Quando incominciò la fase di attracco, Charlie pensò che era quello il momento in cui diventava facile distinguere gli scienziati dai bagagli. Gli scienziati erano nervosi.
In superficie, sembrava tutto molto tranquillo… non era come l’accelerazione al decollo, che faceva male alle ossa e stiracchiava la pelle. Il cilindro scintillante e trasparente dell’L-5 ingrandì adagio adagio e poi si girò per puntare verso di loro.
Il problema era che una colonia spaziale abbastanza grande per ospitare 4000 persone ha più inerzia di Dio. Se lo shuttle avesse urtato troppo velocemente la depressione dell’attracco, si sarebbe accartocciato come una fisarmonica. Una nave spaziale è fatta per sopportare lo stress nell’altra direzione.
Charlie non aveva pagato il biglietto di prima classe, ma lo lasciarono salire comunque nella cupola d’osservazione: un gesto di cortesia professionale. C’erano soltanto altri due, in piedi sul tappeto di Velcro, legati a una sbarra e aggrappati a un’altra.
Erano un uomo e una donna, giovani tutti e due; probabilmente erano nuovi coloni. L’uomo stava parlando in toni eccitati. La donna guardava fissamente davanti a sé e non ascoltava. Stringeva convulsamente la sbarra e serrava i denti. Charlie avrebbe voluto dirle qualcosa per farle coraggio, ma è difficile parlare quando si trattiene il fiato.
Gli ultimi metri sono i peggiori. Non puoi vedere niente oltre la curva dello scafo, e i jet di manovra producono un incessante balbettio di piccoli urti: sinistra, destra, avanti, indietro. Se lo shuttle si fosse accartocciato, la cupola sarebbe andata in frantumi? Oppure sarebbe schizzata via?
La manovra era controllata dal computer, naturalmente. Il pilota non faceva altro che star lì seduto in una nebbia di sudore senza peso.
Poi il gemito sordo, il fremito quasi subsonico quando lo scafo liscio dello shuttle stridette contro i respingenti anti-attrito. Charlie attese il risonante spang che avrebbe annunciato che stavano andando un po’ troppo veloci: le lamine di lega friabile sotto i respingenti che si sgretolavano per assorbire l’energia del moto in avanti: l’ultima trincea.
Se questo non li avesse fermati, avrebbero urtato una muraglia d’acciaio massiccio di due metri di spessore, che li avrebbe fermati senza il minimo dubbio. Una volta era successo. Ma questa volta no.
— Restate seduti, prego, fino a che la pressione non sarà equalizzata — disse una voce registrata. — È stato un piacere avervi a bordo.
Charlie si calò lungo la pertica, e tornò nell’area passeggeri. Raggiunse il suo sedile e attese, obbediente, che gli orecchi schioccassero. Poi il portello laterale si aprì, e insieme agli altri passeggeri si avviò lungo il grosso tubo che conduceva all’ascensore. Erano in piedi sul soffitto. Qualcuno aveva laboriosamente scarabocchiato un graffito sulla parete metallica:
Bloccati su questo ascensore per ore:
Un ascensore che è costato un milione di dollari.
La forza centrifuga non esiste:
L’L-5 risucchia.
Altri trenta secondi d’imponderabilità mentre scendevano. C’erano venti o venticinque persone che attendevano sulla piattaforma di carico.
Charlie uscì nel profumo di fiori d’arancio e d’erba appena tagliata. Era a casa.
— Charlie! Ehi, qua! — Un giovane stava accanto a una bicicletta tandem. Charlie gli strinse entrambe le mani, e salì sul sellino posteriore. — Voglio bere qualcosa.
— Cosa hai…
— Prima bere. Poi parlerò. — Si avviarono lungo la strada levigata che portava verso la cittadina.
Il bar era un semplice tendone sopra un gruppo di tavolini e di sedie, affacciato sul lago al centro della cittadina. Non c’era un barista: andavi al banco di servizio, battevi il tuo numero di credito e poi sceglievi vino o succo di frutta, con o senza alcol distillato a vuoto. Per un po’ parlarono del nervosismo causato dal tragitto con lo shuttle, e poi:
— Cos’hai ottenuto da Connors?
— Parole. Non molto. Farò una relazione completa alla riunione di stasera. Sembra comunque che non arriveremo neppure al referendum.
— Non era esattamente quello che avevamo previsto? Dovremmo accogliere l’idea di François Petain.
— Troppo rischiosa. — Il piano di Petain consisteva nel dire alla Valle della Morte che dovevano bloccare il laser per ripararlo. Non parlare neppure ai terragnoli del segnale: rispondere e basta. — Se lo scoprissero ci farebbero causa per danni e ci porterebbero via anche i denti.
Il giovane scrollò la testa. — Non li capirò mai, i terragnoli.
— Non è compito tuo. — Charlie era uno psicologo, ed era nato e aveva studiato sulla Terra. — Nessuno di quelli che sono nati quassù ci riuscirebbe.
— Può darsi. — Il giovane si alzò. — Grazie. Ora devo tornare al lavoro. Sai che devi chiamare la dottoressa Bemis prima della riunione?
— Sì. Ho trovato il messaggio al Cape.
— Ha una sorpresa per te.
— Come sempre. Voialtri non fate mai niente, qui, se non quando me ne vado.
Al telefono, Abigail Bemis disse soltanto che Charlie doveva andare a cena da lei: lo avrebbe preparato per la riunione.
— Tutto ottimo, Ab. Sulla Terra non ho potuto permettermi di mangiare cibo vero.
Lei rise, mise i piatti nella lavastoviglie e versò due tazze di caffè. Rise di nuovo quando sedette. Era una donna robusta, con i capelli bianchi, gli occhi vivaci e un mare di rughe.
— Sei di buon umore, stasera.
— Sì. È l’attesa.
— Johnny mi ha detto che avevi una sorpresa per me.
— Cribbio, lui non sa neppure la metà. Dunque non hai concluso niente con il senatore.
— No. Anche meno di quanto mi aspettassi. Qual è il segreto?
— Connors è un bravo ragazzo. Ha fatto molto per noi.
— Suvvia, Ab. Di cosa si tratta?
— Ha ragione lui. Se spegnessimo la televisione ai terragnoli per venti minuti, loro si troverebbero alle prese con un’altra Rivoluzione.
— Ah…
— Manderemo il messaggio.
— Sicuro. Immaginavo che l’avremmo mandato. Ci serviremo di Farside, con tutta la potenza di cui potremo disporre. Se avremo fortuna…
— No. L’energia non è sufficiente.
Charlie rimestò nel caffè mezzo cucchiaino di zucchero. — Avete intenzione… di sfidare Connors?
— Al diavolo Connors. Non useremo la radio.
— La luce visibile, allora? Gli infrarossi?
— Lo consegneremo a mano. Con la Daedalus.
Charlie si stava portando alle labbra la tazza. Si versò addosso quasi tutto il caffè.
— Ecco, prendi un tovagliolo.