dal momento che lo vide sparire nel buio, Cipollino cominciò a contare le ore e i minuti della sua assenza. Il giorno dopo pensava:
— A quest'ora Ragno Zoppo, dev'essere nelle vicinanze del Castello.
Gli pareva di vedere il piccolo, vecchio ragnetto arrampicarsi zoppicando fino al solaio, farsi indicare la camera di Ciliegino, scendere giù per la parete, avvicinarsi al letto del Visconte e svegliarlo con un bisbiglio per consegnargli i messaggi.
Poi Cipollino non ebbe più pace. Da un'ora all'altra ormai il Ragno poteva essere di ritorno. Ma passa un giorno, ne passano due, il ragno non si vede comparire. Passarono tre giorni. I prigionieri erano preoccupati per la mancanza di posta. Siccome il Ragno non aveva svelato a nessuno il segreto della sua missione, ma aveva detto che si prendeva qualche giorno di ferie, alcuni ergastolani, in cuor loro, temevano che il Ragno li avesse ormai abbandonati al loro destino per andare a starsene in campagna, come aveva sempre sognato. Cipollino non sapeva che pensare.
Il quarto giorno era giorno di passeggiata, ma Cipollino non vide suo padre e nessuno seppe dargliene notizie. Rientrò nella cella piuttosto scoraggiato e si gettò sul tavolaccio. Aveva quasi perso ogni speranza.