Non fu facile decidere con quale umano avrebbe miagolato Zorba. I gatti fecero una lista di quelli che conoscevano, ma li scartarono tutti uno dopo l'altro.
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Bubulina era una bella gatta bianca e nera che passava lunghe ore tra i vasi di fiori di una terrazza. Tutti i gatti del porto passavano lentamente davanti a lei sfoggiando l'elasticità dei loro corpi, la lucentezza delle loro pellicce accuratamente pulite, la lunghezza dei loro baffi,l'eleganza delle loro code erette nel tentativo di impressionarla, ma Bubulina rimaneva impassibile, e accettava solo l'affetto di un uomo che si piazzava sulla terrazza davanti a una macchina da scrivere.
Era un umano strano, che a volte rideva dopo aver letto quello che aveva appena scritto, e a volte appallottolava i fogli senza nemmeno guardarli. La sua terrazza era sempre inondata da una musica dolce e malinconica che faceva assopire Bubulina e suscitava profondi sospiri nei gatti che passavano da lì.
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<<È un poeta! Si chiama poesia quello che fa. Sedicesimo volume, lettera P, dell'enciclopedia>> dichiarò Diderot.
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E fu così che lo autorizzarono a miagolare con il poeta.