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Perrin era sdraiato sulle lenzuola impregnate di sudore e fissava il soffitto, quando si accorse che l’oscurità stava virando sul grigio. Presto il sole sarebbe sorto all’orizzonte. Mattina. Il momento delle nuove speranze, di alzarsi ed agire. Nuove speranze. Si mise quasi a ridere. Da quanto tempo era sveglio? Di certo un’ora o più. Grattandosi la barba riccia, trasalì. La spalla livida si era irrigidita. Si sedette lentamente; il sudore gli imperlò la fronte mentre muoveva il braccio. Continuò però a spostarlo metodicamente, reprimendo dei gemiti e, di tanto in tanto, trattenendosi dall’imprecare, finché non riuscì a muovere il braccio liberamente, anche se non senza difficoltà.

Il poco sonno che aveva avuto era stato disturbato e irregolare.

Da sveglio aveva visto il volto di Faile, gli occhi scuri che lo accusavano; il dolore che le aveva causato e che vedeva in quegli stessi occhi lo faceva sentire meschino. Quando dormiva, sognava di montare una forca, e Faile lo guardava, o peggio, cercava di aiutarlo, cercava di combattere i Manti Bianchi con le loro lance e spade, e lui gridava mentre gli sistemavano il cappio attorno al collo, gridava perché i Manti Bianchi stavano uccidendo Faile. A volte Faile li stava a guardare mentre lo impiccavano con un sorriso di soddisfazione. Non c’era da meravigliarsi che tali sogni lo facessero svegliare di colpo. Una volta aveva sognato lupi che uscivano di corsa dalla foresta per salvare lui e Faile — solo per essere infilzati dalle lance dei Manti Bianchi o abbattuti dalle frecce. Non era stata una nottata riposante. Lavandosi e vestendosi il più velocemente possibile, uscì dalla stanza nella speranza di lasciarsi alle spalle anche i ricordi dei sogni.

Dell’attacco della notte precedente rimanevano pochi segni: un arazzo tagliato da un colpo di spada, una cassa con un angolo scheggiato da un’ascia o una macchia chiara sul pavimento di pietra da dove era stato rimosso un tappeto intriso di sangue. La majhere aveva il suo esercito in livrea a pieno servizio, anche se molti erano fasciati: chi spazzava, chi lavava i pavimenti, chi rimuoveva e rimpiazzava oggetti. La donna, una figura corpulenta con i capelli grigi raccolti come un cappello rotondo da un bendaggio avvolto attorno al capo, zoppicava appoggiandosi a un bastone, e dava ordini con voce ferma e con la chiara intenzione di eliminare ogni segno della seconda violazione della Pietra. Vide Perrin e gli rivolse una riverenza infinitesimale. Pure i Sommi signori non ottenevano molto da lei, anche quando stava bene. Malgrado tutte le pulizie e lo strofinare, sotto gli odori di cera, lucidi e fluidi detergenti, Perrin poteva ancora cogliere il debole odore del sangue, l’aroma decisamente metallico del sangue umano, il fetido sangue dei Trolloc, il sangue acido dei Myrddraal, con quel fetore peculiare che bruciava le narici. Sarebbe stato felice di abbandonare quel posto.

La porta che immetteva nella stanza di Loial era larga una spanna e alta più di due, con una maniglia eccessivamente grande a forma di viticci aggrovigliati, all’altezza della testa di Perrin. Nella Pietra vi era un numero di stanze usate raramente, apposta per gli Ogier; La Pietra di Tear era più antica anche della famigerata epoca dei lavori di pietra ogier, ma era un segno di prestigio avvalersi di tali artigiani, almeno di tanto in tanto. Perrin bussò, e alla risposta «Avanti» detta con una voce che risuonò come una lenta valanga, sollevò la maniglia ed entrò.

La stanza era proporzionata alla porta, eppure Loial, in piedi in camicia al centro del tappeto decorato con un motivo di foglie, la pipa dal cannello lungo fra i denti, faceva sembrare tutto di dimensioni normali. L’Ogier era più alto di un Trolloc in punta di piedi, e indossava stivali alti, anche se non era grosso come uno di loro. La giubba verde scuro era abbottonata in vita, svasata verso il basso fino al bordo degli stivali come un gonnellino sopra dei pantaloni a sbuffo; tali indumenti non sembravano strani agli occhi di Perrin, ma un’occhiata bastava per dire che questo non era un uomo normale in una stanza ordinaria. Il naso dell’Ogier era così largo da sembrare un muso, e le sopracciglia ricordavano lunghi baffi che pendevano ai lati degli occhi, grandi come piattini. Le orecchie pelose spuntavano fra i capelli ispidi e neri che gli scendevano quasi sulle spalle. Alla vista di Perrin sorrise. «Buongiorno, Perrin» rombò, togliendosi di bocca la pipa. «Hai dormito bene? Non deve essere stato facile, dopo una notte come quella. Io personalmente sono rimasto sveglio metà nottata, scrivendo quanto accaduto.» Loial aveva una penna in mano, e macchie d’inchiostro sulle dita grosse come salsicce. C’erano libri ovunque, appoggiati su sedie a misura di Ogier, sul grosso letto, e sul tavolo che era alto fino al torace di Perrin. Non era una sorpresa, ma il fatto un po’ curioso fu la presenza di fiori. Di ogni tipo e colore. In vasi, cestini, mazzolini legati con fiocchi o anche spaghi, grossi pannelli floreali intrecciati che assomigliavano a pezzi di giardino appoggiati al muro. Perrin di sicuro non aveva mai visto nulla di simile dentro a una stanza. Il profumo colmava l’aria. Eppure ciò che attirò la sua attenzione fu il bozzo sulla testa di Loial, grande come il pugno di un uomo, e l’evidente zoppicare della camminata. Se Loial era stato ferito troppo gravemente per viaggiare... Perrin si vergognò di aver pensato una cosa simile — l’Ogier era un amico — ma doveva farlo.

«Sei stato ferito, Loial? Moiraine poteva guarirti. Sono sicuro che lo farà.»

«Oh, posso andare in giro senza problemi, e c’erano così tante persone che avevano veramente bisogno d’aiuto. Non volevo disturbarla. Di certo non è sufficiente a impedirmi di lavorare.» Loial lanciò un’occhiata al tavolo sul quale era appoggiato un grosso libro rilegato in panno — largo per Perrin, ma giusto della misura del taschino di un Ogier — sistemato accanto a una boccetta aperta di inchiostro. «Spero di aver scritto tutto correttamente. Non ho visto molto la scorsa notte fino a quando è finito tutto.»

«Loial» iniziò a dire Faile dietro a un fascio di fiori con un libro fra le mani, «è un eroe.»

Perrin sobbalzò; i fiori avevano completamente mascherato il profumo della donna.

Loial emise un verso per zittirla, scuotendo le orecchie per l’imbarazzo, e le fece un cenno con le grosse mani, ma la donna proseguì, con la voce fredda e gli occhi roventi puntati sul viso Perrin.

«Ha riunito tutti i bambini che ha potuto — e alcune delle mamme — in una grande stanza, e ha sorvegliato le porte da solo, contro Trolloc e Myrddraal, per tutta la durata del combattimento. Questi fiori sono un regalo delle donne della Pietra, in onore del coraggio di Loial e della sua lealtà.» La voce schioccò come una frusta.

Perrin riuscì appena a non trasalire. Ciò che aveva fatto era giusto, ma non poteva aspettarsi che lei se ne rendesse conto. Anche se Faile avesse saputo la ragione, non avrebbe voluto vederla. Era la cosa giusta. Lo era, ripeté Perrin. Desiderava solamente sentirsi meglio riguardo tutta la faccenda. Non era accettabile che avesse fatto la cosa giusta e si sentisse in torto.

«Non è stato nulla.» Loial scosse selvaggiamente le orecchie. «I bambini non potevano difendersi da soli. Ecco tutto. Non sono un eroe. No.»

«Non dire sciocchezze.» Faile tenne il segno nel libro con un dito e si avvicinò all’Ogier. Non gli arrivava nemmeno al torace. «Non c’è una donna nella Pietra che non ti sposerebbe se fossi umano, e alcune lo farebbero in ogni caso. Loial è un nome appropriato poiché la tua natura è leale. Ogni donna lo amerebbe.»

Le orecchie dell’Ogier divennero rigide per la violenta emozione e Perrin sorrise. Faile aveva chiaramente lisciato Loial tutta la mattina nella speranza che l’Ogier sarebbe stato d’accordo a portarla con loro, non importa cosa volesse Perrin, ma cercare di punzecchiarlo era stato come fargli mangiare un sasso senza che lui lo sapesse. «Hai avuto notizie di tua madre, Loial?» chiese Faile.

«No.» Loial sembrò sollevato e preoccupato allo stesso tempo. «Ma ieri ho visto Laefar in città. Era sorpreso di vedermi quanto io di incontrarlo; noi Ogier non siamo una vista comune a Tear. Era venuto da Stedding Shangtai per negoziare le riparazioni di alcuni lavori di pietra ogier in uno dei palazzi. Non dubito che le prime parole che pronuncerà al ritorno allo stedding saranno tipo ‘Loial a Tear’.»

«Questo è preoccupante» osservò Perrin, e Loial annuì demoralizzato.

«Laefar mi ha detto che gli Anziani mi hanno dichiarato fuggiasco e mia madre ha promesso di farmi sposare e sistemare immediatamente. Ha anche già scelto una ragazza per me. Laefar però non sapeva chi. Almeno mi ha detto di non saperlo. Crede che certe osservazioni siano divertenti. Potrebbe essere qui in un mese.»

Il volto di Faile era l’immagine della confusione e Perrin si mise quasi a ridere. La ragazza credeva di conoscere più cose di lui riguardo al mondo — be’, in realtà era vero — ma non conosceva Loial. Stedding Shangtai era la casa di Loial, sulla Dorsale del Mondo, e siccome aveva appena superato i novant’anni, non era abbastanza vecchio per essere lasciato da solo. Gli Ogier vivevano molto a lungo; secondo i loro canoni, Loial non era più grande di Perrin, forse anche più giovane. Ma Loial era andato via per vedere il mondo e la paura più grande era che la madre lo ritrovasse e lo trascinasse indietro allo stedding per farlo sposare, senza poter andare mai più via.

Mentre Faile stava cercando di capire cosa stesse accadendo, Perrin si intromise nel silenzio. «Devo tornare nei Fiumi Gemelli, Loial. Tua madre non ti troverà lì.»

«Sì, è vero.» L’Ogier si strinse nelle spalle a disagio. «Ma il mio libro, la storia di Rand, la tua e quella di Mat. Ho già tanti appunti, ma...» girò attorno al tavolo, guardando il libro aperto, la pagina era coperta dalla sua bella calligrafia. «Sarò colui che scriverà la vera storia del Drago Rinato, Perrin. Il solo libro scritto da un suo compagno di viaggio, uno che ha visto svilupparsi la storia. Il Drago Rinato, di Loial figlio di Arent figlio di Halan, di Stedding Shangtai.» Aggrottando le sopracciglia si inchinò sopra al libro, intingendo la penna nel calamaio. «Questo non era propriamente corretto. Era più...» Perrin mise una mano sulla pagina dove Loial stava per scrivere. «Non scriverai alcun libro se tua madre ti trova. Certo non su Rand. Ho bisogno di te, Loial.»

«Bisogno, Perrin? Non capisco.»

«Ci sono i Manti Bianchi nei Fiumi Gemelli. Stanno dandomi la caccia.»

«I Manti Bianchi ti danno la caccia? Ma perché?» Loial sembrava confuso quanto Faile la quale, d’altro canto, adesso sorrideva compiaciuta in modo preoccupante. Perrin proseguì in ogni caso.

«Il motivo non ha importanza, il fatto è che lo stanno facendo. Potrebbero fare del male alla gente di Emond’s Field o alla mia famiglia mentre mi cercano. Conoscendo i Manti Bianchi, lo faranno. Non posso fermare tutto ciò se non riesco a recarmi lì velocemente, ma deve essere fatto in maniera rapida. Solo la Luce sa cosa hanno già combinato. Ho bisogno che mi porti laggiù, Loial, usando le Vie. Una volta mi hai raccontato che c’era una Porta delle Vie da queste parti, e so che ce ne era una nel Manetheren. Deve ancora essere lì, sulle montagne sopra Emond’s Field. Niente può distruggere una Porta delle Vie, così mi hai spiegato. Ho bisogno di te, Loial.»

«Be’, naturalmente ti aiuterò» rispose Loial. «Le Vie.» Espirò rumorosamente e le orecchie si avvizzirono un po’. «Voglio scrivere delle avventure, non averle. Ma immagine che un’altra volta non mi farà male. Se lo vuole la Luce» concluse.

Faile si schiarì delicatamente la gola. «Non stai dimenticandoti qualcosa, Loial? Mi hai promesso di guidarmi nelle Vie qualora te lo avessi chiesto, e prima di chiunque altro.»

«Ti ho promesso un’occhiata alle Porte delle Vie» rispose Loial «e di vedere come sono all’interno. Puoi farlo quando io e Perrin andremo via. Immagino che potresti venire con noi, ma le Vie non vanno prese alla leggera, Faile. Io per primo non ci entrerei se Perrin non ne avesse bisogno.»

«Faile non verrà» intervenne Perrin con fermezza. «Solo tu e io, Loial.»

Ignorandolo, Faile sorrise a Loial come se stesse prendendola in giro. «Mi hai promesso più di un’occhiata, Loial. Di portarmi ovunque volessi, in qualsiasi momento, e prima di chiunque altro. Lo hai giurato.»

«L’ho fatto» protestò Loial «ma solo perché rifiutavi di credere che te le avrei mostrate. Hai detto che non ci avresti creduto a meno che non avessi giurato. Farò quanto promesso, ma certamente non vorrai avere la precedenza sui bisogni di Perrin.»

«Hai giurato» insisté Faile con calma. «Su tua madre, tua nonna e anche la ma trisavola.»

«Sì, l’ho fatto Faile, ma Perrin...»

«Hai giurato, Loial. Intendi mancare al giuramento?»

L’Ogier assomigliava a un ammasso miserevole. Aveva le spalle incurvate e le orecchie basse, gli angoli dell’ampia bocca rivolti verso il basso e le punte delle lunghe sopracciglia afflosciate sulle guance.

«Ti ha imbrogliato, Loial.» Perrin si chiese se Faile poteva sentirlo digrignare i denti. «Lo ha fatto deliberatamente.»

Le guance di Faile divennero rosse, ma ebbe ancora il coraggio di aggiungere: «Solo perché ho dovuto, Loial. Solamente perché un uomo sciocco pensa di poter gestire la mia vita come meglio crede. Altrimenti non lo avrei fatto. Devi credermi.»

«Non fa alcuna differenza che ti abbia imbrogliato?» chiese Perrin e Loial scosse il massiccio capo tristemente.

«Gli Ogier mantengono la parola data» rispose Faile. «E Loial mi porterà nei Fiumi Gemelli. O almeno alla Porta delle Vie di Manetheren. Desidero vedere i Fiumi Gemelli.»

Loial si raddrizzò. «Ma questo significa che dopotutto posso aiutare Perrin. Faile, perché hai escogitato tutto questo? Anche Faelar non lo troverebbe divertente.» C’era un pizzico di rabbia nella voce dell’Ogier e ci voleva parecchio per far arrabbiare uno della sua razza.

«Se lui lo chiede» rispose la donna con determinazione. «È parte dell’accordo. Nessun altro se non tu e io, a meno che non chiedano. Deve chiederlo a me.»

«No» la apostrofò Perrin mentre Loial ancora stava aprendo la bocca. «No. Non chiederò. Piuttosto cavalcherò fino a Emond’s Field. Camminerò! Per cui puoi anche rinunciare a questa idiozia. Imbrogliare Loial. Cercare di imporre la tua presenza dove... dove non sei gradita.»

La calma di Faile mutò in rabbia. «E quando sarai arrivato lì, Loial e io ce la saremo già vista con i Manti Bianchi. Sarà tutto finito. Chiedi, testa di incudine di un fabbro! Limitati a chiedere, e potrai venire con noi.»

Perrin si trattenne a stento. Non c’era modo di convincerla a seguirlo nei suoi ragionamenti, ma non avrebbe chiesto. Faile aveva ragione — avrebbe avuto bisogno di settimane per raggiungere i Fiumi Gemelli a cavallo; loro potevano essere lì forse in due giorni, seguendo le Vie — ma non avrebbe chiesto in ogni caso. Non dopo che ha imbrogliato Loial e cercato di tiranneggiarmi! pensò. «Allora viaggerò nelle Vie per Manetheren da solo. Vi seguirò. Se riuscirò a stare abbastanza indietro da non far parte del vostro gruppo, non romperò il giuramento di Loial. Non puoi evitare che vi segua.»

«È pericoloso, Perrin» osservò Loial preoccupato. «Le Vie sono scure. Se perdi una svolta, o imbocchi il ponte sbagliato, potresti perderti per sempre. O fino a quando non verrai preso da Machin Shin. Chiedi a Faile, Perrin. Ha detto che puoi venire se chiedi. Chiedi.»

La voce profonda dell’Ogier aveva tremato nel pronunciare il nome di Machin Shin, e Perrin era stato pervaso dai brividi. Machin Shin. Il Vento Nero. Nemmeno le Aes Sedai sapevano se faceva parte della progenie dell’Ombra o se fosse qualcosa che si era sviluppato a seguito della contaminazione delle Vie. Machin Shin era il motivo per cui viaggiare nelle Vie significava rischiare la morte; era quanto gli aveva spiegato l’Aes Sedai. Il Vento Nero si nutriva di anime. Perrin sapeva che era vero, ma mantenne la voce calma e il volto per nulla turbato. Che io sia folgorato se lascerò che Faile creda che mi sto rammollendo, pensò. «Non posso, Loial. E in ogni caso non voglio.»

Loial fece una smorfia. «Faile, sarà pericoloso per lui cercare di seguirci. Per favore, calmati e lascia che...» Faile lo interruppe dura.

«No. Se è troppo rigido per chiedere, perché dovrei cedere? Perché dovrebbe importarmi se si perde?» si voltò verso Perrin. «Puoi viaggiare vicino a noi. Quanto desideri, fin quando sia chiaro che ci stai seguendo. Seguirai le mie tracce come un cagnolino fino a quando non chiederai. Perché non vuoi chiedere?»

«Umani testardi» mormorò l’Ogier. «Frettolosi e ostinati, anche quando la fretta ti porta dritto in un nido di calabroni.»

«Vorrei andare via oggi, Loial» proseguì Perrin, senza guardare Faile.

«Meglio muoversi velocemente» concordò Loial con uno sguardo di rimpianto al libro sul tavolo. «Suppongo di poter riordinare i miei appunti durante il viaggio. Sa la Luce cosa mi perderò, allontanandomi da Rand.»

«Mi hai sentita, Perrin?» chiese Faile.

«Prenderò il cavallo e alcune vettovaglie, Loial. Potremmo essere in cammino per metà mattinata.»

«Che tu sia folgorato, Perrin Aybara. Rispondimi!»

Loial la guardò preoccupato. «Perrin, sei certo che non potresti...»

«No» lo interruppe gentilmente Perrin. «È testarda come un mulo e le piace fare trucchetti. Non ballerò per farla ridere.» Ignorò i versi gutturali che stava facendo Faile, come un gatto che fissava uno strano cane ed era pronto ad attaccare. «Ti avviserò quando sono pronto.» Perrin si avviò verso la porta e la ragazza gridò appresso a lui furiosa.

«‘Quando’ è una mia decisione, Perrin Aybara. Mia e di Loial. Mi hai sentita? Sarà meglio che tu sia pronto in due ore, o ti lasceremo indietro. Puoi incontraci alla stalla vicino al cancello del Muro del Drago, se decidi di venire. Mi hai sentita?»

Perrin percepì il movimento e si chiuse la porta alle spalle proprio mentre qualcosa vi sbatteva contro. Un libro, pensò. Loial l’avrebbe fatta nera per questo. Preferiva essere colpito sulla testa che vedere danneggiato uno dei suoi libri.

Per un momento Perrin si accostò alla porta, disperato. Tutto quello che aveva fatto, tutto ciò che aveva passato per far sì che lei lo odiasse, e alla fine sarebbe stata presente in ogni caso per vederlo morire. Forse adesso si sarebbe goduta lo spettacolo. Testarda donna ostinata! pensò.

Quando si voltò per andare via, uno degli Aiel stava avvicinandosi, un uomo alto con i capelli rossicci e gli occhi verdi che avrebbe potuto essere il cugino più grande di Rand, o un giovane zio. Perrin conosceva quell’uomo e gli piaceva, fosse anche solamente perché Gaul non aveva mai accennato di aver notato gli occhi gialli. «Che tu possa trovare l’ombra stamattina, Perrin. La majhere mi aveva detto che ti eri recato da questa parte, anche se credo che avesse voglia di mettermi in mano una scopa. Quella donna è dura come una Sapiente.»

«Che tu possa trovare ombra questa mattina, Gaul. Le donne sono tutte teste dure, se proprio vuoi saperlo.»

«Forse, se non sai come aggirarle. Ho sentito dire che partirai alla volta dei Fiumi Gemelli.»

«Luce!» Perrin ruggì prima che l’Aiel potesse aggiungere altro. «Lo sa tutta la Pietra?» Se Moiraine avesse scoperto...

Gaul scosse il capo. «Rand al’Thor mi ha preso da parte e mi ha parlato, chiedendomi di non dirlo a nessuno. Credo che abbia anche parlato con altri, ma non so quanti vorranno venire con te. Ci troviamo da questo lato del Muro del Drago da molto tempo, e parecchi scalpitano per tornare nella terra delle Tre Piegature.»

«Venire con me?» Perrin era colpito. Se gli Aiel andavano con lui... C’erano possibilità che non aveva osato prendere in considerazione prima di quel momento. «Rand ti ha chiesto di venire con me? Nei Fiumi Gemelli?» Gaul scosse nuovamente la testa. «Ha detto solamente che stavi andando via e che c’erano uomini che avrebbero potuto tentare di ucciderti. Io voglio accompagnarti, se mi accetterai al tuo fianco.»

«Se io voglio?» Perrin si mise quasi a ridere. «Certo. Viaggeremo attraverso le Vie in circa due ore.»

«Le Vie?» L’espressione di Gaul non cambiò, ma batté le palpebre.

«Fa differenza?»

«La morte giunge per tutti gli uomini, Perrin.» Non era una risposta molto consolatoria.

«Non posso credere che Rand sia così crudele» osservò Egwene, e Nynaeve aggiunse: «Almeno non ha provato a fermarti.» Appoggiate sul letto di Nynaeve. stavano finendo la divisione dell’oro che Moiraine aveva dato loro. Quattro sacchetti di monete da nascondere nelle tasche cucite sotto le gonne di Elayne e Nynaeve, e un altro più piccolo per non attirare attenzioni indesiderate, da portare appeso alla cintura. Egwene ne aveva presi di meno, poiché nel deserto non poteva farne grande uso. Elayne guardò accigliata i due fagotti ben chiusi e il documento manoscritto nella custodia di cuoio appoggiata vicino alla porla. C’erano dentro tutti i suoi abiti e altre cose. Forchetta e coltello, spazzola e pettine, aghi, spille, filo, ditale, forbici. Un’esca e un secondo pugnale, più piccolo di quello che portava alla cintura. Sapone, polvere da bagno e... era ridicolo ricontrollare tutto ancora una volta. L’anello di pietra di Egwene era ben riposto nel sacchetto. Era pronta a partire. Non c’era nulla che la trattenesse.

«No, non ci ha provato.» Elayne era fiera di come appariva calma e raccolta. Rand sembrava quasi sollevato! E gli ho dato quella lettera deponendogli il cuore davanti ai piedi, sincero come quello di una stupida cieca! Almeno non l’aprirà fino a quando non sarò andata via, si disse Elayne. Sussultò quando Nynaeve le appoggiò una mano sulla spalla.

«Volevi che ti chiedesse di restare? Sai quale sarebbe stata la tua risposta. Lo volevi, vero?»

Elayne serrò le labbra. «Certo. Ma non doveva sembrare addirittura felice.» Elayne si era lasciata sfuggire quest’ultima frase.

Nynaeve la guardò comprensiva. «Gli uomini sono a dir poco difficili.»

«Ancora non riesco a credere che sia stato così... così...» iniziò a mormorare Egwene. Elayne non scoprì cosa intendeva dire, perché in quel momento qualcuno aprì la porta con tale forza che rimbalzò sul muro.

Elayne aveva abbracciato saldar prima ancora di smettere di arretrare, quindi provò un momento di imbarazzo quando la porta rimbalzò forte contro la mano aperta e protesa in avanti di Lan. Ma decise di mantenere il contatto con la Fonte ancora per un altro po’. Il Custode riempiva la soglia con le spalle ampie, il viso era cupo; se con quegli occhi azzurri avesse davvero potuto scagliare i fulmini che minacciavano, avrebbero fatto esplodere Nynaeve. Il bagliore di saidar circondò anche Egwene e non scomparve.

Lan non sembrò notare altre se non Nynaeve. «Mi hai lasciato credere che stavi tornando a Tar Valon» si rivolse graffiante a Nynaeve.

«Forse lo hai creduto» rispose la ragazza con calma «ma io non l’ho mai detto.»

«Mai detto? Mai detto! Hai parlato di andare via oggi, e hai sempre collegato la tua partenza con quella delle Amiche delle Tenebre che dovevano essere imbarcate per Tar Valon. Sempre! Cosa volevi che pensassi?»

«Ma non ho mai detto...»

«Luce, donna!» gridò. «Non fare giochi di parole con me!»

Elayne scambiò degli sguardi preoccupati con Egwene. Quest’uomo aveva un autocontrollo ferreo, ma adesso era sul punto di rottura. Nynaeve era quella che lasciava trasparire spesso le proprie emozioni, eppure lo stava affrontando freddamente, a testa alta e con gli occhi sereni, le mani ancora adagiate sul vestito di seta verde.

Lan stava cercando di dominarsi con notevole sforzo. Il viso era duro come sempre, sotto controllo, ma Elayne era certa che fosse solo apparenza. «Non avrei saputo dove ti stai dirigendo se non avessi sentito che avete richiesto una carrozza. Per portarvi a un’imbarcazione in rotta verso Tanchico. Tanto per cominciare non so perché l’Amyrlin vi abbia permesso di lasciare la Torre, o perché Moiraine vi abbia coinvolte nell’interrogatorio di quelle Sorelle Nere, ma siete solamente tre Ammesse. Ammesse, non Aes Sedai. Tanchico adesso non è un luogo sicuro se non per un’Aes Sedai con un Custode che le guardi le spalle. Non ti lascerò andare laggiù!»

«Quindi» rispose con leggerezza Nynaeve «stai dubitando delle decisioni di Moiraine, e anche di quelle dell’Amyrlin. Forse per tutto il tempo ho frainteso i Custodi. Credevo che giuraste di accettare e obbedire, fra le altre cose. Lan, capisco la tua preoccupazione e te ne sono grata — più che grata — ma tutti abbiamo incarichi da portare a termine. Noi partiamo; devi rassegnarti.»

«Perché? Luce, almeno dimmi perché Tanchico!»

«Se Moiraine non te lo ha detto» continuò con gentilezza Nynaeve «forse ha le sue ragioni. Dobbiamo eseguire i nostri ordini, e tu i tuoi.»

Lan tremò — tremò! — e chiuse la bocca rabbiosamente. Quando parlò, era stranamente esitante. «Avrai bisogno di qualcuno che ti aiuti a Tanchico. Qualcuno in grado di fare in modo che un borsaiolo di Tarabon non ti accoltelli alle spalle per derubarti. Tanchico era già così prima che iniziasse la guerra e tutto ciò che ho sentito indica che adesso è peggio. Potrei... potrei proteggerti, Nynaeve.»

Le sopracciglia di Elayne scattarono in alto. Non stava suggerendo di... non poteva.

Nynaeve non diede segno che Lan avesse detto qualcosa fuori dall’ordinario. «Il tuo posto è con Moiraine.»

«Moiraine.» Il sudore imperlava il viso duro del Custode che lottava con le parole. «Posso... devo... Nynaeve, io... io...»

«Resterai con Moiraine» lo interruppe dura «fino a quando non ti rilascerà dal legame. Farai quel che ti dico!» Estrasse una lettera piegata con cura dal sacchetto e gliela mise fra le mani. Lan aggrottò le sopracciglia, lesse, quindi batté le palpebre e lesse nuovamente.

Elayne conosceva il testo.

Ciò che il latore della presente compie, lo fa per mio ordine e sotto la mia autorità. Obbedite e mantenete il silenzio, per mio ordine.

Siuan Sanche

Sorvegliante dei Sigilli

Fiamma di Tar Valon

L’Amyrlin Seat

L’altra lettera era riposta nel sacchetto di Egwene, anche se nessuna di loro era certa di quanto le sarebbe servita nel luogo dove stava recandosi.

«Ma questa ti permette di fare quello che vuoi» protestò Lan. «Puoi parlare in nome dell’Amyrlin. Perché avrebbe dato una simile lettera a un’Ammessa?»

«Non fare domande alle quali non posso rispondere» puntualizzò Nynaeve, quindi aggiunse con l’ombra di un sorriso: «Considerati fortunato che non ti chieda di ballare per me.»

Elayne represse un sorriso. Egwene emise un verso strozzato e inghiottì una risata. Era ciò che aveva detto Nynaeve la prima volta, quando l’Amyrlin aveva dato loro le lettere. Con questa potrei far ballare un Custode. Nessuna di loro aveva dubitato su quale Custode fosse.

«Non lo farai? Hai disposto di me molto bene. Il mio legame, e i miei giuramenti. Questa lettera.» Negli occhi di Lan c’era un bagliore pericoloso che Nynaeve non sembrò notare mentre riprendeva la lettera e la riponeva nel sacchetto appeso alla cintura.

«Sei pieno di te, al’Lan Mandragoran. Noi facciamo quel che dobbiamo, proprio come te.»

«Pieno di me stesso, Nynaeve al’Meara? ‘Io’ sono pieno di me?» Lan si mosse con tale velocità verso Nynaeve che Elayne lo avvolse quasi in alcuni flussi di Aria prima di poter pensare. Un momento Nynaeve era lì in piedi, con appena il tempo di restare a bocca aperta davanti all’uomo che si precipitava contro di lei; il momento successivo si ritrovò con i piedi sospesi a trenta centimetri dal suolo mentre veniva baciata profondamente. All’iniziò lo scalciò negli stinchi e lo prese a pugni, facendo versi frenetici, protestando furiosamente, ma i calci rallentarono, quindi si fermarono, alla fine rimase aggrappata alle sue spalle senza protestare.

Egwene abbassò gli occhi imbarazzata, ma Elayne guardava con interesse. Era così che appariva quando Rand... No! Non penserò a lui, si disse. Si chiese se aveva tempo di scrivere un’altra lettera, per ritirare tutto ciò che aveva detto nella prima, per fargli sapere che non era seria. Ma voleva?

Dopo un po’ Lan rimise a terra Nynaeve, la quale oscillò leggermente mentre si lisciava il vestito e si sistemava furiosamente i capelli.

«Non avevi il diritto di...» iniziò a dire senza voce, quindi si fermò a deglutire. «Non ti permetto di trattarmi a questo modo davanti a tutti. Non posso!»

«Non è l’intero mondo» rispose Lan. «Ma se le tue amiche possono guardare, possono anche sentire. Ti sei creata un posto nel mio cuore dove credevo non ci fosse spazio per altro. Hai fatto crescere fiori dove coltivavo polvere e pietre. Ricordatelo, durante questo viaggio che insisti nel voler affrontare. Se morirai, non ti sopravviverò a lungo.» Regalò a Nynaeve uno dei suoi rari sorrisi, che non ammorbidì quel volto, ma almeno lo rese meno duro. «E ricorda anche che non è sempre così facile darmi degli ordini, anche con le lettere dell’Amyrlin.» Fece un elegante inchino e per un momento Elayne pensò che avrebbe baciato l’anello con il Gran Serpente. «Come tu ordini» mormorò «io obbedisco.» Era difficile capire se intendeva prenderla in giro o no.

Non appena la porta si chiuse alle sue spalle, Nynaeve si lanciò lungo il bordo del letto come se finalmente avesse concesso alle ginocchia di cedere e fissò la porta pensierosa.

«Pungola il cane più mite una volta di troppo» citò Elayne «e morderà. Non che Lan sia mite.» Nynaeve la ricambiò con uno sguardo pungente e tirando su con il naso.

«È insopportabile» osservò Egwene. «A volte lo è, Nynaeve, perché hai fatto una simile cosa? Era pronto a seguirti. So che non vuoi niente di più che liberarlo da Moiraine. Non cercare di negarlo.»

Nynaeve non lo fece. Al contrario giocherellò con il vestito e sistemò il copriletto. «Non in quel modo» rispose alla fine. «Voglio che sia mio. In tutto. Non voglio che ricordi un giuramento non mantenuto con Moiraine. Non permetterò che una simile cosa si frapponga fra noi. Per lui e per me.»

«Ma sarà diverso se lo porterai a chiedere a Moiraine di rilasciarlo dal legame?» le domandò Egwene. «Lan è il tipo d’uomo per cui sarebbe la stessa cosa. L’unica soluzione è che sia Moiraine a liberarlo dall’impegno. Come potrai riuscirci?»

«Non lo so.» Nynaeve rese la voce più ferma. «Eppure ciò che va fatto, può essere fatto. C’è sempre un sistema, ma sarà per un’altra volta. Adesso abbiamo del lavoro da svolgere e ce ne stiamo qui a parlare di uomini. Sei sicura di avere tutto ciò che ti potrà servire nel deserto, Egwene?»

«Aviendha sta preparando tutto» rispose la ragazza. «Sembra ancora infelice, ma ha detto che possiamo raggiungere il Rhuidean in poco più di un mese, se siamo fortunate. Per quel momento voi sarete già a Tanchico.»

«Forse anche prima» intervenne Elayne «se quel che dicono riguardo i perlustratoli del Popolo del Mare è vero. Sarai prudente, vero Egwene? Anche con Aviendha come guida, il deserto non può essere sicuro.»

«Lo farò. Anche voi due, siate prudenti. Tanchico non è un posto più sicuro del deserto, adesso.»

Di colpo si abbracciarono, ripetendo delle raccomandazioni, ricordando gli appuntamenti per gli incontri nella Pietra del Tel’aran’rhiod.

Elayne si strofinò via le lacrime dalla guancia. «Meno male che Lan è andato via» rise tremando. «Penserebbe che ci stiamo comportando tutte da sciocche.»

«No, non lo farebbe» rispose Nynaeve, tirandosi su la gonna per sistemare un sacchetto d’oro nella tasca. «Potrà essere un uomo, ma non è uno zuccone integrale.»

C’era ancora tempo, decise Elayne, prima che giungesse la carrozza, per trovare carta e penna. Lo avrebbe trovato. Nynaeve aveva ragione. Gli uomini avevano bisogno di una mano ferma. Rand avrebbe scoperto che non poteva liberarsi di lei con tanta facilità. E lui non avrebbe trovato facile rientrare nelle sue grazie.

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