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Su Pacem, il principale centro d’interrogatori per il Santo Romano Uffizio dell’Inquisizione Universale non si trova nel Vaticano vero e proprio, ma nella grande costruzione di pietra detta Castel Sant’Angelo, una massiccia fortezza circolare iniziata nell’a.D. 135 per essere il mausoleo di Adriano, collegata nel 271 alle mura aureliane e divenuta la più importante roccaforte di Roma e uno dei pochi edifici di quella città trasferiti con il Vaticano, quando la Chiesa spostò dalla Vecchia Terra la propria sede, negli ultimi giorni prima del collasso del pianeta nel buco nero. Il castello, in realtà un monolito conico circondato da un fossato, divenne importante per la Chiesa durante la peste del 587, quando Gregorio il Grande, mentre guidava una processione per chiedere a Dio la fine della pestilenza, ebbe la visione dell’arcangelo Michele in cima a quel mausoleo. In seguito Castel Sant’Angelo diede rifugio a Papi minacciati dal popolino inferocito, ospitò nelle sue umide celle e nelle stanze di tortura supposti nemici della Chiesa come Benvenuto Cellini e, nei suoi tremila anni d’esistenza, si dimostrò resistente tanto alle invasioni barbariche quanto alle esplosioni nucleari. Ora se ne sta, come una bassa montagna grigia, al centro dell’unica area libera che rimane nel congestionato triangolo di autostrade, edifici e centri governativi compreso fra il Vaticano, la città amministrativa della Pax e lo spazioporto.

Il Padre Capitano de Soya si presenta con venti minuti d’anticipo e riceve un distintivo che lo guiderà per le cripte, soffocanti e prive di finestre, e per i corridoi del castello. Gli affreschi, i magnifici mobili e gli ariosi loggiati, messi lì da Papi del Medioevo, sono da tempo sbiaditi e caduti in rovina. Castel Sant’Angelo ha ripreso le caratteristiche di mausoleo e di fortezza. De Soya sa che dalla Vecchia Terra è stato portato anche un passaggio fortificato dal Vaticano al castello e che negli ultimi due secoli uno dei compiti del Sant’Uffizio è stato quello di aggiornare l’armamento e le difese di Castel Sant’Angelo, in modo che la roccaforte offra ancora al Papa un rifugio rapidamente accessibile nel caso che la guerra interstellare giunga fino su Pacem.

La camminata richiede appunto venti minuti e de Soya deve superare frequenti posti di controllo e porte di sicurezza, ciascuna sorvegliata non da Guardie Svizzere in costume sgargiante (la polizia del Vaticano) ma dalle guardie di sicurezza del Sant’Uffizio, in uniforme nera e argento.

La cella per l’interrogatorio è infinitamente meno spaventosa degli antichi corridoi e rampe di scale che servono a raggiungerla: due delle tre pareti di pietra sono rese più luminose da pannelli di vetro intelligente che risplendono di un giallo pacato; due fasci di fibra ottica diffondono luce solare dal collettore posto sul tetto, trenta metri più in alto; la stanza è spartanamente ammobiliata con un moderno tavolo da conferenze; la sedia di de Soya si trova di fronte a quelle dei cinque Inquisitori, ma in modello e comodità è identica alle loro; contro una parete c’è un centro di lavoro che ricorda i normali uffici, con tastiere, schermi dati, piastra diskey e input virtuali, nonché una credenza con una caraffa di caffè e panini per la colazione.

De Soya deve aspettare un solo minuto, prima dell’ingresso degli Inquisitori. I cinque cardinali… un gesuita, un domenicano e tre Legionari di Cristo… si presentano e gli stringono la mano. De Soya ha indossato l’uniforme nera della Flotta della Pax, con il solino bianco da prete, e fa un netto contrasto con le tonache cremisi del Sant’Uffizio ornate di mostrine nere. C’è uno scambio di convenevoli… un breve interessamento sullo stato di salute di de Soya e sulla sua risurrezione, l’offerta di cibo e di caffè (de Soya accetta il caffè)… e poi tutti si accomodano.

Secondo la tradizione del Sant’Uffizio e secondo l’usanza della Chiesa Rinnovata, la discussione si tiene in latino perché l’indagine riguarda un prete. In realtà solo uno dei cinque cardinali prende la parola. Le domande sono cortesi, formali, formulate sempre in terza persona. Al termine della seduta, l’interrogato riceve la trascrizione in latino e nell’inglese della Rete.


INQUISITORE: Il Padre Capitano de Soya ha avuto successo nel trovare e trattenere la bambina nota come Aenea?

P.C. DE SOYA: Ho avuto contatto con la bambina. Non ho avuto successo nel trattenerla.

INQUISITORE: Il Padre Capitano precisi il significato della parola "contatto" in questo contesto.

P.C. DE SOYA: In due occasioni ho intercettato la nave che portava via da Hyperion la bambina. La prima volta, nel sistema di Parvati; la seconda volta, nello spazio di Vettore Rinascimento e sul pianeta stesso.

INQUISITORE: Questi infruttuosi tentativi di prendere in custodia la bambina sono stati registrati e debitamente messi agli atti. La tesi del Padre Capitano è che nel sistema di Parvati la bambina sarebbe morta di propria mano, prima che le ben addestrate Guardie Svizzere a bordo della nave del Padre Capitano entrassero con la forza nel vascello abbordato e prendessero in custodia la bambina?

P.C. DE SOYA: Era mia convinzione, a quel tempo. Ho ritenuto che il rischio fosse troppo grande.

INQUISITORE: E, per quanto a conoscenza del Padre Capitano, il comandante delle Guardie Svizzere incaricato dell’effettivo abbordaggio, tale sergente Gregorius, concordò sul fatto che l’operazione dovesse essere annullata?

P.C. DE SOYA: Ignoro quale opinione il sergente Gregorius si sia fatto in seguito all’annullamento dell’abbordaggio. A quel tempo era favorevole a portare a termine l’operazione.

INQUISITORE: E conosce, il Padre Capitano, l’opinione degli altri due soldati coinvolti nell’abbordaggio?

P.C. DE SOYA: A quel tempo volevano concludere l’operazione. Si erano duramente allenati ed erano pronti. Tuttavia a quel tempo ritenni che il rischio di perdere la bambina fosse troppo grande.

INQUISITORE: Fu questa la stessa ragione per cui il Padre Capitano non intercettò la nave fuggiasca prima che penetrasse nell’atmosfera del pianeta conosciuto come Vettore Rinascimento?

P.C. DE SOYA: No. In quell’occasione la bambina comunicò che sarebbe atterrata sul pianeta. Mi parve meno pericoloso per tutte le persone coinvolte lasciare che la bambina atterrasse e poi prenderla in custodia.

INQUISITORE: Tuttavia, quando su Vettore Rinascimento la suddetta nave si accostò al portale inattivo del teleporter, il Padre Capitano ordinò alle varie navi della Flotta e alle forze aeree di aprire il fuoco sulla nave della bambina… Esatto?

P.C. DE SOYA: Sì.

INQUISITORE: Allora la tesi del Padre Capitano è che l’ordine non comportava il rischio di perdere alla bambina?

P.C. DE SOYA: No. Sapevo che c’era un rischio. Tuttavia, quando mi resi conto che la nave era diretta all’arcata del teleporter, ebbi la ferma convinzione che avremmo perduto la bambina, se non avessimo disabilitato la sua nave.

INQUISITORE: Aveva conoscenza, il Padre Capitano, che il teleporter sul fiume sarebbe entrato in funzione dopo quasi tre secoli d’inattività?

P.C. DE SOYA: Nessuna conoscenza. Un’improvvisa intuizione. Un presentimento.

INQUISITORE: È abitudine del Padre Capitano mettere a repentaglio il successo di una missione… missione alla quale lo stesso Santo Padre ha attribuito la massima priorità… sulla base di un presentimento?

P.C. DE SOYA: Non ho l’abitudine d’essere inviato in missione di massima priorità dal Santo Padre in persona. In certe situazioni in cui le mie navi si sono trovate a combattere ho dato ordini basati su intuizioni che non sarebbero sembrate del tutto logiche fuori del contesto della mia esperienza e del mio addestramento.

INQUISITORE: Vuole forse dire, il Padre Capitano, che la conoscenza della rinnovata operatività di un teleporter, 274 anni dopo la Caduta della Rete in cui i teleporter operavano, rientri nel contesto della propria esperienza e del proprio addestramento?

P.C. DE SOYA: No. Era… un presentimento.

INQUISITORE: È consapevole, il Padre Capitano, del costo dell’operazione combinata della Flotta nel sistema di Vettore Rinascimento?

P.C. DE SOYA: So che era molto elevato.

INQUISITORE: È consapevole, il Padre Capitano, che parecchie navi di linea furono costrette a ritardare l’esecuzione degli ordini del Comando della Flotta della Pax… ordini che le inviavano in punti d’importanza vitale lungo la cosidetta Grande Muraglia del nostro perimetro difensivo contro gli invasori Ouster?

P.C. DE SOYA: Ero consapevole che le navi erano trattenute nel sistema di Vettore Rinascimento su mio ordine. Sì.

INQUISITORE: Su Mare Infinitum il Padre Capitano ha ritenuto opportuno arrestare parecchi ufficiali della Pax.

P.C. DE SOYA: Sì.

INQUISITORE: E somministrare a quegli ufficiali veritina e altre droghe psicotropiche, senza un debito processo e senza il parere delle autorità della Pax e della Chiesa?

P.C. DE SOYA: Sì.

INQUISITORE: È la tesi del Padre Capitano che il diskey papale a lui conferito per portare a termine la missione di trovare la bambina lo autorizzasse anche ad arrestare ufficiali della Pax e ad eseguire simili interrogatori senza debito processo di una corte militare e senza difesa d’ufficio?

P.C. DE SOYA: Sì. Era ed è mia convinzione che il diskey papale mi dia… mi desse… piena autorizzazione per qualsiasi ordine ritenevo necessario al fine di portare a termine la missione.

INQUISITORE: Allora è la tesi del Padre Capitano che l’arresto di quegli ufficiali della Pax potesse portare alla cattura della bambina di nome Aenea?

P.C. DE SOYA: La mia indagine era necessaria per stabilire la verità sugli eventi relativi al probabile passaggio della bambina dai teleporter su Mare Infinitum. Nel corso dell’indagine fu evidente che il direttore della piattaforma teatro degli eventi aveva mentito ai superiori, aveva nascosto elementi dell’incidente in cui era implicato il compagno di viaggio della bambina e inoltre era complice in attività sediziose dei pescatori di frodo in quelle acque. Al termine della nostra indagine, consegnai alla guarnigione della Pax gli ufficiali e gli uomini coinvolti nella faccenda, perché fossero sottoposti al debito processo nell’ambito del Codice di Giustizia Militare della Flotta.

INQUISITORE: E ritiene, il Padre Capitano, che il trattamento riservato al vescovo Melandriano fosse anch’esso giustificato dalle esigenze della… indagine?

P.C. DE SOYA: Anche se gli avevo spiegato la necessità di un’azione rapida, il vescovo Melandriano disapprovò la nostra indagine nella piattaforma Stazione Tre-due-zero-sei Mediolitorale. Tentò a distanza di bloccare l’indagine, malgrado l’ordine diretto di collaborare emesso dal suo superiore, l’arcivescovo Jane Kelley.

INQUISITORE: In verità il Padre Capitano non invocò forse l’autorità del diskey papale per spingere l’arcivescovo Kelley a intervenire a favore dell’indagine?

P.C. DE SOYA: Sì.

INQUISITORE: Può esporre, il Padre Capitano, gli eventi che accaddero quando il vescovo Melandriano si presentò di persona sulla piattaforma Stazione Tre-due-zero-sei Mediolitorale?

P.C. DE SOYA: Il vescovo Melandriano era infuriato. Ordinò ai soldati della Pax che sorvegliavano i miei prigionieri…

INQUISITORE: Con l’espressione "i miei prigionieri" il Padre Capitano si riferisce all’ex direttore e agli ufficiali della piattaforma?

P.C. DE SOYA: Sì.

INQUISITORE: Il Padre Capitano può continuare.

P.C. DE SOYA: Il vescovo Melandriano ordinò ai soldati della Pax da me portati sulla piattaforma di rilasciare il capitano Powl e gli altri. Annullai quell’ordine. Il vescovo Melandriano si rifiutò di riconoscere l’autorità concessami dal diskey papale. Posi sotto arresto temporaneo il vescovo Melandriano e ordinai che fosse trasferito nel monastero gesuita dislocato su una piattaforma a seicento chilometri dal polo sud del pianeta. Burrasche e altre circostanze impedirono per alcuni giorni la partenza del vescovo. Quando alla fine lui fu trasferito, la mia indagine era completata.

INQUISITORE: E che cosa parve dimostrare, l’indagine?

P.C. DE SOYA: Fra l’altro, dimostrò che il vescovo Melandriano riceveva grossi pagamenti in contanti dai pescatori di frodo nella giurisdizione della piattaforma Stazione Tre-due-zero-sei Mediolitorale. Dimostrò inoltre che il direttore della piattaforma, Powl, nel portare a termine attività illegali in complicità con i pescatori di frodo e nell’estorcere denaro ai turisti pescatori aveva eseguito gli ordini del vescovo Melandriano.

INQUISITORE: Il Padre Capitano notificò al vescovo Melandriano queste asserzioni?

P.C. DE SOYA: No.

INQUISITORE: Le sottopose all’attenzione dell’arcivescovo Kelley?

P.C. DE SOYA: No.

INQUISITORE: Le sottopose all’attenzione del comandante della guarnigione della Pax?

P.C. DE SOYA: No.

INQUISITORE: Può spiegare, il Padre Capitano, questa omissione d’atti d’ufficio in base a quanto previsto dal Codice di Comportamento della Flotta e dalle regole della Chiesa e della Società di Gesù?

P.C. DE SOYA: Il coinvolgimento del vescovo in quei crimini non era il punto focale della mia indagine. Affidai il capitano Powl e gli altri al comandante della guarnigione perché sapevo che il loro caso sarebbe stato esaminato con rapidità ed equità secondo il Codice Militare di Giustizia della Pax. Sapevo inoltre che ogni accusa contro il vescovo Melandriano, sia in un processo civile sia in un processo giudiziario ecclesiastico, avrebbe richiesto la mia presenza su Mare Infinitum per settimane o per mesi. La mia missione non poteva aspettare. Giudicai la corruzione del vescovo meno importante dell’inseguimento della bambina.

INQUISITORE: Il Padre Capitano si rende conto della gravità di queste accuse non comprovate e non documentate nei confronti di un vescovo della Chiesa Cattolica Romana?

P.C. DE SOYA: Sì.

INQUISITORE: E che cosa spinse il Padre Capitano ad abbandonare il precedente schema di ricerca e a portare il corriere Arcangelo Raffaele nel sistema di Hebron, controllato dagli Ouster?

P.C. DE SOYA: Anche in questo caso, un presentimento.

INQUISITORE: Il Padre Capitano si spieghi.

P.C. DE SOYA: Non sapevo dove la bambina si fosse teleportata da Vettore Rinascimento. La logica suggeriva che la nave fosse stata abbandonata da qualche parte e che la bambina e i suoi compagni avessero proseguito con altri mezzi lungo il fiume Teti… con il tappeto hawking, forse, o più verosimilmente con una barca o una zattera. Alcune prove raccolte durante le indagini sulla fuga della bambina, prima e durante il passaggio da Mare Infinitum, suggerivano un collegamento con gli Ouster.

INQUISITORE: Il Padre Capitano si spieghi.

P.C. DE SOYA: Primo, la nave spaziale: era un progetto dell’Egemonia, una nave interstellare privata, per quanto possa sembrare incredibile. Nella storia dell’Egemonia, ne furono distribuite solo alcune. Quella più somigliante alla nave da noi incontrata, fu donata a un certo Console dell’Egemonia alcuni decenni prima della Caduta. Quel Console fu più tardi immortalato in un poema epico, i Canti, composto dall’ex pellegrino su Hyperion, Martin Sileno. Nei Canti il Console racconta d’avere tradito l’Egemonia facendo spionaggio in favore degli Ouster.

INQUISITORE: Il Padre Capitano continui.

P.C. DE SOYA: C’erano altri collegamenti. Il sergente Gregorius fu inviato sul pianeta Hyperion per stabilire con prove certe di medicina legale l’identità dell’uomo che si riteneva viaggiasse con la bambina. Si tratta di un certo Raul Endymion, nativo di Hyperion ed ex militare della locale Guardia Nazionale. Il nome Endymion può essere collegato alle opere del… padre… della bambina, l’abominio cìbrido Keats. Un altro ritorno ai Canti.

INQUISITORE: Il Padre Capitano continui.

P.C. DE SOYA: Be’, c’era un altro collegamento. L’apparecchiatura volante catturata dopo la fuga e la presunta uccisione di Raul Endymion su Mare Infinitum…

INQUISITORE: Perché il Padre Capitano parla di "presunta uccisione"? Le dichiarazioni di tutti i testimoni oculari presenti sulla piattaforma concordano nel dire che l’indiziato fu colpito e cadde in mare.

P.C. DE SOYA: Poco prima il tenente Belius era caduto nell’oceano, tuttavia tracce del suo sangue e frammenti dei suoi tessuti organici furono trovati sul tappeto hawking. Sullo stesso tappeto fu trovata solo una piccola parte di sangue con l’impronta DNA di Raul Endymion. Secondo la mia teoria, Endymion cercò di portare in salvo il tenente Belius o in qualche modo fu da lui sorpreso; i due lottarono sul tappeto; l’indiziato, Raul Endymion, fu ferito e cadde dal tappeto prima che le guardie sparassero. Ritengo che il tenente Belius sia colui che è morto sotto i colpi dei fucili a fléchettes.

INQUISITORE: Il Padre Capitano ha altre prove, a parte il sangue e i frammenti di tessuto organico, che con altrettanta facilità potrebbero attestare il fatto che durante la fuga Raul Endymion si sia attardato quanto bastava ad assassinare il tenente Belius?

P.C. DE SOYA: No.

INQUISITORE: Il Padre Capitano continui.

P.C. DE SOYA: L’altro motivo per cui sospettavo un collegamento con gli Ouster è proprio il tappeto hawking. Gli studi dei medici legali hanno mostrato che è molto antico… forse tanto antico da essere il leggendario tappeto adoperato dal marinaio Merin Aspic e da Siri sul pianeta Patto-Maui. Ancora una volta c’è un legame con il pellegrinaggio su Hyperion e con le storie narrate nei Canti di Martin Sileno.

INQU1SITORE: Il Padre Capitano continui.

P.C. DE SOYA: Non c’è altro. Pensai che potevamo andare su Hebron senza incontrare uno Sciame Ouster. Spesso gli Ouster abbandonano i sistemi conquistati. Ovviamente stavolta il mio presentimento si rivelò errato. Costò la vita al lanciere Rettig. Ne sono profondamente e sinceramente dispiaciuto.

INQUISITORE: Perciò il Padre Capitano ritiene coronata da successo l’indagine eseguita con simili spese e imbarazzo per il vescovo Melandriano, dal momento che vari particolari parevano collegarsi ai Canti che a loro volta avevano un tenue collegamento con gli Ouster?

P.C. DE SOYA: Essenzialmente… sì.

INQUISITORE: Il Padre Capitano è al corrente che i Canti sono compresi nell’Indice dei Libri Proibiti e che vi si trovano da più di un secolo e mezzo?

P.C. DE SOYA: Sì.

INQUISITORE: Il Padre Capitano ammette d’avere letto il libro?

P.C. DE SOYA: Sì.

INQUISITORE: Rammenta, il Padre Capitano, la punizione nell’ambito della Società di Gesù per l’intenzionale violazione dell’Indice dei Libri Proibiti?

P.C. DE SOYA: Sì. L’espulsione dalla Società.

INQUISITORE: E rammenta, il Padre Capitano, la massima punizione prevista dal Canone Ecclesiastico di Pace e Giustizia per coloro che, nel Corpo di Cristo, violano deliberatamente le restrizioni dell’Indice dei Libri Proibiti?

P.C. DE SOYA: La scomunica.

INQUISITORE: Il Padre Capitano può tornare nei suoi quartieri presso il Rettorato Vaticano dei Legionari di Cristo e vi si trattenga finché non sarà richiamato per ulteriori testimonianze davanti a questa commissione o non sarà altrimenti disposto. Così noi abiuriamo, giuriamo, promettiamo e leghiamo il nostro Fratello in Cristo; attraverso il potere della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, così ti forziamo; parliamo nel nome di Cristo.

P.C. DE SOYA: Grazie, eminentissimi e reverendi cardinali inquisitori. Aspetterò la vostra parola.

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