Ritornò a New York da solo, a tarda sera, troppo stanco per dormire e troppo sveglio per rilassarsi. Si sentiva come un giocatore di poker che aveva trionfalmente battuto quattro re con quattro assi, e adesso stava cercando nella mano per trovare alcuni di quegli assi, da mostrare allo scettico avversario.
Lo straniero aveva accettato la sua offerta. Questo era l’unico fatto solido al quale poteva aggrapparsi, nel lungo viaggio solitario notturno da Nairobi a New York. Il resto era un pantano di sabbie mobili, pieno di “se” e di “forse”.
“Se” Lamarre poteva essere trovato…
“Se” il siero aveva davvero qualche valore…
“Se” era ugualmente efficace sui terrestri e sui dirnani…
Walton cercò di non pensare alle alternative. Aveva fatto un’offerta folle e disperata, una mossa pazzesca dettata dal panico, e l’offerta era stata accettata. Nuova Terra era aperta alla colonizzazione, “se”…
Il mondo, fuori del jet, era una macchia scura e confusa. Aveva lasciato Nairobi alle 5 e 18, tempo di Nairobi; attraversando otto fusi orari diversi, sarebbe arrivato a New York verso la mezzanotte. Il passaggio a bordo dei jet ultrarapidi rendeva simili cose possibili; avrebbe vissuto per due volte le prime ore del mattino del diciannove giugno.
New York aveva una pioggia di quindici minuti prevista per l’ima di notte. Walton raggiunse il suo appartamento proprio quando la pioggia venne iniziata dai seminatori di nuvole. La notte era un po’ calda; si fermò davanti all’ingresso dell’edificio, lasciandosi bagnare dalle gocce. Dopo qualche minuto, sentendosi un po’ stupido e molto stanco, entrò, si asciugò, e. andò a letto.
Non dormì.
Quattro tavolette di caffeina lo aiutarono a cominciare la giornata, il mattino dopo. Arrivò al Cullen Building molto presto, verso le otto e trentacinque, e passò qualche tempo ad aggiornare il suo diario privato, spiegando in tutti i particolari il peso della sua trattativa con l’ambasciatore straniero. Un giorno, pensò Walton, uno storico del futuro avrebbe scoperto il suo diario e avrebbe saputo che per un breve periodo, nel 2232, un uomo chiamato Roy Walton aveva agito come assoluto dittatore dell’umanità. La cosa più strana, pensò Walton, era che lui non era affatto spinto da sete di potere, cosa della quale era del tutto privo: era stato messo a forza in quella posizione, e tutti i suoi passi successivi, censurabili dal punto di vista legale, erano stati fatti in piena onestà, per il bene dell’umanità.
Stava razionalizzando? Forse. Ma era necessario. I dittatori erano necessari, pensò Walton, ma dovevano essere aiutati a sopportare il loro carico. L’umanità, senza dittatori, non avrebbe mai potuto andare avanti neppure d’un passo.
Alle nove Walton fece un profondo sospiro e chiamò Keeler della sicurezza. L’uomo della sicurezza fece uno strano sorriso e disse: — Stavo per chiamarla io, signore. Finalmente abbiamo qualche notizia.
— Notizia? Quale?
— Lamarre. Abbiamo trovato il suo cadavere stamattina, circa un’ora fa. Assassinato. L’abbiamo trovato a Marsiglia, in condizioni pessime, in stato avanzato di decomposizione, ma abbiamo fatto un controllo accurato e l’impronta della retina ci ha confermato al di là di ogni dubbio che si tratta di Lamarre.
— Oh — disse Walton, a bassa voce. La testa gli girava. — Al di là di ogni dubbio — ripeté. — Grazie, Keeler. Buon lavoro. Buon lavoro.
— Qualcosa non va, signore? Ha un aspetto…
— Sono molto stanco — disse Walton. — Ecco tutto. Stanco. Grazie, Keeler.
— Lei mi aveva chiamato per qualcosa, signore — gli ricordò gentilmente Keeler.
— Oh, la chiamavo per Lamarre. Penso che sia inutile… grazie, Keeler. — Tolse il contatto.
Per la prima volta Walton provò la disperazione totale, e, dalla disperazione, nacque un senso di calma mortale. Con Lamarre morto, la sua unica speranza di ottenere il siero era di liberare Fred e di recuperare gli appunti dello scienziato dei quali suo fratello si era impadronito. Ma il prezzo di Fred, in cambio degli appunti, sarebbe stato il lavoro di Walton. Il circolo si chiudeva, era sempre stato un circolo chiuso, e lui era come quel serpente che si ritrovava sempre a mordersi la coda.
Forse Fred poteva essere indotto a rivelare dove si trovavano gli appunti. Non era probabile, ma era possibile. E in caso contrario? Walton si strinse nelle spalle. Un uomo poteva fare tanto, e poi doveva cedere le armi. Il “terraforming” si era rivelato un fallimento, l’equalizzazione era un palliativo ridicolo, di valore limitatissimo, e l’unico pianeta extrasolare degno di essere colonizzato apparteneva agli stranieri. Circolo chiuso. Vicolo cieco.
— Ho tentato — disse Walton. — Che tenti un altro, adesso. Io ho fatto la mia parte.
Scosse il capo, cercando di schiarire la nebbia di nulla che d’un tratto l’aveva circondato. I suoi pensieri erano sbagliati, terribilmente sbagliati; lui doveva continuare a tentare, doveva investigare ogni possibile via d’uscita prima di rinunciare, prima di conoscere il sapore amaro della resa.
Le sue dita indugiarono per qualche istante sopra una pillola di tranquillante, poi si ritirarono. Rigidamente, si alzò dalla poltrona e abbassò il pulsante dell’intercom.
— Lascerò l’ufficio per qualche tempo — disse, raucamente. — Inoltri tutte le chiamate al signor Eglin.
Doveva vedere Fred.
La prigione della Sicurezza era un edificio grande e massiccio che sorgeva fuori dei limiti veri e propri della città, una torre senza finestre vicina a Nyach, New York. Il jetcottero privato di Walton scese silenziosamente sul piano di atterraggio, sull’ampio parapetto dell’edificio. Contemplò l’aspetto cupo e metallico dell’edificio per qualche istante.
— Devo aspettare qui? — chiese il pilota.
— Sì — disse Walton. Avuto accesso al posto di direttore permanente, aveva ottenuto anche il privilegio di usare un jetcottero privato e un pilota umano. — Non ci metterò molto tempo.
Lasciò il piano di atterraggio ed entrò nel campo visuale di un rivelatore. Ci fu una lunga pausa. L’aria, quassù, pensò Walton, è fresca e pulita, non come l’aria di città.
Una voce disse: — Perché si trova qui?
— Sono Walton, direttore di Poppy, ho un appuntamento con il Capo della Sicurezza, Martinez.
— Aspetti un momento, direttore Walton.
Nessuno degli ossequiosi “signore” e “per favore” ai quali Walton si era abituato.
In un certo senso, il tono brusco e informale con il quale ci si rivolgeva a lui era fresco e pulito come l’aria non contaminata.
Le orecchie di Walton avvertirono un ronzio elettronico; lo stavano perquisendo accuratamente. Dopo un momento la porta di metallo, davanti a lui, si aprì silenziosamente, e si trovò davanti a una porta interna di bronzo brunito.
C’era uno schermo nella porta interna. Il viso di Martinez apparve sullo schermo.
— Buongiorno, direttore Walton. Lei è qui per il nostro colloquio?
— Sì.
La porta interna si chiuse. Questa volta, due minacciosi cannoni atomici apparvero davanti al suo viso, puntati in tutta regola. Walton sobbalzò involontariamente, ma un sorridente Martinez si fece avanti, davanti ai cannoni, e lo salutò.
— Bene, perché è venuto qui?
— Per vedere un suo prigioniero. Mio fratello Fred.
Martinez corrugò la fronte e si passò lentamente una mano tra i capelli.
— Vedere i prigionieri è assolutamente proibito, signor Walton. Vederli di persona, cioè. Potrei disporre un collegamento video a circuito chiuso per lei.
— Proibito? Ma quell’uomo si trova qui solo in base alla mia parola. Io…
— I suoi poteri, signor Walton, sono ancora lievemente meno che infantili. Questa è una regola che non abbiamo mai infranto, e non infrangeremo mai. I prigionieri della Prigione sono tenuti sotto costante sorveglianza della sicurezza, e la sua presenza nelle celle minerebbe dalle fondamenta il nostro intero sistema. Basterà il collegamento video?
— Penso che dovrò accontentarmi — disse Walton. Non era dell’umore più adatto per discutere, ora.
— Venga con me, allora — disse Martinez.
L’agente della Sicurezza lo scortò lungo un corridoio male illuminato, facendolo poi entrare in una stanzetta laterale, una parete della quale era occupata interamente da uno schermo video.
— Qui potrà avere una totale sicurezza — gli assicurò Martinez. — Il colloquio sarà assolutamente privato. — Regolò dei quadranti, mormorò alcune parole. Lo schermo cominciò a illuminarsi.
— Mi chiami quando avrà finito — disse Martinez. Parve uscire dalla stanza scivolando su binari invisibili, lasciando Walton solo con Fred.
L’enorme schermo era come una finestra sulla cella di Fred. Walton affrontò lo sguardo amaro del fratello.
Fred aveva un aspetto demoniaco. Gli occhi erano cerchiati di nero; i capelli scompigliati, il viso sporco e stanco. Disse: — Benvenuto nel mio lussuoso palazzo, carissimo fratellino.
— Fred, non rendermi le cose difficili. Sono venuto qui per cercare di chiarire le cose. Non “voglio” tenerti qui per sempre. Sono stato “costretto” a farlo.
Fred sorrise minacciosamente.
— Non hai bisogno di scusarti. È stata tutta colpa mia. Ti ho sottovalutato; non avevo capito che eri cambiato. Pensavo che fossi lo stesso stupido onesto e sentimentale che avevo conosciuto fin dalla nascita. Non lo sei più, invece.
— Può darsi. — Walton rimpianse di non avere preso quella pillola di tranquillante, dopotutto. Ogni nervo del suo corpo pareva vibrare. Disse: — Oggi ho scoperto che Lamarre è morto.
— E allora?
— Allora Poppy non ha alcun modo possibile di ottenere il siero dell’immortalità, se non attraverso te. Fred, ho bisogno di quel siero. L’ho promesso allo straniero, in cambio dei diritti di colonizzazione su Procione VIII.
— Un piccolo, nitido contratto — disse raucamente Fred. — Quid pro quo. Be’, mi spiace rovinarti la festa, ma non ti dirò dov’è nascosto il “quo”. Non otterrai il siero da me, fratellino caro.
— Ti posso sottoporre a lobotomia totale — disse Walton. — Ti faranno a pezzi il cervello e lo strapperanno uno strato dopo l’altro, finché non avranno scoperto cosa vogliono. Non rimarrà molto di “te”, quando avremo scoperto il siero, ma l’avremo.
— Niente da fare. Neppure tu puoi fare una cosa del genere — disse Fred. — Non puoi ottenere un permesso di lobotomia totale solo chiedendolo. Devi averne l’autorizzazione del Presidente. Ci vorrà almeno un giorno per inoltrare la richiesta secondo i normali canali burocratici… mezza giornata, se lavori davvero bene. E prima che passi mezza giornata, Roy, io sarò fuori di qui.
— Cosa?
— Mi hai sentito bene, sai? Fuori. Sembra che tu mi stia trattenendo qui in base a elementi molto tenui. L’“habeas corpus” non è stato ancora sospeso, Roy, e Poppy non è abbastanza grossa da farlo. Ho formulato una richiesta di scarcerazione. Sarò rilasciato alle quindici di oggi.
— Ti farò ritornare qui dentro dopo mezz’ora — disse rabbiosamente Walton. — Stiamo arrestando Di Cassio e tutta la sua banda. E avremo degli elementi sufficienti per sommergere il tuo “habeas corpus”.
— Ah! Sì, può darsi — disse Fred. — Ma io starò fuori di qui per mezz’ora. E in mezz’ora riuscirò a far sapere al mondo come tu abbia esercitato un privilegio speciale, risparmiando Philip Prior dal Sonno Felice. Io sono l’unico a saperlo, e sarò io a dirlo. Cavatela, allora, se ci riesci!
Walton cominciò a sudare.
Fred l’aveva inchiodato davvero, stavolta.
Qualcuno, nella Sicurezza, gli aveva evidentemente permesso di far uscire dalla torre impenetrabile la sua richiesta. Martinez? Be’, non importava. Alle quindici Fred sarebbe stato libero, e l’incidente del piccolo Prior, tenuto nascosto per tanto tempo, sarebbe stato diffuso da tutti i giornali. Per Walton sarebbe stata la fine; gli affari avevano raggiunto un punto troppo delicato perché lui dovesse anche correre il rischio di difendersi, perdendo evidentemente la faccia di fronte al mondo. Fred forse non sarebbe riuscito a salvarsi, ma avrebbe certamente rovinato il fratello.
Era impossibile ottenere un’autorizzazione di lobotomia totale prima delle quindici; il presidente Lanson in persona avrebbe dovuto firmare l’autorizzazione, e il vecchio burattino avrebbe preso tempo.
Era impossibile tentare la lobotomia, ma c’era ancora un’arma nelle mani del capo di Poppy, se lui voleva usarla. Walton si inumidì le labbra.
— Sarò molto preciso — disse. — Te lo chiedo per l’ultima volta: mi vuoi cedere il siero di Lamarre, per usarlo nei miei negoziati con il dirnano?
— Stai scherzando? No! — disse Fred, con sicurezza. — Neppure per salvare la vita a te o a me stesso. Ti ho portato dove ti volevo portare, Roy. Dove ti volevo portare, ed è tutta la vita che sogno questo momento. E non puoi uscirne, non puoi… credi che ti voglia aiutare, adesso?
— Credo che tu mi abbia ancora sottovalutato — disse Walton, in tono quieto. — E per l’ultima volta.
Si alzò e aprì la porta della stanza. C’era un agente grigiovestito, là fuori.
— Vuol dire al signor Martinez che sono pronto ad andarmene? — fece Walton.
Il pilota del jetcottero stava sonnecchiando quando Walton raggiunse il piano di atterraggio. Walton lo svegliò e disse, con voce ferma: — Ritorniamo al Cullen Building, presto.
Il viaggio occupò circa dieci minuti. Walton entrò nel suo ufficio, segnalando il suo ritorno ma indicando che non voleva essere disturbato da nessuna chiamata, per il momento. Attentamente, con somma cura, dispose i vari elementi della situazione nella sua mente, costruendo con essi una struttura simmetrica e ordinatissima.
Di Cassio e gli altri cospiratori sarebbero stati arrestati prima di sera, certamente. Ma in quella situazione il fattore tempo non contava; Walton sapeva di poter ottenere l’autorizzazione a procedere con la lobotomia nel giro di un giorno, e passarli al setaccio, uno per uno, finché non avesse scoperto l’ubicazione della formula di Lamarre. Era brutale, ma necessario.
Fred costituiva un problema diverso. Se Walton non riusciva a impedirlo, suo fratello sarebbe stato liberato entro poche ore… e se avesse rivelato l’incidente del piccolo Prior, la fragile costruzione di Walton sarebbe andata in mille pezzi.
Non poteva combattere l’“habeas corpus”. Ma il direttore di Poppy possedeva un’arma che legalmente era superiore a tutte le altre. Fred aveva giocato d’azzardo sul carattere morbido del fratello, e aveva perduto.
Walton schiacciò il pulsante del dittafono, e con voce calma e controllata cominciò a dettare un ordine. L’ordine riguardava l’immediato prelevamento di Frederic Walton dalla Prigione della Sicurezza, e il suo pronto trasferimento nella Clinica dell’Eutanasia, sulla base di un’accusa di pazzia criminale.