Breton tirò un sospiro di sollievo quando vide la casa ancora avvolta nell’oscurità.
Mise la macchina in garage, ed entrò dalla porta posteriore. Un’occhiata all’orologio gli mostrò che era stato assente meno di tre ore… anche se a lui erano sembrate molte di più. Attraversando l’anticamera vide la bottiglietta di sonnifero: la prese, e la riportò in bagno.
Guardandosi nello specchio, trasalì. Aveva la faccia stanca, la barba lunga, i vestiti spiegazzati e macchiati di polvere. Si guardò intorno e fu soddisfatto di trovare, oltre all’impianto della doccia, anche un’ampia vasca. Mentre l’acqua calda scendeva a scroscio dal rubinetto, Jack frugò negli armadi e prese un cambio di biancheria pulita, una morbida camicia verde scuro e un paio di calzoni appartenenti a John Breton. Portò tutto nel bagno, chiuse a chiave la porta e si accinse a fare il bagno più caldo di cui avesse memoria. Mezz’ora dopo, ripulito, rasato, e con indosso abiti freschi, si sentiva molto meglio.
Scese in soggiorno, e si fermò incerto vicino all’armadietto bar. Erano anni che evitava di bere alcolici, perché, per quanto lo riguardava, alcol e lavoro non andavano d’accordo. Ma quella fase della sua vita era ormai passata. Aveva raggiunto tutto ciò che desiderava ottenere, e poteva permettersi il lusso di lasciarsi un po’ andare. La marca del whisky era la sua preferita. In quei nove anni molte cose erano cambiate, ma John era rimasto sempre un buon intenditore di liquori. Si versò una generosa dose di whisky, e andò a sprofondarsi in una delle comode poltrone. Man mano che sorseggiava il liquore, l’aroma evocativo e il calore di sole distillato, filtrando attraverso tutto il corpo, aumentarono il suo senso di benessere. Andò a versarsene un altro bicchiere…
Breton si svegliò di soprassalto, in preda al panico, chiedendosi dove fosse. Gli ci volle parecchio per raccapezzarsi, e, quando ricordò, non si sentì tranquillo. Erano le due di notte passate, ed evidentemente Kate non era ancora tornata. Si alzò rabbrividendo dopo il lungo sonno, e fu allora che sentì il rumore della porta del garage che veniva chiusa. Finalmente Kate era arrivata. Doveva essere stato il rumore dell’auto che risaliva il vialetto a svegliarlo, senza che se ne rendesse conto.
Nervoso e ancora non del tutto sveglio, attraversò la casa e andò ad aprire la porta in cucina. Lei gli veniva incontro nel patio illuminato, con la cintura della giacca slacciata sul maglioncino giallo attillato. Breton non aveva mai visto Kate così simile alla “sua” Kate come in quel momento.
— John! — chiamò incerta facendosi schermo agli occhi con la mano. — Oh… Jack.
— Vieni, Kate — disse lui con dolcezza. — John se n’è andato.
— Andato?
— Ti avevo avvertito. Ti avevo detto come la pensava, oggi.
— Sì, lo so… ma non me l’aspettavo. Sei sicuro che se ne sia andato? La sua macchina è in garage.
— Ha preso un tassi. Credo che si sia fatto portare all’aeroporto. Non aveva voglia di parlare.
Kate si sfilò i guanti e li gettò sul tavolo di cucina. Breton chiuse la porta, e quando tornò a voltarsi, vide che Kate lo osservava con uno sguardo così triste che lo colpì in modo particolare. La donna lasciò cadere la chiave sopra i guanti, sul tavolo.
— Non capisco. — mormorò lei. — Vuoi proprio dire che se n’è andato per sempre… È proprio così?
— Avevo cercato di fartelo capire, Kate. John era arrivato a un punto critico. Sapeva che avrebbe dovuto prendere una decisione. E, probabilmente, ha interpretato la tua assenza da casa per tutta la giornata, come un segno d’indifferenza da parte tua. — Breton si sforzava di sembrare dispiaciuto. — Puoi bene immaginare cosa provo io.
Kate andò nel soggiorno e si fermò davanti al caminetto, fissando il focolare spento. Breton la seguì e si fermò dall’altra parte della stanza, senza perderla d’occhio, per spiare le sue reazioni. Se si fosse dimostrato troppo affettuoso in quel frangente, avrebbe potuto suscitare l’ostilità di lei, come era già successo. Kate aveva una coscienza.
— Ti sei vestito con gli abiti di John — osservò la donna.
— Ha preso quel che gli occorreva e ha lasciato a me il resto — spiegò Breton, seccato di doversi mettere sulla difensiva. — Ha preso due valigie.
— Ma, e il lavoro? Tu sei…
— Sì. John ha deciso che me ne occupi io.
— Immaginavo che avresti approfittato subito dell’occasione.
Breton decise che era venuto il momento di passare all’attacco.
— Non voglio che tu ti metta in mente che John se n’è andato col cuore a pezzi. Si sentiva intrappolato, dalla carriera e dal matrimonio… da anni. E adesso è uscito dalla trappola. È riuscito a togliersi con facilità da una situazione che ormai gli era diventata insopportabile… e non dovrà neanche pagarti gli alimenti, come sarebbe successo se aveste divorziato.
— Ha piantato un’azienda che vale un milione di dollari.
— Voglio che tu ti renda conto che l’ha fatto di sua spontanea volontà. Io non sono venuto qui a caccia di denaro, Kate. Ho speso fino all’ultimo centesimo di tutto ciò che possedevo, per ritrovarti.
Kate si voltò a guardarlo e la sua voce si fece più dolce. — Lo so. Mi spiace di aver parlato così. Ma sono successe tante cose…
Breton le si avvicinò, e le posò le mani sulle spalle: — Kate, tesoro…
— Non fare così — disse lei.
— Ma sono tuo marito.
— Certe volte mi dà fastidio che mio marito mi tocchi.
— Capisco.
Breton lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Gli pareva di aver perso una battaglia non dichiarata, sopraffatto dalla strategia superiore di Kate.
Durante le lunghe ore della notte, solo nella stanza degli ospiti, si ritrovò ad affrontare faccia a faccia la spiacevole verità. Nove anni di vita separata nel mondo del Tempo B avevano lasciato il loro segno sulla moglie. Kate non era più la stessa donna che lui aveva perduto e per riconquistare la quale era riuscito a vincere il Tempo.
E, in tutto l’universo, non c’era nulla che lui potesse fare per cambiare le cose.