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Walton scese dal jetbus all’angolo tra Broadway e la 382.ma Ovest, si fermò un momento sotto un lampione stradale, e si toccò il mento, per controllare se la maschera era sistemata nella maniera giusta. Lo era.

Tre giovani stavano a oziare, con la schiena appoggiata al muro di un edificio vicino.

— Sapete dirmi dove si svolge il consiglio di quartiere? — domandò Walton.

— In fondo alla strada, poi a sinistra. Lei è un giornalista?

— Solo un cittadino interessato — spiegò Walton. — Grazie per l’informazione.

Era facile capire dove si teneva il consiglio di quartiere; Walton vide fiumane di uomini e donne dall’aria decisa entrare in un vecchio edificio massiccio proprio all’angolo della 382.ma Ovest. Si unì alla corrente e si ritrovò trascinato nel salone.

Nervosamente, cercò e trovò un posto. Il salone era vecchio, cupo e cavernoso, con file e file di vecchie sedie di legno duro e scomodo. Qualcuno stava regolando un microfono sul palco. Si udì un ronzio metallico lamentoso nel sistema degli altoparlanti.

— Prova. Prova, uno due tre.

— Va benissimo, Max! — gridò qualcuno, dal fondo. Walton non si voltò a guardare.

Un mormorio continuo, sommesso, veniva costantemente dalla folla. Erano solo le diciotto e quindici; la riunione non sarebbe cominciata che tra quindici minuti, ma il salone era strapieno, c’erano già più di mille abitanti del quartiere.

I quindici minuti passarono lentamente. Walton ascoltò attentamente le conversazioni intorno a lui; nessuno discuteva della situazione su Venere. Apparentemente la censura aveva funzionato. Aveva avvertito Percy di nascondere qualsiasi notizia del disastro al pubblico fino ai notiziari delle ventuno. Alle ventuno il popolo avrebbe già subito l’indottrinamento dei caleidovortici delle 20, e la reazione sarebbe stata di conseguenza più moderata… per lo meno lo sperava.

Inoltre diffondendo la notizia prima della prova che Walton cercava di fare, partecipando al consiglio di quartiere, sarebbe stata ulteriormente complicato. L’Indice della Pubblica Confusione aumentava con il numero dei fattori; un argomento di discussione in più, e il compito di Walton sarebbe stato assolutamente disperato.

Alle diciotto e trenta precise un uomo alto, di mezza età, salì sul palco. Prese il microfono e disse: — Salve, gente. Lieto di vedervi tutti qui, stasera. Questa riunione è molto importante per tutti noi. Nel caso che qualcuno di voi non mi conosca… e vedo delle facce nuove tra voi… mi presento subito. Sono Dave Eorman, presidente del consiglio di quartiere della 382.ma Ovest. Ho anche un piccolo studio legale, così, che mi serve per pagare l’affitto. (Risatine.)

— Come nostra abitudine in queste riunioni — proseguì Forman — faremo una piccola discussione, diciamo una tavola rotonda sul palco, e poi la discussione sarà aperta a tutti. I partecipanti alla tavola rotonda di oggi sono persone che tutti conoscete. Sadie Hargreave, Dominic Campobello, Rudi Steinfeld. Venite, gente.

I partecipanti alla tavola rotonda (che non era affatto una tavola rotonda, pensò Walton) si presentarono sul palco con aria diffidente. Sadie Hargreave era una donna piccola, robusta, dall’aria battagliera; Campobello era grassoccio e semicalvo. Steinfeld alto e ascetico. Walton si sorprese dello spirito cameratesco che regnava in quella sala. Era tutto artificiale? Non gli sembrava. Strano davvero.

Era sempre rimasto isolato, senza preoccuparsi mai dei suoi vicini, senza mai sospettare l’esistenza di una vita di comunità su scala così vasta. Ma, chissà come, la vita di comunità era nata nella più gigantesca delle città del mondo. Erano sorte delle comunità in ogni quartiere, perfino in ogni isolato, che avevano trasformato New York in una rete unitissima di piccole città. “Dovrei investigare alla radice più spesso” pensò Walton. “Il califfo Haroun-al-Raschid che va a passare una notte in città”.

— Salute, gente — disse Sadie Hargreave in tono bellicoso. — Sono felice di potervi parlare stasera. Accidenti, voglio parlare, e parlare chiaro. Credo che sia pazzesco lasciare quei cosi dello spazio liberi di prenderci per i fondelli. Io sono la prima a pensare che dovremmo intraprendere qualche azione forte nei confronti di quella gente dello spazio.

Il pubblico esplose in una serie di: — Sì! Sì! Hai detto bene, Sadie!

Abilmente, Sadie presentò tre argomenti in favore della guerra contro Dirna, in tono infiammatorio, dispiegando una violenza polemica e uno spirito che fecero aumentare a ogni istante l’ammirazione di Walton. La donna era una specialista nata nel campo delle pubbliche relazioni. Era un vero peccato che si trovasse dall’altra parte della barricata.

Vide l’effetto prodotto dalle parole della donna: la gente annuiva, trovandosi d’accordo, facendo violente smorfie di approvazione, brontolando parole di fuoco contro Poppy e contro i dirnani. L’assemblea era nettamente favorevole alla guerra contro Dirna, se i dirnani non cedevano Nuova Terra; il favore per questa tesi si avvicinava certamente al novantanove per cento.

Dominic Campobello cominciò il suo discorso invitando tutti i presenti nel suo negozio di barbiere; questo invito fu accolto con una salva di risate. Poi si lanciò in un discorso nel quale Poppy veniva presentata come nemica dell’umanità. Ci furono alcune disapprovazioni, notò Walton, ma le approvazioni erano in una maggioranza davvero schiacciante. Campobello pareva sincero nelle sue convinzioni.

Il terzo uomo, Rudi Steinfeld, era un insegnante di musica. Anche lui parlò contro Poppy, però in una maniera contenuta e asciuttamente intellettuale. La gente cominciò a sbadigliare. Steinfeld tagliò corto.

Erano le diciannove precise. Tra un’ora il programma di caleidovortici di Percy avrebbe avuto inizio.

Walton rimase alla riunione del consiglio di quartiere fino alle diciannove e trenta, ascoltanto i cittadini che, uno dopo l’altro, si alzavano a scagliare cupe maledizioni contro Poppy, contro Dirna o contro Walton, a seconda del destinatario delle collere particolari degli oratori. Alle diciannove e trenta Walton si alzò e lasciò la sala.

Chiamò Percy al visifono: — Sono nella 382.ma Ovest. Ho appena assistito a un consiglio di quartiere. Direi che l’atteggiamento prevalente è nella misura del 90 per cento contro di noi. Forse sono stato limitato, nella valutazione. Non abbiamo più il popolo dalla nostra parte, Lee.

— Non l’abbiamo mai avuto, se è per questo. Ma credo che riusciremo a convincerli. I caleidovortici stanno per cominciare, e sono un vero gioiello. E credo che anche il Citizen porterà acqua al nostro mulino! Siamo sulla strada della vittoria, Roy.

— Lo spero — disse Walton.

Non riuscì ad assistere al programma di Percy, benché quella sera avesse raggiunto in tempo la sua stanza. Sapeva che a guardare non ci sarebbe stato alcun male… per lo meno per lui… ma l’idea di sottomettere volontariamente la sua mente a un’influenza esterna era troppo ripugnante per essere accettata consciamente.

Decise di trascorrere l’ora dettando un rapporto sulla riunione del consiglio di quartiere, a beneficio del gruppo destinato al sondaggio di opinione. Quando ebbe terminato questo lavoro, si rivolse all’edizione delle ventuno del Citizen che uscì dalla fessura nella parete all’ora precisa.

Fu costretto a cercare la notizia del disastro su Venere per diverso tempo, prima di trovarla. E finalmente la trovò, seminascosta in fondo a una pagina.


INCIDENTE SU VENERE

Un grosso “bum” è avvenuto su Venere oggi. Astronomi che hanno visto il patapanf dicono che è stato causato da un’esplosione atomica nell’atmosfera del pianeta. Nel frattempo, si fanno dei tentativi per raggiungere la squadra dei tecnici terrestri al lavoro su Venere. Finora nessuna notizia. Si teme che siano morti.


Walton ridacchiò. “Si teme che siano morti”, davvero! Ormai Lang e la sua squadra, e anche la missione di soccorso, erano morti sotto fiumane di formaldeide radioattiva, e Venere era diventato un inferno fiammeggiante dieci volte meno abitabile di quanto non fosse stato prima.

Percy aveva camuffato in maniera superba la notizia. Per prima cosa, aveva accuratamente evitato di collegare Lang a Poppy, sotto qualsiasi forma o aspetto. Era già una caratteristica notevole. Sarebbe stato assurdo identificare Poppy, di fronte all’opinione pubblica, con disastri o fiaschi di qualsiasi tipo.

Inoltre, il lieve risalto dato al pezzo suggeriva l’idea che si fosse trattato di un fenomeno naturale, un fenomeno che aveva fatto “saltare” Venere senza che i terrestri avessero alcuna responsabilità dell’accaduto. Ottimo, ottimo lavoro.

Walton si sentiva allegro. Dormì profondamente, sapendo che la coscienza pubblica veniva opportunamente modellata.


Alle nove del mattino dopo, quando arrivò in ufficio, quelli del sondaggio di opinione avevano preparato un rapporto, che risaliva a qualche ora prima, nel quale si notava un mutamento della pubblica opinione, con uno spostamento del 10 per cento in favore di Poppy. I dati, essendo riferiti alle primissime ore della mattinata, erano già abbastanza indicativi. Alle dieci uscì il Citizen in edizione straordinaria che annunciava come le prospettive per un’occupazione pacifica di Nuova Terra apparissero eccellenti. L’editoriale lodava ampiamente Walton. La pagina delle lettere al direttore, lettere accuratamente fabbricate da Lee Percy, mostrava un evidentissimo mutamento di opinione.

La corrente continuò a seguire il suo corso, ed era un corso contagioso. Alle undici, quando Walton lasciò il Cullen Building e prese un jetcottero per raggiungere il palazzo delle Nazioni Unite, l’opinione pubblica si era rivolta quasi unanimemente in favore di Poppy.

— Hanno cominciato presto — disse Ludwig. — La riunione è in corso dalle dieci.

— Come vanno le cose?

— Sono perplesso, Roy. Un paio di testardi duri a morire stanno chiedendo la sua testa, ma lei sta ricevendo aiuto da quartieri inaspettati. Il vecchio Mogens Snorreson della Danimarca si è alzato, improvvisamente, e ha detto che era necessario, per la salvezza dell’umanità, che noi le dessimo l’incarico permanente di direttore di Poppy,

— Snorreson? Ma non era quello che mi voleva addirittura processare per tradimento?

Ludwig annuì.

— È proprio quello che voglio dire. Il clima sta cambiando, sta definitivamente cambiando. Lei è sulla cresta dell’onda, Roy. Da come stanno adesso le cose, lei potrebbe anche ritrovarsi con un incarico a vita.

Entrarono nella gigantesca sala dell’Assemblea. Sulla piattaforma, un uomo dalla faccia nera e dai denti candidi stava parlando animatamente.

— Chi è quello? — mormorò Walton.

— Malcolm Nbono, il delegato del Ghana. La considera una specie di santo dei nostri giorni.

Walton sedette in un posto, e disse: — Ascoltiamo da qui, prima di scendere. Voglio riprendere fiato.

Il giovane delegato del Ghana stava dicendo: — …i momenti di crisi sono comuni nella storia dell’umanità. Molti anni fa, quando il mio popolo è uscito dallo stato coloniale e ha conquistato l’indipendenza, abbiamo appreso che i negoziati lunghi e faticosi e le conferenze di pace sono infinitamente più efficaci degli attacchi frontali e dei metodi violenti. A mio avviso, Roy Walton è un grande, immenso profeta di questa nobile filosofia. Uomo di nobili sentimenti, di profonde virtù morali, egli si erge nella storia del nostro tempo con il manto dei profeti e dei santi, e ci guida con la sua saggezza sulla strada del benessere e della vera giustizia. Per questo chiedo la sua elezione a direttore del Piano per il Controllo della Popolazione.

Un uomo enorme e barbuto che si trovava a destra di Nbono gridò: — Bravo! — a questo punto, e aggiunse numerosi robusti rafforzativi in scandinavo.

— Quello è il buon vecchio Mogens. Il danese è davvero dalla sua parte, stamattina!

— Deve aver assistito ai caleidovortici, ieri sera — mormorò Walton.

Il delegato del Ghana concluse, in tono spezzato e commosso, lodando ulteriormente Walton. Gli occhi di Walton si inumidirono lievemente; non si era mai reso conto di essere un santo. Nbono concluse con un’ultima lode, e sedette.

— Va bene — disse Walton. — Scendiamo.

Fecero un ingresso trionfale. Ludwig prese posto dietro l’insegna luminosa che diceva “Stati Uniti”, e Walton sedette nel posto libero, alla destra di Ludwig. Si notò un improvviso mormorio di interesse, e qualche breve applauso venne dal settore del pubblico, subito soffocato dai commessi.

Il segretario generale presiedeva l’assemblea… era Lars Magnusson, svedese.

— Vedo che il signor Walton di Poppy è già arrivato — commentò. — Con una risoluzione approvata ieri all’unanimità, abbiamo invitato il signor Walton, questa mattina, a presentarsi a noi con un breve discorso. Signor Walton, desidera parlare, ora?

— Grazie infinite — disse Walton. Si alzò.

I delegati lo fissavano con grande interesse… e, dietro di loro, nascoste dalle luci vivide delle telecamere, avvertiva la presenza invisibile di migliaia e migliaia di persone, una moltitudine di spettatori che assistevano dalle gallerie amplissime a quel momento cruciale.

Spettatori che avevano assistito anche ai caleidovortici di Percy, la sera prima, evidentemente. Una travolgente marea di applausi sommerse Walton. “È troppo facile” pensò. “Quel programma di caleidovortici sembra che abbia ipnotizzato tutti!”

Si inumidì le labbra.

— Signor Segretario Generale, membri dell’Assemblea, amici: vi sono molto grato per questa opportunità di presentarmi a voi per parlare a mio favore. So che state per scegliere un successore permanente al compianto signor FitzMaugham, e che questa decisione avverrà oggi stesso. Mi offro come candidato.

Aveva progettato un lungo discorso obiettivo, logico, ricco di sottigliezze stilistiche e verbali, per convincerli, ma gli avvenimenti della mattina l’avevano convinto dell’inutilità di una cosa del genere. I caleidovortici avevano lavorato per lui.

— Le mie referenze per il posto che si deve attribuire dovrebbero essere evidenti a tutti. Ho lavorato con il compianto direttore FitzMaugham nei giorni in cui Poppy è nata e si è sviluppata. Dopo la sua morte ho preso il suo posto e negli otto giorni intercorsi tra il delitto e oggi ho fatto proseguire con successo le operazioni del Piano.

“Ci sono inoltre delle circostanze speciali che impongono tassativamente la mia presenza nella posizione da me occupata fino a oggi. Forse siete al corrente dell’insuccesso del nostro esperimento di ‘terraforming’… la distruzione del nostro avamposto su Venere, e il danno permanente arrecato al pianeta. Il fallimento di questo progetto rende imperativo il raggiungimento delle stelle lontane, per risolvere l’attuale crisi di sovrappopolazione”. Tirò un profondo sospiro.

— Tra quattro ore esatte — disse — Il rappresentante di una razza straniera giungerà sulla Terra per conferire con il direttore di Poppy. Non è il caso che sottolinei con troppa insistenza l’opportunità di mantenere una continuità di pensiero e di azioni nel nostro Piano. Francamente, è essenziale che sia “io” l’uomo che tratterà con lo straniero. Chiedo il vostro appoggio e la vostra approvazione. Grazie.

Si rimise a sedere. Ludwig lo fissava a occhi aperti, spaventato.

— Roy! Ma che razza di discorso è stato il suo? Non può semplicemente “chiedere” il posto! Doveva dare qualche motivo! Doveva…

— Zitto — disse Walton. — Non si preoccupi. Ha visto i caleidovortici, ieri sera?

— Io? Naturalmente no!

Walton sorrise.

— Loro sì — disse, indicando gli altri delegati. — Io non sono affatto preoccupato.

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