12 La traversata del Taren

Ai piedi della scala, Lan disse agli altri di smontare e di seguirlo portando per la briglia i cavalli. Ancora una volta dovevano fare affidamento sul fatto che il Custode conoscesse la strada. La nebbia turbinò intorno alle ginocchia di Rand, gli nascose i piedi e tutto ciò che distava più d’un braccio. Non era fitta come all’esterno del paese, ma gli permetteva a stento di scorgere gli altri.

A parte loro, nessun essere umano si muoveva nella notte. Adesso le finestre illuminate erano più numerose di prima, ma la fitta nebbia le rendeva semplici chiazze confuse e quasi sempre la macchia di luce era l’unica cosa visibile. Altre case parevano galleggiare in un mare di nuvole o emergere all’improvviso dalla nebbia che continuava a nascondere quelle vicine, come se le prime sorgessero isolate nel raggio di miglia.

Rand, indolenzito per la lunga cavalcata, si domandò se non ci fosse un modo per raggiungere Tar Valon a piedi. Certo, in quel momento camminare non era meno doloroso di cavalcare, ma i piedi erano forse l’unica parte del corpo che non gli doleva. E poi, a camminare era abituato.

Lan disse qualcosa, ma Rand udì solo la risposta di Moiraine. «Devi occupartene tu» disse l’Aes Sedai. «Già così ricorderà fin troppo, ma non possiamo evitarlo. Se risaltassi nei suoi pensieri...»

Con irritazione Rand si aggiustò sulle spalle il mantello ormai bagnato, tenendosi vicino agli altri. Mat e Perrin brontolavano sottovoce, con esclamazioni soffocate quando urtavano un ostacolo invisibile. Anche Thom Merrilin borbottava: alle orecchie di Rand giunsero parole come “pasto caldo", “fuoco", “vino speziato"; ma né il Custode né l’Aes Sedai vi badarono. Egwene procedeva in silenzio, a schiena dritta e a testa alta, ma senza l’abituale scioltezza di movimenti, perché anche lei, come gli altri, non era abituata alle cavalcate.

Egwene aveva l’avventura che desiderava, si disse Rand, e almeno per il momento non notava piccole cose come la nebbia, l’umidità, il freddo. C’era una differenza, nel modo di vedere le cose, a seconda se si cercava o no l’avventura. Le storie riuscivano senza dubbio a rendere entusiasmante una galoppata nella gelida nebbia, inseguiti da un Draghkar e chissà cos’altro. Egwene si entusiasmasse pure: lui sentiva solo il freddo e l’umidità ed era lieto di trovarsi di nuovo in un villaggio, anche se era Taren Ferry.

All’improvviso urtò un ostacolo grande e tiepido: il destriero di Lan. Il Custode e Moiraine si erano fermati. Tutti li imitarono e ciascuno accarezzò il proprio cavallo per confortare tanto l’animale quanto se stesso. In quel punto la nebbia era un po’ più rada, quanto bastava perché ognuno vedesse gli altri. Basse volute simili ad acqua grigia nascondevano ancora i piedi. Le case parevano scomparse.

Con cautela Rand tirò Cloud un po’ più avanti e fu sorpreso di udire sotto i piedi il rumore di assi di legno: il pontile del traghetto. Subito si ritrasse. Aveva sentito dire che l’approdo di Taren Ferry era simile a un ponte, ma arrivava solo fino al traghetto. Il Taren era ampio e profondo, pieno d’infide correnti che avevano ragione anche del nuotatore più robusto. Con l’aggiunta della nebbia... Con sollievo sentì di nuovo sotto i piedi il terreno.

«Sst!» sibilò Lan. Si avvicinò a Perrin e gli scostò il mantello in modo che l’ascia fosse ben visibile. Rivolse agli altri un gesto. Rand ubbidì, anche se non capiva lo scopo, e si gettò sulla spalla un lembo del mantello in modo che si vedesse la spada. Nella nebbia comparvero alcune luci ballonzolanti e si udì rumore soffocato di passi.

Sei uomini dal viso stolido, rozzamente vestiti, seguivano mastro Torralta. Reggevano torce che creavano intorno a loro una chiazza di luce. Quando si fermarono, il gruppetto giunto da Emond’s Field fu chiaramente visibile, nel cerchio di luce circondato da una muraglia grigia che sembrava ancora più fitta per il riflesso. Il traghettatore esaminò i forestieri, con la testa piegata di lato e le narici che vibravano come quelle di una donnola che fiutasse il vento per paura d’una trappola.

Lan si appoggiò alla sella, con apparente noncuranza, ma tenne la mano sull’elsa, in modo che tutti vedessero. Dava l’impressione di una molla compressa, pronta a scattare.

Rand si affrettò a copiare la posa del Custode... almeno per quanto riguardava la mano sull’elsa. Non sarebbe mai riuscito ad avere quella sua aria micidiale, si disse. E pensò: “Si metterebbero a ridere, se ci provassi".

Perrin sganciò il fermaglio dell’ascia e si piantò a gambe larghe, pronto a impugnarla. Mat posò la mano sulla faretra, ma Rand non credeva che la corda dell’arco fosse in buone condizioni, dopo tutta quell’umidità. Thom Merrilin avanzò maestosamente d’un passo e protese la mano vuota, rigirandola; all’improvviso eseguì uno svolazzo e un pugnale gli comparve fra le dita; Thom batté l’elsa sul palmo e con noncuranza iniziò a pulirsi le unghie.

Da Moiraine provenne una risatina di divertimento. Egwene batté le mani come se assistesse a uno spettacolo, ma si bloccò subito e parve imbarazzata, pur conservando il sorriso.

Torralta parve tutt’altro che divertito. Fissò Thom, poi si schiarì rumorosamente la voce. «Si è parlato di altro oro per la traversata» disse. Girò intorno lo sguardo arcigno e subdolo. «Quel che mi avete già dato è ormai al sicuro, capito? Dove non potete mettere le mani.»

«Avrai il resto dell’oro quando saremo dall’altra parte» disse Lan. «Scosse il borsello di cuoio appeso alla cintura, che mandò un tintinnio.»

Il traghettatore si guardò ancora intorno, ma alla fine annuì. «Procediamo, allora» borbottò e si diresse al pontile, seguito dai sei aiutanti. La nebbia si dissipò intorno a loro, man mano che avanzavano; grigie volute si richiusero alle loro spalle e riempirono in fretta lo spazio lasciato vuoto. Rand si mosse per non restare indietro.

Il traghetto era una chiatta di legno con alte fiancate su tre lati e una rampa che, alzata, chiudeva il quarto. Funi grosse come il polso correvano ai lati; erano legate a pali massicci posti all’estremità del pontile e sparivano nel buio sopra il fiume. Gli aiutanti infilarono le torce in apposite staffe di ferro infisse sulle fiancate del traghetto, attesero che ciascuno spingesse sulla chiatta il proprio cavallo e alzarono la rampa. L’assito scricchiolò sotto gli zoccoli e il traghetto s’inclinò per il peso.

Torralta brontolò sottovoce e disse di tenere fermi i cavalli e di stare al centro per non intralciare gli aiutanti. Incitò a gran voce i suoi uomini, ma quelli continuarono a muoversi con la stessa riluttanza. Anche lui pareva esitante: spesso s’interrompeva per alzare la torcia e scrutare nella nebbia. Alla fine smise di gridare, andò a prua e rimase a fissare la nebbia che ricopriva il fiume. Si mosse solo quando un aiutante gli toccò il braccio; trasalì e lo guardò con rabbia.

«Cosa? Ah, sei tu. Tutto pronto? Era ora. Che aspetti?» Agitò le braccia, senza badare alla torcia e ai nitriti dei cavalli che cercavano di farsi indietro. «Molla gli ormeggi! Muoviti!» L’uomo si allontanò per eseguire l’ordine e Torralta riprese a scrutare nella nebbia.

Tolti gli ormeggi, il traghetto si mosse di scatto, afferrato dalla corrente; poi si arrestò bruscamente, trattenuto dalle funi di guida. Gli aiutanti, tre per lato, afferrarono le funi all’altezza della prua e faticosamente andarono all’indietro, borbottando a disagio, mentre il traghetto avanzava nel fiume ammantato di grigio.

Il pontile scomparve; la nebbia li circondò ed esili filamenti s’insinuarono fra le torce. La chiatta rollò piano nella corrente. L’unico movimento era il passo deciso dei sei uomini, avanti ad afferrare le funi e indietro a tirarle. Nessuno aprì bocca. I passeggeri si mantennero il più possibile al centro del traghetto. I quattro di Emond’s Field avevano sentito dire che il Taren era molto più ampio dei fiumi che conoscevano e la nebbia lo rendeva smisurato.

Dopo un certo tempo, Rand si accostò a Lan. Fiumi che un uomo non potesse guadare o attraversare a nuoto o scorgerne la riva opposta innervosivano chi non aveva visto niente di più ampio o più profondo d’un laghetto del Waterwood. «Credi che avrebbero tentato davvero di derubarci?» domandò a bassa voce. «Lui si comportava come se avesse paura che fossimo noi a derubarlo.»

Prima di rispondere, anche lui sottovoce, il Custode lanciò un’occhiata al traghettatore e ai suoi aiutanti: pareva che nessuno tendesse l’orecchio. «Con la nebbia a nasconderli... be’, quando nessuno vede, a volte gli uomini trattano gli estranei in modi che non userebbero sotto gli occhi di qualcuno. E chi assalirebbe un forestiero è il primo a pensare che un forestiero possa assalire lui. Quello lì venderebbe sua madre ai Trolloc come stufato, se il prezzo fosse giusto. Non sono sorpreso della tua domanda. Ho sentito cosa dice la gente di Emond’s Field di quella di Taren Ferry.»

«Sì, ma... Be’, tutti dicono che loro... Ma non credevo che facessero davvero...» Rand si convinse che in realtà non sapeva molto, della gente di altri villaggi. «Potrebbe dire al Fade che abbiamo attraversato il fiume» concluse. «E traghettare i Trolloc.»

Lan ridacchiò, secco. «Derubare un forestiero è una cosa, trattare con un Mezzo Uomo è ben diverso. Te lo vedi a traghettare i Trolloc, soprattutto con questa nebbia, per quanto oro gli offrano? O a parlare con un Myrddraal, se avesse scelta? Solo il pensiero lo farebbe correre per un mese. Non credo che ci sia molto da preoccuparsi degli Amici delle Tenebre, a Taren Ferry. Siamo al sicuro... per un poco, almeno. E da costoro, comunque. Attento!»

Torralta aveva smesso di scrutare nella nebbia e si era girato. Con il viso proteso e la torcia tenuta alta, fissò Lan e Rand come se li vedesse chiaramente solo allora. A un tratto si girò bruscamente, come se si fosse accorto d’essere fissato a sua volta. Riprese a cercare la riva o quel che s’aspettava di trovare nella nebbia.

«Non dire più niente» riprese Lan, a voce così bassa che Rand capì a stento le parole. «Sono tempi brutti, per parlare di Trolloc o di Amici delle Tenebre o del Padre delle Menzogne, se ci sono estranei a portata d’orecchio. Discorsi del genere possono provocare qualcosa di peggio della Zanna del Drago scarabocchiata sulla porta.»

Rand non sentì nessuna voglia di continuare con le domande. Il suo umor nero peggiorò. Amici delle Tenebre! Come se Fade, Trolloc e Draghkar non fossero preoccupazioni sufficienti. Almeno un Trolloc si distingueva a prima vista.

All’improvviso dei pali si stagliarono nella nebbia davanti a loro. Il traghetto urtò la riva e gli aiutanti si affrettarono a legare gli ormeggi e a calare la rampa di prua, mente Mat e Perrin dichiaravano ad alta voce che il Taren non era largo nemmeno la metà di quello che avevano sentito dire. Lan guidò il morello giù dalla rampa, seguito da Moiraine e dagli altri. Quando Rand, l’ultimo, portò giù Cloud dietro Bela, mastro Torralta mandò un grido rabbioso.

«Ehi, voi! Dov’è il mio oro?»

«Ti sarà pagato.» La voce di Moiraine provenne da un punto imprecisato nella nebbia. «E ognuno dei tuoi uomini riceverà un marco d’argento, come premio per la rapida traversata.»

Il traghettatore esitò, faccia protesa come se fiutasse il pericolo; ma, sentendo parlare di premio, gli aiutanti si scossero. Alcuni si soffermarono a prendere una torcia, ma tutti quanti scesero la rampa, prima che Torralta aprisse bocca. Con una smorfia, il traghettatore li seguì.

Gli zoccoli di Cloud mandarono tonfi attutiti, mentre Rand procedeva con prudenza lungo il pontile. Lì la nebbia era fitta come sul fiume. Alla base del pontile, il Custode contava le monete, circondato dalle torce di Torralta e dei suoi aiutanti. Tutti, tranne Moiraine, aspettavano in gruppo poco più in là. L’Aes Sedai guardava il fiume, anche se Rand non capiva che cosa ci fosse da vedere. Con un brivido si strinse nel mantello: adesso era davvero fuori dei Fiumi Gemelli, più lontano di quanto il tragitto giustificasse.

«Ecco» disse Lan, porgendo a Torralta l’ultima moneta. «Come convenuto.» Non ripose il borsello e l’uomo dal viso di furetto lo guardò avidamente.

Con un forte scricchiolio il pontile vibrò. Torralta s’irrigidì e girò di scatto la testa verso il traghetto avvolto nella nebbia. Le torce rimaste a bordo erano due incerte chiazze di luce. Il pontile mandò uno schiocco sonoro di legno spezzato; le due luci balzarono via e cominciarono a girare su se stesse. Egwene mandò uno strillo, Thom imprecò.

«Si è liberato!» gridò Torralta. Spinse gli aiutanti verso il pontile. «Il traghetto si è staccato, idioti! Prendetelo! Prendetelo!»

Gli aiutanti barcollarono per qualche passo, poi si fermarono. Le fioche luci del traghetto vorticavano sempre più velocemente; sopra di esse, la nebbia turbinò, risucchiata in una spirale. Il pontile tremò. Lo scricchiolio di legno riempì l’aria, mentre il traghetto andava a pezzi.

«Un gorgo» disse uno degli aiutanti, con voce piena di stupore reverenziale.

«Non ci sono gorghi nel Taren» replicò Torralta, cupo. «Non c’è mai stato un gorgo...»

«Un colpo di sfortuna.» La voce di Moiraine risuonò sordamente; l’Aes Sedai, nella nebbia che la rendeva solo un’ombra, girò le spalle al fiume.

«Sfortuna» convenne Lan, in tono piatto. «A quanto pare, per un po’ di tempo non traghetterai più nessuno. È davvero una brutta cosa che tu abbia perduto l’imbarcazione durante un servizio.» Infilò la mano nel borsello. «Questo dovrebbe bastare a ripagarti.»

Per un momento Torralta fissò l’oro che scintillava sul palmo di Lan, poi ingobbì le spalle e con un grido inarticolato arraffò le monete, si girò di scatto e corse via nella nebbia. I suoi aiutanti gli furono subito alle calcagna; la luce delle torce svanì rapidamente a monte del fiume.

«Possiamo andarcene» disse l’Aes Sedai, come se nulla d’insolito fosse accaduto. Tirando per la briglia la giumenta bianca, si allontanò dal pontile e risalì la riva.

Rand rimase a fissare il fiume nascosto dalla nebbia. “Può darsi che sia stato un colpo di sfortuna” pensò. “Non ci sono gorghi, ha detto quell’uomo, però..." Si accorse che gli altri erano già spariti e si affrettò allora a risalire il leggero pendio.

Nel giro di tre passi la fitta nebbia svanì. Rand si fermò a guardare indietro. Lungo la riva c’era una muraglia grigia; al di qua, il cielo sereno, ancora buio, anche se la nitidezza della luna indicava l’appressarsi dell’alba.

Il Custode e l’Aes Sedai parlottavano accanto ai cavalli, a breve distanza dalla muraglia di nebbia. Gli altri si erano raggruppati un po’ in disparte: anche al chiaro di luna, il loro nervosismo era evidente. Tutti fissavano Lan e Moiraine; tranne Egwene, si tenevano indietro, come se fossero incerti tra perdere i due o avvicinarsi troppo. Rand ai accostò a Egwene, tirandosi Cloud; la ragazza gli sorrise. Il luccichio degli occhi non era dovuto solo al chiaro di luna.

«Segue il fiume come se fosse tracciata da una penna» diceva in quel momento Moiraine, in tono soddisfatto. «Non ci sono nemmeno dieci donne a Tar Valon in grado di farlo senza aiuto. E per giunta da un cavallo al galoppo.»

«Non vorrei lamentarmi, Moiraine Sedai» disse Thom, con una timidezza per lui insolita «ma non sarebbe stato meglio sfruttare ancora un poco la protezione della nebbia? Fino a Baerlon, per esempio? Se quel Draghkar guarda da questo lato del fiume, non abbiamo risolto niente.»

«I Draghkar non sono molto intelligenti, mastro Merrilin» replicò l’Aes Sedai. «Spaventosi, micidiali, dotati di vista acuta, ma stupidi. Dirà al Myrddraal che questo lato è sgombro, ma che il fiume è coperto di nebbia per alcune miglia a monte e a valle. Il Myrddraal capirà che la nebbia mi è costata uno sforzo supplementare. Non potrà escludere che fuggiamo lungo il fiume e questo lo rallenterà. Dovrà dividere i suoi sforzi. La nebbia dovrebbe durare abbastanza a lungo, quindi non potrà mai essere sicuro che non abbiamo viaggiato almeno in parte per fiume. Certo, potevo estendere la nebbia per un tratto verso Baerlon, ma allora il Draghkar avrebbe frugato il fiume nel giro di qualche ora e il Myrddraal avrebbe saputo con certezza la direzione da noi presa.»

Thom sbuffò e scosse la testa. «Chiedo scusa, Aes Sedai. Mi auguro di non averti offeso.»

«Ah, Moi... ah, Aes Sedai.» Mat esitò. «Il traghetto... ah... sei stata tu a... voglio dire, non capisco perché...» Lasciò morire la frase e ci fu un silenzio così profondo che Rand udì il proprio respiro, e quello era il rumore più forte.

«Volete tutti delle spiegazioni» rispose Moiraine, brusca. «Ma se spiegassi ogni mia azione, non avrei tempo di fare nient’altro.» Alla luce della luna, l’Aes Sedai parve quasi incombere su di loro. «Vi basti sapere questo: intendo farvi arrivare a Tar Valon nel modo più sicuro possibile.»

«Se restiamo ancora qui» disse Lan «il Draghkar non avrà bisogno di frugare tutto il fiume. Se ben ricordo...» Risalì la riva, tirandosi dietro il cavallo.

Come se il movimento del Custode gli avesse tolto un peso di dosso, Rand trasse un profondo sospiro. Udì gli altri fare la stessa cosa, perfino Thom, e ricordò un vecchio detto: Meglio sputare nell’occhio d’un lupo che intralciare una Aes Sedai. Eppure la tensione si era alleggerita. Moiraine non incombeva su nessuno: arrivava appena al petto di Rand.

«Se ci riposassimo un poco...» disse Perrin, speranzoso, terminando con uno sbadiglio la frase. Egwene, appoggiata al fianco di Bela, sospirò di stanchezza.

Forse ha capito finalmente che questa non è una favolosa avventura, pensò Rand. Poi, con un senso di colpevolezza, ricordò che lei non aveva dormito per tutto il giorno precedente. «Abbiamo bisogno di riposare, Moiraine Sedai» disse. «Abbiamo cavalcato per tutta la notte.»

«Allora vediamo che cosa ci ha preparato Lan» rispose Moiraine. «Venite.»

Li precedette su per la riva e nei boschi lungo il fiume. Rami spogli infittivano le ombre. A un centinaio di passi dal Taren c’era uno spiazzo accanto a una montagnola scura. Lì, tempo prima, un’alluvione aveva scalzato un boschetto di rododendri, formando un fitto intrico di rami, fusti, radici. All’improvviso, dalla base della montagnola, comparve una luce.

Spingendo davanti a sé un mozzicone di torcia, Lan strisciò fuori e si raddrizzò. «Niente visitatori sgraditi» disse a Moiraine. «E la legna che avevo lasciato qui è ancora secca. Ho acceso un piccolo fuoco. Riposeremo al caldo.»

«Avevi previsto che ci saremmo fermati qui?» domandò Egwene, sorpresa.

«Lo ritenevo probabile» rispose Lan. «Mi piace essere preparato per qualsiasi evenienza.»

Moiraine prese la torcia. «Provvedi tu ai cavalli? Quando hai finito, farò il possibile per togliere a tutti la stanchezza. Ma ora voglio parlare a Egwene. Egwene?»

Rand guardò le due donne sparire sotto la catasta. C’era una bassa apertura, appena sufficiente a strisciare al riparo. La luce della torcia scomparve.

Nelle provviste Lan aveva incluso le musette e una piccola quantità d’avena; ma disse di non togliere la sella ai cavalli e tirò fuori le pastoie. «Riposerebbero meglio senza sella, ma se dobbiamo andare via in fretta, forse non avremo il tempo di sellarli.»

«A me non sembra che abbiano l’aria stanca» disse Perrin, tentando di mettere al suo cavallo la musetta. L’animale agitò la testa, poi gli permise di agganciare le cinghie. Anche Rand aveva delle difficoltà con Cloud: gli occorsero tre tentativi, per agganciare al muso del cavallo la sacca di tela.

«Sono stanchi» disse Lan, rialzandosi dopo avere impastoiato il morello. «Certo, possono correre ancora. A tutta velocità, se li lasciamo, fino a quando cadranno, sfiniti da una stanchezza che non hanno neppure sentito. Era meglio che Moiraine Sedai non intervenisse, ma è stata costretta.» Accarezzò il collo del morello, che mosse la testa accettando il tocco del Custode. «Dobbiamo procedere lentamente per alcuni giorni, finché non si saranno ripresi. Più lentamente di quanto non mi piaccia. Ma, con un po’ di fortuna, sarà sufficiente.»

«È questo che...» Mat deglutì. «È questo, che intendeva? Per la nostra stanchezza?»

Rand accarezzò il collo di Cloud, pensieroso. Certo, Moiraine aveva salvato Tam, ma non aveva nessuna voglia che ora usasse il Potere su di lui. In pratica aveva ammesso d’avere affondato il traghetto.

«Qualcosa del genere» rispose Lan, con una risatina. «Niente paura, non dovrete correre fino a scoppiare. A meno che la situazione non peggiori di molto. Consideratela solo una notte extra di sonno.»

Il grido stridulo del Draghkar risuonò all’improvviso sopra il fiume coperto di nebbia. Anche i cavalli impietrirono. Il grido si ripeté, più vicino; echeggiò una terza volta, penetrando come un ago nel cranio di Rand. Poi si affievolì, fino a svanire del tutto.

«Fortuna» mormorò Lan. «Ci cerca lungo il fiume.» Scrollò le spalle e a un tratto cambiò tono. «Mettiamoci al riparo. Ho proprio voglia di un po’ di tè caldo e di un boccone.»

Rand fu il primo a strisciare carponi nell’apertura sotto l’intrico di alberi. Al termine di una breve galleria c’era una sorta di grotta irregolare, abbastanza ampia da contenerli tutti. Il basso soffitto di tronchi e di rami permetteva solo alle due donne di stare in piedi. Il fumo si alzava da un piccolo fuoco acceso sopra un letto di pietre del fiume e passava tra i rami; il tiraggio era sufficiente a eliminarlo, ma il fitto intrico di rami non lasciava scorgere dall’esterno la luce delle fiamme. Moiraine e Egwene si erano tolte il mantello e sedevano l’una di fronte all’altra, separate dal fuoco.

«L’Unico Potere» diceva in quel momento Moiraine «proviene dalla Vera Fonte, la forza motrice della Creazione, quella che il Creatore creò per far girare la Ruota del Tempo.» Alzò le mani davanti a sé e le spinse l’una contro l’altra. «Saidin la metà maschile della Vera Fonte, e Saidar, la metà femminile, lavorano l’una contro l’altra e insieme nello stesso tempo per provvedere questa forza. Saidin...» sollevò una mano e la lasciò cadere «è contaminata dal tocco del Tenebroso, come acqua coperta da un sottile velo d’olio rancido. L’acqua è sempre pura, ma nessuno può toccarla senza toccare anche la contaminazione. Solo Saidar può essere usata senza pericolo.» Egwene, di spalle rispetto a Rand, ascoltava intensamente l’Aes Sedai.

Mat diede a Rand una spinta e borbottò qualcosa; Rand entrò nella grotta. Moiraine e Egwene non gli badarono. Entrarono anche gli altri, si tolsero il mantello umido e si sistemarono intorno al fuoco, allungando le mani per scaldarsi. Lan, entrato per ultimo, prese da una nicchia nella parete alcune ghirbe e sacchetti di pelle, riempì un bricco e preparò il tè. Non badò alle parole delle due donne, ma Rand e i suoi amici smisero di scaldarsi le mani e fissarono apertamente Moiraine e Egwene. Thom finse di concentrarsi nel riempire la pipa, ma era tradito dal modo come si sporgeva verso le due donne. Moiraine e Egwene si comportavano come se fossero da sole.

«No» disse Moiraine, in risposta a una domanda che Rand non aveva afferrato. «La Vera Fonte non si consuma, come la ruota di un mulino non consuma l’acqua del fiume. La Fonte è il fiume; le Aes Sedai sono la noria.»

«E credi davvero che io possa imparare?» domandò Egwene. Gli occhi le brillavano di desiderio. Rand non l’aveva mai vista così bella, né così remota. «Posso diventare un’Aes Sedai?»

Rand balzò in piedi e con la testa urtò il soffitto. Thom Merrilin lo afferrò per il braccio e lo tirò a sedere. «Non fare lo scemo» mormorò. Diede un’occhiata alle due donne, che sembravano non essersi accorte di niente, e un’altra a Rand, carica di simpatia. «Adesso è al di là della tua portata, ragazzo.»

«Bambina» disse Moiraine con gentilezza «solo poche donne possono imparare ad attingere alla Vera Fonte e a usare il Potere. Alcune a livello superiore, altre a livello inferiore. Tu sei una delle pochissime che non hanno necessità d’imparare: ti verrà spontaneo attingere alla Fonte, che tu lo voglia o no. Ma senza l’insegnamento che riceverai a Tar Valon, non imparerai mai a incanalare il Potere e rischieresti di non sopravvivere. Gli uomini con il talento innato di toccare Saidin muoiono, se l’Ajah Rossa non li trova e non li doma...»

Thom emise un brontolio profondo. Rand si mosse a disagio. Uomini come quelli a cui si riferiva l’Aes Sedai, erano rari (in vita sua, aveva sentito parlare soltanto di tre di loro, e nessuno viveva nei Fiumi Gemelli) ma i danni provocati prima che le Aes Sedai li trovassero erano sempre tali che la notizia si diffondeva, come per guerre o violenti terremoti. Non aveva mai capito cosa facessero le Ajah. Secondo le storie, fra le Aes Sedai c’erano fazioni che pensavano soprattutto a brigare e litigare fra di loro; ma un punto era chiaro: le Ajah Rosse avevano il preciso dovere di prevenire un’altra Frattura del Mondo e per questo catturavano ogni uomo che solo sognasse di usare il Potere.

«...ma anche alcune donne muoiono. È difficile imparare senza una guida. Quelle che non troviamo, e che sopravvivono, spesso diventano... be’, in questa parte del mondo, potrebbero diventare Sapienti del villaggio.» L’Aes Sedai esitò, assorta. «Il sangue antico è forte, a Emond’s Field, e il sangue antico canta. Ti ho riconosciuta per quel che sei, dal primo momento in cui ti ho vista. Nessuna Aes Sedai può stare in presenza di una donna che può incanalare il Potere o che è vicina al cambiamento, senza intuirlo.» Frugò nel borsello che portava alla cintura e tirò fuori la piccola gemma azzurra appesa alla catenella d’oro che il giorno prima portava fra i capelli. «Sei vicinissima al cambiamento. Sarà meglio che ti guidi. Così eviterai le... le spiacevoli conseguenze di chi deve trovare da sola la via.»

Egwene sbarrò gli occhi, guardando la gemma, e si umettò varie volte le labbra. «Quella gemma... ha il Potere?»

«No, certo» rispose Moiraine. «Gli oggetti non hanno il Potere, bambina. Perfino un angreal è solo un utensile. Questa è una semplice gemma azzurra. Ma può dare luce. Così.»

Le mani di Egwene tremavano, mentre Moiraine deponeva la pietra sulla punta delle dita. Egwene cercò di ritrarsi, ma l’Aes Sedai le strinse le mani nella sua e con gentilezza le toccò la tempia.

«Guarda la gemma» disse piano. «Meglio così, che procedere a tastoni da sola. Libera la mente di tutto, tranne la gemma. Libera la mente, lasciati andare alla deriva. C’è solo la gemma e il vuoto. Inizierò io. Lasciati guidare da me. Non pensare a niente. Rilassati.»

Nella gemma sbocciò una luce, un semplice lampo azzurro che subito svanì, vivido come una lucciola; ma Rand trasalì come se ne fosse rimasto abbagliato. Egwene e Moiraine fissavano la gemma, senza espressione sul viso. Ci fu un altro lampo, un terzo, finché la luce azzurrina non pulsò come battito di cuore. “È opera dell’Aes Sedai” si disse Rand, disperato. “Opera di Moiraine, non di Egwene."

Dopo un ultimo, debole scintillio, la gemma tornò a essere un semplice gioiello. Rand trattenne il fiato.

Per un momento Egwene continuò a fissare la gemma, poi guardò Moiraine. «Mi... mi è parso di sentire... qualcosa, ma... Forse ti sei sbagliata. Mi dispiace averti fatto sprecare tempo.»

«Non ho sprecato niente, bambina.» Sulle labbra le aleggiò un lieve sorriso di soddisfazione. «L’ultimo guizzo di luce era solo tuo.»

«Sul serio?» esclamò Egwene, ma subito si rattristò. «Era appena visibile.»

«Adesso ti comporti come una sciocca ragazzina di villaggio. Quasi tutte quelle che vengono a Tar Valon devono studiare per molti mesi, prima di riuscire a fare quel che tu hai appena fatto. Puoi arrivare lontano. Forse perfino all’Amyrlin Seat, se studi duramente e se ti impegni a fondo.»

«Vuoi dire...» Con un gridolino di gioia, Egwene le gettò le braccia al collo. «Oh, grazie. Rand, hai sentito? Diventerò un’Aes Sedai!»


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