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“Ma ora è venuto il momento di riprendere il cammino, perché è l’amore per i viaggi a fare la nostra grandezza…”


— Indovina! — disse Ponter a Mega. — Oggi andiamo in gita! Voleremo in elicottero!

La bambina aveva un enorme sorriso. — Mèr me l’ha detto! Yay!

Nel periodo in cui i Due diventavano Uno, erano frequenti gli spostamenti da una città all’altra; e un elicottero faceva servizio avanti e indietro da Saldak Centro a Kraldak Centro. Ponter, Mary e Mega si stavano dirigendo alla piazzola di partenza.

L’elicottero aveva una scocca cilindrica, di colore rossastro; sembrava una lattina formato gigante. All’interno era insolitamente spazioso. Mary e Ponter presero posto su sedili imbottiti, faccia a faccia. Mega sedette accanto al padre, ammirando il paesaggio che si allontanava.

L’isolamento acustico era perfetto, altro che i rotori gliksin che facevano venire il mal di testa. — Ho un regalo per te — stava dicendo Ponter a Mega. Aprì la solita valigia di cuoio e prese un complesso giocattolo di legno.

— Grazie, papi! — trillò la bambina.

— E mica mi sono dimenticato di te — disse quindi Ponter a Mary. Dalla valigia prese una copia del “Globe and Mail”, il quotidiano nazionale canadese.

— Come te lo sei procurato? — chiese Mary, spalancando gli occhi.

— Me lo sono fatto passare da un gliksin al varco. Regalo graditissimo.

Mary si era quasi scordata del proprio mondo, ma era ora di dare un’occhiata alle news… e alla striscia di Dilbert. Aprì il giornale e lesse. In prima pagina: un deragliamento ferroviario nei pressi di Vancouver; minacce incrociate tra India e Pakistan; la nuova legge finanziaria.

Passò alle pagine interne.

— Oh, Gesù!

— Che succede? — chiese Ponter.

Mary ringraziò il cielo di essere già seduta. — È morto il papa — mormorò. Doveva essere successo qualche giorno prima, altrimenti la notizia sarebbe stata in prima pagina.

— Chi?

— Il capo supremo della mia religione.

— Mi spiace — disse Ponter. — E adesso che accadrà? Una crisi interna?

— Be’, no, non esattamente. Essendo anziano, la cosa era già nell’aria. — Ponter la guardò con aria interrogativa: non era un esperto di locuzioni gliksin, come Bandra. Mary spiegò: — Si sapeva che sarebbe morto in tempi relativamente brevi.

— Lo hai mai incontrato?

— Di persona? Oh, no, è molto difficile… Tu avresti avuto più possibilità di me.

— Hmm, non so bene cosa avrei detto a un leader religioso.

— Era più di questo. Per i cattolici, il papa è l’interprete diretto della volontà di Dio.

Ponter aiutò Mega a piazzarglisi in piedi sulle ginocchia. — Cioè, parla con Dio?

— Si suppone.

Ponter scosse in modo quasi impercettibile la testa. Mary si costrinse a sorridere. — Lo so che lo ritieni impossibile.

— Senza voler tornare sull’argomento, ma… si vede che sei triste. Eppure non lo conoscevi di persona, e hai dello che la sua morte non metterà in crisi la tua religione.

— Be’, è lo shock del momento, e… ecco…

— Sì?

Mary sospirò. — Al nuovo papa toccheranno decisioni importanti su questioni delicate.

— Del tipo?

— Tante cose per rimanere al passo con i tempi: l’aborto, il divorzio… la castità dei sacerdoti, cioè non poter fare sesso.

— Perché no?

— Viene considerato un impedimento alla capacità di svolgere il ministero spirituale — rispose Mary. — Però in molte altre religioni non è così, e numerosi cattolici pensano che questo divieto faccia un sacco di danni.

— Ai nostri adolescenti diciamo sempre di non contenersi, altrimenti lo sperma accumulato li farebbe esplodere. Ovviamente, è una battuta. Quali danni provoca il celibato?

Mary distolse lo sguardo. — Ci sono preti che… — Chiuse gli occhi. — Solo una minima percentuale, capisci. La maggior parte sono persone oneste. Ma alcuni di loro hanno abusato di minori.

— Intendi… sessualmente?

— Sì.

Ponter rivolse lo sguardo su Mega. Era troppo impegnata a contemplare la Terra dall’alto per prestare attenzione. — “Minori” in che senso?

— Bambini e bambine dai 3 o 4 anni in su.

— Allora il celibato è un bene. Quel DNA non deve diffondersi.

— Difficile negarlo. — Mary alzò le spalle. — Forse fate voi la cosa giusta, a sterilizzare non solo il colpevole ma chiunque condivida con lui almeno metà dei geni. Perché, da noi, sembra che lo scandalo pedofilia stia diventando un’epidemia… almeno, stando alle notizie diffuse dai giornali.

— Non so ancora leggere, però ho visto la vostra televisione e ascoltato la radio. Ho sentito commenti come: “Quando verrà fuori il lato oscuro dei neanderthal?”. Ma io ti giuro, Mèr — Christine avrebbe potuto tradurre con “Mary” ma non lo fece — che da noi non c’è niente di paragonabile ai vostri molestatori, ai vostri inquinatori, ai vostri fabbricanti di armi, ai vostri schiavisti e terroristi. Non stiamo nascondendo nulla, ed ecco che si pensa che abbiamo chissà quali torbidi segreti. Non so se dipenda dal vostro istinto religioso, ma date per scontato che una certa quantità di mali debba esistere. Ciò è falso. E rendersene conto potrebbe essere il migliore apporto dei contatti tra i due mondi.

— Forse hai ragione — disse Mary. — Ma anche noi progrediamo con il tempo, e…

— Papi, guarda! — intervenne Mega, con un dito puntato verso il finestrino. — Un altro elicottero!

Ponter sbirciò. — Eccolo là. Eh sì, tanta gente va in visita alle famiglie.

Mary attese che Mega fosse di nuovo assorta al finestrino. — Molto dipenderà dal prossimo papa. Sarebbero tante le cose da cambiare. Oltre al celibato dei preti, anche una posizione meno intransigente sull’aborto, o il riconoscimento degli omosessuali…

— Hanno un aspetto difficile da riconoscere?

— Oh! No, è che la Chiesa ritiene peccaminosi i rapporti tra persone dello stesso sesso.

— E tu come la pensi?

— Io? — disse Mary. — Sono per la libertà di scelta. Non ho nulla contro l’omosessualità, penso che i sacerdoti non dovrebbero essere costretti al celibato, e di certo non sono contraria al divorzio. E in questo momento, per me, è questo il grosso scoglio. Io e Colm ci siamo messi d’accordo per chiedere l’annullamento, ma… — Pausa. — Vediamo che farà il nuovo papa. Se permetterà ai cattolici di divorziare senza essere esclusi dai riti, preferirei di gran lunga questa soluzione.

Un inserviente si accostò: — Stiamo per atterrare a Kraldak, signore. Le chiediamo di allacciare la cintura alla sua bambina.

Ponter chiamò un cubo perché li accompagnasse alla località individuata da Hak. All’inizio l’autista fece resistenza, perché la destinazione era troppo lontana dall’Anello di Kraldak, ma Ponter riuscì a convincerlo. Il veicolo volò al di sopra di formazioni rocciose, zigzagò intorno a macchie d’alberi, scivolò su laghetti, e alla fine arrivò alla meta.

Era una capanna di legno, con le assi disposte in verticale anziché in orizzontale. Ponter bussò. Nessuna risposta. Allora abbassò la maniglia a forma di stella marina, aprì la porta e…

Mega cacciò uno strillo acutissimo che fece raggelare il sangue a Mary.

All’interno, appeso a una parete e illuminato dalla luce che penetrava attraverso una finestra, si vedeva un cranio di dimensioni ciclopiche. 0 meglio: enorme, deformato, con una sola orbita oculare al centro. Il cranio di un ciclope.

Ponter rincuorò la figlia. — È solo un mammut.

Poi chiamò Vissan ad alta voce, ma la capanna era costituita da una sola, ampia stanza: la donna non avrebbe potuto nascondersi da nessuna parte. Al centro c’era un tavolo con una sedia; in un angolo un caminetto in pietra e un mucchio di ciocchi; in un altro angolo, una pila di vestiti. Mary scrutò il paesaggio all’esterno. Vissan poteva essere ovunque.

— Scienziato Boddit! — Era il conducente del cubo. Lui uscì dalla capanna. — Sì? — gridò.

— Quanto vi fermerete?

— Non so. Un decimo, forse di più.

L’autista fece una rapida valutazione. — Allora andrò a caccia. Erano mesi che non venivo in aree così selvagge.

— Buon divertimento — gli augurò Ponter.

Quindi tornò all’interno, e si diresse al mucchio di vestiti, afferrò una camicia e se la portò alle narici. Poi ripeté l’operazione con altri capi di vestiario. Alla fine annuì, rivolto a Mary: — Okay, ho individuato il suo odore.

Ponter si mise Mega in spalla e uscì. Mary lo seguì e chiuse la porta dietro di sé. Ponter inspirò più volte a pieni polmoni, percorrendo il perimetro dell’abitazione. A un certo punto si fermò. — Di là — disse, indicando verso est.

— Grande — disse Mary. — Andiamo!

Le bimbe neanderthaliane sapevano tutto sulla raccolta dei frutti di bosco, ma difficilmente partecipavano a una battuta di caccia, per cui Mega era entusiasta. Sempre con la figlia in spalla, Ponter marciava come uno stambecco su per le rocce e tra gli alberi; Mary faticava a tenere il passo. La loro intrusione spaventò un cervo e uno stormo di colombe migratrici.

Non era facile calcolare le distanze, ma dopo quelli che dovevano essere 6 o 7 chilometri Ponter indicò una sagoma in lontananza, accucciata presso un torrente.

— È lei — sussurrò. — È sottovento rispetto a noi, non ci ha ancora fiutati.

— Avviciniamoci — rispose Mary.

Ponter posò Mega e le fece cenno di non fare rumore, poi arrivarono come fantasmi fino a una quarantina di metri dalla donna, poi Mary calpestò il classico ramoscello. A sentire lo scricchiolio, la neanderthal si alzò, li squadrò, e filò via.

— Aspetta! Resta qui!! — gridò Mary.

Lo aveva detto d’istinto, ma la fuggitiva si bloccò e tornò davvero indietro. Il fatto era ancora più notevole in quanto Mary aveva urlato in inglese. Ora, sebbene Christine avesse immediatamente tradotto, la neanderthal non doveva mai aver sentito una voce aliena, neppure sui mezzi di comunicazione, dato che si era privata del Companion. Non doveva neppure essere al corrente dell’esistenza del varco.

Ponter, Mega e Mary le andarono incontro, e le si avvicinarono fino a una ventina di metri. L’espressione sul volto della donna era di infinito stupore.

— Che… che cosa sei? — chiese.

— Ti prego, non scappare. Io mi chiamo Mary Vaughan. Tu sei Vissan Lennet?

— S… sì — rispose lei. — Sono Vissan. Vi supplico, non fatemi del male.

Mary lanciò un’occhiata a Ponter, poi le disse: — Certo che no! — Quindi, di nuovo rivolta a Ponter — Perché mai dovremmo?

Ponter spiegò a bassa voce: — È priva di Companion, perciò non sta avvenendo una registrazione a suo beneficio nel suo archivio degli alibi, e lei non è più sotto tutela della legge.

— Non avere paura! — la incoraggiò Mega. — Non siamo cattivi.

Il trio provò ad avvicinarsi di altri cinque metri. Vissan ripeté: — Che cosa sei?

— Ci crederesti? È una gliksin! — esclamò Mega. Vissan strabuzzò gli occhi. — Non prendetemi in giro.

Cosa sei?

— La piccola dice la verità. Sono davvero una gliksin.

— Straordinario! — balbettò Vissan. — Ma… sei un’adulta. Se qualcuno avesse recuperato il materiale genetico di una gliksin così tante decine di mesi fa, lo avrei saputo.

L’aveva scambiata per un clone di laboratorio. — No, non è successo in questo modo. Sono…

— Lascia provare me — intervenne Ponter. — Vissan, sai chi sono?

Lei aguzzò la vista, poi scosse la testa. — No.

— È mio papà — disse Mega. — Si chiama Ponter Boddit. È un 145. E io una 148!

Ponter aggiunse: — Hai mai sentito parlare di una chimica di nome Lurt Fradlo?

— Di Saldak? — disse Vissan. — Conosco il suo lavoro.

— Lurt è la compagna di Adikor — spiegò ancora Mega — e Adikor è il compagno di papi.

Ponter mise una mano sulla spalla della figlia. — Esatto. lo e Adikor siamo fisici quantistici. Siamo riusciti a intercettare un universo parallelo in cui sono sopravvissuti i gliksin, invece che i barast.

— Mi stai prendendo per il pelo — commentò Vissan.

— Nient’affatto! — disse Mega. — Papi era sparito nella miniera di Debrai, e Daklar pensava che Adikor gli avesse combinalo qualcosa, ma Adikor non se lo sarebbe mai sognato, e Jasmel, che è mia sorella, ha aiutato Adikor a recuperare papi. Poi hanno fatto un varco sempre aperto, ed è arrivata Mèr.

Vissan comprese la trama. — Non regge — disse. — La donna proviene da questo mondo. Ha un Companion.

Che occhio! Un pezzo compariva da sotto il polsino.

Mary si tolse il giubbotto, tirò su la manica e mostrò l’impianto. — È stato installato solo di recente — disse. — Si vedono ancora i segni dell’operazione.

Vissan fece un passo avanti. Poi un altro. E un altro ancora.

Infine disse: — È vero.

— Tutto ciò che abbiamo detto è vero — ribadì Ponter.

Vissan si portò le mani agli ampi fianchi ed esaminò a lungo il volto di Mary. Quel nasino insignificante, la fronte alta, il mento protruso in avanti. — C’è da sospettarlo — disse.

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