Dalla riva sinistra, «I Pioppi» appariva come una distesa di tetti bianchi e rossi, sprofondati nella boscaglia rosso-verde del sorbo selvatico. C’era anche una stretta striscia di spiaggia e un approdo di legno, a cui erano attraccate numerose barche variopinte. Sul pendio illuminato dal sole non si vedeva un’anima, e saio sull’approdo stava seduto, con le gambe nude penzoloni, un tizio vestito di bianco che, probabilmente, stava pescando, vista l’immobilità assoluta.
Lasciai i vestiti sul sedile e senza far rumore entrai in acqua. Era bella l’acqua del lago Vel’, trasparente e dolce, nuotare era un vero piacere.
Quando mi arrampicai sull’approdo e feci uscire l’acqua dalle orecchie, saltellando su un piede solo sulle assi di legno roventi per il sole, l’uomo in bianco finalmente si distrasse dalla pesca, e gettandomi un’occhiata di traverso si informò interessato:
— È venuto da Mosca in mutande?
Era un vegliardo di quasi cento anni, magra e allampanato come la sua canna da pesca di bambù, solo non giallo in viso, ma piuttosto marrone se non addirittura quasi nero. Forse, dipendeva dai vestiti bianchi immacolati. Però, aveva occhi giovani, piccoli, azzurri e vivaci. Un baschetto di un bianco accecante, con una visiera parasole gigantesca, gli copriva la testa indubbiamente calva e lo faceva assomigliare a un fantino a riposo, oppure allo scolaro di Mark Twain scappato dalla scuola domenicale.
— Dicono che ci sia molto pesce, — esordii, e mi accoccolai accanto a lui.
— È una bugia, — ribatté in modo forte e deciso.
— Pare che qui si passi bene il tempo.
— Dipende dalle persone.
— Questo è un posto di villeggiatura alla moda.
— Lo è stato.
Non seppi più cosa dire. Tacemmo tutti e due.
— Un posto di villeggiatura alla moda, ragazzo mio, — cominciò in tono ammonitore, — lo è stato tre stagioni fa. O, come dice mio pronipote Brjaceslav, «tre stagioni indietro». Ora, vede, ragazzo mio, non riusciamo a concepire le vacanze senza acqua ghiacciata, senza zanzare, senza carne cruda e foreste vergini… «Le rupi selvagge, ecco il mio rifugio», vede… Conosce la penisola del Taimyr e la Terra di Baffin… È un cosmonauta? — chiese all’improvviso. — Un Progressore? Un etnologo?
— Lo sono stato, — risposi non senza una gioia maligna.
— Io invece sono medico, — disse senza batter ciglio. — Suppongo che lei non abbia bisogno di me? Le ultime tre stagioni raramente qui qualcuno ha avuto bisogno di me. Del resto l’esperienza mi ha insegnato che il paziente fa di testa sua. Per esempio, ieri hanno avuto bisogno di me. Mi chiedo: e perché non oggi? Lei è sicuro di non aver bisogno di me?
— Solo come piacevole interlocutore, — dissi sincero.
— Va bene, grazie lo stesso, — rispose prontamente. — Allora andiamo a bere il tè.
E andammo a bere il tè.
Il dottor Goannek abitava in un grande cottage di legno accanto al padiglione medico. Il cottage era completo di tutto: terrazzino con balaustra, cornici intagliate alle finestre, banderuola a forma di galletto, stufa russa ad ultrasuoni con dispositivo automatico, vasca da bagno incassata nel pavimento e panchina per due persone accanto alla stufa; e inoltre una dispensa a due piani, collegata addirittura con la linea di approvvigionamento. Nel retro, in mezzo a folti cespugli di ortica, trovava posto una cabina per il trasporto-zero, artisticamente eseguita, a forma di latrina di legno.
Il tè del dottore consisteva in una minestra ghiacciata di barbabietole, polenta di miglio con zucca e kvas[14] spumeggiante con l’uvetta. Per la verità, tè non ce n’era affatto: secondo la profonda convinzione del dottor Goannek, l’uso di tè forte contribuiva alla formazione del tartaro, ed il tè leggero non era altro che un nonsenso culinario.
Il dottor Goannek era un vecchio abitante dei «Pioppi», di cui era diventato medico condotto dodici stagioni prima. Aveva visto «I Pioppi» sia quando era un posto di villeggiatura simile a mille altri, sia durante il suo momento d’oro, quando nella balneologia per un certo periodo ritornò l’idea che solo la pianura fa bene al villeggiante. Non l’aveva lasciato nemmeno ora, nel periodo del suo, a quanto pare, irrimediabile declino.
La stagione attuale, iniziata come sempre in aprile, aveva portato ai «Pioppi» tre persone in tutto.
A metà maggio erano arrivati in due: marito e moglie, entrambi spazzini di rifiuti inquinanti, provenienti dal Nord Atlantico, dove avevano rastrellato un’enorme quantità di rifiuti radioattivi. Questa coppia — un negro bantu ed una malese — si era sbagliata di emisfero ed era arrivata lì per sciare. Per un po’ di giorni avevano girovagato per i boschi dei dintorni, poi una notte erano scomparsi per destinazione ignota, e solo dopo una settimana era arrivato un telegramma con le loro scuse.
Sì, e di nuovo ieri mattina è arrivato inatteso ai «Pioppi» uno strano giovane. Perché strano? Innanzi tutto, non si capisce come sia arrivato fin qua. Non aveva un mezzo di trasporto né terrestre né aereo; questo il dottor Goannek poteva garantirlo grazie alla sua insonnia ed al suo udito sensibile. Non è arrivato qui nemmeno a piedi; non ha l’aria di un uomo che viaggi a piedi: i turisti che si spostano a piedi il dottor Goannek li riconosceva infallibilmente dall’odore. Rimaneva il sistema di trasporto-zero. Ma, come si sa, da qualche giorno il trasporto adimensionale funzionava male per via della fluttuazione del campo del neutrino, e dunque solo per un puro caso si poteva finire ai «Pioppi» per mezzo del trasporto-zero. Allora si domandava: se quei giovane era finito lì per un puro caso, perché si era gettato addosso al dottor Goannek, proprio come se per tutta la vita avesse avuto bisogno del dottor Goannek?
Quest’ultimo punto sembrò un po’ oscuro al turista Kammerer che viaggiava in calzoncini, e il dottor Goannek non si fece pregare per dargli adeguate spiegazioni. Allo strano giovane non serviva proprio il dottor Goannek personalmente. Aveva solo bisogno di un dottore, e al più presto possibile, perché soffriva di esaurimento nervoso, e di un esaurimento talmente forte da essere immediatamente riconoscibile per un medico esperto come il dottor Goannek. Il quale dottore ritenne indispensabile procedere a un esame medico accurato che, per fortuna, non aveva rilevato nessuna patologia. E straordinario quale effetto benefico ebbe sul giovane questa diagnosi positiva. Rifiorì letteralmente davanti agli occhi del dottore e già dopo due-tre ore riceveva ospiti, come se nulla fosse avvenuto.
No-no, gli ospiti arrivarono nel modo più comune, con un normale bioplano, per la verità non gli ospiti, ma l’ospite. E faceva proprio bene: per un giovanotto non c’è psicoterapia migliore di una giovane e bella donna. Nella ricca esperienza del dottor Goannek c’erano stati abbastanza spesso casi analoghi. Ecco, per esempio… il dottor Goannek citò l’esempio numero uno. Oppure… il dottor Goannek citò l’esempio numero due. Allo stesso modo, anche per le giovani donne la migliore psicoterapia è… E il dottor Goannek citò gli esempi numero tre, quattro e cinque.
Per non esser da meno il turista Kammerer si affrettò a rispondere con un esempio tratto dalla sua esperienza personale quando, nella sua qualità di Progressore, si era trovato una volta sull’orlo dell’esaurimento nervoso, ma questo esempio pietoso e poco felice fu respinto dal dottor Goannek con indignazione. Con i Progressori, a quanto pare, le cose stavano in tutt’altro modo, molto più complesso ma, in un certo senso, molto più semplice. In ogni caso, il dottor Goannek non si sarebbe mai permesso di adottare un qualsiasi metodo psicoterapeutico senza aver consultato uno specialista, se io strano giovane fosse stato un Progressore…
Ma, ovviamente, lo strano giovane non era un Progressore. Fra parentesi, non sarebbe potuto diventare Progressore: non aveva il tipo di organizzazione nervosa adatta. No, non era un Progressore, ma un artista, un pittore che aveva subìto un grosso insuccesso creativo. E non era il primo e nemmeno il decimo caso nell’ampia casistica del dottor Goannek. Si ricordava… E il dottor Goannek cominciò ad enumerare un caso più bello dell’altro, ovviamente sostituendo i nomi originali con tutti i possibili X, Beta ed addirittura Alfa…
Il turista Kammerer, ex Progressore e uomo di natura piuttosto rozza, interruppe alquanto scortesemente questo istruttivo racconto, dichiarando che lui personalmente non sarebbe stato d’accordo a vivere nello stesso posto di un artista matto. Era un’osservazione avventata, e il turista Kammerer venne rimesso subito al suo posto. Innanzi tutto, fu analizzata la parola “matto”, fu esaminata fin nei minimi particolari e fu rilevato che si trattava di un termine scorretto in senso medico e per di più approssimativo. E solo dopo il dottor Goannek, con tono insolitamente sarcastico, comunicò che il summenzionato artista “matto”, presentendo, evidentemente, l’arrivo del Progressore Kammerer e tutti i problemi legati a questo arrivo, si era anche lui rifiutato di convivere nello stesso posto, e la mattina presto se ne era andato coi primo bioplano che era capitato. Inoltre, aveva avuto tanta fretta di non incontrare il turista Kammerer che non aveva fatto neppure in tempo a salutare il dottor Goannek.
L’ex Progressore Kammerer non mostrò però alcun segno di astio, accettò per buono quello che gli si diceva ed espresse la sua piena soddisfazione per la circostanza che il luogo era adesso privo di artisti dai nervi esauriti e che perciò ora poteva senza problemi scegliersi il posto più adatto per il soggiorno.
— Dov’è che abitava questo nevrastenico? — chiese, e subito si affrettò a spiegare: — Lo chiedo, per non andare là pure io.
La conversazione ormai avveniva sul terrazzino con la balaustra. Il dottore, un po’ scioccato, indicò in silenzio un pittoresco cottage con un grande numero sei blu, leggermente discosto dalle altre costruzioni, proprio vicino alla scarpata.
— Magnifico, — annunciò il turista Kammerer. — Allora, non andremo là. Invece andiamo tutti e due da questa parte… Mi piace perché il sorbo selvatico per di qua è più folto…
Era chiarissimo fin dall’inizio che il cordiale dottor Goannek aveva intenzione di proporre e, in caso di rifiuto, anche di imporre la sua persona in qualità di accompagnatore e guida dei «Pioppi». Il turista ed ex Progressore Kammerer si era però rivelato una persona poco cortese e grossolana.
— Certo, — rispose freddamente. — Le consiglio di andare per questo sentiero. Da li si arriva al cottage numero dodici…
— Come? E lei?
— Mi scusi, ma di solito dopo il tè ho l’abitudine di fare un riposino sull’amaca…
Indubbiamente sarebbe bastato un unico sguardo avvilito perché il dottor Goannek si ammorbidisse subito e cambiasse le sue abitudini in nome delle leggi dell’ospitalità. Perciò il grossolano e coriaceo Kammerer si affrettò a dare l’ultima pennellata.
— Maledetti anni, — esclamò pieno di comprensione. Era il tocco finale.
Ribollendo di muta indignazione, il dottor Goannek si diresse verso la sua amaca, e io mi tuffai in mezzo ai cespugli di sorbo, aggirai il padiglione medico e, tagliando obliquamente il pendio, mi diressi al cottage del nevrastenico.