Margrethe chiese: «Dove hai messo il sapone?»
Io trassi un lungo sospiro. «Ho sentito bene? Mi hai chiesto del sapone?»
«Perché, cosa dovevo dire?»
«Non saprei. Ma mi aspettavo qualcosa d’altro. Avviene un miracolo… e tu mi parli dal sapone.»
«Alec, un miracolo che si ripete troppe volte non è più un miracolo; è solo una scocciatura. Sento il bisogno di urlare e di piangere. Per questo ti ho domandato del sapone.»
Stavo per mettermi a imprecare anch’io, quando le parole di Margrethe giunsero a segno. Margrethe? Colei che non batteva ciglio davanti agli iceberg e ai terremoti, colei che non piangeva mai nelle avversità… lei voleva mettersi a urlare?
«Mi spiace. Avevo in mano il sapone quando mi hai fatto la barba. Poi, quando mi sono sciacquato la faccia, non lo avevo più. Mi pare di averlo posato sull’argine, ma non ricordo. Ha importanza?»
«No, non credo. Anche se quella saponetta poteva servirci. Può darsi che tu l’abbia posata, ma io non la vedo.»
«Allora, è sparita con tutto il resto. Marga, abbiamo cose più importanti a cui pensare, prima che ci occorra un altro bagno. Cibo. Vestiti.» Mi arrampicai sull’argine. «Scarpe. Che cosa facciamo, adesso? Non ho idee. Se ci fosse un muro del pianto, potrei mettermi a piangere.»
«Hai qualche idea? L’unica cosa che mi venga in mente è questa: ritornare sull’autostrada e cercare un passaggio… cosa che mi attira poco, nello stato in cui siamo. Non abbiamo neppure una foglia di fico. Hai visto qualche pianta di fico, in giro?»
«Ci sono piante di fico nel Texas?»
«Nel Texas c’è tutto. Che cosa facciamo, allora?»
«Ritorniamo sull’autostrada e ci mettiamo in cammino.»
«Scalzi? Perché non rimanere fermi e muovere solo il pollice? In qualsiasi caso, non penso di poter fare molta strada, senza scarpe. Ho i piedi delicati.»
«Ti si irrobustiranno. Alec, noi dobbiamo continuare a muoverci. Per il nostro morale. Se ci arrenderemo, saremo finiti. Lo so.»
Dieci minuti più tardi, camminavamo sull’autostrada, diretti a est. Ma non era l’autostrada che conoscevamo. Questa aveva quattro piste invece di due, e una larga corsia d’emergenza. La rete che delimitava la sede stradale non era costituita da semplice filo spinato, ma era a maglia d’acciaio, alta fino alla mia testa. Avremmo incontrato difficoltà a raggiungere la carreggiata, se non ci fosse stato il ruscello; ma, passando sott’acqua e trattenendo il respiro, riuscimmo a passare sotto la rete. Quando ritornammo alla superficie, eravamo bagnati come pulcini (e questa volta non avevamo neppure la camicia da usare come salvietta) ma la brezza calda ci asciugò in pochi minuti.
Il traffico sull’autostrada era molto più intenso di quello che ricordavamo: sia quello di camion sia quello di auto. E quanto era veloce! Non riuscivo a giudicare bene la velocità, ma mi pareva che fosse almeno doppia di quella dei veicoli che conoscevo: forse arrivava a sfiorare quella dei dirigibili transoceanici.
C’erano enormi veicoli che dovevano essere autocarri, ma che assomigliavano più ai vagoni merci dei treni che ai camion a me noti. Erano più lunghi di un carro ferroviario. Poi, nel guardarli, compresi che ciascuno di quei convogli doveva essere composto di almeno tre parti, articolate tra loro. Lo capii contando le ruote. Sedici per sezione? Altre sei sulla sorta di cabina-locomotiva che le trainava: 54 ruote in tutto. Era possibile?
Questi mastodonti si muovevano senza fare rumore: si udivano solo il fruscio dell’aria spostata e quello delle ruote sulla pavimentazione stradale. Il mio professore di dinamica avrebbe certamente dato la sua approvazione.
Nella carreggiata più vicina a noi passavano veicoli più piccoli; pensai che dovevano essere auto private, anche se non riuscii a scorgere i passeggeri. Dove ci si aspettava di vedere i finestrini, si scorgevano solo superfici speculari, o di acciaio brunito. Erano vetture lunghe e basse, e avevano la sagoma affusolata dei dirigibili.
Dopo avere osservato il traffico, osservai la strada stessa, e vidi che in realtà era composta di due autostrade ben distinte. Accanto a noi c’erano le corsie riservate al traffico che si dirigeva verso est; poi uno spazio vuoto, largo una trentina di metri, e più in là le corsie del traffico verso ovest. Lontano, a nord, un leggero luccichio rivelava la presenza della rete di recinzione. Nel complesso, era la strada più larga che avessi visto.
Continuammo ad avanzare sul ciglio della corsia d’emergenza, e pian piano persi la speranza di trovare un passaggio. Anche se ci avessero visto (cosa di cui non ero certo) erano in grado di fermarsi a raccoglierci? Ma non per questo smisi di agitare il pollice.
Non parlai a Margrethe dei miei timori. Dopo avere camminato per un tempo che mi parve infinito, un’auto che ci aveva appena superato a tutta velocità lasciò la corsia del traffico e si immise in quella di emergenza. Si fermò a quasi mezzo chilometro da noi, poi fece retromarcia nella nostra direzione a una velocità che avrei giudicata eccessiva anche per un veicolo che corresse in avanti. Ci affrettammo a toglierci di mezzo.
L’auto si fermò accanto a noi. Una sezione speculare della vettura, larga un metro e alta poco meno, si sollevò come la finestra di un lucernario; mi apparve il vano passeggeri. L’autista alzò la testa per guardarci e sorrise. «Quando vi ho visto, non volevo crederci!»
Anch’io cercai di sorridere. «Non volevamo crederci neppure noi. Eppure è così. Può darci un passaggio?»
«Penso di sì.» Osservò Margrethe dalla testa ai piedi. «Ehi, proprio come avevo visto! Che cosa è successo?»
Fu Margrethe a rispondere. «Ci siamo persi.»
«Direi proprio. Ma come avete fatto a perdere anche i vestiti? Vi hanno rapito? Lasciamo perdere; ne parleremo poi. Io sono Jerry Farnsworth.»
Risposi io: «Noi siamo Margrethe e Alec Graham».
«Piacere di conoscervi. Be’… non mi sembra che siate armati… a parte quella cosa che lei ha in mano, signora Graham. Cos’è?»
Lei glielo mostrò: «Un rasoio».
Lui lo prese, lo guardò incuriosito e glielo restituì. «È proprio vero, accidenti! L’ultima volta che ne ho visto uno del genere, ero ancora troppo giovane per farmi la barba. Be’, non credo che possiate minacciarmi con quello a scopo di rapina. Salite. Alec, lei può accomodarsi sul sedile posteriore; sua sorella può sedersi davanti.» Un’altra sezione della vettura si alzò.
«Grazie» risposi, pensando con irritazione ai cavalli donati e agli sguardi in bocca. «Marga non è mia sorella; è mia moglie.»
«Fortunato! Niente in contrario a far sedere sua moglie nel posto davanti?»
«Oh, certo no…»
«Se avessimo un misuratore della tensione, questa risposta farebbe accendere la luce rossa. Cara, lei farebbe meglio a salire dietro con suo marito.»
«Signore, lei mi ha invitato a sedere davanti, e mio marito ha espresso la sua approvazione.» Margrethe si accomodò sul sedile anteriore. Io aprii la bocca e poi la richiusi, perché non sapevo cosa dire. Con una certa cautela, mi accomodai a mia volta sul sedile posteriore, e scoprii che l’auto era più grande dentro che fuori; il sedile era spazioso e comodo. Le “portiere” si abbassarono; dall’interno, notai, gli specchi erano dei semplici finestrini.
«La rimetto nel traffico» disse il nostro benefattore. «Perciò, non cercate di opporvi alle sicurezze. A volte questa macchina sgroppa come un toro da rodeo, sei gravità e anche di più. Anzi, un attimo. Dove siete diretti?» Guardò Margrethe.
«Nel Kansas, signor Farnsworth.»
«Chiamami Jerry. Nudi come mamma vi ha fatti?»
«Non abbiamo vestiti. Li abbiamo persi.»
Intervenni io. «Signor Farnsworth… Jerry… ci hai incontrato in un momento difficile. Abbiamo perso tutto. Certo, intendiamo raggiungere il Kansas, ma prima dobbiamo trovare dei vestiti… magari alla Croce Rossa; non so. E io devo trovare un lavoro per metter da parte un po’ di denaro. Poi andremo nel Kansas.»
«Capisco. Anche se non tutto, a dire il vero. Come pensate di raggiungere il Kansas?»
«Pensavo di continuare fino a Oklahoma City, e poi di andare a nord. Di tenerci lungo le autostrade. E di chiedere passaggi.»
«Alec, vi siete veramente perduti. Hai visto la rete? Sai quanto c’è di multa per un pedone trovato all’interno?»
«No.»
«L’ignoranza è una fortuna, a volte. Fareste meglio a prendere le strade provinciali, dove l’autostop è ancora legale, o almeno è tollerato. Se andate a Oklahoma City, posso portarvi in quella direzione. Tenetevi saldi.» Mosse qualcuno dei comandi davanti a lui. Non toccò il volante perché non c’era. Al suo posto c’erano due leve.
L’auto vibrò leggermente, poi schizzò di lato. Mi parve di essere caduto contro un cuscino morbido, e mi sentii pizzicare la pelle, come per l’elettricità statica. La vettura sobbalzò come una barchetta in un mare in tempesta, ma l’invisibile “cuscino morbido” non mi permise di muovermi. Poi ogni scossa cessò e sentii solo la debole vibrazione. Dai finestrini vedevo scorrere il paesaggio, a velocità vertiginosa.
«E ora» disse il signor Farnsworth «Raccontatemi tutto.»
«Margrethe?» chiesi io.
«Certo, caro. Devi raccontarglielo.»
«Jerry… noi veniamo da un altro mondo.»
«Oh, no!» fece lui. «Non un altro disco volante! Sarebbe il quarto della settimana. A voi com’è andata?»
«No, no. Non sappiamo niente di dischi volanti. Noi veniamo dalla terra… ma da una terra diversa da questa. Facevamo l’autostop sulla 66, per arrivare in Kansas…»
«Un attimo. Hai detto “66”?»
«Sì, certo.»
«È il vecchio nome di questa strada, prima che la ricostruissero. Ma si chiana “Interstato 40” da quasi mezzo secolo. Ehi! Viaggiatori del tempo! Ho ragione?»
«In che anno siamo?» chiesi io.
«Millenovecentonovantaquattro.»
«L’anno è giusto. Mercoledì 18 maggio. Almeno, lo era prima del cambiamento.»
«E lo è tuttora. Ma… senti, non perdiamo il filo. Comincia dall’inizio, qualunque sia, e raccontami come siete finiti all’interno della rete, senza uno straccio di vestito addosso.»
Glielo raccontai.
Alla fine, Farnsworth disse: «Quei carboni accesi. Non ti sei bruciato?»
«Solo una piccola vescica.»
«Una vescica. Penso che saresti al sicuro anche all’inferno.»
«Senti, Jerry, c’è gente che cammina davvero sui carboni accesi.»
«Lo so. L’ho vista. In Nuova Guinea. Ma non ho mai avuto la tentazione di provare. Quell’iceberg… c’è una cosa che non quadra. Come fa, un iceberg, a battere contro il fianco di una nave? Un iceberg è sempre fermo nell’acqua. Certo, una nave può andare a finirci dentro, ma il danno è a prua. Giusto?»
«Margrethe?»
«Non saprei, Alec. Mi pare che Jerry abbia ragione. Ma è successo così.»
«Jerry, non lo so neppure io. Eravamo in una cabina di prua; può darsi che tutta la parte anteriore sia andata distrutta. Ma se non lo sa Marga, io non posso saperlo, perché ho preso una botta in testa e sono svenuto. Poi, come ti ho detto, Marga mi ha tenuto a galla.»
Farnsworth mi fissò, pensieroso. Aveva girato il sedile per guardarci tutt’e due, e aveva mostrato a Margrethe come si girava il suo sedile; adesso ci sfioravamo quasi con le ginocchia, come se sedessimo in un salotto… e Jerry voltava la schiena al traffico. «Alec, dov’è finito Hergensheimer?»
«Forse non mi sono spiegato bene… la cosa non è chiara neanche a me. Quello che manca è Graham. Io sono Hergensheimer. Quando sono passato sul fuoco e mi sono trovato in un altro mondo, ho scoperto di essere al posto di Graham. Tutti mi chiamavano Graham ed erano convinti che io fossi lui… e Graham non si vedeva da nessuna parte. Penso di avere scelto la soluzione più facile… ma ero a migliaia di chilometri da casa, non avevo denaro, non avevo il biglietto, e nessuno aveva mai sentito parlare di Alexander Hergensheimer.» Allargai le braccia. «Ho peccato. Mi sono messo i suoi vestiti, ho mangiato al suo tavolo, ho risposto al suo nome.»
«C’è ancora qualcosa che mi sfugge» disse Farnsworth. «Probabilmente puoi assomigliare a Graham al punto da ingannare chiunque… ma tua moglie dovrebbe notare la differenza. Margie?»
Margrethe scosse tristemente la testa e mi guardò con affetto. «Jerry, mio marito è ancora confuso. Una strana amnesia. Lui è Alec Graham. Alexander Hergensheimer non esiste. Non è mai esistito.»
Rimasi a bocca aperta. Certo, io e Margrethe non avevamo più affrontato l’argomento; certo, lei non aveva mai ammesso che io non fossi Alec Graham. Ancora una volta, avevo la prova che è impossibile averla vinta con Margrethe.
Farnsworth mi disse: «Che sia stato quel colpo sulla testa, Alec?»
«No, ascolta» dissi io «quel colpo sulla testa non è stato niente: pochi minuti di perdita di sensi. E non ho vuoti di memoria. Inoltre, è successo due settimane dopo avere camminato sui carboni accesi. Jerry, mia moglie è una donna meravigliosa… ma in questo momento non sono d’accordo con lei. Lei vuole credere che sono Alec Graham perché si è innamorata di Graham prima che arrivassi io. Ma naturalmente io conosco la mia identità: quella di Hergensheimer. Ammetto che l’amnesia può avere strani effetti… ma avevo la prova di essere Hergensheimer e non Graham.»
Mi toccai lo stomaco, dove un tempo c’era un po’ di pancia. «Questa è la prova. Ho messo i vestiti di Graham, come ho detto. Ma non erano proprio perfetti per me. Al momento della camminata sui carboni accesi, ero ingrassato, e i vestiti di Graham mi andavano stretti. Dovevo trattenere il fiato per allacciarmi i calzoni. Per ingrassare di alcuni chili, non bastano poche ore. E infatti mi erano occorse due settimane di buona cucina. Questo dimostra che non sono Graham.»
Margrethe non fece commenti, ma Farnsworth le chiese: «Margie?»
«Alec, avevi lo stesso problema anche prima di camminare sul fuoco. Per lo stesso motivo. Avevi mangiato troppo durante la crociera.» Sorrise. «Mi spiace di contraddirti… ma sono contenta che tu sia tu.»
Jerry disse: «Alec, conosco molti uomini che camminerebbero sul fuoco per sentirsi dire le stesse cose. Quando raggiungerete il Kansas, farai bene a farti visitare al Menningers; devi vincere l’amnesia. Nessuno può ingannare una moglie sostituendosi al marito. Quando è vissuta con lui, ha diviso il suo letto, gli ha messo la suppostina e ha ascoltato tutte le sue barzellette, una sostituzione è impossibile, per quanto abile possa essere il sosia. Neppure un gemello identico potrebbe riuscirci. Una moglie conosce tutte le piccole cose che non si vedono in pubblico.»
«A te, Marga» dissi io.
«Jerry» rispose lei «a quell’epoca non conoscevo Alec in modo così approfondito. Non ero ancora sua moglie: ero solo la sua amante, e da pochi giorni.» Sorrise. «Ma essenzialmente hai ragione; l’ho riconosciuto subito.»
Farnsworth aggrottò la fronte. «Ho l’impressione di essermi di nuovo confuso. A volte parliamo di un solo uomo, a volte di due. Questo Alexander Hergensheimer… Alec, parlami di lui.»
«Sono un pastore protestante, Jerry, e ho ricevuto gli ordini dai Fratelli della Chiesa Cristiana dell’Apocalisse dell’Unica Verità… in genere si parla di noi come dei “Fratelli dell’Apocalisse”. Sono nato nella fattoria dei miei nonni, nei pressi di Wichita, il 22 maggio del…»
«Ehi» esclamò Jerry «questa settimana è il tuo compleanno!» Margrethe inarcò le sopracciglia.
«Vero. Negli ultimi tempi non ci avevo più pensato… del 1960. I mìei nonni e i miei genitori sono morti; mio fratello maggiore si occupa tuttora della fattoria…»
«Ecco perché vai in Kansas? Per trovare tuo fratello?»
«No. Quella fattoria è in un altro mondo; quello dove sono cresciuto.»
«Perché vai in Kansas, allora?»
Risposi dopo avere riflettuto per alcuni secondi. «Non ho una spiegazione logica. Forse è una sorta di istinto che mi spinge a ritornare a casa. O può essere come per i cavalli, che rientrano nella loro scuderia che brucia. Non lo so, Jerry, ma sento di dover ritornare indietro a cercare le mie radici.»
«È una ragione che posso capire. Continua.»
Gli parlai dei miei studi, senza nascondergli che avevo lasciato l’ingegneria per entrare in seminario e prendere gli ordini, e che infine ero giunto alle Chiese Unite per la Decenza. Non parlai di Abigail e del fatto che non ero riuscito a fare bene il parroco perché (secondo me) Abigail non amava la gente e la gente non amava lei. Non dissi queste cose un po’ perché in una breve biografia non si poteva raccontare tutto, e un po’ perché parlando di Abigail si metteva in dubbio la posizione di Margrethe.
«Più o meno, questo è tutto. Se fossimo nel mio mondo, potrei telefonare alla sede centrale delle Chiese Unite, a Kansas City. Abbiamo avuto un’ottima annata e io ero in vacanza di studio. Avevo preso un dirigibile, il Count von Zeppelin delle Linee Aeree Nordamericane, da Kansas City a San Francisco, Hilo, e poi Tahiti, dove sono salito sulla motonave Konge Knut. A questo punto la mia storia si congiunge a quella che ho già raccontato.»
«Mi sembra che tu dica la verità, e la tua storia fila… sei rinato in Cristo?»
«Certo. In questo momento temo di non essere proprio in stato di grazia… ma cerco di ritornarci. Siamo negli ultimi giorni prima del giudizio, fratello; la cosa è urgente. E tu, sei rinato in Cristo?»
«Me parleremo poi. Dimmi il secondo principio della termodinamica.»
Feci una smorfia. «L’entropia complessiva di un sistema non diminuisce mai. È qui che mi hanno bocciato.»
«Adesso, parlami di Alec Graham.»
«Non posso dire molto. Ho letto sul suo passaporto che è nato nel Texas; come indirizzo dava uno studio legale di Dallas. Per il resto è meglio chiedere a Margrethe; lei l’ha conosciuto, io no.» (Non parlai di quell’ingombrante milione di dollari. Non avrei potuto spiegarlo, perciò lo lasciai fuori. Quanto a Marga, lei aveva solo la mia parola; non l’aveva mai visto.)
«Margie? Ci puoi descrivere Alec Graham?»
Prima che Margrethe rispondesse, passarono alcuni secondi. «Temo di non poter dire più di quel che ha detto mio marito.»
«Ehi! Mi deludi. Tuo marito mi ha dato una dettagliata descrizione del dottor Jekyll; tu non riesci a darmi un ritratto del signor Hyde? Finora, è come se non esistesse. Un recapito postale a Dallas, niente di più.»
«Jerry, sono certa che non hai mai fatto la cameriera su una nave…»
«No, la cameriera non l’ho mai fatta. Ma ho fatto il cameriere su un piroscafo… due viaggi, da studente.»
«Allora mi puoi capire. Una cameriera conosce molte cose dei suoi passeggeri. Sa quante volte la settimana fanno il bagno. Sa quante volte si cambiano. Conosce il loro odore… e tutti hanno un odore, alcuni buono, altri cattivo. Sa che razza di libri leggono… o non leggono. Soprattutto sa se è gente onesta, generosa, educata, cordiale, rispettosa. Sa tutto quel che occorre per giudicare una persona. Eppure, può non sapere il suo lavoro, la città d’origine, il grado di istruzione scolastica e tutti quei particolari che conoscono i suoi amici.
«Prima del giorno in cui ha camminato sul fuoco» proseguì «io ero la cameriera di Graham da quattro settimane, e mi ero innamorata di lui da due ed ero la sua amante. Dopo avere camminato sul fuoco sono dovuti passare vari giorni, prima che l’amnesia gli permettesse di riprendere la nostra relazione; poi l’abbiamo ripresa e io sono stata di nuovo felice. Adesso sono sua moglie da quattro mesi… mesi di avversità, ma è il periodo più felice della mia vita. Questo è tutto quel che so di mio marito Alec Graham.»
Mi sorrise, e vidi che tra le ciglia le brillava una lacrima. Anch’io mi sentivo bruciare gli occhi.
Jerry sospirò e disse: «Per dare un giudizio, qui ci vorrebbe un Salomone, e io non lo sono. Credo a tutt’e due le vostre storie… e una delle due non può essere quella giusta. Ma lasciamo perdere. Io e mia moglie pratichiamo l’ospitalità musulmana: l’ho imparata nel corso dell’ultima guerra. Accettate di venire da noi per un paio di notti? Bisogna rispondere “sì”.»
Margrethe mi guardò. Io dissi: «Sì!»
«Bene. Adesso controllo se la mia direttrice è in casa.» Girò il seggiolino verso il quadro dei comandi, schiacciò tasti. Dopo qualche istante si accese una luce e si udì un suono: beep! Con un sorriso, Jerry disse: «Duchessa, qui c’è il tuo marito prediletto».
«Oh, Ronny, è tanto tempo che non ti vedo.»
«No, non va bene. Riprova.»
«Albert? Tony? George, Andy, Jim…»
«Hai ancora una possibilità, ma questa volta di’ il nome giusto. Sono in compagnia.»
«Sì, Jerry?»
«La compagnia si ferma a cena e a dormire da noi, e forse anche di più.»
«Sì, amore. Quanti sono, di che sesso, e quando arrivate a casa?»
«Chiedo a Hubert.» Toccò di nuovo qualcosa. «Hubert dice 27 minuti. La compagnia è di due persone. Quella seduta accanto a me ha 23 anni, uno più, uno meno, è bionda, con i capelli lunghi e ondulati, gli occhi azzurri, è alta un metro e 75, peso 55, le altre misure non le ho prese ma sono circa come quelle di nostra figlia. Sesso femminile. Ne sono certo, perché in questo momento non ha addosso niente, neppure un tanga.»
«Certo, caro. Le strapperò gli occhi. Dopo averle dato da mangiare, naturalmente.»
«Bene. Ma non costituisce una minaccia, perché ha con sé il marito, che non la perde di vista. Te l’ho detto che è nudo anche lui?»
«No, non me l’avevi detto. Ma la cosa comincia a farsi interessante.»
«Vuoi le sue misure? E in caso di risposta affermativa, le vuoi a riposo o sull’attenti?»
«Mio caro, sei il solito vecchio sudicione, sono lieta di dirlo. Non mettere nell’imbarazzo i nostri ospiti.»
«C’è follia nel mio metodo, Duchessa. Sono nudi perché non hanno abiti. Eppure, non credo che si imbarazzino facilmente. Perciò, porta qualche vestito, quando vieni a prenderci al cancello. Le misure di lei te l’ho date, salvo… Margie, dammi un piede.» Marga sollevò subito un piede, senza fare commenti. Lui lo misurò con il palmo. «Un paio di tuoi sandali dovrebbe andare bene. Per lui, un paio dei miei zapatos.»
«E le sue altre misure? Lascia perdere le battute.»
«Come altezza e come spalle, è della mia taglia, ma io sono almeno dieci chili di più. Pigliagli qualcosa dal mio armadio dei vestiti stretti. Se Sybil ha in casa i suoi soliti barbari, usa ogni sistema illecito per tenerli lontani dall’ingresso. Sono persone dabbene; glieli presenteremo dopo un periodo di preavviso.»
«Roger, sergente. Ma sarebbe ora che li presentassi a me.»
«Mea culpa. Amore, ti presento Margrethe Graham.»
«Salve, Margrethe. Benvenuta a casa nostra.»
«Grazie, signora Farnsworth…»
«Katherine, cara. O Kate.»
«Katerine. Non so come ringraziarla per quanto fa per noi… in un così brutto momento!» Cominciò a piangere.
Ma s’interruppe immediatamente. «E questo è mio marito, Alec Graham.»
«Buon giorno, signora Farnsworth. E grazie.»
«Alec, portami subito quella ragazza. Voglio salutarla come si deve. Tutti e due.»
Jerry ci interruppe. «Hubert dice 22 minuti, Duchessa.»
«Hasta la vista. Adesso stacca e lasciami preparare.»
«Chiudo.» Jerry girò il seggiolino verso Margrethe. «Kate ti troverà qualcosa di tuo gusto, Margie… anche se nel tuo caso dovrebbe essere vietato per legge. Ehi, avete freddo? Chiacchierando chiacchierando, non ci avevo pensato. Tengo il condizionatore in modo da starci comodo, ma vestito. Hubert può regolarlo su un’altra temperatura.»
«Io sono una vichinga, Jerry; non ho mai freddo. In genere, per me gli ambienti sono sempre troppo caldi.»
«E tu, Alec?»
«Sto abbastanza bene» mentii.
«Credo che…» cominciò a dire Jerry…
…e in quel momento i cieli si aprirono alla luce più brillante che si possa immaginare, una luce che vinse il fulgore del sole, e io venni colto da un improvviso, lacerante dolore, perché non ero riuscito a riportare alla grazia la mia amata.