52 Né principio né fine

Per prima cosa Rand fu consapevole del sole, che si muoveva in un cielo sereno e gli riempiva gli occhi spalancati e fissi. Gli parve di procedere a sbalzi, di restare immobile per giorni, poi di saettare in una striscia di luce, puntando all’orizzonte lontano, col giorno che cadeva con esso. Luce. Significava certo qualcosa. Dopo venne il dolore, il ricordo della febbre violenta che l’aveva sbattuto qua e là come pupazzo di stracci, i lividi. E un lezzo Un lezzo untuoso di bruciato, che gli riempiva le narici e la testa.

Con i muscoli doloranti si sollevò, si tirò carponi. Senza capire, fissò le ceneri untuose su cui giaceva, ceneri sparpagliate e spalmate sulla pietra della collina. Pezzetti di stoffa verde erano mescolati ai frammenti carbonizzati, brandelli dai bordi anneriti, sfuggiti alle fiamme.

Aginor.

Lo stomaco gli si rivoltò. Cercando di togliersi dai vestiti le striature di cenere, si allontanò di scatto dai resti del Reietto. Mosse le mani debolmente, senza grandi risultati. Cercò di usarle tutt’e due e crollò in avanti. Una parete a picco si spalancò sotto i suoi occhi, una parete di roccia liscia che roteava, che lo attirava. Si sentì girare la testa e vomitò nello strapiombo.

Tremante, strisciò indietro fino ad avere sotto gli occhi solida pietra, poi si girò supino, ansimando per prendere fiato. Con uno sforzo sguainò la spada. Dell’involucro di panno rosso restavano solo poche ceneri. Le mani gli tremarono, quando sollevò la spada davanti a sé: era quella col marchio dell’airone, fatta di semplice acciaio. Dopo tre tentativi riuscì a rimetterla nel fodero. Si era trattato davvero di un’altra cosa. O di un’altra spada.

«Mi chiamo Rand al’Thor» disse ad alta voce, dopo un poco. Altri ricordi tornarono; la testa gli parve una palla di piombo. Mandò un gemito. «Il Tenebroso» mormorò a se stesso. «Il Tenebroso è morto.» Poteva dirlo forte. «Shai’tan è morto.» Il mondo parve sussultare. Rand fu scosso da una risata silenziosa, fino ad avere le lacrime agli occhi. «Shai’tan è morto!» rise al cielo. Altri ricordi. «Egwene!» Il nome aveva un significato importante.

Si alzò faticosamente, ondeggiando come un salice sotto un forte vento, e passò davanti alle ceneri di Aginor, senza degnarle di uno sguardo. Scese quasi ruzzoloni la prima parte del pendio, la più ripida, scivolando da un cespuglio all’altro. Quando raggiunse il terreno piano, le contusioni gli dolevano il doppio, ma trovò ugualmente la forza di reggersi in piedi. Egwene. Si mise a correre, malfermo sulle gambe. Foglie e petali lo inondarono, mentre vagava nel sottobosco. “Devo trovarla” pensò. “Ma chi è?"

Muoveva braccia e gambe come se fossero lunghi steli d’erba che non ubbidivano ai suoi comandi. Barcollò, cadde contro un albero, urtò il tronco con tanta forza da emettere un gemito soffocato. Una pioggia di foglie gli cadde in testa, mentre premeva il viso contro la ruvida corteccia, artigliandola per non cadere. Egwene. Si strappò dall’albero e continuò la corsa. Quasi subito ondeggiò di nuovo e quasi cadde, ma costrinse le gambe a lavorare più in fretta, in modo da approfittare della caduta per correre barcollando. Sbucò nella radura, ora quasi interamente occupata dalla grande quercia che segnava la tomba dell’Uomo Verde. Vide l’arco di pietra bianca con l’antico simbolo Aes Sedai e l’abisso annerito dove Moiraine aveva tentato d’intrappolare Aginor.

«Egwene! Egwene, dove sei?» Una bella ragazza, con fiori e scure foglie di quercia nei capelli, rannicchiata dietro i rami, alzò lo sguardo, a occhi sgranati. Era snella e giovane e spaventata. “Sì” pensò Rand “ecco chi è Egwene. Certo." E disse: «Egwene, sia ringraziata la Luce! Stai bene!»

Con lei c’erano altre due donne: una aveva occhi tormentati e la lunga treccia ancora adorna di qualche stella del mattino; l’altra giaceva distesa, con la testa sopra un mantello ripiegato. Un secondo mantello, blu cielo, non nascondeva del tutto le vesti a brandelli. La stoffa presentava bruciature e strappi; il viso era cereo, ma gli occhi erano aperti. “Moiraine” pensò Rand. “Sì, l’Aes Sedai. E la Sapiente, Nynaeve." Le tre donne lo guardarono, senza battere ciglio, con intensità.

«Stai bene, vero? Egwene? Non ti ha fatto male.» Ora riusciva a camminare senza barcollare, ma accolse con piacere la possibilità di sedersi a gambe incrociate accanto a loro.

«Non l’ho più visto, da quando mi hai dato la spinta...» Lo guardò, incerta. «Ma tu come stai, Rand?»

«Benissimo» rise lui. Le sfiorò la guancia e si domandò se avesse immaginato un breve accenno a ritrarsi. «Un po’ di riposo e sarò come nuovo. Nynaeve? Moiraine Sedai?» Quei nomi gli parvero nuovi, mentre li pronunciava.

Gli occhi della Sapiente erano vecchi, antichi, nel viso giovanile. Nynaeve scosse la testa. «Qualche ammaccatura» disse, continuando a fissarlo. «Moiraine è l’unica... l’unica di noi, che è stata realmente ferita.»

«Nell’orgoglio, più che nel corpo» disse l’Aes Sedai, in tono irritato, tormentando il mantello che la copriva. Aveva l’aria di chi è stato a lungo ammalato, o ha subito maltrattamenti; ma, nonostante le occhiaie scure, aveva sguardo attento e pieno di potere. «Aginor è rimasto sorpreso e si è infuriato perché lo ostacolavo così a lungo, ma per fortuna non aveva tempo da perdere con me. Nell’Epoca Leggendaria, il potere di Aginor era secondo solo a quello di Lews Therin e di Ishamael.»

«Il Tenebroso e tutti i Reietti» citò Egwene, con voce debole e insicura «sono imprigionati a Shayol Ghul, imprigionati dal Creatore...» Trasse un sospiro e rabbrividì.

«Aginor e Balthamel erano certamente imprigionati vicino alla superficie.» Moiraine lo disse come se l’avesse già spiegato, spazientita di ripeterlo. «Il sigillo sulla prigione del Tenebroso si è indebolito quanto bastava a liberarli. Per fortuna sono stati gli unici, altrimenti avremmo visto anche gli altri.»

«Non importa» disse Rand. «Aginor e Balthamel sono morti, ed è morto anche Shai’t...»

«Il Tenebroso» lo interruppe Moiraine. Aveva ancora il tono fermo e lo sguardo autoritario. «Meglio chiamarlo ancora il Tenebroso, o al massimo Ba’alzamon.»

Rand si strinse nelle spalle. «Come vuoi. Ma è morto. Il Tenebroso è morto. L’ho ucciso io. L’ho bruciato, con...» In quel momento gli tornarono tutti i ricordi, lasciandolo a bocca aperta. “L’Unico Potere” pensò. “Ho usato l’Unico Potere. Nessun uomo può..." Si umettò le labbra, a un tratto secche. Una folata di vento fece turbinare intorno a loro foglie cadute e strappate dai rami, ma non era più gelida del cuore di Rand. Le tre donne guardavano solo lui. Lo osservavano. Non battevano nemmeno ciglio. Rand allungò la mano verso Egwene e questa volta non fu un’impressione, la vide davvero ritrarsi. «Egwene?» Lei girò il viso dall’altra parte e Rand lasciò ricadere la mano.

All’improvviso Egwene gli gettò le braccia al collo, nascose il viso contro il suo petto. «Mi spiace, Rand, mi spiace. Non me ne importa niente. Davvero.» Le spalle le sussultarono. Rand pensò che piangesse. Con gesto goffo le accarezzò i capelli e guardò da sopra la testa di Egwene le altre due donne.

«La Ruota gira e ordisce come vuole» disse lentamente Nynaeve. «Ma tu sei ancora Rand al’Thor di Emond’s Field. Però, la Luce ci aiuti, sei troppo pericoloso.» Gli occhi della Sapiente mostravano rimpianto e un senso di perdita già accettata: Rand trasalì.

«Cos’è accaduto?» disse Moiraine. «Raccontami ogni cosa.»

E sotto il suo sguardo autoritario, Rand ubbidì. Avrebbe voluto girare la testa, accorciare il racconto, tralasciare particolari; ma gli occhi dell’Aes Sedai gli strapparono ogni cosa. Rand pianse, quando parlò di Kari al’Thor, sua madre. Ma l’Aes Sedai lo spinse a continuare, fino alla spada di Luce, al taglio del cordone nero, alle fiamme che avevano consumato Ba’alzamon. Egwene strinse Rand più forte, quasi a strapparlo all’esperienza vissuta. «Ma non ero io» terminò Rand. «La Luce... mi ha usato. Non ero realmente io. Fa differenza?»

«Fin dall’inizio avevo sospetti» disse Moiraine. «Ma i sospetti non sono prove. Dopo averti dato il pegno, la moneta, e avere stabilito il legame, avresti dovuto acconsentire a tutto quel che volevo, e invece hai opposto resistenza, hai fatto domande. Reazione significativa, ma insufficiente. Il sangue di Manetheren è sempre stato ostinato, e lo divenne maggiormente dopo la morte di Aemon, quando il cuore di Eldrene fu spezzato. E poi, Bela.»

«Bela?» si stupì Rand.

L’Aes Sedai annuì. «A Watch Hill, Bela non ha avuto bisogno che la liberassi della fatica: qualcuno l’aveva già fatto al posto mio. Avrebbe battuto Mandarb, quella notte. Avrei dovuto pensare a chi la cavalcava. Con i Trolloc alle calcagna, i Draghkar in alto e un Mezzo Uomo nelle vicinanze, avevi certo una gran paura che Egwene restasse indietro. Ti occorreva qualcosa di più di quanto non avevi mai avuto bisogno in vita tua e hai toccato la sola cosa in grado di dartelo. Saidin.»

Rand rabbrividì. Si sentì raggelato, tanto da avere male alle dita. «Se non lo farò più, se non lo toccherò più, eviterò di...» Non riusciva a dirlo. Impazzire. Mettere a soqquadro intorno a sé la terra e le persone, nella pazzia. Morire, marcendo mentre era ancora vivo.

«Può darsi» disse Moiraine. «Sarebbe molto più facile se ci fosse qualcuno a insegnarti, ma ci si potrebbe riuscire, con uno sforzo supremo di volontà.»

«Puoi insegnarmi tu. Certo, tu sai...» S’interruppe, nel vedere l’Aes Sedai scuotere la testa.

«Un gatto può insegnare a un cane ad arrampicarsi sugli alberi? Un pesce può insegnare a un uccello a nuotare? Conosco Saidar, ma non posso insegnarti niente di Saidin. Chi potrebbe farlo è morto da tremila anni. Ma forse sei ostinato quanto basta. Forse avrai la forza necessaria.»

Egwene si raddrizzò e si asciugò gli occhi arrossati. Parve voler dire qualcosa, ma quando aprì la bocca, non ne uscì niente. “Almeno non si ritrae più” pensò Rand. “Almeno riesce a guardarmi senza mettersi a urlare."

«E gli altri?» domandò.

«Lan li ha condotti nella caverna» rispose Nynaeve. «L’Occhio è scomparso, ma c’è una cosa nuova, nel centro del laghetto. Una colonna di cristallo e gli scalini per raggiungerla. Mat e Perrin volevano prima cercare te, e anche Loial, ma Moiraine ha detto...» Lanciò un’occhiata all’Aes Sedai, turbata. Moiraine la guardò con calma. «Ha detto che non dovevamo disturbarti, mentre...»

Rand sentì un groppo in gola che quasi gli impedì di respirare. “Gireranno il viso dall’altra parte anche loro, come Egwene?" pensò. “Si metteranno a gridare e fuggiranno, come se fossi un Fade?".

«C’era una grande quantità di Potere, nell’Occhio» intervenne Moiraine, come se non si fosse accorta che Rand era sbiancato. «Anche nell’Epoca Leggendaria, pochi avrebbero potuto incanalarne tanto senza aiuti e sopravvivere. Pochissimi.»

«L’hai detto anche a loro?» domandò, rauco. «Se tutti sanno...»

«Solo a Lan. Lui deve sapere. E a Nynaeve e a Egwene, per ciò che sono e per ciò che diventeranno. Gli altri non hanno bisogno di saperlo, per il momento.»

«Perché no?» La voce rauca rese brusco il tono. «Vuoi domarmi, vero? Non è quello che le Aes Sedai fanno, agli uomini che possono incanalare il Potere? Cambiarli in modo che non ne siano più in grado? Renderli sicuri? Thom diceva che gli uomini così domati muoiono perché non hanno più voglia di vivere. Perché non parli di condurmi a Tar Valon in modo che mi domino?»

«Tu sei ta’veren» replicò Moiraine. «Forse il Disegno non ha ancora terminato, con te.»

Rand si drizzò a sedere. «Nei sogni Ba’alzamon ha detto che Tar Valon e l’Amyrlin Seat avrebbe cercato di usarmi. Ha fatto dei nomi e ora li ricordo: Raolin Darksbane e Guaire Amalasan. Yurian Stonebow. Davian. Logain.» Quest’ultimo fu il più difficile da dire. Nynaeve impallidì e Egwene ansimò, ma Rand continuò con rabbia: «Ciascuno di loro era un falso Drago. Non cercare di negarlo. Be’, io non mi lascerò usare. Non sono un attrezzo da gettare nella spazzatura, una volta consumato.»

«Un attrezzo destinato a uno scopo preciso non è sminuito, se per quello scopo viene usato» replicò Moiraine, in tono altrettanto brusco. «Ma un uomo che crede al Padre delle Menzogne sminuisce se stesso. Dici che non ti lascerai usare, ma hai permesso al Tenebroso di stabilire il tuo cammino, come un cane da caccia mandato dal padrone sulle tracce d’un coniglio.»

Rand serrò i pugni e distolse lo sguardo. La frase era troppo simile alle parole di Ba’alzamon. «Non sono il cane da caccia di nessuno. Hai capito? Di nessuno!»

Nell’arcata comparvero Loial e gli altri. Rand si alzò e guardò Moiraine.

«Non lo sapranno» disse l’Aes Sedai «finché il Disegno non lo vorrà.»

Gli altri si avvicinarono, guidati da Lan, che aveva l’aspetto duro di sempre, eppure segnato dalla stanchezza. Intorno alla fronte aveva una benda di Nynaeve e camminava con andatura rigida. Dietro di lui, Loial portava un grosso scrigno d’oro riccamente lavorato e intarsiato d’argento. Solo un Ogier sarebbe riuscito a sollevarlo senza aiuti. Perrin stringeva fra le braccia un grosso involto di stoffa candida e Mat reggeva nelle mani a coppa quelli che parevano pezzi di ceramica.

«Allora sei vivo!» rise Mat. Si scurì in viso e mosse la testa in direzione di Moiraine. «Non ha voluto che ti cercassimo. Dovevamo trovare quel che l’Occhio nascondeva. Sarei venuto ugualmente a cercarti, ma Nynaeve e Egwene erano d’accordo con lei e mi hanno spinto a forza dentro l’arcata.»

«Sei vivo e sembri tutto intero» disse Perrin. Gli occhi non gli brillavano, ma le iridi adesso erano completamente gialle. «Conta solo questo: tu sei qui e noi abbiamo terminato quel che eravamo venuti a fare. Moiraine Sedai dice che possiamo andarcene. A casa, Rand. La Luce mi fulmini, voglio proprio tornare a casa.»

«Sono contento di rivederti, pastore» disse Lan, burbero. «Non hai mollato la spada, vedo. Forse adesso imparerai a usarla.» Rand provò un improvviso slancio d’affetto per il Custode: Lan sapeva, ma almeno esteriormente nulla era cambiato. Forse, trattandosi di Lan, nulla era cambiato nemmeno interiormente.

«Devo dire» intervenne Loial, posando lo scrigno «che viaggiare con dei ta’veren si è rivelato più interessante di quanto non m’aspettassi.» Agitò con forza le orecchie. «Se diventa ancora più interessante, me ne torno subito a Stedding Shangtai, confesso tutto all’Anziano Haman e non abbandono mai più i miei libri.» Un largo sorriso gli comparve sulla faccia. «Sono contento di vederti, Rand al’Thor. Il Custode è l’unico di questi tre a interessarsi di libri, ma non parla molto. Cosa ti è accaduto? Siamo corsi tutti a nasconderci nei boschi, finché Moiraine non ha mandato Lan a cercarci, ma non ci ha permesso di cercare te. Perché sei stato via così a lungo?»

«Ho corso e ho corso» rispose Rand «finché non sono ruzzolato dal fianco di una collina e ho battuto la testa contro un sasso. Credo d’averla battuta contro tutti i sassi del pendio.» Questo avrebbe spiegato i lividi. Tenne d’occhio l’Aes Sedai, e anche Nynaeve e Egwene, ma nessuna di loro cambiò espressione. «Quando sono rinvenuto, non sapevo più dov’ero. Ma alla fine sono tornato qui. Credo che Aginor sia morto, bruciato. Ho trovato un mucchietto di ceneri e frammenti del suo mantello.»

Quelle parole gli suonarono false. Non capiva come mai gli altri non ridessero di lui e non pretendessero la verità; ma loro annuirono e accettarono quelle bugie e gli rivolsero parole di simpatia, mentre si radunavano intorno all’Aes Sedai per mostrare cosa avevano trovato.

«Aiutatemi ad alzarmi» disse Moiraine. Nynaeve e Egwene la misero a sedere e la sorressero.

«Come mai queste cose erano dentro l’Occhio e non si sono dissolte come quel sasso?» domandò Mat.

«Non furono messe lì per essere distrutte» replicò l’Aes Sedai. Prese dalle mani di Mat i pezzi di ceramica, nera e bianca e lucida.

A Rand parvero semplici cocci, ma Moiraine li ricompose abilmente e formò un disco perfetto, largo quanto la testa d’una persona. L’antico simbolo Aes Sedai, la Fiamma di Tar Valon, si univa alla Zanna del Drago, nero accanto a bianco. Per un momento Moiraine si limitò a fissare il disco, con espressione indecifrabile; poi dalla cintura prese il coltello e lo porse a Lan, indicando con un cenno il disco.

Il Custode scelse il pezzo più grande, sollevò il coltello e lo calò con tutta la sua forza. Scaturì una scintilla, il frammento schizzò via per il colpo e la lama del coltello si spezzò con uno schiocco. Lan guardò il mozzicone rimasto attaccato all’elsa e lo gettò via. «Il migliore acciaio di Tear» disse seccamente.

Mat raccolse il frammento e lo mostrò agli altri: non presentava nemmeno una scalfittura.

«Cuendillar» disse Moiraine. «Pietra dell’Anima. Più nessuno sa farla, dall’Epoca Leggendaria, e anche allora la facevano solo per i fini più importanti. Niente può romperla. Nemmeno il Potere, incanalato dai più grandi Aes Sedai mai vissuti e con l’aiuto del più potente sa’angreal mai costruito. L’energia diretta contro la pietra la rende solo più robusta.»

«Ma allora come...» Mat indicò i frammenti sparsi per terra.

«Questo era uno dei sette sigilli della prigione del Tenebroso» disse Moiraine. Mat lasciò cadere il frammento, come se scottasse. Per un istante gli occhi di Perrin parvero ardere di nuovo. Con calma l’Aes Sedai cominciò a riunire i pezzi.

«Ormai non ha più importanza» disse Rand. I suoi amici gli rivolsero un’occhiata bizzarra e lui rimpianse d’avere parlato.

«Certo» disse Moiraine. Ma ripose con cura nella bisaccia tutti i frammenti. «Portatemi lo scrigno.» Loial lo spostò vicino a lei.

Il cubo appiattito d’oro e d’argento pareva compatto, ma le dita dell’Aes Sedai tastarono gli intricati bassorilievi e premettero: con uno scatto, la parte superiore si sollevò, come se funzionasse a molla. Dentro c’era un corno d’oro, fatto a spirale. Nonostante lo sfavillio, pareva insignificante, a confronto dello scrigno che lo conteneva. L’unico segno era una linea di caratteri in argento, intarsiati sul bordo del corno. Moiraine lo sollevò con la delicatezza che avrebbe usato per un bambino appena nato. «Bisogna portarlo a Illian» disse.

«Illian» brontolò Perrin. «Si trova quasi sul Mare delle Tempeste, lontano a meridione quanto siamo noi a settentrione, rispetto a casa nostra.»

«Non sarà...» Loial s’interruppe per riprendere fiato. «Possibile che sia...»

«Sai leggere la Lingua Antica?» gli domandò Moiraine; quando l’Ogier annuì, gli porse il corno.

Loial lo resse con la stessa delicatezza usata da Moiraine e col dito seguì l’iscrizione. Man mano che leggeva, sgranò gli occhi e drizzò le orecchie. «Tia mi aven Mondin isainde vadin» mormorò. «La tomba non è sbarramento al mio richiamo.»

«Il Corno di Valere.» Una volta tanto, il Custode parve davvero scosso; nella sua voce c’era un tocco di timore reverenziale.

Con voce tremante, Nynaeve disse: «Per richiamare dalla morte gli eroi delle Epoche affinché combattano il Tenebroso.»

«La Luce mi fulmini!» esclamò Mat sottovoce.

Con reverenza, Loial depose il corno nel suo contenitore d’oro.

«Comincio a sorprendermi» disse Moiraine. «L’Occhio del Mondo fu fatto in previsione del momento di massima necessità che il mondo dovesse mai affrontare; ma serviva al... all’uso che ne abbiamo fatto noi, o a salvaguardare questi oggetti? Presto, mostratemi il terzo.»

Visti i primi due, Rand capiva la riluttanza di Perrin. Poiché quest’ultimo esitava, Lan e l’Ogier gli tolsero l’involto di panno candido e lo dispiegarono. Ne risultò un lungo vessillo bianco che si gonfiò all’aria. Pareva in un pezzo unico, non tessuto, né tinto, né colorato. Una figura simile a serpente, dalle scaglie scarlatte e dorate, si estendeva per tutta la lunghezza; ma aveva zampe coperte di scaglie e piedi muniti di cinque lunghi artigli dorati, una grande testa con una criniera dorata e occhi risplendenti come soli. Il movimento dello stendardo dava l’illusione che la creatura si muovesse, viva, con le scaglie che scintillavano come gemme e metalli preziosi; e Rand credette quasi di udirne il ruggito di sfida.

«Che cos’è?» domandò.

«Lo stendardo del Signore del Mattino, quando guidò contro l’Ombra le forze della Luce» rispose lentamente Moiraine. «Lo stendardo di Lews Therin Telamon. Lo stendardo del Drago.» Loial lasciò quasi cadere il lembo che reggeva.

«Santa Luce!» esclamò debolmente Mat.

«Porteremo con noi questi oggetti, quando ce ne andremo» disse Moiraine. «Non furono messi qui per caso. Devo approfondire la faccenda.» Con le dita sfiorò la bisaccia che conteneva i frammenti del sigillo. «Ormai è troppo tardi per iniziare il viaggio di ritorno. Riposeremo, e mangeremo, ma partiremo di buon’ora. La Macchia circonda sempre questo luogo, non come lungo la Frontiera, ed è forte. Senza l’Uomo Verde, questo posto non resisterà a lungo.» Si rivolse a Nynaeve e a Egwene. «Aiutatemi a distendermi. Devo riposare.»

Solo allora Rand notò la scena che aveva sempre avuto sotto gli occhi senza vederla. Foglie scure e secche cadevano dalla grande quercia. Sul terreno, un folto strato di foglie morte frusciava alla brezza e il marrone si mischiava ai colori dei petali caduti da migliaia di fiori. L’Uomo Verde aveva tenuto a bada la Macchia, ma già quest’ultima uccideva la sua opera.

«È finita, vero?» domandò Rand a Moiraine. «È fatta.»

L’Aes Sedai girò la testa. I suoi occhi parvero profondi come l’Occhio del Mondo. «Abbiamo portato a termine il compito per cui eravamo venuti» disse. «D’ora in poi, puoi vivere la tua vita come il Disegno la tesserà. Mangia e poi dormi, Rand al’Thor. Dormi e sogna casa tua.»

Загрузка...