Prima corrono i cavalli poi corre Limone per monti e per valli

Il Principe Limone aveva dato una grande festa.

— Bisogna che i miei sudditi si divertano, — diceva il Principe Limone, — così non avranno tempo di pensare ai loro guai.

Aveva organizzato una grande corsa di cavalli, a cui partecipavano tutti i Limoni di corte, di primo, di secondo e di terzo grado, naturalmente nella parte di cavalieri, non in quella di cavalli.

La specialità di quella corsa era che i cavalli dovevano correre tirando dei carri frenati. Prima della partenza i Limoni applicarono alle ruote certi freni pesantissimi e il Principe passò lui stesso l'ispezione per vedere se funzionavano.

Quando il Principe diede il via, i cavalli puntarono gli zoccoli, inarcarono le zampe e cominciarono a tirare con tutta la loro forza, i perdendo bava dalla bocca. Ma i carri non si muovevano di un palmo. Allora i Limoni misero in azione le loro lussuosissime fruste, battendoli ferocemente.

Qualche carro si mosse di pochi centimetri, e il Principe, soddisfatto, battè le mani. Poi scese lui stesso nell'arena e cominciò a frustare i cavalli a destra e a sinistra, divertendosi un mondo.

— Frustate il mio, Altezza! — gridavano i Limoni per fargli piacere.

Il Principe frustava a più non posso.

I cavalli, impazziti dal terrore, piegavano le zampe che pareva si dovessero spezzare.

Quel gioco crudele era stato inventato dal Principe, perché, diceva lui:

— Tutti i cavalli sono capaci di correre se gli sciogliete la briglia! Io voglio vedere quello che sono capaci di fare se li tenete fermi.

In verità, gli piaceva frustare i cavalli, e organizzava quelle feste per sfogarsi.

La gente inorridiva, ma era costretta ad assistere al feroce spettacolo, perché se il Principe aveva deciso che la gente si divertisse, la gente doveva divertirsi per forza.

A un tratto rimase con la frusta alzata, mentre gli occhi gli uscivano dalla testa. Le gambe cominciarono a tremargli, il suo viso divenne più giallo che mai, e sotto il berretto giallo i capelli si rizzarono, tanto che il campanello d'oro squillò disperatamente.

II povero Principe aveva visto la terra aprirsi davanti ai suoi piedi.

Prima si era formata una crepa, poi un'altra, poi era apparsa una gobba in mezzo al selciato, una gobba di terriccio come quelle che in campagna le talpe innalzano in un batter d'occhio. In fine la gobba si spaccò, la spaccatura si allargò, comparve una testa, due spalle, e un piccolo vivace personaggio balzò fuori dalla terra, aiutandosi con i gomiti e con i ginocchi: Cipollino!

Si udì la voce nasale della Talpa che gridava spaventata:

— Cipollino, torna indietro, abbiamo sbagliato strada!

Ma Cipollino non l'udiva nemmeno. A trovarsi davanti la faccia sudata e spaventata del Principe Limone, che brandiva la frusta col braccio alzato, immobile come una statua di sale, il cuore gli aveva dato un balzo.

Senza riflettere a quel che faceva, si avvicinò al Governatore e gli strappò di mano la frusta. La brandì e la fece schioccare per aria un paio di volte, come per provarla, poi l'abbassò con violenza sulle spalle del Principe Limone, che era troppo atterrito per scansarsi, e si prese la frustata sulla schiena.

— Ahi! — gridò il Governatore.

Cipollino alzò la frusta e l'abbassò di nuovo. Allora il Governatore si voltò e fuggì via a gambe levate.

Quello fu il segnale. Dietro a Cipollino comparvero come per incanto i prigionieri fuggiti dall'ergastolo e la folla li riconobbe uno dopo l'altro con grida di gioia. Il padre riconosceva il figlio, la sposa riconosceva il marito.

In un momento i Limoncini furono sopraffatti, la folla si riversò nel corso e prese sulle spalle i prigionieri per portarli in trionfo.

I Limoncini di corte, spaventatissimi, tentarono di scappare. Ma i carri, come sapete, erano frenati, e non si muovevano di un palmo: così i Limoni furono presi e legati come salami.

II Principe Limone, invece, aveva fatto in tempo a balzare sulla sua carrozza, che, non partecipando alla corsa, non era frenata, e potè allontanarsi velocemente. Non pensò nemmeno di recarsi al suo Palazzo, e prese invece la strada dei campi, picchiando i cavalli con un bastone per farli galoppare più in fretta. I cavalli, ubbidienti, galopparono tanto in fretta che la carrozza si rovesciò, e il Principe Limone andò a ficcarsi a testa in giù in un letamaio.

— Un posto adatto per lui, — avrebbe detto Cipollino se lo avesse potuto vedere.

Загрузка...