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Cosa poteva dargli da mangiare? Diderot non aveva miagolato nulla su questo argomento. Sapeva che i gabbiani si nutrono di pesce, ma dove lo trovava lui adesso un pezzo di pesce? Zorba corse in cucina e tornò indietro facendo rotolare una mela.
Il pulcino si rialzò sulle zampe traballanti e si precipitò sulla frutta. Il piccolo becco giallo toccò la buccia, si piegò come fosse stato di gomma e, quando poi si raddrizzò di nuovo, catapultò il pulcino all'indietro facendolo cadere.
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Zorba tentò di fargli beccare una patata qualche croccantino — con la famiglia in vacanza non c'era molto da scegliere! — , rimpiangendo di aver vuotato la sua ciotola di cibo prima della nascita del piccolo. Fu tutto inutile. Il piccolo becco era molto morbido e si piegava al contatto con la patata. Allora, in preda alla disperazione, ricordò che il pulcino era un uccello e che gli uccelli mangiano gli insetti.
Uscì sul balcone e aspettò pazientemente che una mosca arrivasse a tiro delle sue grinfie. Non tardò a catturarne una e la consegnò all'affamato.
Il piccolo prese la mosca nel becco, strinse, e chiudendo gli occhi la ingoiò.
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Zorba saltava da una parte all'altra del balcone. Aveva preso cinque mosche e un ragno, quando dal tetto della casa di fronte gli arrivarono le voci note dei due gatti rissosi che aveva affrontato ormai vari giorni prima.
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I due poco di buono ridevano, al sicuro dall'altra parte del cortile.
Zorba avrebbe fatto assaggiare loro molto volentieri il filo dei suoi artigli, ma erano lontani, e così tornò dall'affamato con il suo bottino di insetti.
Il pulcino divorò tutte e cinque le mosche, ma si rifiutò di assaggiare il ragno. Soddisfatto, fece un ruttino, e si rannicchiò stretto stretto al ventre di Zorba.
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Quando arrivarono Colonnello, Segretario e Diderot, trovarono il piccolo addormentato accanto a Zorba.
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<<È quello che si chiede in questi casi. Non la prendere male. Si tratta davvero di un bellissimo pulcino>> miagolò Colonnello.
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