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Le luci vivide delle telecamere invadevano la stanza. Percy aveva fatto un buon lavoro; c’era un rappresentante per ogni canale televisivo, per ogni giornale, per ogni mezzo d’informazione. Le parole di Walton sarebbero risuonate in tutto il mondo.

Walton era seduto dietro la sua scrivania… seduto, perché avrebbe potuto dare forza maggiore alle sue parole in quella posizione, e anche perché era terribilmente stanco. Sorrise alla batteria di telecamere.

— Buonasera — disse. — Sono Roy Walton, e vi parlo dagli uffici del Piano per il Controllo della Popolazione. Sono stato direttore di Poppy per poco meno di una settimana, e vorrei farvi già un rapporto… un rapporto sui progressi della nostra attività, diciamo.

“Noi di Poppy pensiamo di avere un mandato da voi, il popolo. Dopotutto, è stato il referendum mondiale dell’anno scorso che ha permesso alle Nazioni Unite di farci iniziare il lavoro. E io voglio dirvi come si svolge il lavoro di Poppy, e quali risultati abbiamo ottenuto finora.

“Il nostro scopo è quello di fornire spazio vitale agli esseri umani. Il mondo è grandemente sovrappopolato, con i suoi sette miliardi di abitanti. Il lavoro di Poppy è quello di alleggerire la pressione della popolazione, di distribuire equamente le masse di popolazione del mondo in modo che ogni parte del globo sia occupata equamente; ma questa è solo una parte del nostro lavoro… una parte a breve scadenza e provvisoria. Qui noi facciamo i piani per il futuro. Sappiamo che è impossibile continuare a spostare gente da un capo all’altro della Terra; la cosa non può durare per sempre. Prima o poi ogni centimetro quadrato sarà coperto, e allora dove andremo?

“Voi sapete la risposta. Andremo ‘fuori’. Raggiungeremo le stelle. In questo momento abbiamo delle astronavi che ci possono condurre sui pianeti, ma i pianeti non sono abitabili per gli uomini. Ebbene, noi li ‘renderemo’ abitabili! In questo preciso momento un gruppo di ingegneri si trova su Venere, su quel pianeta rovente, arido, dall’atmosfera venefica. E questo gruppo lotta per trasformare Venere in un pianeta abitabile, con un’atmosfera respirabile. Ce la faranno, questi uomini abili e coraggiosi… ce la faranno, e quando avranno terminato il loro lavoro su Venere, andranno su Marte, sulla Luna, forse anche sui grandi satelliti di Giove e di Saturno. Ci sarà un giorno in cui tutto il Sistema Solare sarà abitabile da Mercurio a Plutone… Almeno così speriamo.”

— Ma anche questo progetto è di breve scadenza — disse Walton. — Ci sarà un giorno… forse tra cento anni, forse tra mille, o tra diecimila… in cui l’intero sistema solare sarà gremito di umanità come lo è oggi la Terra. Dobbiamo prepararci anche a quel giorno. E la “mancanza” di piani e di lungimiranza, da parte dei nostri antenati, che ha reso così difficili le cose oggi. Noi di Poppy non vogliamo ripetere i tragici errori del passato.

“Il mio precedessore, il defunto e compianto direttore FitzMaugham, si rendeva conto di questo problema. Era riuscito a radunare un gruppo di scienziati e di tecnici, un gruppo che ha realizzato un motore interstellare, un’astronave più veloce della luce che può viaggiare da qui alle stelle praticamente senza impiegare tempo, invece che anni e anni e ancora anni, come accadrebbe con i mezzi tecnologici attuali.

“L’astronave è stata costruita e mandata in missione esplorativa. Il direttore FitzMaugham decise di tenere segreto questo fatto. Temeva di suscitare false speranze, nel caso di un fallimento della spedizione.

“La spedizione ‘non’ è stata un insuccesso! Il colonnello Leslie McLeod e i suoi uomini hanno scoperto un pianeta simile alla Terra nel sistema dello stesso Procione. Ho visto fotografie di Nuova Terra, com’è stato ribattezzato il pianeta, e vi posso dire che si tratta di un pianeta magnifico… un pianeta che potrà accogliere i nostri pionieri”.

Walton fece una pausa a effetto, prima di lanciarsi nella parte più importante del suo discorso.

— Sfortunatamente, c’è una razza di creature intelligenti che abitano su un pianeta vicino a questo nuovo mondo. Forse avrete letto le notizie tendenziose, inaccurate e parzialmente errate diffuse dai giornali di oggi, secondo i quali questi esseri stranieri rifiuterebbero di permettere ai terrestri di colonizzare il pianeta. Alcuni hanno chiesto a gran voce una guerra immediata contro questo popolo, i dirnani.

“Devo confermare in parte la notizia diffusa oggi, e cioè il fatto che i dirnani non sono sicuramente ansiosi di avere una colonia terrestre sui pianeti vicini. Per loro noi siamo degli stranieri, e le loro reazioni sono comprensibili. Dopotutto, immaginate che una razza di creature straniere atterri su Marte, e cominci a colonizzare tutto il pianeta vicino… Ci sentiremmo un po’ a disagio, per non dire altro.

“E anche i dirnani sono a disagio. Comunque, io ho convocato un ambasciatore dirnano… il nostro primo contatto diplomatico con delle creature straniere intelligenti!… e spero che l’ambasciatore arriverà tra breve sulla Terra. Penso di convincerlo che, permettendoci di colonizzare il mondo di Procione, la cosa potrà essere di beneficio reciproco.

“Avrò bisogno, però, del vostro aiuto. Se, mentre il nostro ospite straniero sarà qui, egli scoprirà che alcuni terrestri malguidati chiedono a gran voce la guerra contro Dirna, certamente non ci considererà dei possibili vicini molto desiderabili, vicini da accogliere a braccia aperte. Voglio sottolineare l’importanza di questo elemento. Certo, noi potremmo muovere guerra a Dirna per il possesso di Procione VIII. Ma perché diffondere lutti e distruzioni tremendi su due mondi, quando potremmo raggiungere pacificamente la nostra meta?

“È tutto quello che ho da dirvi stasera, popoli del mondo. Spero che rifletterete su quanto vi ho detto. Poppy lavora per ventiquattro ore al giorno solo per voi, ma abbiamo bisogno della vostra collaborazione se dovremo raggiungere i nostri scopi e portare l’umanità alla sua piena maturità. Grazie”.

Le luci si spensero bruscamente, e Walton per un istante rimase accecato. Quando aprì gli occhi di nuovo, vide che i cameramen stavano portando fuori dall’ufficio i loro apparecchi con rapidità ed efficienza. I programmi regolari erano ripresi sui diversi canali… i balletti e le trasmissioni a quiz, i film del terrore e i caleidovortici.

Adesso che il discorso era finito, adesso che la tensione era stata spezzata, Walton provò un momento di amara delusione. Aveva avuto delle grandi speranze, per il suo discorso, ma era riuscito realmente a farsi capire? Ne dubitava.

Sollevò lo sguardo. Lee Percy era davanti a lui. — Roy, posso dire una cosa? — chiese Percy, con diffidenza.

— Avanti — disse Walton.

— Non so quanti milioni io abbia speso per comprarti il tempo del discorso di stasera, ma so una cosa… abbiamo buttato dalla finestra un bel mucchio di denaro.

Walton sospirò, stancamente.

— Perché dici questo?

— Il tuo discorso — disse Percy. — È stato il discorso di un dilettante. Avresti dovuto lasciar fare ai professionisti, Roy, in una situazione simile.

— Credevo che ti fosse piaciuto il discorso improvvisato, quello che ho fatto quando hanno linciato l’herscheliano. Come mai stasera non è andata?

Percy scosse il capo.

— Vedi, il discorso di quel giorno era diverso. C’era dell’emozione; c’era della forza. Ma stasera non sei riuscito assolutamente a farti sentire.

— No?

— Ci scommetto quello che vuoi. — disse Percy, acidamente. — Non puoi ottenere il favore della pubblica opinione, essendo ragionevole. Tu hai fatto un bel discorso ragionevole e onesto, liscio liscio. Gentile… civile. Hai messo tutto sul tavolo, in modo che loro potessero vedere.

— E questo è sbagliato, vero? — Walton chiuse gli occhi per un momento. — Perché?

— Perché non ti ascolteranno mai! Tu hai dato loro un sermone, quando invece avresti dovuto aggredirli! Ragionevolezza e dolcezza! All’inferno! Non puoi essere “dolce” se vuoi vendere il tuo prodotto a sette miliardi di idioti, di deficienti integrali!

— Sono questo? — chiese Walton. — Sono soltanto idioti?

Percy ridacchiò. — Globalmente, lo sono. Da’ loro il pane quotidiano e la stanza in cui vivono, e non se ne fregheranno un accidente di quello che succede nel mondo. FitzMaugham è riuscito a vendere loro Poppy, come sarebbe riuscito a vendere un’auto senza motore. Li ha fregati, in modo che comprassero una cosa che non volevano e alla quale non avevano mai pensato. Il popolo se ne frega, Roy. Basta che mangi. Se non mangia, tutti gli ideali più cretini li indurranno a fare la rivoluzione, per mangiare; ma questo è tutto quello che vogliono.

— Loro avevano “bisogno” di Poppy, che lo volessero o no. Nessuno ha bisogno di un’auto senza motore, invece.

— Allora è una cattiva analogia — disse Percy. — Ma è la verità. Alla gente non importa un accidente di Poppy, se non per quello che li riguarda direttamente. Se avessi detto al popolo che quegli stranieri li avrebbero ammazzati tutti, dal primo al dannato, ultimo idiota della Terra, se non si fossero comportati da buoni vicini, saresti riuscito a convincerli. Ma questa dolcezza e questa onestà… oh, no, Roy. Non funziona, non funzionerà mai, e te ne devi convincere.

— È tutto quello che hai da dirmi? — chiese Walton.

— Penso di sì. Volevo solo mostrarti dove avresti avuto una enorme possibilità di successo, che invece hai lasciato perdere del tutto. Qui noi avremmo potuto aiutarti, se ce lo avessi permesso. Non voglio che tu mi creda in malafede, Roy… non voglio essere né scortese né critico; ma sto solo cercando di aiutarti, devi convincertene.

— Va bene, Lee. Esci.

— Uh?

— Vattene. Va’ a vendere del ghiaccio agli esquimesi. Lasciami solo, vuoi?

— Se vuoi così. Accidenti, Roy, non preoccuparti troppo. Possiamo sempre riparare le cose, prima che questo straniero arrivi sulla Terra. Possiamo diffondere la sostanza del discorso di stasera in maniera così sottile, che la gente non si ricorderà nemmeno…

— Vattene via!

Percy si avviò verso la porta. Fece una pausa sulla soglia e disse: — Sei tutto sottosopra, Roy. Dovresti prendere una pillola, o qualche altro buon rimedio per i tuoi nervi.

Bene, così aveva la sua risposta. La valutazione di un esperto del contenuto e dell’effetto del suo discorso.

Accidenti, lui aveva “tentato” di convincerli. Percy diceva che non c’era riuscito e probabilmente Percy aveva ragione, benché Walton non volesse ammetterlo.

Ma l’atteggiamento di Percy era il solo esistente? Bisognava mentire al popolo, spingerlo come una bestia, bisognava trattare sette miliardi di anime alla stregua di sette miliardi di idioti?

Forse. In quello stesso momento miliardi di esseri umani… gli stessi esseri umani per salvare i quali Walton spendeva tante energie… stavano fissando i caleidovortici sui loro teleschermi. Il loro sguardo si andava facendo fisso e vitreo. Le bocche cominciavano a socchiudersi, ad aprirsi, le guance a piegarsi, le labbra a pendere mollemente, mano a mano che l’ipnosi prodotta dai disegni colorati faceva effetto.

Questa era l’umanità. Gli uomini, tutti gli uomini erano impegnatissimi a dimenticare le cose che avevano appena udito. Che erano stati costretti ad ascoltare. Tutti i paroloni, come “mandato” e “ribattezzato” e “tendenziose”, “inaccurate” e “parzialmente errata” e “distruzione globale”. Tante sillabe spiacevoli e indigeste da spazzare via, con l’aiuto dei vortici di colori cangianti.

E da qualche altra parte, forse, un poeta chiamato Prior stava ascoltando i colpi di tosse di un bambino e cercava di scrivere un poema… un poema che Walton e pochi altri avrebbero letto con emozione e passione, mentre i miliardi e miliardi di uomini l’avrebbero ignorato.

Walton capì che Percy aveva ragione, aveva pienamente ragione: Roy Walton non avrebbe mai potuto vendere Poppy al mondo. Ma FitzMaugham, quel genio astuto e contorto, c’era riuscito. Agitando le mani davanti al pubblico e dicendo “abracadabra”, era riuscito a strappare la loro approvazione prima che si rendessero conto della natura di quello che stavano comprando.

Era stato uno sporco trucco, ma FitzMaugham si era reso conto che bisognava fare così. Qualcuno l’aveva ucciso per questo, ma quando l’aveva ucciso già era stato troppo tardi.

E Walton capì di avere preso la strada sbagliata, cercando di essere ragionevole. La descrizione intelligente che Percy aveva dato dell’umanità, “sette miliardi di idioti”, era scomodamente vicina alla verità. Walton avrebbe dovuto rivolgere il suo appello a un livello molto più sublimale.

Forse, pensò, al livello dei caleidovortici, quegli schemi interminabili di luce colorata che erano la principale forma di divertimento degli Immensi Idioti.

“Arriverò a convincerli” promise. “Non può esserci né dignità né nobiltà nella vita umana, quando tutti sono racchiusi in una scatola di sardine. Così li tratterò come sardine, come le sardine che sono in realtà, e spero di poterli nuovamente trasformare… trasformare negli esseri umani che potrebbero essere se solo ci fosse spazio”.

Si alzò, spense la luce, si preparò ad andarsene. Si chiese se il defunto direttore FitzMaugham si fosse mai trovato di fronte a una crisi interna di questo genere, o se FitzMaugham avesse conosciuto queste grandi verità interiormente fin dall’inizio.

Probabilmente era vera la seconda ipotesi. FitzMaugham era stato un genio, una specie di superuomo. Ma FitzMaugham era morto, e l’uomo che portava avanti il suo lavoro non era certo un genio. Era soltanto un uomo.


Le notizie cominciarono a filtrare il mattino dopo. E le cose andarono come Percy aveva predetto.

Il Citizen era il più virulento. Sotto un titolo cubitale, ma chi ce lo vuol mettere nel… il foglio voleva sapere cosa avesse tentato di dire al mondo il direttore di Poppy “dalla lingua mielata” la sera prima. Non ne erano ben certi, dato che Walton, secondo il Citizen, aveva parlato in una “prosa ingarbugliata e padronale, scelta a bella posta per infinocchiare la massa dei cittadini e dei lavoratori”. Ma l’impressione generale era che Walton avesse proposto una specie di resa ai dirnani con l’intenzione più o meno scoperta di vendere la Terra e i suoi cittadini a “oscuri interessi”.

L’idea della capitolazione prevaleva in quasi tutti i giornali popolari.

“Dietro una nube di parole, lo zar di Poppy, Walton, ha deciso di vendere tutto il mondo all’ingrosso ai pelliverdi” diceva un giornale. “Il suo discorso di ieri sera era una massa di parole senza senso. Le sue chiacchiere da ‘santificetur’ e il suo viso torvo avrebbero dovuto dimostrare qualcosa, ma non ci facciamo fregare… e neppure tu fatti fregare, amico!”

I commentatori televisivi erano un po’ più gentili, ma non troppo. Uno chiedeva una indagine completa sulla situazione dei rapporti tra la Terra e Dirna. Un altro voleva sapere perché Walton, un direttore provvisorio di un progetto ufficiale, si era preso la libertà di intavolare simili trattative ad alto livello. Le Nazioni Unite parevano un po’ preoccupate di questo particolare, benché Ludwig avesse fatto un discorso appassionato nel quale si dimostrava che le trattative con i dirnani facevano parte dei compiti di competenza di Poppy.

Questo provocò un nuovo pandemonio. “Quanto potere ha Walton?” domandò il Citizen in una edizione successiva. “È il padrone del mondo? E se lo fosse, allora, chi diavolo accidenti è questo Walton?”

Questo colpì Walton più di tutti gli altri colpi. Gradualmente si era reso conto di controllare, in realtà, una somma di cose che gli davano poteri dittatoriali su tutto il mondo. Ma non l’aveva ancora ammesso di fronte a se stesso, e venirne accusato pubblicamente faceva male.

Una cosa era chiara: il suo tentativo di essere sincero e chiaro era stato un fallimento totale. Il mondo era abituato ai sotterfugi e alle esibizioni pirotecniche degli equilibrismi verbali, e quando non gli veniva fornito il genere che si aspettava di ricevere, cominciava a insospettirsi. La sincerità non aveva alcun valore di mercato. Presentandosi al pubblico e facendo un appello diretto, Walton aveva fatto nascere il sospetto di tenere qualcosa nascosto nella manica.

Quando la terza edizione del Citizen chiese pubblicamente una dichiarazione di guerra contro Dirna, Walton si rese conto che era venuto il momento di piantarla di giocare un gioco pulito. Da quel momento in avanti, sarebbe andato per la sua strada, a qualsiasi costo.

Strappò un foglio di carta dal suo blocco d’appunti e scrisse un breve motto: “Il fine giustifica i mezzi”!

Con questo motto come guida, si preparò a iniziare il lavoro.

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