I russi festeggiarono il Primo Maggio… Charlie lo vide alla televisione, rabbrividendo ogni volta che sentiva nominare la nave Leonid I. Brezhnev. Poi tutto tornò alla normalità. Charlie e altri tremila attesero nervosamente il messaggio «a sorpresa». Arrivò all’inizio di giugno, come previsto, in un canale volutamente disturbato e riservato ai dati. Ma non diceva quello che ci si aspettava.
Da Abigal Bemis a Charles Leventhal.
Charlie, siamo nei guai. La nave è stata danneggiata, colpita a poppa da un grosso pezzo di non so cosa. Ha sfondato il riflettore principale del motore, ha distrutto una serie di sensori di comando e un jet d’assetto.
A quanto possiamo capire, la situazione è stabile. Manteniamo l’accelerazione inferiore d’una frazione a una gravità. Ma non possiamo manovrare, e non possiamo spegnere il motore principale.
Non abbiamo avuto grane con i detriti degli anelli mentre stavamo in orbita, dato che eravamo all’interno del limite di Roche. All’arrivo, come sai, avevamo sfruttato le divisioni naturali degli anelli. Abbiamo tentato di fare altrettanto in uscita, ma è stata una manovra più lenta e più complicata, dato che adesso la nostra massa è troppo grande. Dobbiamo aver incoccato in un pezzo di qualcosa al limite di uno degli anelli esterni.
Se potessimo spegnere il motore, forse avremmo una possibilità di ripararlo. Ma le gondole da lavoro non possono star dietro alla nave, ad una gravità. Le radiazioni, laggiù, arrostirebbero comunque l’operatore in pochi secondi.
Ci stiamo lavorando. Se avete qualche idea, fatecela sapere. Mi rendo conto che questo vi scagiona… eravamo diretti verso la Terra, ma abbiamo preso una botta. Manderemo una comunicazione in proposito sul canale commerciale regolare. Questo messaggio deve essere bruciato immediatamente dopo averlo letto.
Fine.
Funzionò perfettamente, nel senso che tolse dai guai Charlie e l’L-5… e la situazione drammatica destò un interesse per i viaggi spaziali come non c’era mai stato dopo il 1970.
Avevano persino un’eroina. Una volontaria era scesa con una gondola da lavoro pesantemente schermata e trattenuta da un cavo, per dare un’occhiata alla situazione. Aveva trasmesso immagini chiarissime del danno, prima che il cavo si spezzasse.
DAEDALUS: 2081 d.C.
TERRA: 2101 d.C.
La seguente notizia non fu pubblicata da Fax Pix perché risultò troppo difficile tradurla nel linguaggio semplificato che motivava la popolarità del giornale:
UN’ASTRONAVE PASSA VICINO A 61 CYGNI
(PER MODO DI DIRE)
Dal nostro corrispondente dall’L-5.
Un messaggio arrivato oggi dall’astronave Daedalus informa che era appena passata a meno di 400 unità astronomiche da 61 Cygni. È circa dieci volte più lontano della distanza tra il Sole e il pianeta Plutone.
Per l’esattezza, l’astronave è passata nei pressi della stella circa undici anni fa. C’è voluto tutto questo tempo perché il messaggio arrivasse fino a noi.
Non sappiamo con certezza dove sia adesso l’astronave. Se non hanno ancora riparato il motore rotto, sono circa undici anni-luce oltre il sistema di 61 Cygni (quando sono passati accanto alla stella doppia, la loro velocità era superiore al 99% di quella della luce).
La situazione è più complicata se la guardate dal punto di vista d’un passeggero dell’astronave. A causa della relatività, il tempo sembra passare più lentamente quando ci si avvicina alla velocità della luce. Perciò, per loro sono passati all’incirca quattro anni appena in un viaggio di undici anni-luce.
Il Coordinatore dell’L-5, Charles Leventhal, fa osservare che l’astronave ha abbastanza combustibile antimateria per accelerare fino all’orlo della Galassia. L’equipaggio sarebbe invecchiato di una ventina d’anni appena, ma passerebbero ventimila anni prima che noi ne avessimo notizie…
(Cestinare. Il comunicato continua parlando di come è apparsa la nave a quelli di 61 Cygni e di come potremmo parlare con loro anche se là il tempo è più lento, ma è tutto altrettanto stupido.)
DAEDALUS: 2083 d.C.
TERRA: 2144 d.C
Charlie Leventhal morì, pieno d’amarezza, all’età di 99 anni. Quasi un decennio prima venne rivelato che era stato deciso in partenza di fare della Daedalus un’astronave. Pochissimi prestarono attenzione alla notizia. Quelli che lo fecero, in maggioranza pensarono che era una bellissima cosa essersi sbarazzati d’un colpo di mille scienziati. Basta vedere in che pasticci ci hanno messo.
Daedalus: lontana 67 anni-luce e ancora in accelerazione.
DAEDALUS: 2085 d.C.
TERRA: 3578 d.C.
Dopo oltre sette anni di ricerche e sviluppo, e a una distanza di circa 15000 anni-luce, riuscirono a spegnere il motore. Grazie alla sofisticata telemetria, fu possibile effettuare l’operazione senza mettere in pericolo un’altra vita.
Ogni vita era preziosa, adesso. Non erano più semplici esploratori: quasi metà del combustibile era stata consumata. Erano coloni, senza il biglietto per il ritorno.
Il messaggio che annunciava il loro successo sarebbe giunto sulla Terra dopo quindici secoli. Non era del tutto certo che ci fosse un telescopio a infrarossi per riceverlo.
DAEDALUS: 2093 d.C.
TERRA: 5000 d.C.
Durante la decelerazione, avevano effettuato indagini su vari sistemi lungo la direttrice del volo. Ne trovarono uno con un pianeta di tipo terrestre orbitante intorno a una stella tipo Sole, e vi si diressero.
Nella stagione in cui incominciarono a sbarcare i coloni, l’oggetto dominante nel cielo notturno del pianeta era una bellissima nube di gas che gli astronomi avevano chiamato Nebulosa Nord America.
Era un’ironia che non venisse in mente a nessuno dei coloni provenienti dall’L-5 il fatto che, anno più o anno meno, era il Trimillenario dell’America.
L’America era un po’ sciupatina, nel suo tremillesimo anniversario. I mari che lambivano le sue sponde erano ricoperti da una pesante crosta cremisi di alghe anaerobiche; le città possenti erano crollate e i loro resti erano quasi completamente spianati dalle incessanti tempeste di sabbia.
Non c’erano in programma i fuochi artificiali, per mancanza di pubblico: i batteri se ne infischiano. Anche il Primo Maggio sarebbe stato ignorato.
Gli unici umani del Sistema Solare vivevano dentro una specie di tubo di vetro e metallo. Curavano i loro macchinari automatici, volgevano le spalle alla Terra morta, e veneravano la costellazione del Cigno ma non ricordavano il perché.