5

La nuova targa, sulla porta dell’ufficio, portava scritto in lettere nitide:


ROY WALTON
Direttore Ad Interim
Piano per il Controllo della Popolazione

Aveva obiettato che non gli pareva opportuno mettere la targa, perché la sua designazione era strettamente temporanea, in attesa che l’Assemblea Generale si riunisse per scegliere un nuovo capo di Poppy. Ma Ludwig aveva spiegato che avrebbero potuto trascorrere settimane e perfino mesi, prima che l’Assemblea si radunasse per prendere la decisione, e che non c’era niente di male nel rendere ufficiale il suo incarico, anche se temporaneo.

— Tutto è sotto controllo? — chiese l’uomo delle Nazioni Unite.

Walton lo fissò, con aria infelice.

— Penso di sì. Adesso dovrò soltanto scoprire come funzionavano gli archivi del signor FitzMaugham, e tutto sarà a posto.

— Intende dire che non lo sa?

— Il signor FitzMaugham accordava la sua fiducia a pochissime persone — disse Walton. — Poppy era una creatura sua. L’aveva creata e l’aveva programmata per tanto tempo, che a suo avviso il funzionamento doveva balzare evidente agli occhi di tutti, senza bisogno di spiegazioni. Ci vorrà un certo periodo di assestamento, ma questo è più che naturale.

— Certo — disse Ludwig…

— Il colloquio che doveva avere ieri con il direttore quando lui è stato… bene, di che si trattava? — domandò Walton.

L’uomo delle Nazioni Unite si strinse nelle spalle: — Adesso è irrilevante, in confronto a quanto è accaduto, immagino. Volevo sapere come procedevano i progetti sussidiari dell’organizzazione. Ma immagino che lei dovrà prima consultare tutti gli incartamenti dell’archivio del signor FitzMaugham, se vuole darmi una risposta, eh? — Ludwig lo fissò con sguardo penetrante.

Improvvisamente, Walton trovò antipatico l’allegro politicante dell’ONU.

— Ci sarà un certo periodo di assestamento — ripeté. — Le farò sapere quando sarò pronto a rispondere alle sue domande su Poppy.

— Naturalmente, capisco perfettamente, certo signor Walton.

Finalmente Ludwig prese congedo, e Walton rimase solo nell’ufficio del defunto signor FitzMaugham, per la prima volta dal momento del delitto, e mosse le dita verso l’esterno, in un gesto che tradiva la forte tensione interna che lo pervadeva.

Era stato un pomeriggio pieno di fatica e di disagio, quello precedente, dopo l’incubo dell’assassinio e la successiva inchiesta della sicurezza. Walton, esausto, era tornato a casa presto, lasciando per due ore Poppy senza guida. I notiziari che aveva potuto seguire sui jet-bus non avevano parlato d’altro che del delitto.

“Un brutale assassinio ha oggi posto fine ai giorni del famoso ex-senatore D.F. FitzMaugham, anni ottantuno, Direttore del Piano per il Controllo della Popolazione. Gli ufficiali e gli agenti del servizio di sicurezza hanno dichiarato di nutrire la massima fiducia nella soluzione dello sconvolgente delitto, e…”.

A bordo del jet-bus si era scatenata un vero bailamme di voci.

— Era ora che lo facessero fuori — disse una donna grassa che indossava degli abiti vecchi e consumati. — Quell’assassino, quello sterminatore di bambini!

— Lo sapevo che l’avrebbero preso, prima o poi — disse un vecchio magro e calvo. — Dovevano farlo.

— Si dice in giro che fosse segretamente un herscheliano.

— C’è un nuovo capo di Poppy, adesso, dicono. Prenderanno anche lui, scommetto quel che volete.

Walton, rannicchiato al suo posto, si tirò su il colletto, cercò di chiudere gli occhi. Non funzionò.

— Prenderanno anche lui, scommetto quel che volete.

Quando raggiunse il suo cubicolo a Manhattan, non aveva ancora dimenticato quella profezia. Le parole dure e decise lo avevano perseguitato, in sogno, per tutta la notte, una notte inquieta, piena di incubi e di strane, angosciose paure.

Ora, al sicuro dietro la porta del suo ufficio, quelle parole gli tornarono in mente.

Non poteva nascondersi. Non era riuscito a FitzMaugham, non sarebbe riuscito neppure a lui.

Nascondersi non era la risposta. Walton sorrise amaramente. Se lo aspettava il martirio, che venisse pure il martirio. Il lavoro di Poppy doveva andare avanti. Aveva stabilito di condurre la maggior parte dei suoi affari per visifono; ma quando fosse stato necessario un contatto personale, non avrebbe cercato di evitarlo.

Si guardò attorno, e vide intorno a sé l’ufficio di FitzMaugham. Il direttore era stato figlio del secolo precedente, e non aveva visto niente di orribile nell’arredamento del Cullen Building. A differenza di Walton, perciò non aveva fatto cambiare l’arredamento del suo ufficio.

Questo sarebbe stato uno dei primi lavori… cambiare quella orribile, mastodontica, insopportabile stanza in qualcosa di più discreto, di meno pacchiano, di più tollerabile. Avrebbe dovuto togliere gli enormi lampadari, batterie di lampade al tungsteno che ferivano orribilmente la vista, e sostituirli con un sistema d’illuminazione più sopportabile. E avrebbe dovuto cambiare anche il mastodontico condizionatore dell’aria; avrebbe fatto installare una micro-unità nel giro di pochi giorni, doveva ricordarlo bene.

I problemi del nuovo arredamento erano il meno. Il compito più grande era quello di infilarsi nei panni da gigante di FitzMaugham; e, anche su una base provvisoria, si trattava di un compito che faceva tremare i polsi a Walton.

Cercò nella scrivania un blocco d’appunti e una penna.

Doveva annotare attentamente le cose più importanti da fare. Si mise a scrivere rapidamente:


1. Annullare gli appuntamenti di F.

2. Controllare negli archivi la situazione di:

a) Progetto di “terraforming” di Lang.

b) motore ultraluce

c) bilancio-eventuali strappi?

d) impianti-spia nell’edificio

3. Conferenza con i capi-sezione.

4. Conferenza stampa con agenzie telefix.

5. Incontrare Ludwig… e sistemare le cose.

6. Fare arredare l’ufficio.


Ci ripensò, e poi cambiò la disposizione di alcuni numeri: spostò al numero 6 la conferenza stampa, e sistemò al numero 4 l’arredamento dell’ufficio. Riprese la penna e scrisse, in cima al foglio:


0. Concludere l’affare Prior.


In un certo senso, l’assassinio di FitzMaugham aveva tolto quasi tutti i motivi di preoccupazione di Walton, in relazione all’affare Prior. Anche se FitzMaugham avesse sospettato qualcosa sulle attività svolte da Walton nella mattinata precedente, ora il problema non doveva più angustiarlo. Walton avrebbe potuto trovare e distruggere il memorandum sul quale FitzMaugham avesse eventualmente annotato i suoi sospetti. Se poi il direttore si era fidato esclusivamente, come spesso accadeva, della sua memoria, allora la questione era definitivamente archiviata nelle ceneri del forno crematorio.

Perciò, a questo riguardo, la situazione non era peggiorata, tutt’altro.

Walton si frugò in tasca e trovò il messaggio che suo fratello gli aveva fatto scivolare nella giacca il giorno prima, pochi minuti prima del delitto. Nel corso tumultuoso degli avvenimenti, che si erano succeduti troppo velocemente per essere controllati ragionevolmente da Walton, lui se ne era completamente dimenticato, e non aveva avuto una sola possibilità di distruggere quel messaggio certamente compromettente.

Ora aveva tempo. Lo rilesse per l’ultima volta, lo strappò in due, lo strappò di nuovo, e gettò un quarto del messaggio nel condotto dei rifiuti. Si sarebbe liberato degli altri frammenti a intervalli di quindici minuti, e avrebbe sfidato qualsiasi monitor insinuato nel condotto a scoprire e a rintracciare tutti e quattro i frammenti.

In realtà, si rese conto, lui stava agendo con troppa cautela. Quello era l’ufficio del direttore FitzMaugham, e il condotto dei rifiuti era quello del direttore. Il direttore non aveva certo dato disposizioni per mettere sotto controllo il “suo” condotto dei rifiuti privato, no? Era al di fuori di ogni verosimiglianza.

Ma lo era davvero? Non si poteva mai dire, quando c’era di mezzo FitzMaugham. Il vecchio era stato terribilmente tortuoso, in ogni sua mossa.

Nella stanza c’era ancora l’acre sentore degli strumenti usati dagli investigatori… i grossi robot-detective che strisciavano a terra come serpenti, e fiutavano come cani da tartufo le impronte digitali e qualsiasi frammento rimasto sul pavimento, per poi passare tutto il ricavato alle analisi; e c’era l’odore aspro dei detersivi che erano stati usati per pulire i tappeti dal sangue. Walton maledisse l’impianto di condizionamento dell’aria per la sua inefficienza, perché quegli odori avrebbero già dovuto sparire da tempo, se solo ci fosse stato un meccanismo decente.

L’intercom suonò. Walton aspettò con impazienza di udire la voce, poi ricordò che FitzMaugham si era ostinato a pretendere una doppia risposta. Aprì il circuito e disse: — Sono Walton. In futuro non sarà necessaria una risposta.

— Sì signore. C’è un giornalista del Cittadino che le vuole parlare e un inviato della Globe Telefax.

— Dica loro che non riceverò nessuno, oggi. Ecco, farò una dichiarazione. Pensi lei a riferirla. Dica che il titanico compito di riprendere le redini là dove il grande e defunto direttore FitzMaugham le ha lasciate cadere è un compito che richiederà tutte le mie energie per i prossimi giorni. Sarò felice di tenere la mia prima conferenza stampa ufficiale non appena Poppy avrà ripreso a muoversi ad andatura stabile. Va bene?

— Sì, signore.

— Ottimo. Si assicuri che la mia dichiarazione venga pubblicata fedelmente. E… oh, mi ascolti. Se oggi o domani verrà qualcuno che aveva già un appuntamento con il direttore FitzMaugham, gli dica più o meno la stessa cosa. Non con queste parole alate, basta che ne capisca il succo. Devo fare milioni di cose, prima di cominciare a ricevere gente.

— Certo, direttore Walton.

Sorrise, nell’udire queste parole. “Direttore Walton”. Tolse il contatto, riprese i suoi appunti e cancellò la prima voce “Annullare gli appuntamenti di FitzMaugham”.

Corrugando la fronte, si rese conto che avrebbe fatto bene ad aggiungere una settima voce all’elenco. “Nominare un nuovo vicedirettore”. Qualcuno avrebbe dovuto occuparsi del suo vecchio lavoro.

Ma adesso, prima di ogni altra cosa, veniva il numero zero del suo elenco: “Concludere l’affare Prior”. Non sarebbe mai stato in una posizione migliore per cancellare le tracce della sua azione illegale del giorno prima, più di quanto non lo fosse in quel preciso momento. Aveva un’occasione da sfruttare.

Schiacciò il bottone dell’intercom.

— Mi colleghi con il reparto eutanasia, archivi, per piacere. — Un attimo dopo una voce secca annunciò: — Archivio.

— Archivio, qui parla il direttore ad interim Walton. Vorrei ricevere una trascrizione completa delle attività del computer nella mattinata di ieri, tra le nove e le dodici, con un elenco per voci delle singole attività. Tra quanto tempo lo potrò ricevere?

— Tra pochissimi minuti, direttore Walton.

— Bene. Mi mandi l’incartamento sigillato, per circuito chiuso. In quella trascrizione c’è del materiale segretissimo. Se il sigillo non sarà intatto, quando il plico arriverà qui, farà saltare l’intera sezione.

— Sissignore. C’è altro, signore?

— No, questo è… ripensandoci, sì. Mandi un elenco di tutti i medici che hanno esaminato dei bambini nella clinica, sempre ieri mattina.


Si mise ad aspettare. Mentre aspettava, cominciò a consultare gli incartamenti che si trovavano nei cassetti della scrivania di FitzMaugham.

C’era un appunto, in cima a tutti, sul quale era scritto, “Appuntamento con Lamarre, 11 Giugno… 12 e 15. Devo essere molto fermo con lui, e devo trattare con estrema delicatezza. Forse è il momento di farlo sapere a Walton”.

Uhm, questo era interessante, pensò Walton. Non aveva la minima idea su chi potesse essere questo Lamarre, ma FitzMaugham aveva tracciato una stellina nell’angolo in alto a sinistra del foglio, e questo indicava che la faccenda era di assoluta e primaria importanza.

Schiacciò il pulsante dell’intercom.

— C’è un certo signor Lamarre che aveva un appuntamento con il direttore FitzMaugham per oggi alle dodici e un quarto. Se la chiama, o se si presenta personalmente, gli dica che onorerò senz’altro l’appuntamento, non oggi ma domani alla stessa ora. Gli spieghi che oggi non mi è assolutamente possibile.

Guardò l’orologio, e vide che era il momento di gettare nel condotto dei rifiuti un altro frammento del messaggio di Fred. Eseguì senza indugio, sentendosi lievemente ridicolo per le eccessive precauzioni che stava prendendo. Ma non si poteva mai sapere.

Un momento più tardi la luce verde si accese sopra lo sportello del condotto d’arrivo; FitzMaugham non era stato soggetto, come Walton, a cascate di materiale in arrivo senza preavviso.

Walton estrasse dallo sportello un pacco sigillato. Esaminò accuratamente il sigillo e lo trovò intatto, e questo era eccellente; significava che il pacco era giunto direttamente dal computer, e non era stato letto neppure dal tecnico di servizio. Insieme al pacchetto c’era un foglio scritto a macchina, sul quale figuravano cinque nomi… i medici che erano stati nel laboratorio il giorno precedente.

Walton aprì il pacco e trovò sette fogli scritti in caratteri finissimi, sui quali erano riportate, in codice, tutte le operazioni compiute dal cervello elettronico nella mattinata. Esaminò in fretta la documentazione, scartando il primo, il secondo e il terzo foglio, che si occupavano di attività di routine svolte dal computer nelle prime ore della mattinata.

L’operazione numero settantatré era la sua richiesta della scheda di Philip Prior. Cancellò l’operazione sulla carta.

L’operazione numero settantaquattro era la sua richiesta del codice di classificazione della clinica, per decifrare la scheda. Cancellò anche quell’operazione.

L’operazione numero settantacinque era la sua revisione della scheda di Philip Prior, nella quale erano omesse tutte le indicazioni dello stato tubercolotico e la raccomandazione per l’eutanasia. L’operazione numero settantasei era la conferma di questa revisione.

L’operazione numero settantasette era la sua richiesta della scheda del bambino… quella corretta, stavolta. I cinque momenti dell’attività del computer erano datati ed era riportata l’ora precisa; il primo era alle dieci e venticinque, l’ultimo alle dieci e trentasette, tutti il dieci giugno, naturalmente.

Walton rilesse, con aria meditabonda, le cinque operazioni, e diede un’occhiata anche al resto della pagina. Non c’era più niente d’interessante, altre semplici operazioni di routine. Ma l’operazione numero novantadue, avvenuta alle undici e due minuti, era la più sgradita di tutte, agli occhi di Walton; quando la vide, fece una smorfia di disgusto.


92: “Trascrizione completa delle operazioni della mattinata fornita a richiesta del dottor Frederic Walton, 932K104AZ”.


Fred non aveva bluffato, allora; aveva davvero posseduto la maledetta prova, accidenti a lui. Ma quando si trattava con un computer e con i microbanchi di memoria Donnerson, il passato era un’entità estremamente fluida e mutevole.

— Desidero un contatto con il computer del ventesimo piano — disse nell’intercom.

Dopo una breve pausa un tecnico apparve sullo schermo. Era lo stesso con il quale aveva parlato poco prima.

— C’è stato un errore nelle registrazioni — disse Walton. — Un errore che non voglio perpetuare. Mi vuole mettere in contatto con il computer, in modo che io possa dare un ordine diretto alla macchina?

— Certo, signore. Può procedere, signore.

— Si tratta di cosa segretissima. Sparisca, tecnico.

Il tecnico sparì. Walton disse: — Le operazioni dal numero settantasette delle registrazioni di ieri mattina devono essere cancellate, e le informazioni contenute negli archivi, comunque attinenti o inerenti le operazioni in oggetto, devono essere ugualmente cancellate. Inoltre, non deve essere fatto alcun cenno, diretto o indiretto, dell’operazione che avviene in questo momento.

L’ordine entrò nel computer. Walton aspettò un momento, pieno di tensione, poi disse: — Benissimo, tecnico. Torni pure al suo posto, dove io possa vederla.

Il tecnico apparve. Walton disse: — Adesso farò un controllo. Mi faccia preparare dalla macchina un’altra trascrizione delle attività di ieri, tra le nove e le dodici, e inoltre una trascrizione delle attività svolte oggi negli ultimi quindici minuti. Ha capito bene?

— Immediatamente, signore. Agli ordini.

Mentre aspettava l’arrivo della nuova trascrizione, Walton studiò l’elenco di nomi. Cinque medici. Gunther, Raymond, Archer, Hsi, Rein. Non sapeva quale di loro avesse esaminato il piccolo Prior, e non voleva neppure scoprirlo. Tutti e cinque dovevano essere trasferiti senza indugio. Meticolosamente, estrasse di nuovo il blocco d’appunti e la penna, e preparò una destinazione opportuna per ciascuno dei medici.


Gunther… Zurigo

Raymond… Glasgow

Archer… Terra del Fuoco

Hsi… Leopoidville

Rein… Bangkok.


Annuì. Si trattava di una distribuzione ideale; avrebbe emesso l’ordine di trasferimento tra qualche tempo, e verso sera gli uomini sarebbero già stati in viaggio verso le loro nuove sedi. Forse non sarebbero mai riusciti a capire per quale motivo erano stati sradicati dal loro laboratorio e mandati via da New York.

Arrivò la nuova trascrizione. Con impazienza, Walton cominciò a controllare.

Il dieci giugno non c’era alcun segno delle richieste effettuate da Walton. C’erano le operazioni numero settantuno e settantadue, e la settantatré riguardava una richiesta di antistaminici per la Clinica Numero 3, e così via. Le operazioni illegali erano completamente scomparse, si erano dissolte come neve al sole. Per quello che riguardava il computer, Walton non era neppure stato al ventesimo piano, il dieci giugno.

Walton esaminò accuratamente la trascrizione dell’undici giugno, alla ricerca di qualsiasi accenno al suo ordine di annullamento. No, neppure quell’ordine era stato registrato.

Il passato, quando si trattava con un computer questo doveva sempre ricordarlo, era un elemento estremamente fluido.

Non aveva più nulla da temere, da quella parte, anche se c’era sempre la prova che Fred possedeva; e suo fratello non aveva giocato senza punti in mano, questo doveva ammetterlo.

Comunque, una parte dell’operazione quella che lo riguardava direttamente si era svolta nel migliore dei modi.

Sorrise, il primo sorriso spontaneo dal momento dell’assassinio di FitzMaugham. Adesso, cancellati i ricordi del computer, morto il direttore, e trasferiti i medici, c’era soltanto Fred a rappresentare un ostacolo. Era Fred l’unico che poteva costituire una vaga possibilità di pericolo; altrimenti, per quello che riguardava tutto il resto, Walton non avrebbe avuto la minima paura di venire punito per l’infrazione da lui commessa, infrazione della quale si era amaramente pentito per l’inopportunità del momento che aveva scelto, per la paura che gli aveva fatto passare, per i pericoli che gli aveva fatto correre.

Comunque, decise che avrebbe dovuto correre il rischio che Fred rappresentava. Chissà, dopotutto Fred era suo fratello e forse l’amore fraterno gli avrebbe impedito di parlare.

In questo caso, lui non aveva alcun motivo di preoccuparsi. E in ogni caso le sue preoccupazioni dovevano essere contenute entro le giuste proporzioni.

Загрузка...