Mezzanotte era passata da un pezzo, quando Jack Breton finì di raccontare; ed era convinto di averli quasi persuasi.
A partire da un certo punto del suo racconto, John Breton e Kate avevano cominciato a credergli, e per questo ora lui doveva stare molto attento, per non rischiare di perdere la loro fiducia. Fino a quel momento, tutto ciò che aveva detto rispondeva a verità, ma adesso sarebbero cominciate le bugie, e lui doveva badare di non cadere nella sua stessa trappola. Si appoggiò allo schienale della poltrona e guardò Kate. Non c’erano stati cambiamenti fisici avvertibili, in lei, durante quei nove anni, salvo che negli occhi e nel modo di fare, che dimostrava come fosse consapevole della propria bellezza.
— Dev’essere un trucco — disse Kate con voce tesa, rifiutando di arrendersi senza lottare. — Dicono che ognuno di noi abbia un sosia, da qualche parte.
— Come fai a saperlo? — I due Breton avevano parlato contemporaneamente, in perfetta sincronia. E si scambiarono un’occhiata, mentre Kate impallidiva come se quella coincidenza fosse stata una prova per lei.
— Ecco… l’ho letto…
— Kate è una studiosa di fumetti — intervenne John Breton. — Se succede qualcosa tanto a Superman che a Dick Tracy, allora deve essere vera.
— Non parlarle con questo tono — scattò Jack, dominando a stento l’ira provocata dall’atteggiamento dell’altro. — Non è facile mandar giù una storia come la mia di primo acchito, senza prove. E tu dovresti saperlo, John.
— Prove? — fece Kate, subito interessata. — Quali prove possono esserci?
— Impronte digitali, tanto per dirne una — rispose Jack — ma ci vorrebbe l’attrezzatura necessaria. E poi, ci sono i ricordi. Così è più facile. Io ho raccontato a John una cosa che nessun altro al mondo conosce.
— Capisco. Allora anch’io dovrei persuadermi allo stesso modo?
— Sì — rispose Jack, ma la sua voce suonò improvvisamente incerta.
— Bene! John e io andammo in viaggio di nozze al lago Louise. Il giorno della partenza, entrammo in un negozietto indiano a comprare dei tappeti.
— Me lo ricordo benissimo — confermò Jack. — Eccolo là, sotto la finestra, uno di quei tappeti.
— Non ho finito. La vecchia padrona del negozio volle regalarmi qualcosa, perché le avevo detto che eravamo sposini in viaggio di nozze. Ti ricordi cosa ci ha regalato? — Kate lo fissava con intensità.
— Ma… — Jack non sapeva cosa rispondere, e si chiedeva se, in qualche punto, non ci fosse stato un errore. — No, non ricordo… ma questo non prova niente.
— No, ha ragione lui — intervenne John Breton. — Nemmeno io riesco a ricordare che cosa ci regalò quella vecchia — disse con rammarico.
— John! — esclamò Kate voltandosi verso di lui. — Quel paio di piccoli mocassini… per bambino.
— Continuo a non ricordare. Non li ho mai visti in casa.
— Non abbiamo mai avuto un bambino, ti pare?
— Questo è il vantaggio di metter su famiglia — osservò John, con voce impastata dall’alcol, guardando nel bicchiere. — Si finisce col non averla!
— Spiritoso! — disse con amarezza Kate. — Non rinunci alle tue spiritosaggini neanche a crepare.
Jack ascoltava con un senso di profonda costernazione. Aveva creato lui quelle due persone proprio come se fosse sceso sulla Terra in mezzo alle folgori bibliche per inspirare il soffio della vita in un corpo d’argilla, e tuttavia quei due avevano avuto una vita indipendente. “Per nove anni!” pensò, con l’indefinibile impressione di essere stato ingannato. Infilò la mano in tasca e toccò il metallo levigato della pistola.
John Breton fece scorrere il dito sull’orlo del bicchiere traendone una vibrazione argentina. — Il fatto è che noi siamo sicuri che lui dice la verità. Io vedo me stesso seduto su quella poltrona, e tu vedi me. Guarda il suo fermacravatte… scommetto che è fatto di filo d’oro, e che l’hai realizzato tu, quando frequentavi quella scuola di oreficeria, prima che ci sposassimo. Non è cosi… Jack?
Jack Breton annui. Staccò il fermacravatte e lo porse a Kate, che, dopo un attimo di esitazione, lo prese, badando a non toccare le dita di lui. Esaminò l’oggetto con aria professionale, socchiudendo gli occhi, e tenendolo controluce, poi si alzò e usci lasciando soli i due uomini, uno di fronte all’altro davanti al caminetto, dove il fuoco stava spegnendosi.
— Vuoi aggiungere qualcos’altro, vero? — osservò Breton, con aria volutamente indifferente.
— Si. Impiegai un anno intero a modificare il cronomotore per avere la possibilità di viaggiare nel tempo. Occorre pochissima energia, ma il flusso dev’essere continuo. Credo che per arrivare qui abbia viaggiato a ritroso nel tempo forse per un milionesimo di secondo, il che, ovviamente, è altrettanto “impossibile” che tornare indietro per un anno, provocando in tal modo una specie di rimbalzo…
— Non è questo che m’interessava sapere — lo interruppe John. — Ti chiedo quali sono i tuoi progetti. Cosa succederà, adesso?
— Be’, cosa pensi che debba succedere? Come ti dicevo prima… tu sei qui con mia moglie, e io la rivoglio. — Jack Breton fissava attentamente l’altro se stesso e fu sorpreso nel costatare che non reagiva con violenza.
— Ma Kate è mia moglie — ribatté calmo. — Non ci hai raccontato che la tua è stata assassinata perché l’avevi lasciata andare sola?
— Anche tu, John, l’avevi lasciata andare sola. Ma sono stato io quello che ha perso nove anni a cercare la strada per poter tornare indietro a correggere il tuo errore. Non scordarlo, amico mio.
John Breton strinse le labbra con ostinazione. — C’è qualcosa di tremendamente sbagliato nel tuo ragionamento, ma non è su questo che voglio soffermarmi ora. Ti ho chiesto cosa accadrà. Hai una pistola in tasca?
— No di certo — si affrettò a rispondere Jack. — Non mi è mai passata per la testa l’idea di spararti, John. Sarebbe come sparare a me stesso. — Tacque, ascoltando i rumori che Kate faceva, di sopra, aprendo e chiudendo cassetti. — No, qui abbiamo l’eterno triangolo, e l’unica maniera ragionevole di risolvere il problema è che la signora in causa scelga un angolo piuttosto che un altro.
— Una scelta!
— Ma non è una scelta vera, John. Nove anni ci hanno cambiato entrambi. Siamo due uomini diversi, e ognuno di noi vanta delle pretese su Kate. Ho l’intenzione di fermarmi qui un paio di settimane, finché lei non si sarà abituata all’idea, e poi…
— Sei pazzo! Non puoi importi così in casa nostra!
L’improvviso scatto d’ira di John sorprese Jack. — Perché no? A me sembra una proposta ragionevole.
— Ragionevole! Piombi qui come un fulmine a ciel sereno…
— Sono già apparso qui nella stessa maniera un’altra volta, e Kate ha avuto modo di essermene grata — lo interruppe Jack. — Forse ho ancora qualcosa da offrirle. Non mi pare che voi due andiate molto d’accordo.
— Questo è affar nostro.
— Sono d’accordo… Tuo, mio e di Kate. È affar nostro, John.
John Breton balzò in piedi, ma Kate rientrò in soggiorno prima che lui facesse in tempo a parlare. Allora le voltò la schiena, e smosse con un piede le braci. Miriadi di scintille color topazio sparirono roteando nella gola buia del camino.
— L’ho trovato — disse con voce atona Kate tendendo le mani su cui erano posati due fermacravatte d’oro identici. — Sono uguali, John. Li riconosco. Li ho fatti io.
— Sei contento, adesso? — chiese John con amarezza, fissando le pietre colorate del caminetto. — Il fermacravatte l’ha convinta. Chiunque, con un buon travestimento, potrebbe farsi passare per me, ma lei sa che nessuno potrebbe mai riprodurre una cosa cosi complicata come il suo stramaledetto fermacravatte!
— Non è il momento di fare i bambini — disse Kate, lanciando a John un’occhiata piena di disprezzo che andò completamente perduta perché lui non si voltò.
— Siamo tutti stanchi — disse Jack. — Io dormirei volentieri.
Kate gli si avvicinò esitando, porgendogli il fermacravatte. Le loro dita si sfiorarono un attimo, e Jack si sentì invadere dal desiderio irrefrenabile di circondare con le braccia quel corpo così dolorosamente noto. I loro sguardi s’incontrarono e restarono avvinti per un istante, formando un asse intorno a cui il resto dell’universo roteò come le nuvole in un vortice di vento. Prima che lei si voltasse, a Jack parve di aver letto nei suoi occhi la compassione e il perdono a cui aveva tanto anelato in tutti quei nove anni.
Più tardi, alla finestra della stanza degli ospiti, Jack pensava: “Una settimana. È quanto mi sono proposto di aspettare. Dopo una settimana, potrò prendere il posto di John Breton senza che nessuno, all’infuori di Kate, possa accorgersene".
Mentre stava per allontanarsi dalla finestra, il buio della notte fu solcato improvvisamente da una pioggia di frammenti luminosi di stelle cadenti.
Jack andò a letto e cercò di dormire, ma si ritrovò a guardare continuamente la finestra in attesa di un’altra pioggia di stelle, e con un senso di disagio nel cuore.
Infine si alzò, chiuse le tende, e si lasciò sprofondare nel caldo oceano nero del sonno.