Convery fu più lento di Kate a scendere dalla macchina.
Ormai, non c’era più bisogno di affrettarsi. Le risposte che aveva cercato per nove anni erano a pochi metri da lui, e non potevano più sfuggirgli. Voleva procedere con calma, il cervello pronto a non lasciarsi sfuggire niente, assaporando ogni particolare, perché questa era la conclusione di tutto.
La luce mutevole che scendeva dal cielo permetteva di distinguere ogni singolo ciottolo. Convery notò la Turbo-Lincoln parcheggiata vicino alla darsena, e stava voltandosi per avviarsi verso la loggia, quando vide una scarpa in riva al lago, e si chinò a raccoglierla. Era lo stesso mocassino nero che aveva osservato il giorno prima in mano a Breton. Come mai adesso era lì? Convery scrollò le spalle. Era un altro pezzo del mosaico che si sarebbe inserito al suo posto nel gioco di pazienza, al momento della resa dei conti.
Tenendo in mano la scarpa, si incamminò svelto dietro a Kate Breton, verso il capanno. Aveva fatto solo pochi passi quando qualcuno scostò la tenda dalla finestra della cantina, e dietro i vetri illuminati si delineò una faccia. Poteva trattarsi di John Breton, ma Convery non ne era sicuro. Forse era un’altra persona, ma proprio in quel momento si riversò dal cielo una cascata particolarmente vivida di stelle e il luccichio si rifletté sul retro trasformando la finestra in una lastra d’argento. La tenda ricadde.
Convery vide Kate Breton sparire nel capanno. Salì di corsa i pochi gradini, ed entrò nella stanza centrale. Era immersa nel buio, e fu costretto a fermarsi per cercare l’interruttore. Quando la luce si accese, corse verso la porta della cantina, la spalancò e si fermò interdetto sul piccolo pianerottolo di legno.
In mezzo alla cantina c’erano John e Kate Breton, abbracciati, e nessun altro era presente. Convery ebbe una premonizione, percepì le prime avvisaglie della delusione.
— Bene — disse brusco. — Dov’è?
— Chi? — rispose con aria stupita John Breton.
— L’individuo che vi ha portato qui. Il rapitore.
— Rapitore?
— Sentite… vi prego di non scherzare. — Convery scese la scala. — Ci sono altre uscite?
— No.
— E allora, dov’è l’uomo che ha chiuso vostra moglie nell’armadio, e ha portato voi qui?
— Scusatemi, tenente — disse Kate Breton sollevando la testa dal petto del marito. — È stato un equivoco… Si tratta di una… una faccenda di famiglia.
— Non è una risposta che possa accettare — disse Convery facendo un grosso sforzo per non perdere la calma.
— Ma quale altra risposta vi aspettate?
— Non lo so, ma la troverò. Vi siete guardato allo specchio, John? Siete tutto sporco e in disordine. Come mai?
Breton si strinse nelle spalle. — Nei momenti di libertà, vado sempre in giro trasandato. Specie qui sul lago.
— Avete un pezzo di filo legato al braccio… perché?
— Stavo misurando la lenza, e mi si è ingarbugliata intorno al gomito.
Convery fissò attentamente Breton. Aveva la faccia cosparsa di graffi ed ecchimosi non certo recenti, ma pareva dotato di una forma che prima non aveva mai posseduto. E nuovo era anche l’atteggiamento reciproco dei due Breton: era come se fossero una persona sola. La professione di Convery non gli aveva consentito spesso di assistere a scene d’amore, ma, quando ne vedeva una, sapeva riconoscerla. Anche questa era una novità provocata dagli avvenimenti degli ultimi giorni. Un’altra parte del mistero.
— Vi ho dato tanti fastidi per niente — disse Kate Breton. — Volete fermarvi a bere qualcosa con noi?
Convery scosse la testa. Aveva perso, e lo sapeva. — Vedo che preferite restare soli. — Sapendo che la sua ironia era sprecata, si voltò per andarsene; poi si accorse di tenere in mano la scarpa, e la porse a John.
— Questo mocassino è vostro — disse. — L’ho trovato in riva al lago. Immagino che non vi siate neppure accorto d’averlo perso.
— Proprio così — rispose Breton, sorridendo con aria di scusa. — Vi ho detto che sono disordinato.
— Già, immaginavo che avreste risposto così. Buonanotte.
Convery risalì a passi stanchi la scala di legno e uscì nella notte fredda. Lo sforzo di assimilare tutta la messe di nuovi indizi che aveva raccolto gli fece corrugare le sopracciglia. In cielo, le stelle continuavano a tracciare scie luminose in tutte le direzioni, ma lui non le guardò.
Nello schedario della sua mente erano classificate come “Non inerenti al problema".
Convery si avviò lentamente verso la sua macchina. E, mentre camminava, la sua mano destra, da sola, incominciò a torcersi e a piegarsi… come in attesa della voce magica che non sarebbe mai venuta.