Alle 14.23 terminai l’inventano del contenuto.
La maggior parte delle carte erano documenti, scritti, capii, dallo stesso Abalkin.
In primo luogo, c’era il suo rapporto sulla partecipazione all’operazione “Mondo morto” sul pianeta Speranza: settantasei pagine scritte con una calligrafia grossa e chiara, quasi senza cancellature. Diedi una scorsa a quelle pagine. Abalkin raccontava come insieme al Testone Ščekn fosse andato alla ricerca di un certo oggetto (quale precisamente, non riuscii a capirlo), avesse attraversato la città abbandonata e fosse stato uno dei primi ad entrare in contatto con i superstiti dei disgraziati aborigeni.
Quindici anni fa il pianeta Speranza e la sua terribile sorte erano, sulla Terra, sulla bocca di tutti, e lo sono ancora, come minaccioso avvertimento a tutti i mondi abitati dell’Universo e come testimonianza della più recente e della più colossale ingerenza dei Nomadi dello Spazio nel destino di altre civiltà. Ora è stato definitivamente appurato che negli ultimi cento anni gli abitanti del pianeta Speranza avevano perduto il controllo sullo sviluppo tecnologico e praticamente avevano distrutto in modo irreversibile l’equilibrio ecologico. La natura era stata distrutta. I rifiuti dell’industria, insieme ai rifiuti prodotti da esperimenti folli e temerari compiuti nello sforzo di aggiustare la situazione, avevano inquinato il pianeta a un tale livello che gli abitanti, colpiti da tutta una serie di malattie genetiche, erano condannati a un totale inselvatichimento e a morte sicura. Le strutture genetiche erano impazzite sul pianeta Speranza. Per la verità, per quanto ne so, finora nessuno di noi è riuscito a capire il meccanismo di questo impazzimento. In ogni caso, finora nessuno dei nostri biologi è riuscito a ricreare il modello di questo processo, l’impazzire delle strutture genetiche. Esteriormente appariva come un’impetuosa, disuguale nel ritmo, accelerazione dei tempi di sviluppo di ogni, anche minimo, organismo complesso. L’uomo, per esempio, fino a dodici anni si sviluppava nel modo solito, normale, e poi cominciava a crescere con ritmi frenetici e a invecchiare ancora più freneticamente. A sedici anni pareva che ne avesse trentacinque, e a diciannove, di regola, moriva di vecchiaia.
È chiaro che questa civiltà non aveva nessuna prospettiva storica, ma a questo punto arrivarono i Nomadi dello Spazio. Per la prima volta, a quanto risulta, intervennero attivamente negli avvenimenti di un altro mondo. È certo che riuscirono a far passare la gran maggioranza degli abitanti di Speranza attraverso dei tunnel interspaziali e, evidentemente, a salvarli. (Dove furono portati questi miliardi di infelici malati, dove si trovano ora e che cosa sia avvenuto di loro, non lo sappiamo e non lo sapremo tanto presto.)
Abalkin prese parte solo all’inizio dell’operazione “Mondo morto”, ed il suo ruolo fu piuttosto modesto. Però, se si osservano le cose dal lato del principio, egli fu il primo (e finora l’unico) Progressore terrestre a cui toccò di lavorare in coppia insieme ad un rappresentante di una razza raziocinante di non umanoidi.
Scorrendo il rapporto, mi resi conto che Abalkin vi menzionava molti nomi, ma ebbi l’impressione che l’unico da prendere in considerazione fosse quello di Ščekn. Sapevo che stava arrivando sulla Terra un’intera delegazione di Testoni, ed era il caso di appurare se per caso fra di loro non ci fosse anche Ščekn. Abalkin ne scriveva con tale calore che non esclusi la possibilità di un loro incontro. Del resto, mi ero già accorto che Abalkin aveva una particolare simpatia per i “fratelli minori”: dietro a loro aveva perso alcuni anni della sua vita, su Higanda aveva fatto il custode di cani…
Nella cartella c’era ancora un rapporto di Abalkin, quello sull’operazione su Higanda. A parer mio l’operazione era stata di poco conto: il capocaccia di sua altezza il duca di Alaj aveva sistemato come fattorino in una banca un suo parente povero. Il capocaccia era Lev Abalkin, ed il parente povero un certo Kornej Jašmaa. Come immaginavo, questo materiale mi fu del tutto inutile. Oltre a quello di Kornej Jašmaa, per quanto mi fu possibile notare ad una lettura veloce, il rapporto non conteneva nessun altro nome di terrestri. Qua e là ricorrevano degli Zoggi, Nagon-Gig, scudieri, direttori di conferenze, altezze serenissime, maestri di armature, dame di corte… Mi annotai questo Kornej, sebbene sapessi che difficilmente mi sarebbe servito. In tutto, il rapporto era di ventiquattro pagine, e nella cartella non c’erano altri rapporti di Lev Abalkin sul suo lavoro. Mi sembrò strano, e cominciai a riflettere sul perché, fra tutti i numerosi rapporti di un Progressore professionista, nella cartella 07 ce ne fossero solo due e perché proprio quei due.
Entrambi i rapporti erano scritti in stile “archivista” e, a mio parere, avevano forti affinità con i temi scolastici del tipo «come ho passato le vacanze dal nonno». Scrivere rapporti così è un piacere, ma leggerli è un tormento. Gli psicologi (seduti nel loro quartier generale) pretendono che i rapporti contengano non solo dati obiettivi sugli avvenimenti e i fatti, ma anche sensazioni soggettive, impressioni personali e il flusso della coscienza dell’autore. Secondo loro, lo stile del rapporto (“archivista”, “generale”, “artista”) non lo sceglie l’autore, ma gli viene imposto, viene regolato da misteriose considerazioni psicologiche. In verità, si tratta di menzogna, una menzogna imperdonabile, e di statistica, ma non dobbiamo dimenticare anche la psicologia!
Non sono uno psicologo, per lo meno non di professione, ma pensai che forse mi sarebbe riuscito di tirar fuori da questi rapporti qualcosa di utile sulla psicologia di Lev Abalkin.
Continuando a dare un’occhiata al contenuto della cartella, avevo intanto scoperto dei documenti assai simili, pressoché uguali e per me assolutamente incomprensibili: dei fogli azzurri di carta spessa con la rifilatura verde e con inciso nell’angolo in alto a sinistra un emblema, raffigurante qualcosa di mezzo fra un drago cinese ed uno pterodattilo. Su ciascuno di questi fogli, con la calligrafia ampia che già conoscevo, c’era scritto, a volte con la stilografica, a volte con il pennarello, e una volta chissà perché con la matita a elettrodi da laboratorio: «Tristan 777». In basso c’era la data e questa firma senza senso. Per quanto si potesse giudicare dalle date, questi fogli erano stati inseriti nella cartella dall’anno 60, approssimativamente una volta ogni tre mesi, per cui costituivano circa un terzo della cartella.
E ancora ventidue pagine occupava la corrispondenza intrattenuta da Abalkin con i suoi capi. Questa corrispondenza mi portò a fare alcune riflessioni.
Nell’ottobre dell’anno 63 Abalkin inviò al COMCON-1 una lettera in cui esprimeva, seppur timidamente, le sue perplessità per non essere stato consultato a proposito dell’operazione “Testone nel Cosmo”, nonostante che l’operazione avesse avuto successo e promettesse ricche prospettive.
Non si sa che cosa gli venisse risposto, ma nel novembre di quello stesso anno, Abalkin inoltrò a Komov una disperata richiesta di riprendere l’operazione “Testone nel Cosmo” e contemporaneamente un’aspra lettera al COMCON, in cui protestava contro il suo, di Abalkin, invio ai corsi di riqualificazione. (Facciamo notare che tutto questo avveniva stranamente in forma scritta e non secondo la prassi usuale.)
Come risulta chiaro dagli avvenimenti successivi, questa corrispondenza non produsse alcun effetto, e Abalkin fu mandato a lavorare su Higanda. Tre anni dopo, nel novembre del 66, scrisse di nuovo al COMCON da Pandora e chiese di essere inviato su Sarakš, in modo da continuare il suo lavoro con i Testoni. Questa volta la sua richiesta venne accolta, ma solo in parte: lo mandano sì su Sarakš, ma non al Serpente Azzurro, bensì ad Honti, come militante clandestino degli unionisti.
Durante i corsi di aggiornamento nel febbraio e nell’agosto del 67 scrive due volte al COMCON (a Bader, e poi addirittura a Gorbovskij), facendo notare quanto fosse inutile usarlo come residente, essendo lui un buon specialista di Testoni. Il tono delle sue missive diventa sempre più brusco; la lettera a Gorbovskij non saprei definirla in altro modo che offensiva. Sarebbe interessante sapere cosa rispose quel tesoro di Leonid Andreevič a questa esplosione di ira e di sprezzante indignazione.
E ancora da residente a Honti, nell’ottobre del 67, Abalkin manda a Komov la sua ultima lettera: un piano dettagliato di incremento dei contatti con i Testoni, che comprende lo scambio di regolari delegazioni, l’impiego dei Testoni nei lavori di zoopsicologia effettuati sulla Terra, eccetera, eccetera. Non mi sono mai occupato in modo particolare di questo settore, ma ho l’impressione che questo piano ora sia accettato e realizzato. E se è così, allora la situazione è paradossale: il piano viene realizzato, e il suo iniziatore ciondola ora ad Honti ora nell’Impero Insulare.
Nel complesso questa corrispondenza mi lasciò un’impressione penosa. Va bene, non sono uno specialista di Testoni, mi è difficile giudicare, è probabile che il piano di Abalkin sia banalissimo, e usare parole altisonanti come “iniziatore” non ha senso. Ma il problema non è questo, o perlomeno, non solo questo! Il ragazzo è chiaramente uno zoopsicologo nato. «Attitudini professionali: zoopsicologia, teatro, etnolinguistica… Indicazioni professionali: zoopsicologia, xenologia teorica…». E ciò nonostante fanno del ragazzo un Progressore. Non discuto, esiste un’intera classe di Progressori per i quali la zoopsicologia sia il pane quotidiano. Per esempio quelli che lavorano con i leonidiani o con gli stessi Testoni. Ma no, al ragazzo tocca lavorare con gli umanoidi, fare il residente, il combattente, nonostante che per cinque anni gridi a tutto il COMCON: «Che state facendo di me?». E poi si meravigliano che abbia l’esaurimento nervoso!
Certo, il Progressore è un tipo di professione per cui è indispensabile una disciplina ferrea, oserei dire militare. Il Progressore è costretto, sempre e comunque, a fare non quello che vuole lui, ma quello che gli ordina il COMCON. Per questo è un Progressore. E probabilmente il residente Abalkin è molto più prezioso per il COMCON dello zoopsicologo Abalkin. Tuttavia in questa storia si è in un certo qual modo passata la misura, e non sarebbe male parlarne con Gorbovskij o con Komov… E qualsiasi cosa abbia combinato questo Abalkin (ed è chiaro che qualcosa ha combinato), io sono dalla sua parte.
Comunque tutto questo, evidentemente, non ha niente a che fare con il mio compito.
Notai ancora che mancavano tre pagine numerate dopo il primo rapporto di Abalkin, due pagine dopo il secondo, e due pagine dopo l’ultima lettera di Abalkin a Komov. Decisi di non attribuirvi un significato.