Diventato famoso con la serie a fumetti Sandman e le avventure del Signore dei Sogni, Neil Gaiman ha sorpreso tutti decidendo di porre fine alle sue avventure. Non dev’essere stato facile. Con quel personaggio è diventato famoso, ha vinto un’infinità di premi e ha affascinato molta gente che dei fumetti sapeva ben poco. Forse si è reso conto che non avrebbe potuto continuare a scrivere in eterno storie come quelle, rischiando prima o poi di rovinare tutto, oppure semplicemente ha deciso di cambiare aria in cerca di nuovi stimoli. In ogni modo è stata una decisione coraggiosa. In quanti, al suo posto, avrebbero rinunciato alla gallina dalle uova d’oro?
Grazie al successo di Sandman, Karen Berger della DC Comics ebbe la possibilità nel 1993 di dar vita a una splendida collana, la Vertigo. Gaiman aveva incontrato per la prima volta Berger in un bar di Londra nel 1987, dopo averla subissata di proposte più o meno valide per almeno due anni. All’epoca Gaiman lavorava come giornalista scrivendo articoli per Time Out, il Sunday Times, Punch e The Observer.
L’anno prima Frank Miller e Bill Sienkiewicz avevano realizzato Elektra: Assassin, uno dei fumetti più belli di quel periodo. La fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta è stata una delle stagioni migliori per i supereroi, trasformati in personaggi a tre dimensioni pieni di dubbi e di ombre. Eroi per coloro che erano cresciuti leggendo le avventure di Batman, Daredevil e L’Uomo Ragno, ma che se ne erano allontanati una volta diventati adulti.
Una lezione che Gaiman dimostra di aver appreso è proprio quella di Frank Miller, che a partire da Batman, stava rivoluzionando in quegli anni il mondo dei fumetti riuscendo a superare la cerchia degli appassionati. Il risultato fu qualcosa di completamente nuovo, che aveva poco in comune con le vecchie storie della Marvel e della DC Comics. Basti pensare ai classici fumetti di Thor che si aprivano con il Dio del Tuono in posa plastica sul tetto di un palazzo: osserva New York immersa nella notte, i lunghi capelli che si agitavano al vento, la posa da statua greca e il martello poggiato sulla coscia. È il momento di quiete che precede la battaglia, terreno per considerazioni retoriche sul bene e sul male, o ancora sul suo ruolo di difensore dei deboli e degli oppressi. La puntata si sarebbe inevitabilmente conclusa con la cattura dei malviventi, raramente con una momentanea quanto apparente sconfitta di Thor, che nell’episodio successivo avrebbe sbaragliato gli avversari.
I fumetti di Miller erano tutt’altra cosa, animati da persone più che da eroi. Memorabile il Batman vecchio e stanco di The Dark Knight Returns che si aggira per una Gotham City in preda alla follia e ai tumulti. E altrettanto memorabili sono i personaggi di Daredevil in Love War, come lo schizofrenico Victor, il mastodontico Kingpin e la bellissima moglie malata Vanessa. Quelle atmosfere cinematografiche, profonde, oscure e metropolitane, hanno lasciato un segno indelebile.
Della generazione di supereroi senza macchia e senza paura rimase ben poco. Troppo vecchi, troppo da guerra fredda, troppo irreali. La Marvel però, quella di L’Uomo Ragno, degli X-Man, di Capitan America e anche di Elektra, è tornata sui suoi passi e oggi è una casa editrice per ragazzini. Pubblica vicende che assomigliano sempre più a una telenovela, prive di inventiva e di forza, eccezion fatta per alcune storie parallele o marginali, sul genere di L’Era di Apocalisse, uscita in Italia nel 1996, ancora capaci di stupire.
I primi anni Novanta sono stati contrassegnati anche da una nuova generazione di personaggi come Spawn, Cyberforce, Witchblade, The Tenth e Arcanum, di due case editrici fondate nel 1992, la Image Comics e la Top Cow. Spawn, creatura di Todd McFarlane (oltre un milione e settecentomila copie vendute), è un ex agente della governo di nome Al Simmons tornato dall’Inferno dopo aver concluso un patto con il diavolo. Il suo corpo, completamente ustionato, è ricoperto da un’armatura vivente (il costume) e da un mantello. Avrebbe dovuto combattere per il male, ma decide di passare dall’altra parte anche se non è chiaro chi tragga più vantaggi dalle sue azioni. Tutt’intorno troviamo servizi segreti deviati, multinazionali senza scrupoli, magia pseudo medioevale e atmosfere piovose e gotiche. Appartiene allo stesso genere The Tenth, anche lui ex agente del governo poi trasformato in un colosso di muscoli e rabbia da un esperimento genetico della Darkklon Corporation, apparentemente una multinazionale filantropica, in realtà il male assoluto in versione capitalista guidata dal terribile Rhazes Darkk. Tenth è costretto a nutrirsi di sangue per rimanere in vita e il suo unico desiderio è uccidere Darkk per vendicarsi di quanto gli ha fatto. Alla base di queste storie c’è sempre un conflitto ulteriore e sofferenza in quantità industriali: Tenth è un mostro a tutti gli effetti, è la parte bestiale dell’Uomo che cerca disperatamente di agire a fin di bene malgrado faccia a pezzi i cattivi e ne beva il sangue per sopravvivere. Ancora una volta il bene e il male si affrontano in una battaglia eterna. Concetti come morte, paradiso, inferno, vengono adoperati con grande disinvoltura e inseriti in un universo tecnologico e fantasy allo stesso tempo, estremamente cupo, dove i capovolgimenti di fronte e i colpi di scena sono all’ordine del giorno. Benché meno monolitici di Thor, i protagonisti di queste storie adolescenziali rimangono eroi nel vero senso della parola, capaci di imprese epiche, gesti disinteressati ed enormi sacrifici.
Completamente diverso lo stile della Vertigo. Le sceneggiature di Gaiman, per esempio, sembrano avere più a che fare con la letteratura che con i fumetti. Certo, i supereroi della DC Comics compaiono più volte al fianco del Signore dei Sogni, ma inseriti in un contesto completamente nuovo. Per non parlare poi di Preacher, di Garth Ennis e Steve Dillon, vicenda bella e delirante che con gli eroi in costume non ha praticamente nulla a che spartire. Il protagonista di Preacher, Jessie, è un giovane predicatore di Angelville, Texas. Nel primo episodio viene investito da una meteora caduta dal cielo che gli dona il Verbo divino. Già, il Verbo. Con il suo aiuto Jessie può ordinare a chiunque di fare qualsiasi cosa, ma deve vedersela con il Santo degli Assassini che gli da la caccia per ordine degli angeli, minacciati da tanto potere. L’unica possibilità che Jessie ha di sopravvivere è ritrovare Dio, scappato di nascosto dal Paradiso, per capire cosa sta succedendo. E questo è solo l’inizio. In seguito la vicenda si complica ed entrano in ballo un vampiro alcolizzato, una setta religiosa, l’esercito e via discorrendo. «Preacher è in parte un noir, in parte un horror, e in parte solo maledettamente strano. Be’, parecchio strano» ha scritto il romanziere Joe R. Lansdale nell’introduzione al primo volume, mentre Kevin Smith, il regista di Clerks, ha aggiunto in quello successivo: «Se Preacher dovesse offendere la delicata sensibilità di certa gente a causa delle loro convinzioni religiose, questo mi rattrista. Perché da uomo che ha una devota fede in Dio (…), io so che il Signore è potente, giusto e amorevole… ed è un grandissimo fan di Preacher». Lansdale, scrittore texano (La notte del Drive-in, Mucho Mojo, Freddo a Luglio), uno degli ultimi progressisti rimasti nel Sud degli Stati Uniti, è autore di un altro fumetto pubblicato dalla stessa casa, Jonah Hex, che ricorda i film di Sergio Leone con l’aggiunta di molto sangue e parecchi zombie. Jonah è un pistolero sfigurato, una specie di vendicatore maledetto con un suo senso dell’onore, che affronta gentaglia di diversa specie in un Far West rude, animalesco e sporco.
Questo stile influenza, trasformato e assorbito, la scrittura di Gaiman, e anche Nessun dove. Come nel caso di Sandman, gli stessi Preacher e Jonah Hex sembrano guardare alla letteratura e al cinema piuttosto che ai fumetti. James Ellroy, Flannery O’Connor, Lewis Carroll e perfino la mitologia classica, più Shakespeare nel caso di Gaiman. Un modo nuovo di scrivere e disegnare comics. Un bel modo.
L’immaginario di Gaiman è però ben diverso da quello di Lansdale, di Ennis e anche di Miller, tutti e tre profondamente americani. I suoi scenari, fatti di case inglesi ottocentesche, di vetrate liberty e chiese gotiche, alla fine sono più simili a quelli di Witchblade che di Preacher. In Sandman c’è infatti una matrice fantasy che manca negli altri titoli della Vertigo. Una matrice mischiata a elementi della cultura dark tipica degli anni Ottanta. Il Signore dei Sogni e sua sorella, con la pelle diafana e i capelli neri come la notte, sono una versione riveduta e corretta di Robert Smith dei The Cure, o di Siouxsie. E in fondo anche l’occultismo che pervade tutto il fumetto proviene da quella stessa cultura.
Nessun dove, nato come serial televisivo per la BBC, ha lo stesso stile eclettico ma privo delle influenze dark. Appartiene a un genere, la fantasy, ma se ne discosta notevolmente per un’infinità di elementi eterogenei che a volte ricordano le opere di Dickens e di Stevenson. A Londra Sotto, piena di vestigia del passato, sembra quasi di rivedere le strade immerse nella nebbia della versione cinematografica di Oliver Twist firmata nel 1948 da David Lean. In Nessun dove, però, gli abitanti di questo mondo in bianco e nero sono si tribù invisibili che vivono in una terra distante benché vicina, ma hanno allo stesso tempo una loro ricchezza. Disprezzano la gente normale quasi come le popolazioni nomadi disprezzano gli stanziali, e conducono una vita che alla fine per Richard è di gran lunga preferibile rispetto alla quella di Londra Sopra. Fin qui nulla di nuovo o di particolarmente originale. Quando però Gaiman scende nei dettagli la cosa si fa molto interessante. I parla-coi-ratti, il mercato ambulante che appare e svanisce senza lasciare tracce, i frati neri custodi della chiave, la famiglia di Lady Door con la sua innata abilità di aprire porte di ogni tipo, il Marchese de Carabas, il Conte nel suo vagone fantasma, Old Bailey e soprattutto mister Croup e mister Vandemar, il Gatto e la Volpe collodiani riproposti in versione horror, arricchiscono la storia rendendola ancora più avvincente. Del genere fantasy rimane la struttura di fondo che molto deve a Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien. In entrambi i libri c’è una compagnia in cerca di qualcosa (una chiave nel primo caso, un anello nel secondo), in una landa desolata e piena di pericoli. E c’è un signore oscuro e malvagio da sconfiggere, che sta tramando contro i nostri eroi e il mondo intero. Di conseguenza Nessun dove potrebbe anche essere il canovaccio per un'avventura o un'intera campagna del gioco di ruolo Advanced Dungeons Dragons, inventato nella sua prima versione da Gary Gygax nel 1973. Londra Sotto è un posto ideale per un gioco del genere e perfetti sono anche i personaggi. Hunter è visibilmente un ranger di livello elevato, il Marchese a tratti assomiglia a un ladro, Lady Porta a una maga con incantesimi di teletrasporto, mister Croup e mister Vandemar sono due assassini potentissimi, Islington un negromante e Richard… be', Richard potrebbe essere un guerriero di primo livello con dei punteggi bassi e pochi punti vita. Alla fine però, grazie a un tiro di dadi fortunato, riesce a dare il colpo di grazia al mostro che si aggira per il labirinto.
Quel che colpisce è il risultato finale di questa combinazione di elementi già noti, dettagli originali e suggestioni perse da Tolkien, Dickens, Stevenson e Carroll, dal mondo dei fumetti, dall'immaginario collettivo. Perfino la vicenda di Richard, che lascia una vita normale per essere catapultato in un'altra realtà, è stata sfruttata ampiamente nel cinema e nella letteratura. Eppure il libro scorre rapidamente come un bel film, anzi riesce perfino a ricreare magia, tensione e atmosfere di quelle stesse opere che evidentemente sono alla base della creatività di Gaiman. Cosi, leggendo Nessun dove, sembra di tornare indietro nel tempo fino a ritrovare la passione fanciullesca per i mondi nascosti, per i personaggi misteriosi e per gli eroi. E dato che il pubblico al quale Gaiman si rivolge non è fatto di ragazzini, i dettagli nel suo romanzo svolgono un ruolo fondamentale, perché servono a ridare vita a una favola che in fondo abbiamo già ascoltato, anni addietro. Immaginare un mondo come Londra Sotto o una metropoli del futuro come la Los Angeles di Biade Runner, vuol dire creare un'infinità di dettagli credibili e allo stesso tempo evocativi. Cosa sarebbe stato di Blade Runner senza la pioggia, senza mercati orientaleggianti iperaffollati, senza palazzi stile Frank Lloyd Wright? Londra Sotto è popolata di personaggi altrettanto particolari, di atmosfere altrettanto dense e luoghi altrettanto affascinanti, a partire dalle stazioni della metropolitana che si trasformano secondo il significato letterale dei loro nomi.
Al di là degli scenari ottocenteschi comuni a Sandman come a Nessun dove, la similitudine maggiore fra il Gaiman scrittore di romanzi e il Gaiman sceneggiatore è questa capacità di riportare in vita le emozioni del passato. Emozioni provate davanti alle avventure di Frodo e dei suoi compagni, e impossibili da resuscitare riprendendo in mano Il Signore degli Anelli, dato che i romanzi di Tolkien, come l'opera di Hermann Hesse, del resto, rientrano in quella speciale categoria di libri che sembrano invecchiare precocemente all'occhio dei lettori, libri che piacciono in un'età ben precisa e che in un dato momento della nostra vita, e solo in quello, brillano di luce intensa.
Per funzionare, Nessun dove non ha bisogno di uno stile ricercato. Leggendo il romanzo la scrittura sembra scomparire, permettendo al lettore di immergersi completamente nella storia senza filtri né mediazioni. Ed è un peccato che le pagine via via si assottiglino fino a terminare. In questo, Nessun dove assomiglia a La notte del drive-in, il libro più bello di Lansdale. Una vicenda assurda dove centinaia di persone rimangono intrappolate in un drive-in per giorni e giorni, fino a impazzire. Un altro mondo parallelo in cui, grazie a una capacità immaginativa capace di grandi dettagli e suggestioni, il lettore viene coinvolto dalla prima all'ultima pagina, come succede ai bambini quando gli si racconta una bella favola. E lo stesso accade leggendo Nessun dove, che a differenza de La notte del drive-in è una favola in tutto e per tutto. Una favola per adulti, in parte fantasy e in parte solo maledettamente strana, come avrebbe detto Lansdale.
Jaime D'Alessandro