10

Brevi ondate di paura si infransero sulle rive della mente di Walton.

— Di che cosa stai parlando? — chiese.

Fred incrociò le braccia, con aria di tolleranza.

— Non credo che ti giunga nuova questa rivelazione, comunque te la faccio lo stesso. Stamattina sono entrato nel tuo ufficio, mentre tu eri fuori. È stato semplicissimo; quando ho costruito quella serratura, ho unito un circuito che mi permettesse di cancellare la combinazione e di entrare quando mi pareva e piaceva. E questa mattina mi pareva e piaceva. Speravo di trovare qualcosa da usare contro di te, per convincerti della bontà delle mie argomentazioni, ma non mi aspettavo di trovare niente di tanto esplosivo, come l’incartamento da te conservato nel cassetto d’archivio.

— Dove si trova, adesso?

Fred sorrise, con aria astuta.

— Il contenuto di quell’incartamento si trova in un rifugio molto sicuro, Roy. Non minacciare e non fare niente di affrettato, perché non ti servirebbe a niente. Ho preso le mie precauzioni.

— E…

— E tu sai benissimo cosa accadrebbe se quel siero dell’immortalità venisse distribuito al vecchio, bravo uomo della strada — disse Fred. — Per prima cosa, ci sarebbe una meravigliosa esplosione di panico. Questo risolverebbe il problema della popolazione per un certo periodo, perché nella prima ondata di panico rimarrebbero uccisi milioni e milioni di individui. Ma poi… che diavolo di controllo potresti fare, con la Terra piena di uomini e donne immortali, intenti a mettere al mondo dei figli ugualmente immortali?

— Non conosciamo ancora gli effetti nel tempo di questo…

— Non temporeggiare. Tu sai dannatamente bene che scatenerebbe il più grande caos della storia del mondo. — Fred fece una pausa. — I miei datori di lavoro — aggiunse — ormai possiedono la formula di Lamarre.

— E con sommo dispiacere e vergogna sono occupatissimi a rendersi immortali.

— No. Non si fidano di quella roba, e non intendono usarla finché essa non verrà collaudata su due o tre miliardi di porcellini d’India. Porcellini d’India del tipo umano, naturalmente.

— Non avranno intenzione di distribuire liberamente il siero, vero? — ansimò Walton.

— Non subito — disse Fred. — In cambio di certe concessioni da parte tua, sono disposti a restituirti l’incartamento di Lamarre senza farne uso.

— Concessioni? Di che tipo?

— Desiderano che tu prometta con solide garanzie di rispettare le loro proprietà private. Desiderano che tu dia le dimissioni dalla carica di direttore ad interim. E desiderano che ti presenti all’Assemblea Generale, raccomandando il mio nome quando ti chiederanno il nome del tuo successore.

— “Il tuo nome”?

— Chi, meglio di me, sarebbe adatto a servire gli interessi che rappresento?

Walton si appoggiò allo schienale della poltroncina, simulando con le labbra un’allegria che era ben lungi dal provare.

— Molto bello e pulito, Fred. Ma si tratta di una costruzione che fa acqua da tutte le parti. Per prima cosa, quale assicurazione avremmo del fatto che i tuoi ricchi amici non decidano di tenere per loro una copia della formula di Lamarre, per usarla come arma contro tutti coloro che, in futuro, potranno intralciare i loro progetti?

— Nessuna — ammise Fred.

— Naturalmente. E poi, immagina che io rifiuti di arrendermi e che i tuoi padroni distribuiscano liberamente il siero. Chi ne sarebbe colpito? Non io; io vivo in una stanza singola, già adesso. Peggio di come sto, non potrò stare. Ma diffondendo il segreto di Lamarre i tuoi padroni riempiranno il mondo di miliardi e miliardi di uomini scatenati. Le loro amatissime proprietà verranno sommerse da moltitudini scatenate e fameliche, e sai cosa potrebbero farci, loro? Niente, proprio un bel niente. E stai tranquillo che non esistono recinti o barriere capaci di trattenere un milione di persone fameliche. Questo è un fatto incontestabile.

— Si tratta di un rischio che essi riconoscono — ammise Fred.

Walton sorrise, trionfante.

— Intendi dire, cioè, che stanno bluffando! Non oseranno mai diffondere pubblicamente il segreto della formula di Lamarre, e credono di potermi scalzare dal mio posto e sostituirmi con te, che sei la loro marionetta parlante, semplicemente facendo dei latrati minacciosi. Va bene. Sono pronto a chiamare il loro bluff. Anzi, sì, lo chiamo senz’altro.

— Vuoi dire, con questo, che rifiuti?

— Sì — disse Walton. — Non ho alcuna intenzione di dimettermi dalla carica di direttore ad interim, e quando l’Assemblea Generale dell’ONU si riunirà per attribuire la carica in via definitiva, la chiederò per me, su una base permanente. E loro me la daranno.

— E la prova che ho contro di te? Il caso del piccolo Prior?

— Calunnie. Propaganda. Coprirò di ridicolo l’accusa, fino a farla disintegrare.

— Cerca di coprire di ridicolo il siero, Roy. Non sarà così facile, sai?

— Ci proverò — disse rigidamente Walton. Attraversò la stanza e schiacciò il pulsante del sistema di comunicazione. Lo schermo si illuminò, e vi apparve il volto grinzoso dello gnomo.

— Il signore desidera?

— Fulks, vorresti accompagnare il signore all’uscita? Non ha più alcun desiderio di restare con me, a quanto pare.

— Subito, signor Walton.

— Prima di sbattermi fuori — disse Fred — lasciami dire un’ultima cosa.

— Avanti.

— Ti comporti da stupido… benché questo non sia nuovo da parte tua, Roy. Ti darò una settimana di tregua per prendere una decisione. E poi la produzione del siero comincerà su scala globale.

— La decisione l’ho già presa — disse Walton, rigidamente. La porta si aprì e fuori c’era Fulks. Il cameriere sorrise servilmente a Walton, si inchinò a Fred e disse: — Il signore vuole venire con me, per favore?


Era come uno di quei sogni, pensò Walton, nel quale vi era un maggiordomo che portava dei piatti in tavola, e il vassoio si attaccava ostinatamente alle dita e rifiutava di separarsi da esse; oppure come uno di quei sogni nei quali si organizza una conferenza dei vescovi, e ci si presenta a tavola e ci si accorge di essere nudi; oppure come uno di quei sogni nei quali si cade e si cade e si cade e si cade all’infinito, e non si riesce mai a scorgere il fondo.

Apparentemente, non c’era alcuna via d’uscita. Le forze si contrapponevano, uguali e contrarie, e lui pareva sempre preso in mezzo.

Rabbiosamente, accese di nuovo il caleidoscopio e si lasciò distrarre dall’incessante, instancabile pioggia e danza di colori. Ma nelle profondità del viola più profondo continuava sempre a vedere il viso ironico di suo fratello.

Chiamò Fulks.

Lo gnomo si presentò quasi subito.

— Chiamami un jetcottero — ordinò Walton. — Io lo aspetterò sulla rampa di atterraggio ovest.

— Benissimo, signore.

Fulks non aveva mai problemi, pensò cupamente Walton. Il piccolo cameriere aveva trovato il suo nido nella vita; trascorreva le sue giornate nel comodo rifugio della Sala di Bronzo, esaudendo i desideri dei soci. Non aveva mai da compiere una scelta, non aveva mai da prendere le decisioni dolorose delle quali era fatto ogni minuto della vita, di una vita terribilmente, odiosamente complicata, che Walton sentiva di odiare profondamente, con tutte le sue forze.

Salì sulla rampa di atterraggio ovest e pochi istanti dopo si trovò a bordo dello jetcottero chiamato da Fulks.

— Cullen Building — disse al robopilota, distrattamente.

Non si sentiva di umore molto socievole, e neppure allegro. E questo, tutto sommato, era comprensibile.


Il quadro dell’intercom, nell’ufficio di Walton, era illuminato e multicolore come un albero di Natale; le lampade dei segnali erano tutte accese, e ciascuna rappresentava una persona ansiosa di parlare con lui. Schiacciò un pulsante, il pulsante che ristabiliva il circuito e indicava che lui si trovava di nuovo in ufficio, e ricevette la sua prima chiamata.

Era Lee Percy. Il viso grassoccio di Percy era sorridente.

— Ho sentito adesso il discorso che hai fatto stamattina, all’ingresso dell’edificio, Roy. È un colpo grosso. Tutti i mezzi d’informazione lo riportano. Meraviglioso! Non ci sono altre definizioni. Non avremmo potuto fare di meglio, neppure se l’avessimo programmato noi.

— Sono lieto che ti sia piaciuto — disse Walton. — È stato realmente improvvisato.

— Ancora meglio, allora. Sei un genio, questo è sicuro. Senti, volevo dirti che abbiamo preparato la rievocazione di FitzMaugham e che la trasmissione è pronta ad andare in onda. Su tutti i mezzi d’informazione alle venti precise di stasera… un’ora intera, senza intermezzi pubblicitari. Un lavoro ottimo.

— C’è anche il mio discorso in programma? — chiese Walton.

— Certo, Roy. Un bel discorso. Così in una sola giornata saranno diffusi due discorsi del nuovo direttore, che ne dici?

— Mandami su una trascrizione completa del mio discorso prima della messa in onda — disse Walton. — Voglio leggerlo e approvarlo, se in teoria dovrebbe essere pronunciato da me.

— Naturalmente il lavoro è accurato, Roy. Non devi preoccuparti.

— Voglio leggerlo, prima! — disse seccamente Walton.

— Va bene, va bene. Non mangiarmi la faccia. Te lo mando su immediatamente, amico. Calmati. Prendi una pillola. Mettiti a tuo agio, Roy.

— Non me lo posso permettere — disse Walton.

Tolse la comunicazione e, quasi immediatamente, la seconda chiamata si inserì di prepotenza sullo schermo. Walton riconobbe l’uomo: era uno dei tecnici del reparto comunicazioni, del ventitreesimo piano.

— Bene?

— Abbiamo ricevuto un altro messaggio da McLeod, signore. Il messaggio è giunto mezz’ora fa e da quel momento abbiamo cercato di metterci in contatto con lei, senza riuscirci.

— Non ero in ufficio. Mi legga il messaggio.

Il tecnico spiegò un foglio di carta.

— Il messaggio dice: “Arriverò a Nairobi stanotte, sarò a New York in mattinata, McLeod”.

— Bene. Gli mandi conferma e gli dica che terrò libera l’intera mattinata per riceverlo.

— Sì, signore.

— Oh… nessuna notizia da Venere?

Il tecnico scosse enfaticamente il capo.

— Neppure un “bip”. Non riusciamo a stabilire il contatto con il dottor Lang.

Walton corrugò la fronte. Si domandò cosa stesse accadendo su Venere alla squadra del “terraforming”.

— Continuate a tentare? — chiese.

— Sì, signore.

— Bene. Lavorate su una base di ventiquattro ore su ventiquattro. Pagatevi gli straordinari, attingete al fondo di riserva, ma mettetevi in contatto con Lang. È vitale!

— Sì… sissignore. C’è altro?

— No. Si tolga di mezzo.

Quando il contatto si interruppe, Walton si inserì abilmente per bloccare il circuito, impedendo così l’arrivo di un’altra dozzina almeno di chiamate; una fila di luci, in fondo al quadro, indicava la minaccia che incombeva su di lui, e Walton avrebbe voluto invece un poco di tempo a disposizione. Ignorando le chiamate, dedicò la sua attenzione allo schermo televisivo.

Il notiziario delle 14 era in corso. Walton mosse i bottoni, e vide il suo stesso volto prendere forma sullo schermo. Era in piedi fuori del Cullen Building e guardava direttamente nello schermo, e dietro di lui era visibile al suolo una forma rattrappita. L’herscheliano morto, naturalmente.

Walton, sullo schermo, stava dicendo: — …quell’uomo cercava dei guai. Non posso giustificare la violenza di nessun genere, naturalmente, ma per me Poppy è una responsabilità sacra…

Sorrideva alla telecamera, ma c’era qualcosa, nel suo sorriso, qualcosa di freddo e duro come l’acciaio, che sbalordì il Walton che stava guardando. “Mio Dio” pensò. “È autentico? Sono diventato veramente così duro?”

Apparentemente lo era diventato davvero. Vide se stesso voltarsi maestosamente ed entrare nel Cullen Building, roccaforte di Poppy. Da lui sprigionava un’aura inconfondibile di comando, non poteva certo negarlo.

Il commentatore stava dicendo: — Con queste parole dettate dal cuore, il direttore Walton sta per raggiungere la sua scrivania, nel Cullen Building, per portare avanti il suo gravoso compito. Per fare nascere la vita dalla morte, per fare scaturire gioia dal dolore… questo è il compito che Poppy deve affrontare, e questo è l’uomo al quale questo compito è stato affidato. Roy Walton, noi la salutiamo, e il nostro cuore si riempie di rispetto e di ammirazione per il suo titanico lavoro!

Sullo schermo apparve una fotografia del direttore FitzMaugham.

— Nel frattempo — proseguì il commentatore — il predecessore di Walton, il compianto D.F. FitzMaugham, ha raggiunto oggi la sede del suo riposo eterno. La polizia è ancora fiduciosa di smascherare il gruppo responsabile del brutale delitto, e le possibilità di successo, secondo alcune indiscrezioni fornite dagli organismi responsabili, sono molto alte. Questa sera tutti i canali televisivi trasmetteranno una rievocazione dell’opera di questo grande capo dell’umanità. D.F. FitzMaugham, addio per sempre, e che la grande opera iniziata rimanga come un faro a guidare i popoli bramosi di pace e giustizia!

Lievemente nauseato, Walton spense il televisore. Doveva ammirare Lee Percy, però: l’uomo delle pubbliche relazioni aveva svolto bene il suo lavoro. Col piccolo aiuto fornito dal discorso di Walton, Lee era riuscito a ottenere tempo prezioso da tutti i mezzi d’informazione.

Tanto di guadagnato.

L’intercom stava ancora sfavillando violentemente; pareva sul punto di esplodere per la pressione delle chiamate accumulate. Walton schiacciò un pulsante rosso, e sullo schermo apparve il viso di Sellors, capo della sicurezza.

— Sellors, signore. Abbiamo cercato quel Lamarre. Non l’abbiamo trovato da nessuna parte.

— Cosa?

— Abbiamo controllato a casa sua. C’è andato, certo. Poi è scomparso. Non c’è alcun segno di Lamarre, in tutta la città. Che dobbiamo fare adesso, signore?

Walton sentì che le dita gli tremavano.

— Ordini l’accensione di un sistema-spia che comprenda tutta la regione. No, aspetti. Tutto il paese. Trasmetta dappertutto la sua descrizione. Ha delle foto?

— Sissignore.

— Le trasmetta. Dica al paese che quest’uomo è d’importanza vitale per la sicurezza del mondo. Lo trovi, Sellors.

— Tenteremo.

— Dovrà fare di meglio. Dovrà “trovarlo”. Se non compare entro otto ore, cambi la predisposizione del sistema-spia… dandogli una dimensione “mondiale”. Potrebbe trovarsi ovunque… e bisogna trovarlo a ogni costo!

Walton staccò la comunicazione e riuscì a evitare la chiamata successiva. Chiamò invece la segretaria e disse: — Vuole avvertire tutti coloro che chiamano di riferire i loro problemi al vicedirettore Eglin? Se non vogliono farlo, che mettano per iscritto la loro richiesta, e me la spediscano. Non posso accettare altre chiamate, per il momento. — Poi aggiunse: — Oh, e mi passi Eglin, prima che qualcuna di quelle chiamate gli piombi addosso senza preavviso.


Il viso di Eglin apparve sullo schermo privato che collegava i due uffici. L’uomo aveva gli occhi cerchiati, e l’aria esausta.

— Che lavoro d’inferno, Roy — disse.

— Anche il mio — disse Walton. — Senti, ho una tonnellata di chiamate in linea, e le passo tutte a te. Cerca di scaricare sui subordinati tutte quelle che puoi scaricare. È l’unico modo per conservare la ragione.

— Grazie. Grazie, Roy. Avevo proprio bisogno di qualche altra chiamata.

— Impossibile evitarlo. Chi hai scelto come tuo sostituto per gli agenti locali?

— Lassen. Ti ho mandato su il dossier un’ora fa.

— Non l’ho ancora letto. È già al lavoro?

— Certo. Da quando sono salito quassù — spiegò Eglin. — Che cosa…

— Non importa — disse Walton. Tolse il contatto e chiamò Lassen, il nuovo direttore degli agenti locali.

Lassen era un giovane dall’aspetto fanciullesco, con i capelli color sabbia e un atteggiamento rigido, freddo ed efficiente. Walton disse: — Lassen, desidero che tu faccia un lavoro per me. Incarica uno dei tuoi uomini di preparare un elenco dei cento maggiori appezzamenti di terreno rimasti nelle mani di privati. Desidero conoscere il nome dei proprietari, l’ubicazione delle tenute, le dimensioni, e tutti gli altri particolari utili. Capito?

— Certo. Per quando desidera il rapporto, signor Walton?

— Immediatamente. Ma non voglio che sia un lavoro trascurato. È d’importanza enorme.

Lassen annuì. Walton gli sorrise… il ragazzo pareva padrone della situazione… e tolse la comunicazione.

Si rese conto di essersi impegnato in una mezza dozzina di conversazioni ad alto livello, senza fare un attimo di pausa, nello spazio di meno di venti minuti. Il cuore gli batteva troppo forte; sentiva gli arti intorpiditi.

Si infilò in bocca una pillola di tranquillante, e continuò il lavoro.

Adesso avrebbe dovuto agire in fretta, perché le ruote stavano tutte girando.

McLeod sarebbe arrivato il giorno dopo per fare rapporto sull’esito della spedizione interstellare. Lamarre era scomparso: Fred era al lavoro, con tutta la sua congiura dei proprietari terrieri… Walton previde una solida dieta di tranquillanti, per molti giorni seguenti.

Aprì il circuito di arrivo e raccolse dal condotto pneumatico una manciata di documenti.

Uno di questi era l’incartamento di Lassen; Walton lo siglò con le sue iniziali e lo lasciò cadere nella fessura degli Archivi. Avrebbe dovuto fidarsi del giudizio di Eglin; Lassen pareva abbastanza competente. Non lesse il rapporto.

Sotto il dossier di Lassen, Walton trovò il testo della rievocazione di FitzMaugham, la rievocazione preparata dagli uomini di Lee Percy, e che sarebbe andata in onda alle otto. Walton si appoggiò allo schienale della poltrona e sfogliò rapidamente lo “scripto”.

Era un’elegia normalissima, del tipo più consueto in quelle circostanze. Un sacco di luoghi comuni, molta retorica, lacrime a profusione, tutte le cose che piacevano al popolo e ai lavoratori. Benissimo.

Walton lasciò perdere la biografia di FitzMaugham, le sue opere e i suoi miracoli, immaginando che, dopo la trasmissione, sarebbe stata ufficialmente iniziata l’opera di canonizzazione del vecchio. Poi arrivò alla parte che riguardava il discorso del direttore ad interim Roy Walton.

Lesse con grande cura questa parte. Gli interessavano enormemente le parole che Lee Percy gli aveva messo sulle labbra.

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