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“Kennedy aveva ragione: era tempo per noi di accelerare il passo. E lo è di nuovo. Per quel surplus di energia che abbiamo sempre avuto da 40.000 anni a questa parte, da quando possediamo la coscienza, noi Homo sapiens abbiamo sempre provato il desiderio di muoverci, di fare viaggi, di vedere che cosa c’è al di là delle colline, di espandere i nostri territori, e… per riprendere una celebre espressione di J.F.K., avere il coraggio di andare dove nessuno aveva mai messo piede…”


Ponter e Mary avevano trascorso la notte insieme nel divano letto di Reuben. Al mattino presto si erano diretti alla piccola Università Laurenziana.

Veronica Shannon era una donna sui trenta, scheletrica, di carnagione diafana, rossa di capelli e con un naso che Mary (prima di vedere i neanderthal) avrebbe definito grosso. Indossava un camice da laboratorio. — La ringrazio di essere venuto, professor Boddit — gli disse, scuotendogli energicamente la mano. — Grazie, grazie infinite.

Lui sorrise. — Puoi chiamarmi Ponter. Piacere mio. Le vostre ricerche, qui, mi interessano parecchio.

— E… Mary… posso chiamarti Mary? È un tale onore! — Sbatacchiò anche lei. — Mi spiace tanto non averti potuta incontrare l’altra volta che eri qui, ma ero a casa, ad Halifax, per le vacanze estive. — Arrossì. — Sei uno dei miei idoli.

Mary fece una faccia stupita. — Io?

— Non sono molte le scienziate canadesi ad aver realizzato qualche colpo grosso. Tu sì. Eri sulla cresta dell’onda ancora prima dell’arrivo di Ponter. Professioniste come te possono prendere d’assalto il mondo!

— Oh… grazie.

— Perciò, sei un mio modello di riferimento, con July Payette, Roberta Bondar…

Mary non ci si sarebbe mai vista nella stessa foto con quelle due astronaute. Però era vero che aveva raggiunto un altro pianeta ancor prima di loro.

— Ti ringrazio — ripeté Mary. — Hmm, perdonami, ma il tempo stringe e…

— Chiedo scusa, hai ragione. Vi illustro brevemente la procedura: il processo di cui mi occupo si basa su ricerche iniziate qui alla Laurenziana negli anni ’90 da Michael Persinger. Non posso attribuirmi meriti che sono suoi, però la scienza passa di mano in mano, e il mio lavoro è di verificare la validità delle scoperte di Persinger.

Mary osservò il laboratorio. Classico ambiente universitario con attrezzature nuove di zecca, anticaglie e mobili in legno. — Ora — proseguì Veronica — Persinger ha ottenuto una percentuale di successi intorno all’80 percento; la mia apparecchiatura di seconda generazione arriva al 94.

— Che coincidenza che si trovi a pochi passi dal varco tra i due universi.

Veronica scosse la testa. — Non lo è. Siamo tutti qui per lo stesso motivo: il nichel depositato da un asteroide caduto sulla Terra due miliardi di anni fa. Già, perché all’inizio Persinger si interessava di UFO, chiedendosi: come mai la maggior parte degli avvistamenti sono avvenuti a opera di quarantenni che si chiamavano Clete o Bubba?

— Be’ — disse Mary — la birra la si trova dappertutto.

Veronica rise in modo eccessivo. — Vero, ma lui decise di prendere la cosa sul serio. Non che credesse ai dischi volanti, e nemmeno io, ma esiste un autentico processo psicologico che fa sì che determinate persone siano convinte di averli visti. Persinger si chiese perché il fenomeno avvenisse perlopiù in aree all’aperto, soprattutto se isolate. Ora, siccome la Laurenziana ha sempre compiuto intensi studi sulla realtà di miniera, gli ingegneri ipotizzarono che gli avvistamenti fossero dovuti a scariche piezoelettriche.

Hak aveva emesso un paio di bip, ma né Mary né Ponter se la sentirono di interrompere Veronica, lanciata com’era. Se ne accorse lei, però: — Con “piezoelettricità” s’intende elettricità che si genera all’interno di cristalli rocciosi sottoposti a deformazione o altro stress. Si hanno scariche piezoelettriche, per esempio, quando un pick-up viaggia su un terreno roccioso all’aperto: il classico scenario da avvistamenti UFO. Persinger riuscì a replicare in modo affidabile il processo in laboratorio… et voilà, la gente pensava di aver visto gli alieni.

— Gli alieni? — disse Mary. — Ma non si era parlato di Dio?

— Se non è zuppa è pan bagnato — disse Veronica, con un sorriso equino.

— Cioè?

La giovane studiosa prese un volume da uno scaffale: Dio nel cervello. La prova biologica della fede. — Gli autori, Newberg e d’Aquili — disse — hanno realizzato la scansione cerebrale di otto monaci tibetani e di una comunità di suore francescane. Ovviamente, quelle persone mostravano un incremento dell’attività cerebrale nelle aree associate alla concentrazione. Ma anche un decremento nel lobo parietale. — Indicò il punto sulla propria testa. — Il lobo sull’emisfero sinistro aiuta a definire l’immagine del proprio corpo, mentre quello destro aiuta a orientarsi nello spazio tridimensionale. Perciò, presi insieme, i due lobi permettono di definire il confine tra il proprio corpo e l’ambiente esterno. Quando il lobo parietale si concede una pausa, si ha una sensazione come quella riportata da quei monaci e suore: una perdita del senso del sé, una comunione con il cosmo.

“I loro risultati — proseguì Veronica — si armonizzano con quelli di Persinger e i miei. I due autori scoprirono che nel corso delle esperienze religiose si attiva il sistema limbico, che è responsabile delle nostre valutazioni di significatività. Esso fa sì che una madre può vedere cento bambini, ma reagisca in modo intenso solo di fronte al proprio. Per cui l’intervento del sistema limbico durante le esperienze religiose le carica di importanza.

“Ecco perché — concluse — a raccontarle, le esperienze mistiche si banalizzano. Come se vi dicessi che il mio boyfriend è il ragazzo più bello del mondo, e vi facessi vedere la foto con l’aspettativa di sentirvi esclamare: ‘Wow, che fustaccio!’. Ma non succederà, perché è il mio sistema limbico a renderlo rilevante per me.”

Ponter era completamente assorto nella spiegazione.

— Quindi — disse — tu ritieni che questa cosa che il tuo popolo ha e il mio no, la religione, derivi dal funzionamento del vostro cervello?

— Esatto! — rispose Veronica. — L’effetto combinato delle attività dei lobi parietali e del sistema limbico. Pensiamo a cosa succede ai malati di Alzheimer: persone che per tutta la vita sono state regolarmente praticanti, ora perdono interesse. E infatti, una delle prime cose che fa l’Alzheimer è di assalire il sistema limbico.

Fece una pausa, e continuò: — Si sa da molto tempo che le cosiddette esperienze mistiche sono fenomeni legati alla chimica del cervello, tant’è che possono essere indotte tramite sostanze allucinogene. Così come sappiamo da molto tempo che uno dei fattori chiave può essere il sistema limbico, il quale viene interessato in certe forme di epilessia. Per esempio, Dostevskij era epilettico, e scriveva che durante gli attacchi riusciva a “toccare Dio”. Altri casi potrebbero essere san Paolo, santa Teresa d’Avila, Emanuel Swedenborg.

Ponter si era appoggiato con la schiena a un armadietto d’archivio; senza neppure accorgersene, si stava strofinando contro uno spigolo. — Chi? — chiese.

Veronica fu colta di sorpresa, poi spiegò: — Famosi personaggi religiosi del passato.

Mary a sua volta si premurò di spiegare il concetto di epilessia. Ponter non ne aveva mai sentito parlare. Mary si chiese se anche il gene dell’epilessia fosse tra quelli “purgati” dalle selezioni neanderthaliane.

— Epilettici o meno — disse Veronica — l’apparecchiatura funziona lo stesso. In tutto il globo, in modo indipendente, sono stati inventati la danza rituale, gli inni, eccetera. E perché? Perché i movimenti corporei deliberati, ripetitivi, stilizzati, eseguiti durante le cerimonie, li fanno classificare come importanti dal sistema limbico.

— Tutto questo è molto interessante — disse Mary — tuttavia…

— Tuttavia, sarebbe ora di tornare a bomba — completò Veronica.

Ponter strabuzzò gli occhi. Mary sorrise. — Una metafora per dire di tornare all’argomento principale.

— E la conclusione è — disse Veronica — che ormai sulle esperienze di tipo religioso ne sappiamo abbastanza da poterle riprodurre in laboratorio… o almeno, per gli Homo sapiens. Però muoio dalla voglia di vedere se avrà effetti su Ponter.

— Senza desiderare di morire — disse lui — sono curioso anch’io.

Veronica guardò l’orologio e fece una smorfia. — Il mio dottorando se la sta prendendo comoda. Solo che le apparecchiature vanno ricalibrate ogni volta. Mary, non è che ti presteresti…

Lei si irrigidì. — Mi presterei… a cosa?

— Per il primo turno. Per valutare la rilevanza dei risultati ottenuti su Ponter, devo prima assicurarmi che la strumentazione sia a posto. — Alzò una mano, per prevenire eventuali obiezioni. — Bastano cinque minuti.

Mary aveva il cuore a tamburo. Non ci teneva affatto a investigare scientificamente quel punto. Come il compianto Stephen Jay Gould, aveva sempre affermato che scienza e religione “sono ambiti non sovrapponibili”. — Non sono del tutto sicura che…

— Niente paura, non c’è alcun pericolo! Il campo magnetico che utilizzo per la stimolazione trans-cranica è di un solo micro-tesla. Lo faccio ruotare in senso antiorario all’altezza dei lobi parietali, e… come ho detto, quasi tutti… o quasi tutti gli Homo sapiens… provano una sensazione mistica.

— E come sarebbe? — chiese Mary.

Veronica disse a Ponter: — Chiedo scusa — poi prese Mary in disparte e, per non influenzare il candidato, le sussurrò: — Di solito, si ha la sensazione che ci sia un essere intelligente dietro o accanto a noi. Quanto alla forma concreta che assume, dipende molto dalle idee pre-concette del soggetto: un UFO, Gesù Cristo, una persona scomparsa… Naturalmente, qui tutto avviene in condizioni controllate, e il soggetto rimane pienamente consapevole di trovarsi in un laboratorio. Però, immagina quando il fenomeno si verifica con il famoso Bubba sperduto in mezzo a un paesaggio spettrale, oppure seduto in chiesa, o in moschea o in sinagoga. Roba da infarto.

— Senti, non mi va di…

— Ti prego. Non so se mi capiterà mai più la chance di esaminare un neanderthal. E prima occorre settare l’apparecchiatura.

Mary prese un profondo respiro. Reuben aveva già certificato che il processo era sicuro, e poi… be’, non era bello deludere questa ragazza che aveva un così alto concetto di lei.

— Ti prego, Mary — stava ripetendo Veronica, — Se ho previsto in modo esatto i risultati, questo per me sarà un grande balzo in avanti.

Donna canadese prende d’assalto il mondo… Come si faceva a dire di no?

— E va bene — disse Mary, ancora riluttante. — O la va o la spacca.

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