28. 24 MARZO 1958

In determinate condizioni di atmosfera, di ora e di luce possiamo vedere anche a occhio nudo i tre piccoli satelliti artificiali che l'uomo lanciò dalla Terra verso gli spazi interplanetari dal 1955 al 1958; e ivi sono rimasti appesi, presumibilmente per sempre, girando girando intorno a noi. In certi crepuscoli d'inverno quando l'aria è come cristallo, tre minuscoli punti brillano, di un fisso e corrucciato splendore; due vicini che quasi si toccano, uno più in là, solitario. Ma se prendiamo un buon binocolo, o un cannocchiale a forte ingrandimento, li possiamo osservare molto meglio, quasi come degli aeroplani che volino a discreta altezza. (Disteso sulla sedia a sdraio nell'atrio della sua casa di campagna, il vecchio Forrest, l'uomo che li ideò e li volle, ormai ottuagenario, consuma nella loro attesa le sue insonni notti di asma. E quando il primo dei tre sbuca dal ciglio nero del cornicione, egli si porta dinanzi all'occhio il piccolo telescopio sospeso a uno speciale supporto elastico, e guarda, guarda, per ore.)

Ecco il primo, denominato " Hope " per la speranza che in quel settembre memorabile riempì l'intero genere umano, facendogli dimenticare le malvagità di cui si consumavano i suoi giorni (eppure era uno scopo odioso, una inconfessata avidità di dominio che lo proiettò, con un lungo sibilo, a picco verso lo zenit, facendo voltare in su contemporaneamente le facce dei trecentomila uomini riuniti nelle White Sands, alle ore 4:53 del mattino). A vederlo così da lontano " Hope " ha la forma di una tozza matita, il suo colore è d'argento, che scintilla nella parte illuminata lasciando la restante nel buio. Se ne sta tutto sghembo, cosicché sembra proprio che sia rimasto là appeso; appeso, dimenticato e morto. Ma occorre sempre uno sforzo d'immaginazione per convincersi che nel suo interno stanno i corpi di William B. Burkington, Ernst Shapiro e Bernard Morgan, gli eroi vogliamo dire, i pionieri, i quali ininterrottamente girano, e sono già passati venti anni!

Vicinissimo è il satellite maggiore, secondo in ordine di tempo: grosso almeno quattro volte il primo; liscio, bellissimo, a forma di uovo, di un favoloso colore arancione. Verso la coda si intravedono come tante uniformi canne d'organo; i tubi per i razzi ho sentito dire. Esso è denominato " L. E. " sigla che significa Lois Egg, in italiano l'uovo di Lois: ciò in onore di Mrs. Lois Berger, la moglie amata del costruttore, partita con lui, con lui rimasta lassù, a girare, girare eternamente; e non dovremmo qui dimenticare i loro sette compagni.

Poi spostiamo il cannocchiale di 24 gradi e incontriamo il terzo, " Faith ", terzo anche in ordine di tempo. Fu battezzato così per significare la fede che sorreggeva gli uomini a ritentare ciò che agli altri non era riuscito. Esso ha una sagoma simile a quella di " Hope ", solo che è alquanto più grande. Colorato a strisce gialle e nere che si distinguono benissimo anche oggi; e proprio quelle strisce più di ogni altra cosa ci persuadono che a costruirlo siamo stati noi, e non è l'errabondo frammento di qualche ignoto cataclisma siderale. " Faith " partì con cinque uomini: Palmer, Sough, Lasalle, Cosentino, Thompson i loro nomi. In cinque diversi cimiteri, sparsi sul nostro piccolo mondo, cinque tombe vuote aspettano; ma essi continuano a girare, probabilmente incorrotti; l'ultima umanità sarà estinta e loro gireranno ancora.

24 marzo 1958 è la terribile data di questa terza ascensione. Essa non è celebrata come festa nazionale e anche gli anniversari passano in sordina come se avessimo paura di sottolinearli. Pure nei libri di scuola se ne fa solo un fugace accenno. Eppure né Zama né Valmy, né Kulikovo né Waterloo, né la scoperta dell'America né la rivoluzione francese possono starle alla pari (se mai, si può forse confrontarla con la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo). Da allora – oh, anch'io mi ricordo come si viveva una volta – gli uomini sono cambiati: diversi i pensieri, il lavoro, i desideri, i costumi, i divertimenti, L'amore. Senza confessarlo a se stessa per una specie di vergogna, la gente ha preso un'altra strada. Meglio o peggio? Ma non c'è bisogno di chiederlo, basta guardarsi intorno, ascoltare i discorsi, osservare le azioni che si compiono in questo anno di grazia 1975. (Però il vecchio Forrest, inchiodato nel letto, non si stanca, se la notte è limpida, di contemplare i tre bizzarri veicoli, si direbbe lo roda una sorta di ribellione contro ciò che è avvenuto, una protesta contro la scoperta fatale che ha cambiato la nostra vita.)

Ricordate? " Hope " era provvisto di potenti apparecchi radio. Perfetta la partenza, perfetta la traiettoria, il viaggio fu controllato dal basso con assoluta precisione metrica. A un tratto fu visto inclinarsi, assumere quella buffa posa sghemba, rimase là come una candelina appesa male all'albero di Natale. Non un messaggio, non un segno di vita. Tutto fu suggellato dal silenzio.

" Faith " e " L. E. " nacquero in gara, dissipato che fu il primo scoraggiamento. Tra i due fece più presto " L. E. ". Il pensiero dei tre morti, sepolti nel vuoto interplanetario, accrebbe la solennità della cerimonia. Partì nel novembre 1957 e si calcolò la traiettoria in modo che passasse nelle vicinanze di " Hope ", quell'inerte rudere dei cieli. La signora Lois Berger fu l'ultima a entrare nel proiettile razzo. E prima che il portello metallico si chiudesse definitivamente, ella sporse la testa graziosa salutando la folla in delirio. Seguì la vampa, il rigurgito atomico, quel lugubre rombo che non dimenticheremo. Già l' " Uovo " era una minuscola fiammella che si faceva più piccola a ogni istante. " Tutto bene " comunicò subito la radio di bordo " scossa minima, temperatura regolare… temperatura regolare " ripeté dopo un certo tempo. Quindi venne il misterioso messaggio: " What a sound che rumore " segnalò la radio " an odd… uno strano… " e qui la trasmissione fu interrotta. Poi il silenzio. E il coraggioso uovo restò sospeso sull'abisso (e gira gira silenziosamente sopra la Terra ancora viva).

Non bastò questa mortale esperienza a impedire la terza spedizione. Occorre raccontare come " Faith " prese il volo quattro mesi dopo? E come anch'esso divorò gli spazi esattamente come era stato previsto? E come il Thompson, radiooperatore, comunicasse per telefonia le prime notizie, e come a un certo punto egli dicesse: " Damm it but here we have got in…! " e poi basta? (Ci sono se li volete, in vendita, i dischi che riproducono tale e quale la famosa telefonata. La voce è limpida e tranquilla anche là dove esclama: " Accidenti, ma qui noi siamo capitati in…! ". E poi si ode il fruscio della puntina, nient'altro che uno spaventoso silenzio.)

Adesso, dopo diciassette anni, solo pochi caparbi si ostinano a discutere sul significato di quei due messaggi di morte. Se il primo parve indecifrabile, a capire il secondo bastarono meno di 24 ore; e insieme fu svelato anche l'enigma che l' " Uovo " aveva lasciato, dietro di sé. Cosicché nessuno più oggi dubita – tranne pochi irriducibili caparbi che vorrebbero tener alto l'orgoglio umano – nessuno più dubita che i tre proiettili siano stati investiti dal suono a cui la nostra povera anima non resiste. " An odd music, strana musica " voleva dire il marconista del " L. E. "; ma proprio allora il suo cuore si spaccò. " But here we have got in Paradise, ma qui noi siamo capitati nel Paradiso! " voleva dire il compianto Thompson però anche a lui qualcosa di vitale restò frantumato.

Allora nel mondo ci fu per alcuni giorni smarrimento, quindi polemiche, una specie di ira insensata, un lungo e circostanziato messaggio del Presidente degli Stati Uniti, infine, come ci ebbero pensato su, un vero e proprio panico, quasi fosse stato annunciato l'arrivo del Messia. Che volgarità – dissero gli scienziati ribellandosi all'assurda ipotesi – non siamo più nel Medioevo! Vergogna! dissero i teologi offesi dalla temeraria idea che il regno dei cieli fosse così vicino, sospeso proprio sopra di noi, cosicché alzando la testa possiamo quasi urtarci dentro. Scienziati e teologi hanno però finito per tacere e da un pezzo non osano fare più fracasso.

Ma il male è questo; che gli uomini, anziché giubilare per la meravigliosa vicinanza di Dio, dell'Onnipotente e del suo Regno, anziché fare feste e tripudi, hanno smarrito la gioia di vivere. Non si combattono nemmeno più, non si odiano neppure; e allora ci si domanda: dov'è il sale della vita? È stato detto dall'Eterno: di qua non passerete, questa è casa mia. E di conseguenza la Terra è diventata grande come una nocciola, una contristante prigione da cui non potremo più fuggire. L'uomo è triste. Mai come ora egli ha fissato gli sguardi nelle profondità delle valli dell'eternità, smarrendosi nel formicolio degli astri. Perfino la Luna, che un tempo pareva una cosa nostra, ha riacquistato la severa maestà delle montagne inaccessibili. Schiere trasparenti di Beati finalmente lo sappiamo – fluttuano sopra di noi cantando (e credevamo che Dante Alighieri avesse inventato tutto di sana pianta!).

Dovremmo essere orgogliosi: la casa degli Angeli è stabilita alla nostra periferia, proprio alle porte del vecchio maligno pianeta Terra, pulce delle pulci disseminate nell'Universo. Non è forse una testimonianza che siamo i prediletti fra le creature? Ho invece l'impressione che in certo modo oscuro tutti noi siamo rimasti offesi: come il cagnolino randagio che si sente padrone della vita fin che non si vede vicino il formidabile danese di gran razza; oppure anche come il pitocco a cui la gioia del pasto vien meno se accanto a lui si vede il satrapo ingioiellato; oppure anche come il bifolco che un giorno si è accorto che subito dietro il boschetto, a cento passi dal suo tugurio, il re ha costruito il suo palazzo. Inoltre c'è il mortale pericolo di questa musica divina. Suonano e cantano, lassù. E non esiste involucro grosso abbastanza – fosse anche spesso come la muraglia cinese – che possa chiudere il varco a quelle note, più belle di quanto noi possiamo sopportare.

Di qui i rimpianti del vecchio Forrest nelle sue faticose notti di asma, sdraiato nella veranda all'aperto. Di qui pure la nostra afflizione. Perché quella è la Rocca del Cielo, il Regno del Trionfo Eterno, l'Empireo, il Divino Eliseo. Ma è anche l'ultima nostra frontiera, che ci sbarra la strada; e non siamo uomini vivi! Diciamo, con sincerità: una cupola di ferro e macigno non potrebbe essere più pesante (più pesante del Paradiso). È bestemmiare questo?

Загрузка...