21

Un venticello irrequieto agitava le foglie della quercia posta come una sentinella corpulenta a guardia della casa dei Carr.

Nell’oscurità generale, il bianco dei muri esterni, un bianco immacolato, così perfetto che i vicini dicevano ridendo che la vecchia signora Carr usciva ogni notte dal suo letto, quando tutti erano a dormire, e li lavava con un pennello dal manico lunghissimo. Dappertutto si aveva l’impressione di vecchiaia pulita, ordinata, sana. La casa aveva perfino un suo odore, come un vecchio cassettone nel quale un capitano dei tempi andati avesse trasportato spezie raffinate durante i suoi viaggi nei mari della Cina.

La facciata della casa guardava verso il campus. Le alunne la potevano vedere quando si recavano in aula, e ricordavano i pomeriggi trascorsi in quella casa, sedute ritte sulle sedie dure, sfoggiando i loro modi più raffinati, mentre un allegro fuoco di legna ardeva sugli alari di rame lucidissimi al centro di un grande camino bianco. La signora Carr era una donna così cara, nella sua severa ingenuità. Le si faceva credere ogni cosa, pensavano le ragazze. E raccontava le storie più strane, con dei particolari impossibili di cui non era neppure cosciente. E con il suo tè profumato di cannella serviva dei biscotti allo zenzero che erano una delizia.

Una luce si accese nell’atrio, producendo ombre strane sul legno intagliato dalla veranda. La porta bianca a sei pannelli si aprì sotto la luce dell’ingresso.

«Io vado, Flora» gridò il professor Carr. «Le tue compagne di bridge sono un po’ in ritardo, mi pare?»

«Non tarderanno» risuonò nell’atrio la voce argentina. «Ciao, Linthicum.»

Il professor Carr chiuse la porta. Che peccato non poter partecipare alla partita di bridge. Ma la tesi che il giovane Rayford stava per leggere sulla Teoria dei numeri primi, sarebbe stata indubbiamente interessante. Non si poteva avere tutto. I suoi passi risuonarono sulla ghiaia del vialetto fiancheggiato da una siepe bassa con piccoli fiori bianchi che parevano un merletto. I passi svanirono appena ebbe raggiunto il cemento del marciapiede.

Sul lato posteriore della casa una macchina si fermò. Poi si udì un rumore attutito, come di qualcosa che si trasporta, e poi dei passi lenti, pesanti. Una porta si aprì dietro la casa e per un attimo, nell’arco illuminato, apparve un uomo che portava sulla spalla un fagotto enorme che poteva sembrare il corpo fasciato di una donna, solo che un andirivieni strano come questo era impensabile in casa dei Carr, lo avrebbe confermato qualsiasi vicino. Poi la porta si chiuse, e per un altro po’ vi fu solo silenzio, mentre la brezza agitava le foglie della grande quercia.

Con un tremendo spreco di copertoni, una Studebaker nera frenò davanti al cancello. Ne uscì la signora Gunnison. «Spicciati, Evelyn» disse «ci hai fatto far tardi ancora una volta. Lo sai che le dà sui nervi.»

«Ho fatto più presto che potevo» rispose lamentosamente la sua compagna.

Appena la porta a sei pannelli si aprì, il profumo di spezie divenne tangibile.

«Venite tardi, carissime» disse la voce argentina e ridente. «Ma per questa volta vi perdono perché ho una sorpresa per voi. Entrate.»

Seguirono la fragile figura vestita di fruscianti sete sino al soggiorno. In piedi vicino al tavolino da gioco, con la sua tovaglia ricamata e due piatti di cristallo pieni di dolci, c’era Norman Saylor. La luce della lampada mista a quella del fuoco nel camino, illuminava il suo viso privo di espressione.

«Poiché Tansy non ha potuto venire» disse la signora Carr «Norman ha acconsentito a fare il quarto. Non è una bella sorpresa? Non è carino da parte del professor Saylor?»

La signora Gunnison parve fare appello a tutto il suo coraggio.

«Non sono tanto sicura che questa combinazione mi piaccia» disse dopo un po’.

«Da quando in qua le cose hanno da piacerti o no?» rispose tagliente la signora Carr, in piedi ed eretta. «Sedetevi tutt’e due.»

Appena ebbero preso posto intorno al tavolo, la signora Carr fece scorrere le carte, scegliendone due dal mazzo. Quando parlò la sua voce era dolce e squillante come sempre.

«Ecco, queste siete voi» disse piazzando la dama di quadri e la dama di fiori davanti a loro. «E questo è il professor Saylor.» Aggiunse il re di cuori alle due altre carte. «E qui ci sono io.» Mise la regina di picche sulle altre tre carte. «Qui a lato c’è la regina di cuori, Tansy Saylor. Ciò che intendo fare è questo.» Mosse la regina di cuori in modo che coprisse quella di picche. «Non capite? Be’ non è proprio ciò che sembra, e nessuna di voi è particolarmente intelligente, ma a momenti capirete tutto. Il professor Saylor e io abbiamo avuto in questo momento una conversazione interessantissima» continuò. «Concerne il suo lavoro. Non è vero, professor Saylor?» Lui annuì. «Ha fatto delle scoperte assolutamente sensazionali. A quanto pare esistono delle leggi fisse che regolano ciò che noi donne abbiamo empiricamente sperimentato. Gli uomini sono così intelligenti in certe cose, non vi pare? Egli è stato così gentile a riferirmi tutte quelle leggi. Non vi potete neanche immaginare come rende ogni cosa più sicura, e più efficace. L’efficienza è la cosa più importante, oggigiorno. Ebbene, il professor Saylor ha già fatto qualcosa per me, ma non vi dirò che cosa, però c’è una sorpresa per ognuna di voi, e una per qualcun altro. E guai se una di voi intende far qualcosa di maligno… mi sarebbe facile toglierle… voi sapete di che sto parlando.

“E ora accadrà qualcosa che metterà in grado il professor Saylor e me di lavorare in avvenire in stretta collaborazione, così stretta che voi non lo potete nemmeno immaginare. Siete qui per aiutarmi. Ecco perché vi ho fatto venire. Norman, apra la porta della stanza.»

Era una porta scorrevole di antica foggia, di un bianco lucente. La spinse lentamente da una parte.

«Ecco» disse la signora Carr «oggi sono piena di sorprese per voi.»

Il corpo di Tansy era legato alla poltrona, ed era imbavagliato. Al di sopra del bavaglio, i suoi occhi fulminavano tutti con uno sguardo di odio impotente.

Evelyn Sawtelle si alzò a mezzo, soffocando un grido.

«Non c’è bisogno di fare l’isterica, Evelyn» disse la signora Carr «ora la sua anima è dentro il suo corpo.»

Evelyn Sawtelle tornò a sedere, ma le sue labbra tremavano.

La signora Gunnison era pallida ma stringeva le mascelle e aveva appoggiato i gomiti sul tavolo. «Non mi va» disse. «È troppo rischioso.»

«Ora io sono in grado di correre dei rischi che non avrei potuto correre una settimana fa, mia cara» disse dolcemente la signora Carr. «In questa faccenda il tuo aiuto e quello di Evelyn mi sono indispensabili. Naturalmente, se non volete, io non vi obbligo. Spero soltanto che ne comprendiate le conseguenze.»

La signora Gunnison abbassò lo sguardo. «Va bene» disse «ma facciamo presto.»

«Io sono una donna molto vecchia» cominciò la signora Carr con una lentezza esasperante «e sono innamorata della vita. È sempre stato per me un sentimento molto deprimente pensare che la mia vita si avvicini alla fine. E per motivi che probabilmente voi comprenderete, io temo la morte un po’ più della maggior parte delle persone.

“Ma ora sembra che io debba, una volta ancora, godere di quelle gioie che una donna vecchia considera perdute per sempre. Le insolite circostanze di queste ultime settimane mi hanno aiutata a preparare il terreno. Anche il professor Saylor mi è stato di grande aiuto. E voi, carissime, mi aiuterete anche voi. Vedete, bisogna creare un certo tipo di tensione, e soltanto le persone che hanno una determinata esperienza alle spalle sono in grado di farlo. E poi occorrono proprio quattro persone. Il professor Saylor (un uomo dalla mente così brillante!) mi dice che è come produrre una tensione elettrica, in modo da poter far scattare una scintilla da un punto a un altro. Solo che questa volta la traiettoria parte da qui, dove io sono seduta, fin lì» e indicò la figura imbavagliata. «E le scintille dovranno essere due. Quando tutto sarà finito, la regina di cuori coprirà interamente la regina di picche, e anche la regina di picche coprirà interamente la regina di cuori. Vedete, carissime, questa sera viviamo in un mondo a quattro dimensioni! Ma le cose che non si vedono sono sempre le più importanti. Non vi pare?»

«Tu non lo puoi fare» esclamò la signora Gunnison. «Non sarai in grado di nascondere la verità.»

«Ah, davvero, tu credi che…? Al contrario. Io non avrò il minimo sforzo da fare. Lasciate che vi chieda cos’accadrebbe se la vecchia signora Carr pretendesse di essere la giovane signora Saylor? Lo sapete benissimo cosa accadrebbe a quella dolce innocente vecchia signora. In certi casi le leggi e le credenze di una società scettica fanno veramente comodo.

“Norman” proseguì lei “possiamo cominciare col fuoco. Io dirò alle altre cosa dovranno fare di preciso.»

Norman gettò una manciata di polvere sul fuoco. Vi fu una vampata, poi un odore pungente, nauseante invase la stanza.

E chissà? vi sarà stato forse un movimento al centro del mondo, un fluire di silenziose correnti nella tenebra oscura. Sulla faccia buia del pianeta un milione di donne si saranno rivoltate, irrequiete, nel sonno, e alcune si saranno svegliate tremanti e terrorizzate. Sul lato rischiarato della terra un altro milione di donne si sarà sentito nervoso e strani sogni ad occhi aperti si saranno rincorsi nella loro mente. Alcune avranno fatto degli errori nel loro lavoro, e avranno ripreso ad addizionare colonne di cifre, o ad attaccare un filo diverso a una valvola diversa, o a mandare agli scarti un pezzo di metallo mal punzonato, o a rifare il biberon del bambino. Alcune si saranno ritrovate con strani sospetti che fiorivano come funghi nei loro pensieri; e forse una certa massa fisica avrà cominciato a lavorare sempre più vicino al suo punto d’appoggio, come una trottola che tentenna e scivola lentamente verso il bordo del tavolo. E alcune creature che si saranno trovate vicino a quel punto, vedendo ciò che stava per accadere, saranno fuggite terrorizzate nell’oscurità. Poi arrivata sull’orlo la trottola si sarà fermata. L’irregolarità dei suoi movimenti sarà cessata ed avrà ripreso il suo moto regolare.

E forse le correnti avranno cessato di turbare la tenebra, restaurando, a un tratto, il perduto equilibrio…

Norman Saylor aprì i vetri, sotto e sopra, per far scomparire i pungenti vapori residui. Poi tagliò le corde che trattenevano legata la donna e le tolse il bavaglio dalla bocca. Lei, dopo un attimo si alzò e senza una parola la coppia lasciò la stanza.

In tutto quel tempo le altre non avevano detto una parola. La figura vestita di seta grigia sedeva con la testa china, le spalle incurvate, le mani fragili abbandonate sui fianchi.

Nell’arco della porta, la donna che Norman Saylor aveva slegata si voltò:

«Una sola cosa vi voglio dire ancora. Tutto ciò che vi ho detto prima, in questa seduta, era vero, tranne una cosa.»

La signora Gunnison alzò gli occhi, Evelyn Sawtelle si voltò a mezzo sulla sedia. La terza donna non si mosse.

«L’anima della signora Carr non è stata trasferita nel corpo di Tansy Saylor questa sera. La cosa era avvenuta molto prima, quando la signora Carr aveva rubato l’anima di Tansy Saylor alla signora Gunnison, occupando il corpo di Tansy Saylor, allora svuotato del suo io, e legato, e lasciando che l’anima di Tansy Saylor rimanesse intrappolata in quel suo corpo vetusto, destinato a essere ucciso dal proprio marito, in conformità ai piani stessi della signora Carr. Perché la signora Carr sapeva che Tansy Saylor avrebbe avuto soltanto un pensiero disperato: correre a casa, da suo marito. E la signora Carr era sicura di poter persuadere Norman Saylor a uccidere il corpo che, a sua insaputa, racchiudeva l’anima di sua moglie, persuaso di uccidere invece la signora Carr, anima e corpo. E con questo gesto avrebbe segnato la fine dell’anima di Tansy Saylor.

“Tu lo sapevi, Hulda Gunnison, che la signora Carr si era impadronita dell’anima di Tansy Saylor che tu tenevi prigioniera, esattamente allo stesso modo in cui tu l’avevi rubata a Evelyn Sawtelle, e per le stesse ragioni. Ma non hai voluto rivelare questo punto a Norman Saylor perché avresti perduto la tua carta migliore di ricatto. Questa sera tu hai sospettato che qualcosa non quadrava, ma non hai osato fare domande.

“Ed ora, il risultato dell’esperimento di questa sera, effettuato con il vostro aiuto, è questo: l’anima della signora Carr è tornata nel corpo della signora Carr, e quella di Tansy Saylor nel corpo di questa. Nel mio corpo. Buona notte, Evelyn, buona notte, Hulda, ciao, Flora, cara.»

La porta dai sei pannelli si chiuse dietro di loro e la ghiaia del vialetto scricchiolò sotto i loro passi.

«Ma come hai fatto a capirlo?» fu la prima domanda di Tansy. «Quando mi hai visto in piedi nell’arco della porta, che ti guardavo dietro gli occhiali, col fiato grosso per aver corso verso di te, con un unico pensiero nella mente, quello di trovarti… come hai fatto a sapere che ero io?»

«In parte» disse pensandoci un po’ «è stato perché lei, alla fine si era tradita. Aveva cominciato a parlare gonfiando le parole, in quel suo modo enfatico, caratteristico. Ma questo gesto, da solo, non sarebbe bastato. Era un’attrice troppo consumata. Deve aver studiato il tuo comportamento per anni e anni. Ma ora che ho veduto come facevi bene la sua parte questa sera, così, senza alcuna preparazione o quasi, mi chiedo come sono riuscito a vedere attraverso la sua persona…»

«Ma allora…?»

«È stato anche per il modo in cui correvi nel vialetto: non mi è sembrato il modo di correre della signora Carr. E c’era un’altra cosa, il modo come si teneva eretta. Ma è stato soprattutto il momento in cui hai scosso il capo, tre volte di seguito. Era impossibile non riconoscerti. Dopodiché ho scoperto tutte le altre cose.»

«Ma non credi che dopo tutto ciò che è successo, ti verrà sempre da chiederti chi sono io, in realtà?»

«Probabilmente sì» rispose con fare serio «ma sarò sempre in grado di dominare i miei sospetti.»

Udirono dei passi affrettati in fondo al giardino e uno scambio di saluti fra due figure nell’ombra.

«Ciao, voi due» disse Gunnison. «È già finito il bridge? Pensavo di tornare indietro con Linthicum e riportare a casa Hulda con la macchina. Senti, Norman. Pollard è venuto a parlarmi dopo la lettura della tesi. Ha cambiato improvvisamente parere sulla faccenda che sai. Di conseguenza i consiglieri hanno annullato la loro riunione di domani.»

«È stata una tesi interessantissima» disse il professor Carr. «Ho avuto la soddisfazione di chiedere al laureando un paio di cosucce birichine alle quali, devo dire, ha risposto molto bene, dopo che qualche punto di secondaria importanza era stato chiarito. Mi spiace non aver potuto essere al bridge. Mah! Penso non cambi nulla.»

«E la cosa più buffa» disse Tansy dopo che ebbero ripreso la strada «è che egli troverà effettivamente che non è cambiato nulla!» e scoppiò a ridere di quel riso contagioso, segno di grande sollievo.

«Tesoro mio» gli disse ancora Tansy «credi veramente a queste cose, o fai finta di crederci per il mio bene? credi veramente di aver ricuperato l’anima di tua moglie imprigionata nel corpo di un’altra? Oppure la tua scienza, la tua mente scientifica ti ha già spiegato che hai trascorso quest’ultima settimana facendo finta di credere alla stregoneria per guarire tua moglie e tre vecchie nevrotiche dall’illusione di essere l’un l’altra e varie altre sciocchezze?»

«Non lo so» disse Norman piano e con la stessa serietà di prima. «Non lo so proprio…»


FINE
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