26

“Ed eccomi qui, a fare da apripista per il cammino a venire. È tempo, amici miei, almeno per alcuni di noi, di spiccare il volo da questa versione della Tetra. Di compiere il prossimo Grande balzo…”


Mary, Ponter e Mega trascorsero la notte nella capanna di Vissan, distesi sul pavimento. Il mattino seguente, portando con sé il codificatore di codoni nascosto dentro un rotolo di pellicce, tornarono su un cubo volante a Kraldak, da dove raggiunsero Saldak giusto in tempo per la chiusura del periodo in cui i Due diventavano Uno.

Ponter e Adikor salirono sull’hover-bus che li avrebbe riportati a casa. Il giorno seguente Ponter avrebbe accompagnato sull’isola neanderthaliana di Donakat una rappresentanza dell’ONU e Jock Krieger.

Mary era disperata. Cominciava fin da quell’istante a contare i giorni che mancavano al prossimo Due-Uno, anche se nel frattempo sarebbe tornata sulla propria Terra.

La sua gelosia verso Adikor non era diminuita. Per ingiusta che fosse quella sensazione, le sembrava di essere l’amante con cui Ponter aveva fatto una scappatella prima di tornare alla sua legittima famiglia.

S’incamminò lentamente verso l’abitazione di Bandra, portando sottobraccio l’invenzione proibita. Le altre donne che avevano appena salutato i rispettivi compagni, e ora tornavano a casa, non sembravano tristi, anzi sorridevano ripensando ai bei momenti.

Mary si sentiva un’idiota. Che ci faceva lì? Okay, si era divertita con Ponter, da tutti i punti di vista, ma adesso per venticinque lunghi giorni non lo avrebbe riabbracciato. Una nube di colombe migratrici oscurò il sole; ecco un’altra specie (pensò Mary con un sospiro) che passava da un luogo all’altro. Le donne neanderthal non stavano rientrando in focolari solitari, ma ad attenderle c’erano le loro compagne, i loro figli, le loro famiglie.

Mary tirò su il colletto del suo cappotto di mammut per ripararsi da una folata gelida. Aveva sempre detestato l’inverno di Toronto, e aveva il sospetto che d’ora in poi lo avrebbe detestato ancora di più. Toronto era una città tentacolare, con industrie, tanti abitanti, e tante automobili, al punto da aver modificato il clima. A nord e a sud della città cadeva una spessa coltre di neve, ma a Toronto centro le precipitazioni erano ridotte, e di solito non ne arrivavano di notevoli prima di Natale. Tuttavia lei non si trovava esattamente in corrispondenza di Toronto: Saldak sorgeva circa 400 km più a nord, all’altezza della Subdury dei gliksin, e lì la neve non mancava; e a Saldak doveva caderne ancora di più, data l’assenza di effetto serra.

Mary rabbrividì più di quanto richiedesse la temperatura. Poteva chiedere informazioni sull’inverno locale al suo Companion, ma temeva che Christine non avrebbe fatto altro che confermare i suoi timori peggiori.

Infine, arrivò all’albero largo e tozzo che costituiva la struttura portante della casa di Bandra. La pianta stava perdendo le foglie. Mary indossava i tipici pantaloni neanderthaliani con babbucce incorporate ma, d’istinto, appena fu sulla porta fece il gesto di togliersi le scarpe. Notò la cosa, e sospirò. Si sarebbe mai abituata a quel mondo?

Andò in camera da letto, dove posò il codificatore; quindi tornò in soggiorno. Si sentiva lo scroscio dell’acqua: Bandra doveva essere rientrata dopo aver salutato il proprio compagno. Il rumore doveva aver coperto i passi di Mary e, siccome la porta del bagno era chiusa, Bandra non doveva aver percepito il suo odore.

Mary raggiunse la cucina per bere un succo di fruita. Aveva sentito dire che i raccoglitori di frutta neanderthaliani, nei territori a sud, si depilavano completamente per resistere alla calura. Provò a immaginarsi Ponter nudo come un verme. Sarebbe somigliato a certi body-builder che aveva visto in TV. NO, meglio così com’era.

Si aspettava che ormai Bandra uscisse dalla doccia, ma ancora non lo aveva fatto, e lei aveva un bisogno tremendo del bagno. Si precipitò alla porta e la spalancò.

Bandra si trovava in piedi di fronte allo specchio del lavandino.

— Chiedo scusa — disse Mary — dovrei solo… oh mio Dio, Bandra, tutto bene?

Non aveva notato le macchie di sangue sulla superficie dell’arredo: il colore roseo del granito le dissimulava.

Bandra non si voltò. Sembrava voler nascondere il viso.

Mary le si avvicinò e le posò una mano su una spalla. La fece voltare, la neanderthal non oppose resistenza.

Mary emise un gemito. Il lato sinistro del volto di Bandra presentava un’orrenda contusione; una macchia blu scura, dal margine giallastro, che si estendeva dall’arcata sopraciliare fino all’angolo della bocca. Il sangue proveniva da una grossa area da cui era stata staccata una crosta.

— Gesù santo — disse Mary. — Che ti è successo? — Prese una pezza di stoffa quadrata, la bagnò e aiutò la donna a ripulire la ferita.

Adesso lacrime scorrevano giù per le guance di Bandra, gocciolando sulle macchie di sangue del lavandino. — Non… non avrei mai dovuto invitarti qui… — disse.

— È successo a causa mia?

Ma Bandra sembrava persa nei propri pensieri. — Non è grave — disse, osservandosi nello specchio.

Mary posò la pezza e afferrò la neanderthal per le spalle. — Bandra, parlami!

— Volevo togliere la crosta, così magari avrei potuto nascondere la ferita e non te ne saresti neanche accorta, ma… — Singhiozzò. Un suono forte e rauco.

— Chi è stato? — chiese Mary.

— Non importa.

— Importa sì! Chi è stato?

Bandra raccolse le forze. — Ti ho accolto in casa mia, Mèr, e sai che noi barast non siamo molto riservati… ma in questo caso ti chiedo di rispettarmi.

A Mary stava montando la nausea. — Non rimarrò qui a guardare mentre tu sanguini!

Bandra riprese la pezza bagnata e la passò varie volte sulla ferita. Quando si fu accertata che l’emorragia si era fermata, permise a Mary di accompagnarla in soggiorno e sedette sul divano. Mary si sistemò accanto a lei, le prese le mani e la fissò in quei suoi occhi color frumento. — Prenditi tutto il tempo che vuoi — le disse — ma devi raccontarmi che cosa è successo.

Bandra distolse lo sguardo. — Erano passati tre mesi dall’ultima volta, speravo che fosse finita. Forse avrebbe…

— Bandra, chi è stato a colpirti?

La risposta fu appena percettibile, ma Christine la ripeté: — Harb.

— Harb? — disse Mary, sconvolta. — Il tuo compagno? Bandra accennò appena di sì con la testa.

— Mio… Dio… — Mary inspirò in profondità. — E va bene. Senti che cosa faremo adesso: andremo dalle autorità a denunciarlo.

Tant — disse Bandra. “No.”

— Sì, invece. — Mary strinse i denti. — Queste cose succedono anche nel mio mondo, ma non dobbiamo subirle passivamente. Tu hai bisogno di aiuto.

Tant — ripeté lei, in tono più fermo.

— Lo so che non sarà facile, ma verrò con te, e lo denunceremo. Ti sarò accanto per tutto il processo. Metteremo fine a questa situazione. — Indicò il Companion di lei. — È tutto registrato negli archivi degli alibi, no? Lui non ha nessuna possibilità di farla franca.

— Non lo denuncerò. Senza accusa, non esiste crimine: è la legge.

— Anche se lo ami, nessuna donna deve sopportare questo.

— lo non lo amo — rispose Bandra. — Lo odio.

— Un motivo in più per mettersi all’opera. Avanti, ora datti una rinfrescata, cambiati, e si va dal giudice.

Tant! — disse Bandra, battendo una manata sul tavolino di fronte a lei, quasi spaccandolo in due. — Tant! — ribadì, senza ombra di paura, in un tono che non ammetteva repliche.

— Ma perché no? Bandra, se pensi che sia doveroso tacere di fronte a…

— Tu non sai niente del nostro mondo. Niente! Non posso andare da un giudice a causa di questo.

— Un’aggressione non è un crimine anche qui?

— Naturalmente.

— Anche tra persone che hanno un Legame? Bandra annuì.

— E allora perché no?!

— A causa delle nostre figlie! Di Hapnar e Dranna.

— E loro che c’entrano? Harb se la prenderebbe con loro? È… è un padre violento?

— Lo vedi? — gracchiò Bandra. — Non hai capito nulla.

— Fammi capire tu! Oppure andrò io stessa dal giudice!

— A te che importa?

Mary fu colta di sorpresa dalla domanda. Era ovvio che sarebbe importato a qualsiasi donna. Così come era ovvio che…

Poi la verità la colpì come una mazzata. A suo tempo, lei non aveva denunciato la violenza che aveva subito, e così aveva abbandonato la sua preside, Qaiser Remtulla, tra le mani di Cornelius Ruskin. Ora stava cercando di scaricare il senso di colpa.

— Volevo solo essere d’aiuto — disse Mary. — Tu sei importante per me.

— Se vuoi essere d’aiuto, dimentica di avermi vista così.

— Ma…

— Promettilo!

— Ma perché, Bandra? Non puoi permettere che la cosa continui così.

Devo farlo. — Strinse il pugno poderoso, chiudendo gli occhi. — Devo.

— Perché?! In nome di Dio…

— Non c’entra nulla il tuo stupido Dio — rispose Bandra. — Va fatto in nome della realtà.

— Quale realtà?

Bandra inspirò a lungo. — Quella della legge — disse.

— Che vuoi dire? Che un crimine del genere non viene punito?

— Certo che sì. Fin troppo — disse Bandra, con una smorfia.

— E quindi?

— Hai idea di quale sarebbe la pena legale? Tu sei fidanzata con Ponter, no? Che cosa ha rischiato il suo compagno Adikor quando era sospettato di averlo ucciso?

— Lo avrebbero sterilizzato, ma ingiustamente, perché non era colpevole. Harb invece…

— Pensi che m’interessi che cosa capiterebbe a lui? — disse Bandra. — Ma sterilizzerebbero chiunque condivida con lui il 50 per cento del genoma.

— Oh, Cristo — mormorò Mary. — Le tue figlie…

— Proprio loro. Presto verrà concepita la generazione 149. In quell’occasione la mia Hapnar avrà il secondo figlio, e Dranna il primo. Ma se io rivelassi cos’ha fatto Harb…

Mary sentì come un pugno allo stomaco. La denuncia avrebbe portato alla sterilizzazione delle figlie di Bandra, e degli eventuali fratelli di Harb, e i suoi genitori. — Non immaginavo che anche gli uomini barast fossero così — disse Mary. — È una brutta scoperta.

Bandra alzò le spalle. — Era da molto tempo che sopportavo questa situazione, mi ci ero abituata. E poi…

— Sì?

— E poi, pensavo che fosse finita. Non mi aveva più picchiata da quando la mia compagna se n’è andata. Ma…

— Non cambiano mai. Mai. — Mary si sentiva la gola acida. — Ci deve essere qualcosa che si può fare. — Pausa. — Di sicuro hai il diritto di difenderti, sarebbe perfettamente legale. Potresti…

— Fare cosa?

Mary abbassò lo sguardo al pavimento rivestito di muschio. — Un neanderthal può ucciderne un altro, con un pugno ben assestato.

— Infatti — disse Bandra. — Il che dimostra che lui mi ama ancora. O a quest’ora mi avrebbe fracassato il cranio.

— Picchiare non mi sembra il modo migliore di dimostrare il proprio affetto. Ma restituire il colpo… e con tutta la forza… potrebbe essere l’unica via d’uscita.

— Non posso — disse Bandra. — Se il tribunale stabilisse che l’ho ucciso senza ragione sufficiente, il procedimento penale si rivolterebbe contro di me. E le mie figlie andrebbero incontro alla stessa sorte.

— Un maledetto vicolo cieco — disse Mary.

— Ti sbagli, una via d’uscita c’è. Prima o poi, io o Harb moriremo. Prima di allora… — fece il gesto di arrendersi al destino.

— Allora, perché non chiedi il divorzio? La procedura è semplice.

— Lo è, ma la gente è curiosa, farebbe domande, e la verità potrebbe venire a galla. Condannando le mie figlie alla sterilizzazione. — Scosse la testa. — No. No. L’unica soluzione è quella.

Mary allargò le braccia e accolse Bandra sul proprio petto, la tenne stretta accarezzandole i capelli color argento e arancio.

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