44. DUE PESI DUE MISURE

Beniamino Farren, giornalista, sedette sul divano, si mise sulle ginocchia la macchina per scrivere portatile, infilò nel rullo un foglio bianco, accese la pipa e sorridendo scrisse: Al Direttore del New Globe. Illustre Signore,

sia permesso a un vecchio e affezionato lettore del quotidiano ch'Ella dirige con polso fermo e così illuminata sensibilità, di esprimere la sua modesta opinione, a ciò indotto unicamente dal desiderio di portare un sia pur minimo contributo all'opera da Lei con tanta fede intrapresa. Da qualche tempo sul New Globe compaiono articoli di vario argomento a firma di tale George Mac Namara. Non so chi sia costui né quali titoli vanti per poter collaborare a quello che a buon diritto è ritenuto il più serio e autorevole foglio del nostro Paese. Ebbene, non sono io il solo a giudicare – poiché molte persone, anche di posizione elevata e vasta cultura si sono manifestate con me del medesimo parere che tali scritti mal si accordino col livello di dignità giornalistica e letteraria che del New Globe è la più nobile e apprezzata caratteristica. La banalità, l'infelice continuo sforzo di umorismo, le lungaggini, le inesattezze… eccetera, eccetera.

Scrisse un paio di facciate: arrivato in fondo firmò: " Un devoto amico ". Piegò il foglio, lo mise in una busta, scrisse l'indirizzo, attaccò il francobollo, prese cappello e ombrello, uscì di casa, imbucò la lettera.

Poi lentamente assaporando il mite crepuscolo d'estate, raggiunse la sede del New Globe.

" Buonasera, signor Farren " salutò il portiere con rispetto. " Buonasera, Gerolamo " rispose bonariamente Farren.

Al primo piano, incontrò nel corridoio Mac Namara. " Ciao, vecchio pirata! " gli disse battendogli una mano su una spalla. " Mica male sai quel tuo pezzo di ieri! Proprio in gamba. " Il giovane Mac Namara balbettò un grazie, arrossendo.

" Che c'è di nuovo questa sera? " domandò Farren appena entrato nella sala della cronaca. " Niente di speciale " disse il suo vice " l'inaugurazione della mostra tessile, una piccola rapina, un sequestro di stupefacenti. " " Ancora marijuana? " " No, stavolta coca. " " Arresti? " " No l'hanno fatta franca. " " Beh, due righette comme-il-faut non guasteranno! Una gentile strigliata al signor capo della polizia, a scopo revulsivo! "

Si fece portare la notizia, sogghignò, si tolse la giacca, sedette aìla macchina per scrivere, riaccese la pipa, cominciò:

Non poche deficienze, è vero, si lamentano quasi quotidianamente a proposito dei Servizi pubblici – e qui Farren ridacchiò assaporando il proprio sarcasmo – ma sarebbe veramente ingiusto chi deplorasse negligenze nella fornitura di stupefacenti. No, signori. La nostra città potrebbe vantare, ammesso che sia pensabile un vanto di tal genere, un primato nazionale nel commercio delle turpi droghe! È mortificante constatarlo, mentre il probo cittadino dopo una giornata di onesto e proficuo lavoro dorme il sonno del giusto, c'è chi, uscito dai sinistri covi del vizio, diffonde veleno e corruzione. Non è questa la più spregevole forma di delinquenza? Non è un tradimento alla comunità degli uomini per bene? Non equivale a una pugnalata nella schiena? Non è legittimo quindi da parte nostra invocare dalle autorità un controllo più efficiente e sanzioni più energiche? eccetera, eccetera. " Ferma! Ferma! " gridò all'autista la signora Franca Amabili (cascami di seta). La stupenda Bentley grigia fu bloccata con molli dondolii. La signora giovanilmente scese e affrontò il carrettiere fermo sul ciglio della strada. " Non ti vergogni? È questo il modo di bastonare una povera bestia che non si regge neanche in piedi? Mascalzone! " " Ma non si vuol muovere " rispose il carrettiere dando col manico della frusta un colpo supplementare nelle costole del mulo. " Ah, non si vuol muovere? " fece la donna. " Io sono della Zoofila. Ti muoverai ben tu, adesso! " " Ma non vede come sta là duro? " protestò l'uomo, per giustificarsi, quell'intervento inaspettato e incomprensibile non lasciandogli presagire nulla di buono.

" Su, come ti chiami? ". E Franca Amabili trasse dalla borsetta il taccuino. Glielo avrebbe fatto insegnare lei, a quel tanghero, come si trattano le bestie!

Un'ora dopo, col marito e un'amica, sedeva a un ristorante. " Due crevettes per cominciare? " suggerì il maЊtre, insinuante. " O una fettina di salmone affumicato? " " Una buona idea, sì. Per me salmone " approvò la signora Franca. (Tratto di schianto fuori dall'acqua gelida dove rincorreva felice i suoi compagni, il salmone si guardò intorno con candida stupefazione, boccheggiando. " Perdio, questo passa il mezzo quintale " giubilò il pescatore. " Tu, Ernest, aiutami, da solo non ce la faccio proprio. " Berciando, scaraventarono la preda nella barca; dove a lungo il pesce si dibatté nell'angoscia dell'asfissia, i suoi occhi mandando una preghiera estrema; e l'esiguo pensiero del salmone volò fino a un lago rupestre, chissà dove, sotto i candidi colonnati dei ghiacciai.)

" E per dopo? " chiese il maЊtre con accentuata unzione, sollevando la matita dal carnet.

" Io non ho gran fame " disse Franca Amabili. " Mi porti un consommé, poi una semplice paillarde, tenera mi raccomando. " (Il vitellino, ormai terrorizzato, volse la testa indietro cercando una figura amica ma intorno non c'erano che altre bestie come lui impazzite in un caotico coro di muggiti, di sordi colpi e rauche voci umane. Un ferro gli pestò selvaggiamente il muso, rivoltandogli la testa. Cercò di fuggire, qualcosa lo attanagliò e lo tenne fermo. Un'ombra nera avvicinantesi. Odor di sangue. Belò Con violenza demonìaca una colonna di fuoco gli trapassò il cervello.) " Adesso voglio farvi ridere " disse ancora donna Franca. " Stamattina me n'è toccata una! Sai, Giulio dove c'è quel bivio prima del passaggio a livello? C'era un carrettiere, un bruto… "

Sei sette uomini, scavando con vanghe e picccni, riuscirono finalmente a trovare nottetempo il cunicolo sotterraneo che menava alla tomba del re; nella quale penetrarono, trovandovi i tesori.

Mentre stavano saccheggiando, fu dato l'allarme. E allorché, carichi di arredi d'oro massiccio, uscirono all'aperto c'era ad attenderli una compatta schiera. Venne il boia. E i primi raggi del sole illuminarono, sulle rosate sabbie, sei sette teste sparse qua e là nel sangue.

Dio Onnipotente dalla suprema vetta dei Cieli guardò in giù Vide. Chiuse le palpebre per un breve istante.

Come Egli riaprì gli occhi – quanto tempo era passato? L'istante, il battito di palpebre del Sommo Iddio a quanti anni corrisponde, secoli, millenni? – un altro drappello pure armato di picconi e vanghe, si affannava ad aprire l'ingresso del cunicolo segreto. Era profonda notte, la divina luna illuminava dolcemente le pietre immote del deserto.

Penetrarono, raggiunsero la tomba del monarca. Ivi c'erano l'oro, le pietre preziose, il tesoro immenso delle favole! Come riuscirono all'aperto col bottino leggendario – e ancora la luna risplendeva illuminando la morta valle, benché triste perché ormai declinante alle rupi taciturne da cui era formato l'orizzonte – c'era una fitta ansiosa schiera ad aspettarli.

Nel silenzio della notte crepitarono gli applausi. Alcuni giovanotti si avanzarono verso il capo degli escavatori, facendogli domande. Balenarono i flashes. Nella folla un intenso mormorio. " No comment " rispose con alterigia il capo dei sacrileghi. " A suo tempo riferirò alla Royal Archaeological Society. "

Illuminati dalla morente luna, i cronisti corsero alle macchine e via, per il deserto, verso la città, donde telefonare alle grandi capitali la memorabile notizia.

Un indigeno dal solenne incesso si avvicinò al capo dei saccheggiatori e inchinandosi gli porse un plico. Poi un secondo, un terzo, anch'essi con fogli di telegrammi giunti da lontano. Erano le congratulazioni dei Governi all'archeologo. La gloria. Sotto i portici c'era un uomo male in arnese ma dal fare spavaldo che teneva con la destra il capo di uno spago. L'altro capo finiva, attraverso un buco rotondo, nell'interno di una scatola da scarpe deposta per terra. Sopra il coperchéo, quasi a impedire che qualcuno da sotto lo potesse alzare, un sasso di almeno quattro chili.

" Su, su, Pirolino " diceva l'uomo alla scatola facendo atto di tirare un po' lo spago " su, fatti vedere dai signori, non aver paura! Cosa volete? " e si volse, come chiedendo scusa, ai passanti che si erano fermati " oggi è in vena di capricci! È offeso. E pensare che ieri ha fatto anche il salto mortale. " Poi di nuovo alla scatola: " Andiamo, Pirolino, vuoi fare aspettare per niente questi gentili spettatori? Ci sono anche due belle signorine, non vuoi darci un'occhiata, Pirolino? ". Fece un salto: " Signori, signori, avete visto che ha messo fuoti il musetto per un attimo? L'avete visto no? Dica lei, signorina, lei l'ha visto? ". " Mah, non so " rispose ridendo la ragazza. " Forse. Ma non ho visto bene. "

" Nene, basta, andiamo " le disse la compagna dandole di gomito. " Cosa stiamo qui a perdere tempo? "

" Perché? " fece la Nene. " Tu, Minnie, dici che non venga fuori? "

" Che cosa? " " Ma la bestiolina! " La Minnie scoppiò a ridere. " Ah, sei impagabile. Non hai ancora capito che nella scatola non c'è dentro niente? È un ciarlatano. Con questo trucco fa fermar la gente e poi al momento buono tirerà fuori, da vender dei biglietti di qualche lotteria. "

Divertite, le due belle ragazze proseguirono fino a una galleria d'arte. Qui entrarono. C'era il vernissage di José Urrubia, pittore messicano. Ai muri, una ventina di grandi quadri con intricate macchie di colori per lo più sul giallo e sul marrone. Contornato da un gruppo di signore, un uomo dal naso sensibile e dai capelli bianchi in giacca di velluto teneva cattedra. " Ecco " spiegò additando una tela piena di tante piccole losanghe sbavanti l'una nell'altra " quest'opera si può considerare tipica del secondo Urrubia. Appartiene al Museo di Buffalo. L'istanza tonale come vedete si impone qui come esigenza soverchiante suila ricerca ritmica che è pur sempre presente in tutta la parabola urrubiana. Sì, voi direte, l'intensità dei moduli poetici è meno, ehm, ehm, risentita, meno pregnante, vero, che nelle esperienze originarie. In compenso, quale libertà! E, con la libertà, quale rigorosa, inesorabile direi, dialettica cromatica! Ma ora care amiche, passiamo a un documento emozionante: il Dialogo 5… Sapete come l'ha definito Albert Pitchell? ManicheisrnO, manicheismo, tout court! Manicheismo, capite? per la dualità dei contrapposti impulsi che drammatizzano la fondamentale unità del quadro, uscita di getto, è chiaro, da… da… eh sì, da un raptus orfico che solo Urrubia avrebbe potuto, come ha fatto, signoreggiare, imponendovi una geometrica scansione. Naturalmente, a questo punto, siamo tentati di identificare, vero, il pretesto lìrico determinante in una, come dire?, in una sorta di metafisica contingenza grafica… " Rapita quasi in estasi, Minnie beveva le parole ad una ad una. " Adesso, basta, andiamo! " mormorò Nene all'amica dandole di gomito. " In questi quadri non ci capisco proprio niente. " " Oh tu " replicò la compagna " tu, scusami la sincerità, ma sei piuttosto indietro, tu. Io li trovo una tale cannonata! "

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