25 Domande

Distesa di traverso sul letto di Nynaeve, mento fra le mani, Egwene guardava l’amica andare nervosamente avanti e indietro. Elayne se ne stava seduta davanti al camino ancora pieno della cenere della notte, ma esaminava un’altra volta l’elenco di nomi fornito da Verin e rileggeva con pazienza ogni parola. Le pagine con l’elenco dei ter’angreal, erano sul tavolo. Dopo la prima lettura, Egwene e le amiche, sconvolte, avevano accantonato questo argomento, anche se avevano parlato di tutto. E discusso, anche.

Egwene soffocò uno sbadiglio. Era solo metà mattino, ma nessuna di loro aveva riposato molto. Si erano svegliate presto. Per andare nelle cucine e preparare la colazione. Per altri motivi a cui Egwene si rifiutava di pensare. Quel po’ di sonno che era riuscita a concedersi era stato pieno di sogni spiacevoli. Forse Anaiya poteva aiutarla a capire i sogni, almeno quelli che bisognava capire, però... e se fosse stata dell’Ajah Nera? La notte scorsa, dopo avere fissato ogni donna presente nella sala ed essersi domandata chi appartenesse all’Ajah Nera, trovava difficile fidarsi di qualcuno, a parte le sue due amiche. Ma avrebbe voluto conoscere un sistema per interpretare quei sogni.

Gli incubi riguardanti l’accaduto della notte precedente all’interno del ter’angreal erano abbastanza comprensibili, anche se a causa di essi si era svegliata in lacrime. Aveva sognato anche i Seanchan, donne che sul petto della veste avevano il simbolo di fulmini intrecciati e che portavano al guinzaglio una lunga fila di donne con l’anello del Gran Serpente al dito e le costringevano a scatenare fulmini contro la Torre Bianca. Per colpa di questo sogno si era svegliata in un bagno di sudore freddo, ma anche questa volta si trattava di un incubo. E poi aveva sognato Manti Bianchi che legavano le mani a suo padre. Un incubo provocato dalla nostalgia di casa, si disse. Ma gli altri...

Guardò di nuovo le altre due. Elayne leggeva ancora. Nynaeve andava ancora avanti e indietro, con lo stesso passo deciso.

In un sogno Rand afferrava una spada che pareva fatta di cristallo, senza vedere la rete sottile che gli cadeva addosso. In un altro, era in ginocchio in una sala dove un vento secco soffiava polvere sul pavimento e creature simili a quella raffigurata sullo stendardo del Drago, ma molto più piccole, si libravano nell’aria e gli entravano nelle carni. Aveva sognato pure che Rand scendeva in un grande pozzo in una montagna nera, un pozzo pieno di bagliore rossastro, come se in fondo ardessero enormi fuochi; e perfino che affrontava i Seanchan.

Su quest’ultimo sogno era incerta, ma gli altri dovevano pur avere un significato. In precedenza, quando ancora si fidava di Anaiya, prima di lasciare la Torre, prima di sapere dell’esistenza dell’Ajah Nera, con caute domande, in modo che l’Aes Sedai le ritenesse frutto di semplice curiosità, aveva appreso che i sogni di una Sognatrice riguardanti persone ta’veren erano quasi sempre significativi e più i ta’veren erano forti, più il “quasi sempre” diventava “certamente".

Ma anche Mat e Perrin erano ta’veren e lei aveva sognato anche di loro. Sogni bizzarri, perfino più incomprensibili. Perrin con un falco sulla spalla, Perrin con uno sparviero. Però il falco aveva tra gli artigli un guinzaglio (Egwene, senza saperselo spiegare, era convinta che falco e sparviero fossero femmine) e lo sparviero cercava di metterlo al collo di Perrin. Al pensiero, rabbrividiva ancora adesso: odiava i sogni riguardanti guinzagli! E quel sogno in cui Perrin (con la barba!) guidava un enorme branco di lupi che si estendeva fin dove arrivava la vista. I sogni su Mat erano addirittura più orribili. Mat che metteva il proprio occhio sinistro sul piatto d’una bilancia. Mat impiccato a un ramo d’albero. C’era stato pure un sogno che comprendeva Mat e i Seanchan, ma lei era propensa a ritenerlo un incubo. Non poteva essere altro. Come quello in cui Mat parlava la Lingua Antica. Di sicuro era provocato da ciò che lei aveva udito durante la Guarigione di Mat.

Egwene sospirò e mutò il sospiro in un altro sbadiglio. Con le altre due quel pomeriggio era andata a trovarlo, dopo colazione, ma Mat non era nella sua stanza.

Probabilmente stava abbastanza bene da andare alle feste da ballo. Luce santa, ora forse avrebbe sognato Mat che danzava con i Seanchan! Basta con i sogni, si disse, decisa. Ci avrebbe pensato quando non fosse stata così stanca. Pensò alle cucine, al pasto di mezzogiorno ormai prossimo, e poi alla cena, e alla colazione dell’indomani, e alle pentole e ai tavoli da sparecchiare e alle pulizie che parevano non finire mai. Cambiò posizione e guardò le amiche. Elayne continuava a esaminare l’elenco di nomi. Nynaeve aveva rallentato l’andirivieni. Da un momento all’altro, pensò Egwene, Nynaeve avrebbe ripetuto le parole di poco prima.

Nynaeve si fermò e fissò Elayne. «Metti via quei fogli» disse. «Li abbiamo esaminati venti volte e non c’è una parola utile. Verin ci ha dato robaccia. Non aveva altro, o ce l’ha data di proposito? Ecco il punto!»

"Avevo proprio ragione” pensò Egwene. “Fra mezz’ora dirà le stesse cose." Corrugò la fronte e si fissò le mani, contenta di non poterle vedere distintamente. L’anello col Gran Serpente pareva fuori posto, in mani screpolate dalle lunghe immersioni in acqua bollente saponata.

«Sapere i loro nomi ci è utile» disse Elayne, continuando a leggere. «E anche conoscere il loro aspetto fisico.»

«Sai benissimo cosa intendo» replicò Nynaeve, brusca.

Egwene sospirò e incrociò le braccia, posandovi sopra il mento. Quel mattino, appena uscita dallo studio di Sheriam, quando il sole non sfiorava neppure l’orizzonte, aveva trovato ad aspettarla, nel corridoio freddo e buio, Nynaeve con una candela. Non ci si vedeva molto, ma Nynaeve pareva pronta a mordere chiunque le capitasse a tiro, pur sapendo che la sua rabbia non avrebbe cambiato niente, nei prossimi minuti. Per questo era così irritabile. “È permalosa e orgogliosa come un uomo” pensò Egwene “ma non dovrebbe sfogarsi su noi due. Se Elayne può sopportarlo, dovrebbe riuscirci anche lei. Non è più la Sapiente del villaggio."

Senza badare all’umore di Nynaeve, Elayne corrugò la fronte. «Liandrin è l’unica Rossa» disse, pensierosa. «Con lei c’erano due per ogni Ajah.»

«Oh, fa’ silenzio, bambina» sbottò Nynaeve.

Elayne agitò la sinistra per mostrare il Gran Serpente, rivolse a Nynaeve un’occhiata piena di significato e proseguì. «Non ce ne sono due della stessa città e non più di due di una stessa nazione. Amiqa Nagoyin è la più giovane, ha solo quattro anni più di Egwene e di me. Joiya Byir potrebbe essere nostra nonna.»

Egwene si risentì perché una dell’Ajah Nera aveva lo stesso nome di sua figlia. Subito si diede della sciocca. Un mucchio di gente aveva lo stesso nome; e poi, lei non aveva nessuna figlia. Joiya non era reale!

«E questo cosa ci dice?» domandò Nynaeve, con voce troppo calma: era pronta a esplodere come un carro carico di fuochi d’artificio. «Hai scoperto segreti che mi sono sfuggiti?»

«Ci dice che è tutto troppo ben ordinato» rispose Elayne, calma. «Quali sono le probabilità che tredici donne, scelte unicamente perché al servizio del Tenebroso, siano così ben suddivise per età, per paese d’origine, per Ajah? Se si trattasse di un gruppo casuale, non sarebbe più logico che ci fossero, che so, tre Rosse o quattro cairhienesi o due della stessa età? Avevano un’ampia scelta, altrimenti l’elenco non sarebbe stato così preciso. Nella Torre, o chissà dove, ci sono ancora donne dell’Ajah Nera. Non ci vedo altro significato.»

Nynaeve si tirò la treccia. «Luce santa! Credo che tu abbia ragione. Scopri davvero segreti che a me sfuggono. Mi auguravo che con Liandrin se ne fossero andate tutte.»

«Non sappiamo nemmeno che sia lei il loro capo» disse Elayne. «Può darsi che abbia ricevuto l’ordine di... di liberarsi di noi.» Fece una smorfia. «Purtroppo mi viene in mente solo una ragione, per giustificare che siano arrivate al punto di evitare qualsiasi schema, a parte la mancanza stessa di uno schema. Significa che c’è davvero uno schema di qualche genere, nell’Ajah Nera.»

«Se c’è, lo troveremo» disse Nynaeve, decisa. «Elayne, se guardando tua madre mandare avanti la corte hai imparato queste sottigliezze, sono felice che tu abbia esaminato attentamente l’elenco.»

Egwene osservò Nynaeve: finalmente pareva pronta a smettere di comportarsi come un orso col mal di denti. Alzò la testa. «A meno che non vogliano farci credere di nascondere uno schema, in modo che perdiamo tempo a cercarlo, mentre non esiste» disse. «Non dico che non c’è; dico che ancora non sappiamo se c’è. Cerchiamolo pure; ma dovremmo cercare anche altre cose, non vi pare?»

«Ah, sei sveglia» disse Nynaeve. «Ti credevo addormentata.» Ma sorrideva.

«Egwene ha ragione» convenne Elayne, di malumore. «Ho costruito un ponte di paglia. Peggio: di desideri. E forse hai ragione anche tu, Nynaeve. A cosa ci serve, questa... questa robaccia?» Prese un foglio. «Rianna ha capelli neri con una striatura bianca sopra l’orecchio sinistro. Se sono tanto vicino da scorgerla, sono più vicino di quanto mi piaccia.» Prese un altro foglio. «Chesmal Emry è una delle migliori Guaritrici degli ultimi anni. Ve l’immaginate farsi Guarire da una dell’Ajah Nera?» Prese un terzo foglio. «Marillin Gemalphin ha la passione per i gatti e lascia perdere tutto per soccorrere animali feriti. Gatti! Puah!» Raccolse tutti i fogli e li accartocciò nel pugno. «È davvero robaccia inutile!»

Nynaeve glieli tolse di mano, con gentilezza. «Forse» disse. «E forse no.» Lisciò con cura i fogli, tenendoli contro il petto. «Qui hai trovato una cosa su cui indagare. Forse ne troveremo altre, se insistiamo. E poi c’è l’altro elenco.» Imitata da Elayne, diede un rapido sguardo a Egwene.

Egwene evitò di guardare il tavolo dove c’erano gli altri fogli. Non voleva pensarci, ma non poteva farne a meno. L’elenco dei ter’angreal le era rimasto scolpito nella mente.

Verga di cristallo, liscia e trasparente lunga un piede e del diametro di un pollice; uso sconosciuto; ultimo studio eseguito da Corianin Nedeal. Statuetta d’alabastro raffigurante una donna nuda, alta un palmo; uso sconosciuto; ultimo studio eseguito da Corianin Nedeal. Disco, all’apparenza di normale ferro, ma del tutto privo di ruggine, del diametro di tre pollici, finemente inciso su entrambi i lati con una fitta spirale; uso sconosciuto; ultimo studio eseguito da Corianin Nedeal. Troppi oggetti... e Corianin Nedeal era stata l’ultima a studiare più della metà di quelli d’uso sconosciuto. Tredici, per l’esattezza.

Egwene rabbrividì. Era quasi arrivata al punto da odiare perfino il pensiero di quel numero.

L’elenco comprendeva un numero minore di ter’angreal di cui si conosceva l’uso. Un porcospino intagliato in legno, non più grosso dell’ultima falange d’un pollice, oggetto molto semplice e di sicuro inoffensivo: chi se ne serviva per incanalare, si addormentava. Mezza giornata di sonno tranquillo, senza sogni... e a lei faceva accapponare la pelle. Altri tre riguardavano in qualche maniera il sonno. Era quasi un sollievo, leggere la descrizione di una verga scanalata, di pietra nera, lunga un braccio, che produceva “fuoco malefico” con la notazione “Pericoloso e quasi impossibile da controllare” scritta di pugno di Verin, con tanta forza da lacerare la carta in due punti. Egwene non aveva ancora idea di che cosa fosse il “fuoco malefico", ma dava l’impressione d’essere pericolosissimo e di sicuro non aveva niente a che fare con Corianin Nedeal né con i sogni.

Nynaeve mise sul tavolo i fogli stropicciati. Esitò, prima di sparpagliare gli altri e guardarli. «Eccone uno che piacerebbe a Mat» disse, con tono fin troppo leggero. «Gruppo intagliato di sei dadi a punti, uniti per gli spigoli, meno di due pollici di diametro. Uso sconosciuto; però, se usato per incanalare, sospende le probabilità oppure le altera.» Iniziò a leggere ad alta voce. «"Monete lanciate in aria ricadevano sempre sulla stessa faccia e durante un esperimento sono cadute in equilibrio sul taglio per cento volte consecutive. Mille lanci di dadi figurati hanno dato mille volte cinque corone".» Emise una risata forzata. «Mat ne andrebbe pazzo.»

Con un sospiro Egwene si alzò e si avvicinò a passo rigido al camino. Elayne si tirò in piedi e guardò in silenzio come Nynaeve. Egwene si rimboccò il più possibile la manica e tastò con cautela nella cappa. Ne tolse una calza arrotolata e bruciacchiata, con un bozzo in punta. Si pulì dal braccio una macchia di fuliggine, portò al tavolo la calza e la scosse. L’anello distorto di pietra bianca a strisce e a puntini rotolò sul piano e ricadde sopra un foglio dell’elenco di ter’angreal. Per un momento tutt’e tre si limitarono a fissarlo.

«Forse» disse infine Nynaeve «a Verin è sfuggito il fatto che Corianin sia stata l’ultima a studiare la maggior parte di essi.» Però non parve convinta.

Elayne annuì, ma parve dubbiosa. «Una volta l’ho vista camminare sotto la pioggia e inzupparsi tutta; le portai un mantello. Era così immersa nei suoi pensieri da non accorgersi che pioveva, finché non le ho messo sulle spalle il mantello. Può darsi che la coincidenza le sia sfuggita davvero.»

«Forse» disse Egwene. «In caso contrario, sapeva che me ne sarei accorta appena letto l’elenco. Non so. A volte mi pare che Verin noti più di quanto non lasci capire. Non so, ecco.»

«Quindi bisogna sospettare di Verin» sospirò Elayne. «Se appartiene all’Ajah Nera, allora sanno esattamente cosa combiniamo. E di Alanna.» Diede a Egwene un’occhiata incerta, di sottecchi.

Egwene aveva raccontato tutto alle altre due, tranne ciò che le era accaduto all’interno del ter’angreal durante le tre prove: non riusciva a parlarne, come Nynaeve o Elayne non potevano parlare della propria esperienza. Aveva riferito ogni cosa accaduta nella sala delle prove, ciò che Sheriam aveva detto a proposito della terribile debolezza conferita dalla capacità d’incanalare, ogni parola pronunciata da Verin, le paresse o meno importante. L’unica parte che le altre due avevano trovato difficile da accettare riguardava Alanna: le Aes Sedai non facevano cose del genere e basta. Nessuno, sano di mente, faceva cose del genere; un’Aes Sedai, meno di tutti.

Egwene guardò di storto le altre due, quasi udisse i loro pensieri. «In teoria le Aes Sedai non mentono, ma pare che Verin e la Madre vadano molto vicino a mentire, con quel che ci dicono. E in teoria l’Ajah Nera non esiste.»

«Alanna mi è simpatica» disse Nynaeve, tirandosi la treccia. Scrollò le spalle. «Oh, bene. Forse... Cioè, sì è comportata in maniera bizzarra.»

«Grazie» replicò Egwene. Nynaeve le rispose con un cenno, come se non avesse colto il sarcasmo della risposta.

«In ogni caso l’Amyrlin è informata dell’accaduto e può tenere d’occhio Alanna molto più facilmente di noi.»

«Elaida e Sheriam?» domandò Egwene.

«Elaida non mi è mai stata simpatica» disse Elayne «ma non posso credere realmente che sia dell’Ajah Nera. E Sheriam? Impossibile!»

Nynaeve sbuffò. «Impossibile vale per ciascuna di loro. Quando le troveremo, niente ci dice che fra loro non ci siano anche donne a noi simpatiche. Ma non intendo gettare sospetto, e che sospetto, su ogni donna. Non basta che abbiano visto cose che non dovevano vedere.» Egwene e Elayne annuirono. Nynaeve proseguì. «Lo riferiremo all’Amyrlin, ma senza sottolinearlo più di quanto meriti. Ammesso che venga a trovarci come ha detto. Se per caso sarai presente, Elayne, ricorda che lei di te non sa nulla.»

«È poco probabile che me ne dimentichi» rispose Elayne. «Ma dovremmo avere qualche altro sistema per parlare con lei. Mia madre avrebbe escogitato qualcosa di meglio.»

«No, se non poteva fidarsi dei messaggeri» disse Nynaeve. «Aspetteremo. O ritenete opportuno che una di noi vada a parlare a Verin? Nessuno la troverebbe una cosa fuori del normale.»

Elayne esitò, poi scosse la testa. Egwene fu più rapida e più vigorosa nel fare lo stesso gesto. Distrazione o no, Verin aveva taciuto troppe cose, per meritare fiducia.

«Bene» disse Nynaeve, più che soddisfatta. «Sono perfino contenta di non poter parlare con l’Amyrlin, quando ne avremmo voglia. Così prendiamo da sole le decisioni, entriamo in azione quando e come stabiliamo, senza che lei ci guidi a ogni passo.» Allungò la mano sui fogli con l’elenco dei ter’angreal rubati e prese l’anello di pietra. «La prima decisione riguarda questo qui. Finora è l’unica cosa che abbia un vero legame con Liandrin e le altre.» Corrugò la fronte, poi trasse un gran respiro. «Stanotte dormirò tenendolo al dito.»

Egwene non esitò a togliere di mano a Nynaeve l’anello. Avrebbe voluto esitare, restare immobile, ma si compiacque di non averlo fatto. «Sono io, quella che potrebbe essere Sognatrice. Non so se questo mi dà qualche vantaggio, ma Verin ha detto che l’uso dell’anello è pericoloso. Chiunque di noi lo usi, ha bisogno di qualsiasi vantaggio riesca a trovare.»

Nynaeve strinse la treccia e aprì bocca, come se volesse protestare. Alla fine però disse solo: «Sei sicura, Egwene? Non sappiamo neppure se sei davvero una Sognatrice e io posso incanalare più di te. Credo ancora che tocchi a me...»

«Puoi incanalare più di me solo se sei infuriata» tagliò corto Egwene. «Sei sicura d’essere infuriata, in un sogno? Avrai il tempo d’infuriarti, prima d’essere costretta a incanalare? Non sappiamo neppure se sia possibile, in sogno! Hai ragione, è l’unico legame che abbiamo; ma se una di noi deve approfittarne, quella sono io. Forse sono davvero una Sognatrice. E poi, Verin l’ha dato a me.»

Nynaeve parve voler discutere, ma alla fine annuì malvolentieri. «E va bene» concesse. «Ma Elayne e io saremo presenti. Non so cosa potremmo fare... ma se qualcosa va storto, forse possiamo svegliarti o... Insomma, saremo presenti.» Anche Elayne annuì.

Ottenuto il loro consenso, Egwene sentì uno sfarfallio alla bocca dello stomaco. Le aveva convinte... ma aveva una gran voglia che loro convincessero lei a non fare niente. In quel momento si accorse della donna ferma nel vano della porta, con la veste bianca delle novizie e due lunghe trecce.

«Non ti hanno insegnato a bussare, Else?» disse Nynaeve. Egwene nascose nel pugno l’anello di pietra. Aveva la bizzarra impressione che Else l’avesse fissato.

«Ho un messaggio per voi» disse Else, calma. Guardò il tavolo e i fogli sparpagliati, poi le tre donne. «Dall’Amyrlin.»

Egwene e le altre si scambiarono occhiate di stupore.

«Be’, cosa riguarda?» domandò Nynaeve.

Else inarcò il sopracciglio, divertita. «Gli effetti personali di Liandrin e delle altre sono conservati nel terzo ripostiglio a destra della scala principale, nel secondo seminterrato sotto la biblioteca» riferì. Diede ancora un’occhiata ai fogli e uscì, né in fretta né lentamente.

Egwene si sentì mancare il fiato: loro non si fidavano di nessuno e l’Amyrlin aveva deciso di fidarsi di Else Grinwell, fra tutte!

«Non ci si può fidare che quella sciocca non spettegoli con chiunque la stia a sentire!» esclamò Nynaeve, avviandosi alla porta.

Egwene si raccolse le sottane e la sorpassò di corsa. Le scarpe la facevano scivolare sulle piastrelle della balconata, ma lei colse un lampo di bianco svanire lungo la rampa più vicina e si precipitò da quella parte. Anche Else, si disse, andava di corsa, per essere già così lontano. Ma perché correva? Il lampo di bianco già scompariva giù per un’altra rampa. Egwene lo seguì.

In fondo alla rampa, una donna si girò a fronteggiarla: Egwene si fermò, confusa. Chiunque fosse, non era di sicuro Else. Vestita di seta bianca e argento, emanava sensazioni che Egwene non aveva mai provato prima. Era molto più alta di lei, molto più bella: lo sguardo di quegli occhi neri la faceva sentire brutta, piccola e non troppo pulita. E probabilmente poteva anche incanalare più Potere di lei, pensò Egwene. Probabilmente era più intelligente di loro tre messe insieme. Non era giusto che una sola donna... All’improvviso si rese conto della piega che prendevano i suoi pensieri. Arrossì e si scosse. Non si era mai sentita... inferiore... a un’altra e non intendeva cominciare adesso.

«Hai coraggio» disse la donna. «Hai coraggio a girare da sola dove sono stati compiuti molti assassinii.» Pareva quasi compiaciuta.

Egwene raddrizzò le spalle e si sistemò in fretta la veste, augurandosi che l’altra non lo notasse, sapendo che l’aveva notato e rimpiangendo d’essersi fatta vedere a correre come una ragazzina. «Chiedo scusa» disse «ma cerco una novizia che è andata da questa parte. Grandi occhi scuri e trecce nere. Grassoccia e graziosa a modo suo. Hai visto da quale parte è andata?»

La donna alta la squadrò, con aria divertita. Egwene non ne fu sicura, ma pensò che l’altra avesse fissato per un momento il pugno contro il fianco, dove teneva ancora l’anello di pietra. «Non credo che la raggiungerai» rispose la donna. «Correva velocemente. Ormai sarà molto lontano da qui.»

«Aes Sedai...» cominciò Egwene; ma non ebbe l’opportunità di domandare da quale parte fosse andata Else. Negli occhi neri dell’altra brillò un lampo che forse era di collera, forse di fastidio.

«Ho già sprecato troppo tempo con te. Devo sbrigare faccende più importanti. Vattene.» Indicò la parte da cui Egwene era arrivata.

Il tono di comando fu così imperioso che Egwene si girò e mosse tre passi senza rendersene conto. Arrabbiata, si girò di scatto: Aes Sedai o no, avrebbe...

La balconata era deserta.

Perplessa, Egwene scartò le porte più vicine (nessuno viveva in quelle stanze, a parte forse qualche topo) e scese di corsa la rampa; scrutò a destra e a sinistra, seguì la curva della balconata, guardando da tutte le parti. Scrutò anche dalla ringhiera, nel piccolo Giardino delle Ammesse, ed esaminò le altre balconate, superiori e inferiori. Vide due Ammesse, Faolain e un’altra che conosceva di vista, se non di nome. Ma non vide da nessuna parte la donna vestita di seta bianca e argento.

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