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Hervey si fece vedere alle dieci e tre minuti, e aveva un sorriso che gli arrivava alle orecchie. Diede un voluminoso incartamento di documenti a Walton, continuando sempre a sorridere.

— Ho nelle mie mani il giornale più potente del mondo — disse Hervey. Gettò i documenti, con aria noncurante, sulla scrivania di Walton, e rise. — Sono tutte tue. Cinquantuno per cento. L’ho detto a Murlin poco prima di andarmene, stamattina. È diventato violetto.

— Che cosa ha detto?

— Che cosa “poteva” dire? Gli ho chiesto con grande disinvoltura se sapeva per caso dov’era la maggioranza assoluta del pacchetto azionario del Citizen, e lui mi ha risposto di sì, che lo sapeva, e che era nelle mani di una grande quantità di piccoli azionisti. E allora gli ho detto che qualcuno stava acquistando tutti i piccoli pacchetti azionari e che io vendevo a questa persona il mio quattro per cento. In quel momento ha cominciato a cambiare colore. Quando l’ho lasciato era impegnatissimo a visifonare a destra e a manca, ma non credo che gli sia piaciuto quello che ha scoperto, con tutte le sue chiamate. Walton guardò i documenti.

— È tutto qui, eh? Ottimo lavoro. Ti farò avere la percentuale entro mezz’ora, a meno che tu non abbia molta fretta.

— Oh, non correre troppo — disse Hervey. Si passò un dito all’interno del colletto. — C’è un paio di ragazzi della sicurezza là fuori, sai? Sono davvero accurati. Accidenti, se sono accurati!

— Sto aspettando un assassino per le undici — disse in tono leggero Walton. — I ragazzi sono sul chi vive, capisci?

— Oh? Un amico molto vicino?

— Un parente — disse Walton.

Fred arrivò puntualmente alle undici. Alle undici Walton aveva già messo in moto la macchina che lo avrebbe portato a impadronirsi completamente del Citizen.

Il primo passo era stato quello di chiamare Horace Murlin, per confermargli che Poppy possedeva ormai il giornale. Il viso di Murlin aveva una curiosa tinta rosso-violetta; l’uomo aveva continuato a lanciare ingiurie a Walton per cinque minuti buoni, prima di arrivare ad ammettere la sua sconfitta.

Con Murlin finalmente fuori dai piedi, Walton scelse la nuova redazione del Citizen da un elenco che gli era stato fornito da Percy. Lui intendeva mantenere intatta l’équipe dei cronisti del vecchio regime; il Citizen aveva una rete di reporter fantasticamente efficiente, ed era assurdo distruggerla per il solo gusto di cambiare. Walton era interessato a controllare i settori che fornivano la politica editoriale alla testata.

L’edizione delle dieci del Citizen fu l’ultima della vecchia gestione. Redattori e direttore avevano saputo da Murlin quello che stava bollendo in pentola, e alle dieci e trenta, quando Walton mandò il suo ordine di licenziamento, tutto il personale redazionale aveva già sgomberato le scrivanie.

L’edizione delle dieci fu un vero capolavoro, però. Il titolo diceva:


SIAMO MERDA PER I PELLIVERDI?


E quasi tutto il numero era dedicato a una violenta e quasi infiammatoria campagna contro Poppy, una delle più selvagge pagine della storia del giornalismo planetario. C’era un’intera pagina di “Lettere dei Lettori”… in realtà telefonate trascritte, poiché la maggior parte dei lettori del Citizen, non si interessava molto a scrivere delle lettere… lettere che facevano eco alla posizione del giornale. Una “lettera” in particolare colpì l’attenzione di Walton.

Veniva da una certa signora P.F. di New York City, Periferia, che probabilmente significava il Connecticut o il Jersey, ed era breve e lapidaria:


Per il Direttore:

Evviva lei! Poppy è un dannato delitto e quel criminale Walton dovrebbe essere impiccato e noi dovremmo uccidere quei pelliverdi prima che loro uccidano noi. Dobbiamo avere spazio per vivere.


“Ucciderli prima che loro uccidano noi”. Walton sospirò. Tutto l’antico isterismo, tutte le antiche reazioni di panico, tornavano a galla ribollenti, nei momenti di tensione. Non cambiava niente.

Si guardò le mani. Erano perfettamente ferme, benché l’orologio dicesse che Fred sarebbe arrivato tra pochi minuti. Una settimana prima, una situazione del genere lo avrebbe portato a imbottirsi di tranquillanti, prima di venire colto da un accesso di convulsioni.

La presenza spettrale di FitzMaugham pareva aleggiare nella stanza. “Il fine giustifica i mezzi”, si disse Walton cupamente, aspettando l’arrivo del fratello.


Fred era vestito completamente di nero, elegantissimo nel suo panciotto neo-vittoriano e nel nastro-cravatta e negli stivali lucidissimi che portava ai piedi. Lo splendore del suo abito contrastava stranamente con i suoi lineamenti volgari e con il suo corpo massiccio.

Entrò nell’ufficio di Walton alle undici precise e sospirò profondamente… il sospiro di un uomo che sta per prendere possesso permanente di quello che vede.

— Buongiorno, Roy. Sono puntuale, come sempre.

— E hai un aspetto radioso, fratellino caro — disse Walton, facendo un gesto di apprezzamento, alla vista degli abiti di Fred. — È da tanto tempo che ti vedo indosso solo il camice di laboratorio.

— Ho avvertito il laboratorio ieri, dopo avere parlato con te. Non sono più un dipendente di Poppy, mi sono dimesso. E penso che sia necessario vestirmi con la dignità propria della mia nuova carica. — Sorrise allegramente. — Be’, sei pronto a passarmi la corona e lo scettro, Roy?

— Non esattamente — disse Walton.

— Ma…

— Ma io ti avevo promesso di dimettermi in tuo favore oggi, Fred. Non credo di avere mai usato queste parole, ma certamente devo aver suggerito l’idea, vero?

— Ma certo! Mi hai detto di venire qui alle undici, e che tu avresti sistemato tutto per il passaggio!

Walton annuì.

— Esatto, esatto. — Aspettò per un lungo momento, e poi disse, a bassa voce. — Ho mentito, Fred.

Aveva scelto con cura le parole, per ottenere il massimo impatto. E aveva fatto una buona scelta.

Per un breve istante il viso di Fred fu pallidissimo, in violento contrasto con il suo abito nero. I suoi occhi e le sue labbra mostrarono l’incredulità più assoluta.

Walton aveva considerato l’immagine mentale che suo fratello aveva di lui… del fratello maggiore, virtuoso, devoto al lavoro duro, gentile con gli animali, e solo un po’ molle nel cervello. E, soprattutto, estremamente, incredibilmente onesto.

Fred non si era aspettato che Walton mentisse. E la calma ammissione l’aveva stordito.

— Non hai intenzione di fare come hai detto, allora? — domandò Fred, con voce spenta.

— No.

— Ma ti rendi conto del significato di quello che fai, per quello che riguarda il siero, no? Nel momento in cui uscirò di qui e trasmetterò il tuo rifiuto ai miei superiori, loro cominceranno a fabbricare e a distribuire su scala globale il siero di Lamarre. La pubblicità non sarebbe buona, Roy. E neppure il risultato.

— Ma tu non uscirai di qui — disse Walton.

Un’altra ondata di choc passò sul viso di Fred.

— Non puoi parlare sul serio, Roy. I miei superiori sanno dove mi trovo; sanno per quale motivo sono venuto qui. Se non hanno mie notizie entro le prossime ventiquattro ore, procederanno alla distribuzione del siero. Non puoi sperare di…

— Correrò il rischio — lo interruppe Walton. — Nel peggiore dei casi, avrò una proroga di ventiquattro ore. Non avrai pensato davvero che ti potessi donare Poppy su un piatto dorato, Fred? Be’, non so neppure quanto sia sicura la “mia” posizione, qui. Così temo che dovrò pensare ai casi miei, prima di tutto. Tu sei in arresto, Fred!

— In arresto! — Fred balzò in piedi e girò intorno alla scrivania, dirigendosi verso Walton. Per un istante i due fratelli si guardarono negli occhi, separati da pochi centimetri. Walton posò la mano sulla spalla del fratello e, stringendolo forte, lo costrinse a tornare dietro la scrivania.

— Avevi preparato tutto, vero? — disse amaramente Fred. — Ieri, quando hai parlato con me, sapevi già cosa avresti fatto. Ma hai detto che avresti ceduto, e io ti ho creduto! Non mi lascio ingannare facilmente, ma pensavo di potermi fidare, perché tu eri mio fratello. Ti “conoscevo”. Tu non avresti mai fatto una cosa come questa, non ti saresti mai comportato come un serpente.

— Ma l’ho fatto — disse Walton.

Improvvisamente, Fred balzò avanti. Caricò, buttandosi contro Walton ciecamente, a testa bassa.

Con uno stesso movimento, Walton segnalò a Keeler e ai suoi uomini di entrare, e affrontò la carica di Fred. Colpì suo fratello con un preciso destro d’incontro alla mascella, che centrò Fred nel momento in cui arrivava contro Walton con tutte le sue forze.

Il viso di Fred fu sconvolto più dallo sbalordimento che dal dolore. Fred indietreggiò, fregandosi il mento, con un’espressione stordita e incredula negli occhi.

— Sei cambiato — disse. — Questo lavoro ti ha indurito. Un anno fa non mi avresti mai fatto questo.

Walton si strinse nelle spalle.

— Guardati alle spalle, Fred. E questa volta ti puoi fidare di ciò che dico.

Fred si voltò, cautamente. Dietro di lui erano fermi Keeler e altri due agenti grigiovestiti della sicurezza, tutti con espressioni che non promettevano nulla di buono al malcapitato aspirante direttore.

— Drogatelo e portatelo via — disse Walton. — Tenetelo sotto custodia, finché non avrò avvertito Martinez.

Fred spalancò gli occhi.

— Ma tu sei un “dittatore”! — disse, raucamente. — Tu muovi gli uomini come se fossero pedine degli scacchi, Roy. Come se fossero pedine degli scacchi!

— Drogatelo — ripeté Walton.

Keeler si fece avanti, impugnando una sottile siringa ipodermica. Con un rapido movimento, accostò l’ago al braccio di Fred. Si udì un sommesso ronzìo, mentre l’ago vibratore faceva entrare la droga nel braccio di Fred. Fred si afflosciò come un sacco vuoto.

— Tiratelo su — disse Keeler. — Prendetelo e andiamocene.


La notizia apparve nell’edizione delle tredici del Citizen, e dal tono generale del pezzo Walton riuscì a scorgere la presenza sottile dell’abile mano di Lee Percy al lavoro.

Il titolo diceva:


UN TIZIO CERCA DI FAR FUORI IL BOSS DI POPPY


Dopo la solita serie di sottotitoli, tutti formulati nello stile leggero, a malapena accettabile del Citizen, veniva il corpo dell’articolo:


Un tizio ha cercato di far fuori il numero uno di Poppy, Roy Walton, oggi. Gli uomini della sicurezza sono arrivati in tempo per impedire a Walton di ricevere la stessa cottura riservata al vecchio “boss” FitzMaugham la settimana scorsa. E che cottura!

Walton dice che sta bene; l’assassino non si è neanche avvicinato. Ha detto anche al nostro uomo che si aspetta di ricevere buone notizie da Nuova Terra, e mica tardi. Sapete che ci piace il suono di queste parole? Dopotutto, Poppy potrebbe anche essere okay. Chissà?


La voce era quella del Citizen, ma l’uomo che si trovava dietro la voce stava pensando in maniera un po’ diversa. Se la notizia fosse stata trattata dai vecchi redattori del Citizen, il tono dell’articolo sarebbe stato “peccato che abbia mancato il colpo”.

Walton chiamò Percy, dopo l’uscita del giornale.

— Buon lavoro hai fatto sul nostro primo Citizen - disse, in tono di approvazione. — È proprio quello che voglio: lo stesso stile analfabetoide, ma un leggero cambiamento di politica editoriale, finché non sarà completamente a favore di Poppy. Ottimo lavoro.

— Aspetta di vedere il giornale di domani. Ci stiamo divertendo davvero! E il nostro primo spettacolo di caleidovortici avrà luogo alle venti di stasera. Ci è costato una fortuna, ma pensiamo che sia l’ora migliore.

— Qual è il messaggio nascosto?

— Come hai detto tu — fece Percy. — Un discorso pro-Poppy e un discorso pacifista. Abbiamo già all’opera un gruppo di esperti, intenti a compiere un sondaggio, e loro ci dicono che la corrente va prevalentemente dalla parte opposta. Potremo capire se i caleidovortici funzionano, questo è più che sicuro.

— Continua con questo buon lavoro — disse Walton. — Ce la faremo, forse. Se lo straniero non arriverà prima di un giorno o due… McLeod arriverà domani a Nairobi, non so a che ora. Io dovrò presentarmi di fronte alle Nazioni Unite domani, inoltre. Spero che quei ragazzi dell’ONU stiano a vedere le nostre belle immagini colorate, stasera.

Percy sorrise.

— Amico, ci puoi scommettere!

Walton si mise energicamente al lavoro. Ormai stava prendendo forma. C’erano sempre dei punti morti, certo, ma gli pareva che la forma stesse assumendo dei contorni sempre delineati, e che il bandolo della matassa ormai fosse in vista.

Controllò presso un direttore della Pubblica Ricreazione, e scoprì che ci sarebbe stato un consiglio di quartiere alla 382.ma Strada Ovest, alle diciotto e trenta di quella sera. Decise di partecipare, e ordinò una maschera sintetica, in modo che la sua identità non venisse svelata. L’aveva detto anche Fred che le maschere erano molto efficaci, come le costruivano in quei giorni.

Ventiquattro ore. In quel periodo i superiori di Fred si sarebbero preparati, presumibilmente, a distribuire al mondo il siero di Lamarre; presumibilmente, un essere extraterrestre sarebbe atterrato sulla Terra… e, nel frattempo, Walton si sarebbe presentato di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per fornire un resoconto completo del suo operato come direttore di Poppy.

L’intercom ronzò di nuovo.

— Sì? — disse Walton.

— Il signor O’Mealia dell’Osservatorio di Monte Palomar, che chiama di laggiù per parlare con lei, signore.

— Me lo passi — disse Walton, perplesso. Non sapeva che cosa avrebbe potuto desiderare da lui un astronomo, ma lo avrebbe scoperto presto.

O’Mealia era un individuo dal viso russo e dagli occhi profondi e penetranti.

Si presentò, affermando di essere un membro del personale ricercatore di Monte Palomar, e questo faceva di lui uno tra i migliori astronomi del mondo, se Walton conosceva bene quei pochi rudimenti di astronomia che aveva imparato tempo prima.

— Sono felice di essere finalmente riuscito a mettermi in contatto con lei — disse, parlando precipitosamente ma comprensibilmente. — È un’ora che cerco di chiamarla. Non è facile riuscire a parlare con lei.

Walton annuì.

— Purtroppo — disse. — In genere sono molto occupato, professor O’Mealia.

— Già — disse l’astronomo.

— Che cosa desiderava? — ripeté Walton, abbastanza incuriosito.

— Poco fa ho compiuto alcune osservazioni su Venere, sa, nelle prime ore del mattino si tratta di un compito di prammatica, e pensavo che la cosa avrebbe potuto interessarla, almeno ho creduto…

— Venere? — domandò Walton, con un brivido di anticipazione. — Di che si tratta?

— La coltre di nubi ha un aspetto terribilmente bizzarro, signor Walton, terribilmente bizzarro. Ha una luminosità insolita. Sembra addirittura in fiamme, e si muove in una maniera mai vista. Ho radunato tutto il personale dell’osservatorio, per discutere la faccenda, e da quanto abbiamo potuto vedere ci sembra che una reazione a catena atomica sia in corso nell’atmosfera di Venere. Credo che si tratti di quegli uomini che voi di Poppy avete mandato lassù, quelli del “terraforming”. — Fece una pausa, e guardò con aria francamente preoccupata Walton, che si limitò a restituire quello sguardo, e ad ascoltare il resto della notizia. — Io penso che abbiano fatto saltare per aria tutto il pianeta!

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