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“Perciò, sì, è arrivato il momento di accelerare il passo. Ma non solo nel senso che l’America compia una grande impresa; piuttosto… per riprendere altre parole famose… che ieri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, nonché hindu, musulmani e buddisti, e coloro che abbracciano qualunque fede, o nessuna… che i cittadini delle nostre 191 nazioni, gli appartenenti a ogni etnia e religione, tutti coloro che compongono il nostro speciale e variegato tipo di umanità… avanzino insieme in pace e armonia, nel reciproco rispetto e nell’amicizia, portando avanti il cammino che noi Homo sapiens avevamo brevemente interrotto…”


— Penso — disse Vissan — che voi due abbiate delle cose da decidere insieme. Se volete, io intanto posso accompagnare Mega — nel frattempo la bambina si era svegliata — a vedere le stelle. Ti piacerebbe, Mega?

— Certo! — rispose lei.

Vissan si riavvolse nel proprio cappotto di pelliccia, mise addosso alla bambina un paio di camicioni, e uscirono.

Mary attese che la porta si richiudesse alle spalle di Vissan e Mega.

Ponter le disse: — Mèr…

— No, no, ho bisogno di pensare. Dammi qualche minuto.

Ponter alzò una mano, e si dedicò all’accensione del caminetto.

Mary andò a piazzarsi sulla sedia lasciata libera da Vissan, e appoggiò il mento sulla mano.

Il suo mento da Homo sapiens. Un tratto somatico di importanza secondaria. Come del resto, se non fosse stato per questioni legali, non le sarebbe importato che suo figlio fosse maschio piuttosto che femmina. O dove avesse la scriminatura. O il colore degli occhi, o la forza fisica, o l’olfatto.

“Purché sia sana” pensò, ripetendo un mantra millenario.

Pur non avendo mai avuto nessuna esperienza soprannaturale (a parte nel laboratorio di Veronica), Mary aveva fede in Dio. E continuava ad averla anche dopo che le era stato dimostrato che dipendeva dalla conformazione del suo cervello. Avrebbe negato a sua figlia i benefici psicologici che derivano dalla fede?

Pensò a questo pianeta in cui si trovava ora. Le riaffiorarono alla memoria espressioni che le erano state instillate in gioventù: “gente senza Dio”, “comunisti”…

All’inferno! Il sistema sociale neanderthaliano funzionava. E molto meglio di quello capitalistico corrotto del suo mondo. E meglio dell’istituzione-Chiesa che aveva insabbiato per decenni i casi di pedofilia, e meglio di altre religioni che opprimevano la donna e mandavano dei fanatici a schiantarsi contro i grattacieli…

Ponter aveva acceso un bel fuoco. Mary si alzò e raggiunse il suo uomo, ancora accovacciato presso le fiamme. Lui si voltò verso di lei. Nonostante le ombre strane che il fuoco creava sui suoi lineamenti pronunciati, lo sguardo restava amorevole. — Accetterò qualunque tua decisione — disse Ponter alzandosi.

Mary gli strinse le spalle. — Vorrei poterci pensare ancora a lungo.

— Un po’ di tempo c’è, ma non moltissimo. Se nostra figlia dovrà fare parte della generazione 149, andrà concepita al momento fissato.

Mary si irritò. — Magari potrebbe nascere l’anno dopo, o quello dopo ancora.

Ponter mantenne l’aplomb. — Se nostra figlia verrà allevata nel tuo mondo, allora potrà essere concepita in qualsiasi periodo. Ma, se desideriamo che si integri con la società di qui, allora dovremo seguire il calendario generazionale.

— Molto romantico — reagì Mary, staccandosi da lui.

Ponter la riattirò a sé. — Gli inconvenienti non mancano — disse. — Ma che cosa c’è di più romantico di due persone che si amano, e hanno un figlio?

Mary si sforzò di sorridere. — Hai ragione tu. Scusami. — il compleanno di Mary cadeva alla fine dell’anno, perciò lei sapeva bene che cosa significasse essere di sei mesi più giovane dei propri compagni di scuola. Avere uno o due anni di meno, per la loro bambina, sarebbe stata una situazione pesante. È vero, sarebbe stata allevata principalmente tra i gliksin, ma da grande avrebbe potuto preferire di andare a vivere tra i neanderthal, e se non fosse appartenuta a una determinata generazione avrebbe avuto problemi di adattamento.

— Te la senti di decidere? — chiese Ponter.

Lei guardò le fiamme scoppiettanti. — Mio fratello Bill ha sposato una protestante — disse. — Non ti dico come la prese mia madre! Ho solo qualche vaga notizia sulla fatica che fecero Bill e la moglie Dianne per stabilire l’educazione religiosa dei figli, ma in ogni caso fu un’impresa sfiancante. E tu mi chiedi di decidere su due piedi se mia figlia debba essere predisposta o no ad avere la fede?

Ponter non rispose; si limitò ad accarezzarle i capelli. Se moriva dalla voglia di conoscere il parere di Mary, non lo dava a vedere. Meglio così. Se Ponter si fosse dimostrato ansioso, avrebbe significato che desiderava una data risposta, il che avrebbe messo Mary in tensione. Ma Ponter aveva una preferenza? D’istinto veniva da pensare che lui desiderasse una figlia simile a lui, cioè priva del…

Brutto dirlo, ma il termine era già apparso sulla stampa gliksin: “L’organo della divinità”.

Ma Ponter sapeva anche che, pur con tutta la tecnologia, non si “ordina” una persona come si ordina una pizza, con o senza cipolla. Una persona è un tutto complesso. E se lui avesse desiderato che la figlia avesse la fede della madre nella vita eterna? E se quello fosse il banco di prova per l’ipotesi dello scultore di personalità?

Mary non glielo avrebbe mai chiesto. Neppure dopo l’evento: inutile piangere sul latte versato.

Le tornò in mente una scena di Star Trek V, quello in cui si vedeva la nascita di Spock da padre vulcaniano, Sarek, e madre umana, Amanda. Al vedere l’infante, Sarek aveva commentato: “È così umano…”.

Mary scosse la testa. Ma Sarek che si aspettava? Perché aveva accettato di avere un figlio ibrido, e poi se la prendeva per il risultato?

— Non è un difetto — disse Mary alla fine, senza specificare a cosa si riferisse. — Il fatto di credere in Dio non è un errore del cervello gliksin. La fede, se uno ce l’ha, fa parte delle caratteristiche del mio popolo. — Afferrò la mano a Ponter. — Conosco i problemi causati dalle religioni; quelle istituzionalizzate, se non altro. E mi rendo conto che tanta della nostra inumanità sembra dipendere dall’idea che tutte le ingiustizie si accomoderanno in un’altra vita. Eppure, desidero che mia figlia… che nostra figlia abbia almeno la possibilità di credere in Dio e nell’aldilà.

— Mèr…

Lei si staccò di nuovo da lui. — No, lasciami finire. Il tuo popolo sterilizza i criminali. In teoria, solo per salvaguardare il pool genetico. Ma non è tutto qui, vero? Quando il criminale è un uomo, non gli praticate una semplice vasectomia: voi lo castrate, rimuovete la parte di lui che è responsabile non solo dell’aggressività, ma anche del desiderio sessuale.

Ponter pareva a disagio.

Mary insistette: — Prendi me. Sono la vittima di uno stupro, dell’azione peggiore che il testosterone possa provocare. Ma conosco anche la gioia profonda di fare sesso con un uomo appassionato. Forse ci sono casi in cui è consigliabile rimuovere gli organi che producono il testosterone, e anche casi in cui sarebbe consigliabile rimuovere l’organo della divinità, ma non fin dall’inizio.

Fissò Ponter negli occhi. — Nella mia Chiesa esiste il dogma del peccato originale: tutti nasciamo macchiati da una colpa commessa dai progenitori. Be’, io non accetto quest’idea. Anche se i meccanismi comportamentali possono in parte differire tra gliksin e barast, un neonato è e resta un fascio di potenzialità da sviluppare, in una direzione o nell’altra. E io desidero che nostra figlia abbia tutte le potenzialità possibili, e che, grazie all’amore dei suoi genitori, diventi la persona migliore possibile.

Ponter annuì. — Ciò che tu vorrai, sarà il meglio anche per me.

— È questo che voglio — disse Mary. — Una figlia che creda in Dio.

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