La Raffaele si trova nel tratto conclusivo dell’ellissoide di ritorno e corre all’interno del sistema verso il sole di Parvati a velocità pari al tre percento di quella della luce. La nave corriere/guerra classe Arcangelo è sgraziata: massicci scomparti motore, capsule di trasmissione ammucchiate come montagnole di ciottoli, braccia spin, sporgenze occupate da piattaforme per le armi e per schiere d’antenne, la minuscola sfera ambientale con annessa navetta rimboccata in quella confusione come per ripensamento; ma diventa ora una temibile nave da guerra, mentre ruota di 180 gradi in modo da correre a capofitto verso il previsto punto di traslazione della nave fuggiasca.
«Un minuto alla comparsa» dice de Soya sulla banda tattica. I tre soldati nella camera stagna non hanno bisogno di dare conferma. Sanno inoltre che per loro l’altra nave, appena comparirà nello spazio reale, non sarà visibile, neppure con gli ingranditori del casco, per altri due minuti.
Il Padre Capitano de Soya, legato nella cuccetta d’accelerazione, circondato dai pannelli operativi, mano guantata sull’onnicomando, collegato allo shunt tattico in modo da essere realmente un tutt’uno con la nave, ascolta sul canale di trasmissione il respiro dei tre soldati e intanto osserva e percepisce l’altra nave che si avvicina. «Lettura distorsione motore Hawking, angolo tre-nove, coordinate zero-zero-zero, tre-nove, uno-nove-nove» dice nel microfono. «Punto d’uscita a zero-zero-zero, novecento chilometri. Probabilità vascello singolo, novantanove percento. Velocità relativa, diciannove chilometri all’ora.»
Di colpo l’altra nave compare su radar, t-dirac e tutti i sensori passivi. «Eccola» dice il Padre Capitano de Soya ai soldati in attesa. «Puntuale, secondo programma… Maledizione.»
«Che c’è?» dice il sergente Gregorius. Con i suoi uomini ha controllato le armi, le cariche, i collari d’abbordaggio. I tre sono pronti a balzare in meno di tre minuti.
«La nave sta accelerando, non decelerando come abbiamo ipotizzato in quasi tutte le simulazioni» dice de Soya. Sul canale tattico consente alla nave di eseguire alternative preprogrammate. «Reggetevi!» dice ai soldati, ma i propulsori si sono già accesi, la Raffaele già ruota. «Niente di male» dice de Soya, mentre il motore principale accelera e li spinge a 147 g. «Restate nel campo, durante il balzo. Occorrerà solo un minuto extra per pareggiare le velocità.»
Gregorius, Kee e Rettig non rispondono. De Soya sente il loro respiro.
Dopo due minuti, de Soya dice: «È nel campo visivo».
Il sergente Gregorius e i due soldati si sporgono dalla camera stagna. Gregorius vede l’altra nave come una palla di fuoco di fusione. Aziona le lenti d’ingrandimento per vedere al di là della palla di fuoco, alza i filtri e scorge la nave. «Molto simile alle simulazioni tattiche» dice Kee.
«Non confonderti» lo redarguisce il sergente. «La realtà non è mai come le simulazioni.» Sa che gli altri due se ne rendono conto; sono già stati in combattimento. Ma il sergente Gregorius è stato per tre anni istruttore nel Comando della Pax su Armaghast e le abitudini sono dure da dimenticare.
«Quella roba è davvero veloce!» dice de Soya. «Se non avessimo già la spinta, non penso che la raggiungeremmo. All’atto pratico riusciremo solo a pareggiare le velocità per cinque o sei minuti.»
«Ce ne bastano tre» dice Gregorius. «Pensi solo ad affiancarla, Capitano.»
«La sto affiancando» dice de Soya. «Ci ha rilevati.» La Raffaele non è stata progettata per l’invisibilità operativa e ora tutti gli strumenti registrano d’essere sottoposti ai sensori dell’altra nave. «Mille metri» comunica de Soya. «Ancora niente armi. Campi al massimo. Delta-v in riduzione. Ottocento metri.»
Gregorius, Kee e Rettig sganciano le carabine al plasma e si acquattano.
«Trecento metri… duecento metri…» dice de Soya. L’altra nave non reagisce, la sua accelerazione è alta ma costante. In molte simulazioni de Soya ha previsto un tempestoso inseguimento, prima di pareggiare le velocità e distruggere i campi difensivi dell’altra nave. Così è troppo facile. Per la prima volta il Padre Capitano prova una punta di preoccupazione. «Entro portata minima delle lance» dice. «Via!»
Le tre Guardie Svizzere scattano dalla camera stagna, sputando fiamme azzurre dai propulsori personali.
«Disgregazione… ora!» esclama de Soya. Per un’eternità, quasi tre secondi, un tempo mai simulato nelle prove tattiche, i campi dell’altra nave si rifiutano di cadere, ma alla fine si spengono. «Campi annullati!» comunica de Soya, ma i soldati già lo sanno… ruzzolano, decelerando, e precipitano contro lo scafo nemico, verso il previsto punto d’ingresso, Kee nei pressi della prua, Gregorius in quello che secondo i vecchi disegni è il ponte di navigazione, Rettig sopra la sala motori.
«Sopra» dice Gregorius. Un secondo più tardi, gli altri confermano di essere sullo scafo.
«Collari d’abbordaggio fissati» ansima il sergente.
«Fissati» conferma Kee.
«Fissati» dice Rettig.
«Apertura fra tre» ordina il sergente. «Tre, due, uno… apertura.»
La sua sacca di polimero sboccia alla luce del sole.
Nella cuccetta di comando de Soya tiene d’occhio il delta-v. L’accelerazione ha superato i 230 g. Se il campo cedesse ora… De Soya scaccia quel pensiero. La Raffaele si sforza al massimo per pareggiare la velocità dell’altra nave. Ancora quattro o cinque minuti e lui sarà costretto a restare indietro oppure a caricare troppo tutti i motori a fusione. "Sbrigatevi" pensa, rivolgendosi alle sagome in tuta da combattimento che vede nello spazio tattico e sugli schermi video.
«Pronto» comunica Kee.
«Pronto» dice Rettig, accanto alle pinne di coda di quell’assurda nave.
«Cariche a posto» ordina Gregorius. Sbatte sullo scafo la sua. «Da cinque. Cinque, quattro, tre…»
«Padre Capitano de Soya» dice una voce di bambina.
«Aspettate!» ordina de Soya. L’immagine della bambina è comparsa su tutte le bande di trasmissione. La bambina siede a un pianoforte. È la stessa che de Soya ha visto su Hyperion, davanti alla Sfinge, tre mesi fa.
«Alt!» gli fa eco Gregorius, dito sul pulsante del detonatore che porta al polso. Gli altri due ubbidiscono. Tutti guardano la trasmissione video nel display del proprio visore.
«Come conosci il mio nome?» domanda il Padre Capitano de Soya. Nello stesso istante capisce quanto sia stupida la domanda: non ha importanza, i suoi uomini devono entrare nella nave entro tre minuti, altrimenti la Raffaele resterà indietro, li abbandonerà sull’altra nave. Hanno simulato anche questa possibilità (i soldati prendono comando della nave dopo avere catturato la bambina e rallentano per aspettare che de Soya li raggiunga), ma non è la soluzione preferibile. De Soya tocca il tasto che invia alla nave della bambina la sua immagine video.
«Salve, Padre Capitano de Soya» dice la bambina, in tono tranquillo, con espressione serena. «Se i suoi uomini cercheranno di entrare, depressurizzerò la nave e morirò.»
De Soya rimase sorpreso. «Il suicidio è peccato mortale» dice.
Sullo schermo, la bambina annuisce, seria. «Sì, ma non sono cristiana. Inoltre, preferisco andare all’inferno che venire con lei.»
De Soya guarda con attenzione l’immagine: le dita della bambina non sono vicino a nessun comando.
«Capitano» dice Gregorius sul canale a raggio compatto «se la bambina apre la camera stagna, posso raggiungerla e metterla in una sacca di trasferimento prima della completa decompressione.»
Sullo schermo la bambina guarda; senza muovere le labbra, de Soya subvocalizza la risposta sul canale a raggio compatto. «Non è della croce» dice. «Se muore, non c’è garanzia di poterla risuscitare.»
«Ci sono buone probabilità che il robochirurgo della nave la faccia rinvenire e ripari i danni da semplice decompressione» dice Gregorius. «A perdere tutta l’aria il livello impiegherà trenta secondi o più. Posso raggiungerla. Mi dia l’ordine.»
«Dico sul serio» interviene la bambina. All’istante una sezione circolare dello scafo si apre sotto e intorno al caporale Kee e l’aria esce nello spazio, riempie la sacca d’abbordaggio di Kee, la gonfia come un pallone e vi fa ruzzolare il caporale, mentre lui e la sacca sbattono contro il campo esterno e scivolano verso la poppa della nave. Il propulsore personale di Kee sputa fiamme: il caporale si stabilizza prima d’essere scagliato nella coda di fusione della nave.
Gregorius posa il dito sul detonatore della carica sagomata. «Capitano!» grida.
«Aspetta» subvocalizza de Soya. La vista della bambina in maniche di camicia gli gela il cuore per l’ansia. Lo spazio fra le due navi ora è pieno di particelle colloidali e di cristalli di ghiaccio.
«Sono sigillata nella sala superiore» dice la bambina. «Ma se lei non richiama i suoi uomini, apro tutti i livelli.»
In meno di un secondo il portello stagno si spalanca e un cerchio di due metri si apre nello scafo, sotto i piedi di Gregorius. Il sergente si è aperto la via attraverso la sacca d’abbordaggio e si è spostato usando i razzi, appena la bambina ha parlato. Ora rotola via dal getto d’aria e di piccoli detriti che schizza dall’apertura, aziona i propulsori e pianta i piedi contro una sezione di scafo cinque metri più in là. Nella mente rivede i disegni, sa che la bambina è proprio lì dentro… a pochi metri dalle sue grinfie. Se la bambina facesse esplodere quella sezione, lui l’agguanterebbe, la chiuderebbe nella sacca e la porterebbe nella sala chirurgica della Raffaele in meno di due minuti. Controlla il display tattico: Rettig è balzato nello spazio qualche secondo prima che una sezione di scafo si aprisse sotto di lui. Ora si tiene in posizione a tre metri dallo scafo. «Capitano!» chiama Gregorius sul canale a raggio compatto.
«Aspetta» ordina de Soya. Si rivolge alla bambina: «Non vogliamo farti alcun male…»
«Allora li richiami!» lo interrompe, brusca, la bambina. «Subito! Altrimenti apro l’ultimo livello.»
Federico de Soya sente il tempo rallentare, mentre valuta le possibilità. Sa di avere meno di un minuto, prima d’essere costretto a ridurre la velocità: allarmi e spie luminose lampeggiano lungo il suo collegamento tattico con la nave e sui quadri comando. Non vuole lasciare indietro i suoi uomini, ma il fattore più importante è la bambina. Gli ordini sono precisi e assoluti: riportare viva la bambina!
L’intero ambiente tattico comincia a pulsare di spie rosse, avvertimento che la nave deve decelerare entro un minuto, altrimenti interverrà l’automatico. I quadri comando dicono la stessa cosa. De Soya aziona i canali a voce del microfono, trasmette sulle bande comuni e sul raggio compatto.
«Gregorius, Rettig, Kee… tornate alla Raffaele. Subito!»
Il sergente Gregorius si sente invadere dalla furia e dalla rabbia, con la forza di un’esplosione di radiazioni cosmiche, ma fa parte delle Guardie Svizzere. «Torno subito, signore!» risponde; stacca la carica sagomata e con un calcio si lancia verso la nave. Gli altri due si alzano dallo scafo, su puntini azzurri dei propulsori a reazione. I campi mescolati tremolano il tempo sufficiente a lasciar passare i tre uomini in armatura da battaglia. Gregorius raggiunge per primo lo scafo della Raffaele, si afferra a un appiglio e letteralmente scaglia i suoi uomini nella camera stagna, man mano che passano davanti a lui. Poi si tira dentro, controlla che gli altri siano nelle reti di sicurezza e aziona il microfono. «Dentro e in posizione, signore.»
«Sganciamento» dice de Soya, trasmettendo in chiaro, in modo che la bambina possa sentirlo. Passa dallo spazio tattico al tempo reale e gira l’onnicomando.
La Raffaele, che era giunta al 110 percento della propria velocità, decelera, separa i propri campi da quelli del bersaglio e comincia a restare indietro. De Soya aumenta la distanza dalla nave della bambina, tenendo la Raffaele il più possibile lontano dalla sua coda di fusione: tutto indica che l’altra nave è disarmata, ma questo è un concetto relativo, quando il motore a fusione emette fiamme che arrivano a cento chilometri nello spazio. I campi esterni della Raffaele sono in piena posizione difensiva, le contromisure sono in pieno automatico, pronte a reagire in un milionesimo di secondo.
La nave della bambina continua ad accelerare lontano dal piano dell’ellittica. Non si dirige su Parvati.
"Un appuntamento con gli Ouster?" si domanda de Soya. I sensori della nave non mostrano ancora alcuna attività al di là delle pattuglie orbitali di Parvati, ma interi Sciami Ouster potrebbero essere in attesa al di là dell’eliosfera.
Venti minuti più tardi, quando la nave della bambina si trova già a centinaia di migliaia di chilometri davanti alla Raffaele, la domanda riceve risposta.
«Registrata distorsione dello spazio Hawking» riferisce de Soya ai tre uomini ancora aggrappati alle reti di sicurezza nella camera stagna. «La nave si prepara al balzo.»
«Per dove?» domanda Gregorius. La sua voce non rivela la frustrazione per la missione fallita.
De Soya esita, controlla di nuovo i dati, risponde. «Spazio di Vettore Rinascimento» dice. «Vicinissimo al pianeta.»
Gregorius e le altre due Guardie Svizzere restano in silenzio. De Soya immagina le domande inespresse. Perché Vettore Rinascimento? Quella è una roccaforte della Pax… due miliardi di cristiani, decine di migliaia di soldati, centinaia di navi da guerra. Perché proprio lì?
«Forse non sa cosa c’è lì» riflette de Soya a voce. Passa allo spazio tattico e si libra sopra il piano dell’ellittica, guardando il puntino rosso traslare a velocità C-più e scomparire dal sistema solare. La Raffaele mantiene ancora la rotta d’inseguimento, a cinquanta minuti dal vettore di traslazione. De Soya lascia lo spazio tattico, controlla tutti i sistemi e dice ai suoi uomini: «Potete lasciare la camera stagna. Riponete le attrezzature d’abbordaggio.»
Non domanda la loro opinione. Non discute se farà traslare la nave Arcangelo nello spazio di Vettore Rinascimento (la rotta è già stata stabilita e la nave aumenta velocità verso il balzo quantico) né chiede loro se sono pronti a morire di nuovo. Questo balzo sarà fatale come il precedente, è logico, ma li porterà nello spazio occupato dalla Pax, con un anticipo di cinque mesi rispetto alla nave della bambina. Nella mente di de Soya c’è una sola incertezza: aspettare o no che la Sant’Antonio emerga nello spazio di Parvati e spiegare al capitano la situazione.
De Soya decide di non aspettare. La decisione ha poco senso, qualche ora sprecata a fronte di un anticipo di cinque mesi, ma lui non ha la pazienza d’aspettare. Ordina alla Raffaele di preparare una boa radarfaro e registra gli ordini per il capitano Sati della Sant’Antonio: immediata traslazione a Vettore Rinascimento (viaggio di dieci giorni per la nave torcia, gli stessi cinque mesi di debito temporale della bambina) e stato d’allerta all’emersione nello spazio di Vettore Rinascimento.
Lanciata la boa e trasmessi ordini alla guarnigione su Parvati, de Soya gira la cuccetta in modo da avere di fronte i suoi tre uomini. — So che siete rimasti molto delusi — comincia.
Il sergente Gregorius non apre bocca e rimane impassibile come pietra, ma il Padre Capitano de Soya sa leggere il messaggio dietro quel silenzio: Altri trenta secondi e l’avrei catturata.
De Soya non vi fa caso. Ha comandato uomini e donne per più di dieci anni (ha mandato incontro alla morte sottoposti più coraggiosi e più leali di costui, senza farsi sopraffare dal rimorso né dal bisogno di dare spiegazioni) perciò ora non batte ciglio davanti al gigantesco soldato. — Sono convinto che la bambina avrebbe messo in atto la minaccia — dice, lasciando capire che le sue parole non sono aperte a discussione, né ora né più tardi — ma questo è ora un punto dubbio. Sappiamo dov’è diretta. Nell’unico sistema nel settore della Pax dove nessuno, neppure uno Sciame Ouster, potrebbe entrare o uscire senza essere bloccato. Abbiamo cinque mesi per prepararci all’arrivo della nave e stavolta non opereremo da soli. — Prende fiato. — Voi tre avete lavorato duramente e il fallimento nel sistema di Parvati non è vostro. Farò in modo che vi rimandino al reparto d’appartenenza, subito dopo l’arrivo nello spazio di Vettore Rinascimento.
Gregorius può fare a meno di guardare gli altri due per rispondere anche per loro. — Con tutto il rispetto per il Padre Capitano, se ci fosse consentito dire la nostra, signore, preferiremmo stare con lei e la Raffaele, finché la bambina non sarà al sicuro nella rete e in viaggio per Pacem, signore.
De Soya cerca di non mostrare la propria sorpresa. — Hmmm… be’, staremo a vedere, sergente. Vettore Rinascimento è Quartier Generale della Flotta per la marina e lì ci sarà un mucchio di pezzi grossi. Staremo a vedere. Intanto blocchiamo tutto… Traslazione fra venticinque minuti.
— Signore?
— Sì, caporale Kee?
— Accetterà la confessione, prima che moriamo questa volta?
De Soya si sforza nuovamente di mantenere un’espressione neutra. — Sì, caporale. Terminerò qui il controllo e fra dieci minuti sarò nel quadrato ufficiali per la confessione.
— Grazie, signore — dice con un sorriso Kee.
— Grazie — dice Rettig.
— Grazie, Padre — brontola Gregorius.
De Soya guarda i tre affaccendarsi per predisporre ogni cosa e intanto liberarsi della massiccia armatura da guerra. In quell’attimo coglie una fugace visione del futuro e ne sente sulle spalle il peso. "Signore" pensa "dammi la forza di portare a termine la Tua volontà… Lo chiedo nel nome di Cristo. Amen."
Fa girare di nuovo la pesante cuccetta in modo da avere davanti a sé i pannelli di comando e inizia gli ultimi controlli prima della traslazione e della morte.