CAPITOLO UNDICESIMO: Il volo

Una pioggia fitta cadeva su Amburgo e dai giardini si alzava un profumo di terra umida. L'asfalto delle strade splendeva e le insegne al neon si riflettevano deformi sulla superficie bagnata. Un uomo avvolto in un impermeabile camminava in una solitaria strada del porto dirigendo i suoi passi verso il bazar di Harry.

<> strillò lo scimpanzè.

<>

<> miagolò Zorba.

<

e deve essere rispettato>> strillò Mattia.

<> miagolò Sopravento.

<> stridette supplichevole Fortunata.

<> strillò in tono canzonatorio Mattia.

<> miagolò Diderot.

<> annunciò Segretario che sbirciava fuori.

<<È il poeta! Non c'è tempo da perdere!>> miagolò Zorba correndo a tutta velocità verso la finestra.

Le campane della chiesa di San Michele iniziarono a suonare i dodici rintocchi della mezzanotte e l'umano sussultò al rumore di vetri rotti. Il gatto nero grande e grosso cadde per strada in mezzo a una pioggia di schegge, ma si rialzò senza preoccuparsi per le ferite alla testa, e saltò di nuovo dentro la finestra dalla quale era uscito.

L'umano si avvicinò nel preciso istante in cui una gabbiana veniva sollevata da vari gatti fino al davanzale. Dietro i gatti, uno scimpanzè si palpeggiava la faccia cercando di tapparsi occhi, orecchi e bocca allo stesso tempo.

<> miagolò Zorba.

<> disse l'umano prendendola in braccio.

L'umano si allontanò in fretta dalla finestra del bazar. Sotto l'impermeabile aveva un gatto nero grande e grosso e una gabbiana dalle piume d'argento.

<> strillò lo scimpanzè.

<> ribatté Segretario.

<> protestò Colonnello.

<> miagolò Sopravento.

Il gatto nero grande e grosso e la gabbianella stavano ben comodi sotto l'impermeabile, al calduccio contro il corpo dell'umano che camminava con passi rapidi e sicuri. Sentivano i loro tre cuori battere con ritmi diversi, ma con la stessa intensità.

<> chiese l'umano vedendo delle macchie di sangue sui risvolti dell'impermeabile.

<> chiese Zorba.

<> stridette Fortunata.

<> le assicurò Zorba.

<> chiese l'umano.

<> insisté Zorba.

<> rispose l'umano.

Zorba fece capolino. Erano davanti a un edificio alto. Sollevò gli occhi e riconobbe il campanile di San Michele illuminato da vari riflettori. I fasci di luce colpivano in pieno la sua struttura slanciata rivestita di lastre di rame che il tempo, la pioggia e i venti avevano coperto di una patina verde.

<> miagolò Zorba.

<> disse l'umano. <>.

Fecero un giro e si intrufolarono da una piccola porta laterale che l'umano aprì con l'aiuto di un coltello a serramanico. Poi tirò fuori di tasca una torcia e, guidati dal suo sottile fascio di luce, iniziarono a salire una scala a chiocciola che sembrava interminabile.

<> stridette Fortunata.

<> miagolò Zorba.

Dal campanile di San Michele si vedeva tutta la città. La pioggia avvolgeva la torre della televisione, e al porto le gru sembravano animali in riposo.

<> miagolò Zorba.

<> stridette Fortunata.

Zorba saltò sulla balaustra che girava attorno al campanile. In basso le auto sembravano insetti dagli occhi brillanti. L'umano prese la gabbiana tra le mani.

<> stridette Fortunata beccando le mani dell'umano.

<> miagolò Zorba.

<> disse l'umano.

<> miagolò Zorba.

La gabbianella spiegò le ali. I riflettori la inondavano di luce e la pioggia le copriva di perle le piume. L'umano e il gatto la videro sollevare la testa con gli occhi chiusi.

<> stridette.

<> miagolò Zorba.

<> stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra.

<> miagolò Zorba.

<> stridette lei già con metà delle zampe fuori dalla balaustra, perché come dicevano i versi di Atxaga, il suo piccolo cuore era lo stesso degli equilibristi.

<> miagolò Zorba allungando una zampa e toccandola appena.

Fortunata scomparve alla vista, e l'umano e il gatto temettero il peggio. Era caduta giù come un sasso. Col fiato sospeso si affacciarono alla balaustra, e allora la videro che batteva le ali sorvolando il parcheggio, e poi seguirono il suo volo in alto, molto più in alto della banderuola dorata che corona la singolare bellezza di San Michele.

Fortunata volava solitaria nella notte amburghese. Si allontanava battendo le ali con energia fino a sorvolare le gru del porto, gli alberi delle barche, e subito dopo tornava indietro planando, girando più volte attorno al campanile della chiesa.

<> strideva euforica dal vasto cielo grigio.

L'umano accarezzò il dorso del gatto.

<> disse sospirando.

<> miagolò Zorba.

<> chiese l'umano.

<> miagolò Zorba.

<> lo salutò l'umano.

Zorba rimase a contemplarla finché non seppe se erano gocce di pioggia o lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del porto.


Laufenburg, Foresta Nera,1996


Luis Sepúlveda è nato in Cile nel 1949, e vive attualmente tra Amburgo e Parigi.

È autore di romanzi, racconti e commedie. Membro attivo dell'Unità popolare cilena, negli anni Settanta, dopo il colpo di stato militare, ha dovuto abbandonare il suo paese.

Ha viaggiato e lavorato in Brasile, Uruguay, Paraguay e Perù; ha vissuto in Ecuador tra gli indios Shuar, come membro di una missione di studi dell'Unesco; ha girato tutto il mondo, anche al seguito dell'equipaggio di Greenpeace.

Ha ottenuto un grande successo internazionale con 'Il vecchio che leggeva romanzi d'amore', 'Il mondo alla fine del mondo', 'Un nome da torero' e 'La frontiera scomparsa', tutti pubblicati in Italia da Guanda.

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