Molte delle informazioni di questo racconto sono tratte da Rassegna onirologica del Piano di Frinth, pubblicato dalla Mills College Press, e da conversazioni con studiosi e amici Frinth.
Sul Piano di Frinth, i sogni non sono proprietà privata. Un frinth nevrotico non ha bisogno di stendersi su un divano per raccontare i propri sogni a uno psicanalista, perché il dottore sa già quello che il paziente ha sognato la notte precedente, dato che anche il dottore lo ha sognato, e anche il paziente ha sognato quel che ha sognato il dottore, come pure ogni altra persona del vicinato.
Per sfuggire ai sogni altrui e per fare un sogno privato, segreto, il frinth deve vivere da solo nel deserto, e anche laggiù il suo sonno può essere invaso dalle strane visioni provenienti da animali come leoni, antilopi, orsi e topi.
Durante lo stato di veglia e per buona parte del loro sonno, i frinth sono sordi come noi. Solo i sognatori che sono nella fase REM del sonno possono prendere parte al sogno di altre persone che sono anch’esse in fase REM.
Il termine REM è l’abbreviazione di rapid-eye-movements, movimenti rapidi degli occhi, fenomeno ben evidente che si accompagna a questa fase del sonno; un altro suo segnale è la presenza di un ritmo caratteristico nel cervello, un’onda riscontrabile all’EEG, l’elettroencefalogramma.
La maggior parte dei sogni che ricordiamo si hanno durante la fase REM.
Il sonno REM dei frinth e quello delle persone del nostro pianeta hanno tracce EEG molto simili, anche se si notano alcune differenze significative, e in queste potrebbe esserci la chiave della capacità di condividere i sogni, caratteristica dei frinth.
Per condividere un sogno, i sognatori devono essere fisicamente a breve distanza tra loro. La distanza raggiunta dal sognatore frinth medio è circa quella raggiunta mediamente dalla voce umana. Un sogno può essere ricevuto facilmente nel raggio di un centinaio di metri, e parti e frammenti del sogno possono arrivare ancor più lontano. Un sogno forte in un luogo isolato può raggiungere senza difficoltà un paio di chilometri e anche più.
In una fattoria solitaria, i sogni di un frinth si mescolano solo con quelli del resto della famiglia, insieme a echi, sprazzi e immagini di quel che le mucche nella stalla e il cane sulla soglia ascoltano, fiutano e vedono nel sonno.
In un villaggio o in una città, con gente che dorme negli edifici vicini, i frinth passano almeno una parte della notte in una variabile fantasmagoria dei loro e degli altrui sogni: trovo difficile immaginarla.
Ho chiesto a una conoscente, che abita in una piccola cittadina, di riferirmi i sogni che ricordava dalla notte precedente. Dapprima lei ha esitato, dicendo che erano sciocchezze, e gli unici sogni degni di citazione e di meditazione erano quelli «forti».
Certo era riluttante a riferire a me, un’estranea, quel che aveva luogo nella testa dei vicini. Alla fine riuscii a convincerla che il mio interesse era genuino e non voyeuristico. Lei rifletté per alcuni istanti e poi disse: «Be’, c’era una donna — nel sogno ero io, o mi pareva di esserlo; penso che fosse il sogno della moglie del sindaco, in realtà; abitano all’angolo — questa donna, comunque, cercava un bambino che le era nato l’anno scorso. L’aveva messo nel fasciatoio e se n’era scordata e adesso si preoccupava (mi preoccupavo) per lui. Gli aveva dato da mangiare? Dall’anno scorso? Oh, ti assicuro, siamo proprio sciocchi nei sogni!
«E poi, oh, certo, c’è stata un’orribile discussione tra un uomo nudo e un nano, erano dentro una cisterna vuota. Può darsi che quello fosse il mio sogno, almeno all’inizio, perché conosco quella cisterna. Era nella fattoria di mio nonno e mi nascondevo al suo interno quando ero piccola. Ma tutt’e due si sono trasformati in lucertole, mi pare. E poi… oh, vero!» Scoppiò a ridere. «Ero schiacciata sotto un paio di seni enormi, immensi, con i capezzoli appuntiti. Penso che fosse il ragazzo quindicenne della porta accanto, perché ero terrorizzata, ma anche estasiata.
«E che altro c’era? Oh, un topo, era delizioso e non sapeva della mia presenza, e stavo per saltare, ma a quel punto è successo qualcosa di orribile, un incubo — una faccia senza gli occhi… e mani enormi, pelose, che cercavano di afferrarmi — e poi ho sentito gridare la bambina dei vicini, quella che ha tre anni, perché mi sono svegliata anch’io. La povera piccola fa molti brutti sogni, ci fa impazzire tutti. Oh, non voglio pensare a quell’incubo. È una fortuna che dimentichiamo la maggior parte dei sogni. Non sarebbe orribile, se dovessimo ricordarli tutti?»
Il sogno è un’attività ciclica, non continuativa, e perciò nelle piccole comunità ci sono ore in cui, per così dire, il teatro del sogno è spento.
Il sonno REM tra gruppi locali, ormai stabili, di frinth tende a sincronizzarsi. Quando il ciclo raggiunge il punto più alto, pressappoco cinque volte per notte, numerosi sogni possono svolgersi nello stesso tempo nella testa di ciascuno, mescolandosi e influenzandosi reciprocamente con la loro logica folle e indiscutibile, cosicché — come lo descrisse la mia amica del villaggio — si scopre la bambina dentro la cisterna e il topo si rifugia in mezzo ai seni, mentre il mostro privo di occhi scompare nella polvere sollevata da un maiale che trotterella davanti a noi in un nuovo sogno, forse quello di un cane, dato che la forma del maiale è un po’ indistinta, ma se ne avverte con grande precisione l’odore. Dopo questi episodi sopraggiunge un periodo in cui tutti possono dormire pacificamente, dove non succede nulla di emozionante.
Nelle città dei frinth, dove ogni notte si è a portata dei sogni di centinaia di persone, gli strati e le sovrapposizioni delle immagini prive di importanza, mi si dice, è così continua e confusa che i sogni si eliminano reciprocamente, come pennellate di colore applicate una sull’altra, senza un piano preciso; anche i propri sogni si confondono immediatamente fino a dare emozioni prive di significato, come se li vedessi su uno schermo dove si proietta un altro centinaio di film, e mescolando insieme le loro colonne sonore. Solo occasionalmente un gesto o una voce echeggiano chiari per un momento, oppure un sogno erotico estremamente vivido, un incubo particolarmente orribile, portano tutti i sognatori del vicinato a sospirare, eiaculare, rabbrividire o svegliarsi senza fiato.
I frinth che fanno sogni assai preoccupanti o sgradevoli dicono che amano vivere in città per il semplice motivo che i loro sogni si perdono nel minestrone, come lo chiamano loro.
Altri, invece, sono scossi dal costante rumore onirico di fondo e odiano passare anche solo poche notti in una metropoli.
«Detesto dover fare i sogni degli estranei!» mi disse la mia informatrice di villaggio. «Ugh! Quando torno a casa dalla città, vorrei potermi lavare l’interno della testa!»
Anche sul nostro piano, spesso i bambini piccoli hanno difficoltà a capire che le esperienze da loro vissute un momento prima di svegliarsi, non sono «reali». L’esperienza deve essere ancor più stupefacente per i bambini dei frinth, nel cui sonno innocente penetrano le sensazioni e le preoccupazioni degli adulti: incidenti che rivivono, dolori che ritornano, violenze che si ripresentano sulla scena, conversazioni colleriche con persone morte da cinquant’anni.
Ma gli adulti sono sempre disposti a rispondere alle domande dei bambini sui sogni condivisi, a esaminarli e a definirli sempre come sogni anche se non dicono mai che non sono reali.
Nel linguaggio dei frinth non ci sono parole corrispondenti a «irreale»; la parola che più vi si avvicina significa «senza corpo». Cosi i bambini imparano a vivere con gli incomprensibili ricordi degli adulti, le loro azioni indescrivibili e le loro emozioni inesplicabili, un po’ come i bambini del nostro piano che crescono in mezzo alla terribile assurdità della guerra civile o in tempi di carestia o di pestilenza; ovvero come i bambini dappertutto e in ogni momento.
I giovani imparano quel che è reale e quello che non lo è, quello che devono notare e quello che devono ignorare: è una tattica di sopravvivenza.
È difficile per un estraneo giudicare, ma la mia impressione è che i bambini dei frinth maturino precocemente, sotto l’aspetto psicologico. A sei o sette anni, gli adulti li trattano già come loro uguali.
Quanto agli animali, nessuno sa quale influenza abbiano i sogni umani a cui evidentemente partecipano. Gli animali domestici dei frinth mi sembrano straordinariamente docili, fiduciosi e intelligenti. In genere sono accuditi bene. Il fatto che i frinth condividano i sogni con i loro animali potrebbe spiegare perché usano questi ultimi per portare carichi e per l’aratura, per la lana e per il latte, ma non come carne.
I frinth dicono che gli animali sono più sensibili degli uomini nel ricevere i sogni e che riescono a captare anche i sogni di persone degli altri piani. I contadini frinth mi hanno assicurato che i loro bovini e suini sono profondamente turbati dalla visita di persone provenienti da piani carnivori.
Quando mi sono fermata a dormire in una fattoria della Valle Enya, nel pollaio c’è stato un gran fermento per buona parte della notte. Io pensavo che fosse colpa di una volpe, ma i miei ospiti mi hanno assicurato che era colpa mia.
Le persone che hanno mescolato i loro sogni per tutta la vita, dicono che spesso non sanno dire dove sia iniziato il sogno, se sia originariamente loro o di altri, ma all’interno di una famiglia o di un piccolo villaggio l’autore di un sogno particolarmente erotico o ridicolo può essere riconosciuto fin troppo facilmente. Le persone che si conoscono bene possono riconoscere il sognatore-origine dal tono o dagli avvenimenti del sogno, dal suo stile… però, quando lo sognano, diventa anche un loro sogno.
Ogni sogno può quindi prendere forma diversa in ciascuna mente. E, come accade anche a noi, la personalità del sognatore, l’Io onirico, è spesso tenue, mascherata in modo strano, o imprevedibilmente diversa dalla personalità della veglia. Solo i sogni misteriosi o quelli con un forte effetto emotivo possono essere discussi.
Noi potremmo pensare che i frinth abbiano ben poca privacy psichica; ma sono protetti dalla loro amnesia comune, oltre che dal dubbio sull’origine di un particolare sogno e dall’oscurità del sogno stesso. I loro sogni sono davvero proprietà comune.
L’immagine di un uccello dalle penne rosse e nere che beccava l’orecchio di una testa umana barbuta, servita in un piatto, posata su di un tavolo di marmo e la ventata di orrore (con una sfumatura di desiderio) che si accompagnava all’immagine… veniva dal sonno della zia Unia, dello zio Tu, del nonno, della cuoca o della ragazza della porta accanto? Un bambino può chiedere: «Zia, sei stata tu! a sognare la testa?» e la risposta abituale è: «L’abbiamo sognata tutti», che del resto è la verità.
Le famiglie e le piccole comunità dei frinth sono in genere molto unite e vivono in armonia, anche se non mancano i conflitti e le lotte. Il gruppo di ricercatori del Mills College che si è recato sul piano di Frinth per documentare e studiare il sincronismo delle onde cerebrali oniriche, afferma che come la sincronizzazione del ciclo mestruale e di altri cicli all’interno di gruppi del nostro piano, il sogno in comune dei frinth può instaurare e rafforzare il legame sociale. Non hanno però fatto ipotesi sui suoi effetti psicologici e morali.
Di tanto in tanto viene al mondo un frinth con straordinari poteri di proiezione e ricezione dei sogni; una cosa non si presenta mai senza l’altra. I frinth chiamano mente forte un simile sognatore con un segnale straordinariamente chiaro e intenso.
Che gli individui dalla mente «forte» ricevano i sogni degli umani non frinth, è accertato al di là di ogni dubbio. Alcuni di loro, a quanto si constata, possono condividere i sogni con i pesci, gli insetti e persino gli alberi.
Una leggendaria mente forte chiamata Du Ir affermava di «sognare con le montagne e i fiumi», ma in genere questa vanteria è considerata una licenza poetica.
Le menti forti si riconoscono ancor prima della nascita, quando la madre comincia a sognare di vivere in un palazzo tiepido e ambrato, privo di gravità e di direzioni, pieno di ombre e di ritmi complessi e di vibrazioni musicali, e spesso agitato da lenti e tranquilli terremoti: un sogno che costituisce un piacere per l’intera comunità, anche se nelle ultime fasi della gravidanza può essere accompagnato da un senso di pressione e di urgenza che in alcuni provoca la claustrofobia.
Quando il bambino dalla mente forte cresce, i suoi sogni vanno due o tre volte più in là di quelli della gente normale, e tendono a sovrapporsi ai sogni locali che si svolgono nello stesso tempo, oppure a impadronirsene. Gli incubi e i deliri appassionati e incoerenti di un bambino dalla mente forte, malato, maltrattato o infelice, possono disturbare tutti i vicini, anche negli altri villaggi. Di conseguenza, quei bambini ricevono sempre tutte le cure, e si compie ogni sforzo perché la loro vita sia allegra e piena di una disciplinata serenità.
Se la famiglia non è all’altezza o non si preoccupa del bambino, l’intero villaggio o l’intera città possono intervenire e tutta la comunità cerca in ogni modo di assicurare al bambino giorni pacifici e notti di sogni sereni.
Le «menti forti planetarie» sono figure leggendarie; si suppone che i loro sogni raggiungano ogni persona del mondo e che di conseguenza sognano i sogni di ogni altra persona vivente. Questi uomini e donne sono venerati come santi, sono modelli per i sognatori forti di oggi.
La pressione sulle persone dalla mente forte è assai intensa, in effetti, e probabilmente lo è anche la pressione psichica. Nessuno di loro abita in città. Impazzirebbero, se dovessero sognare i sogni di un’intera metropoli. In genere si raccolgono in piccole comunità dove vivono tranquillamente, e la notte dormono assai lontano l’uno dall’altro e praticano l’arte del «sognare bene», che significa sognare senza fare danni. Alcuni di loro divengono guide, filosofi, capi illuminati.
Ci sono ancora molte società tribali nel piano di Frinth, e i ricercatori della Mills ne hanno visitato una parte. Hanno riferito che tra questa gente le menti forti sono considerate veggenti o sciamani, con i soliti privilegi e le solite penalità di questo tipo di rango.
Se nel corso di una carestia la mente forte della tribù sogna di viaggiare seguendo la corrente del fiume e di banchettare vicino al mare, l’intera tribù può condividere la visione del viaggio e del banchetto con tanta lividezza, con tale convinzione, da decidere di fare i bagagli e partire lungo il fiume. Se trovano cibo lungo la strada o molluschi e alghe commestibili sulla spiaggia, i bocconi migliori vengono riservati come premio per la mente forte; ma se non trovano nulla o incontrano l’ostilità di altre tribù, il veggente, ora chiamato la «mente storta», può ricevere percosse o essere cacciato via.
I più anziani hanno riferito ai ricercatori che in genere i consigli delle tribù seguono la guida del sogno soltanto se ci sono altre indicazioni a favore della decisione. Sono le stesse menti forti a spingere alla cautela.
Un veggente dei Zhud-Byu orientali disse ai ricercatori: «Ecco che cosa spiego alla mia gente: alcuni sogni ci dicono quello che noi desideriamo credere; alcuni sogni ci dicono quello che temiamo; alcuni sogni riguardano quello che sappiamo, anche se forse non sappiamo di saperlo. Il sogno più raro è quello che ci dice ciò che non sappiamo».
Frinth è aperta agli altri piani da più di un secolo, ma lo scenario rurale e il suo tranquillo modo di vivere non vi hanno portato un grande flusso di visitatori. Molti turisti evitano quel piano perché hanno l’impressione che i frinth siano una razza di «succhiatori mentali» e di «psico-voyeur».
La maggioranza dei frinth si dedica ancora all’agricoltura e abita in paesi e villaggi, ma le città e le loro tecnologie crescono in fretta. Anche se le tecniche si possono importare soltanto con il permesso del governo mondiale di Frinth, la richiesta di quei permessi da parte di compagnie frinth e di singoli individui sono in continuo aumento. Molti frinth danno il benvenuto alla crescita dell’urbanesimo e del materialismo, giustificandolo come il risultato dell’interpretazione di sogni ricevuti dalle loro menti forti e provenienti da visitatori di altri pianeti.
«Gente è venuta qui con strani sogni», dice lo storico Tubar di Kaps, anch’egli una mente forte. «Le nostre menti più forti le hanno unite a noi, e noi ci siamo uniti a loro. Così tutti cominciamo a vedere cose di cui non avevamo mai sognato. Vaste riunioni di persone, cibernetica, ice cream, molto commercio, molti oggetti utili e molte cose piacevoli. Che debbano rimanere soltanto sogni? ci siamo chiesti. Non dobbiamo far diventare queste cose altrettante entità del mondo della veglia? E così abbiamo fatto.»
Altri pensatori hanno un atteggiamento assai più dubitativo nei riguardi dell’ipnagogia aliena. Quello che li preoccupa maggiormente è il fatto che il sogno non sia reciproco. Infatti, anche se una mente forte può condividere i sogni di un forestiero e «trasmetterli» ad altri frinth, nessun visitatore degli altri pianeti è mai riuscito a condividere i sogni dei frinth. Non possiamo entrare nel loro festival notturno di fantasie. Non siamo sulla loro lunghezza d’onda.
I ricercatori della Mills speravano di scoprire il meccanismo che permette il sognare in comune, ma non hanno avuto successo, esattamente come gli scienziati frinth, almeno finora.
La «telepatia», tanto magnificata negli scritti delle agenzie di viaggio interplanario, è un’etichetta e non una spiegazione. I ricercatori hanno accertato che la programmazione genetica dei mammiferi e degli uccelli di Frinth, include la capacità di condividere i sogni, ma il suo operare, anche se chiaramente legato al sincronismo delle onde cerebrali dei dormienti, rimane oscuro. Gli stranieri in visita non si sincronizzano con loro; non prendono parte a quello spettrale balletto notturno di impulsi elettrici che danzano allo stesso ritmo. Ma senza sapere, senza volere — come un bambino sordo che grida — inviano i loro sogni alle menti forti che dormono nelle vicinanze. E a molti frinth questa non sembra una condivisione, ma un inquinamento o un’infezione.
«Lo scopo dei nostri sogni», dice il filosofo Sorrdja di Farfrit, una sognatrice forte dell’antico Ritiro di Deyu, «è allargare la nostra anima portandosi a immaginare tutto quello che può essere immaginato: liberarci dalla tirannia e dal fanatismo dell’Io individuale permettendoci di conoscere le paure, i desideri, i piaceri di ciascuna mente appartenente a qualsiasi corpo vivente nelle nostre vicinanze.
«Il dovere delle persone dalla mente forte», sostiene, «è di rafforzare i sogni, di focalizzarli, non in vista di risultati pratici o di nuove invenzioni, ma come un mezzo per capire il mondo attraverso una miriade di esperienze e di sensibilità (non solo umane). I sogni dei più grandi sognatori possono offrire, a coloro che li condividono, lo scorcio di un ordine sottostante a tutti gli stimoli caotici, alle reazioni, agli atti, alle parole, alle intenzioni e alle immaginazioni dell’esistenza diurna e notturna.
«Di giorno siamo separati», continua lei. «Di notte siamo uniti. Dovremmo seguire i nostri sogni, non quelli di stranieri che non possono unirsi a noi nel buio. Con quelle persone possiamo parlare; possiamo imparare da loro e insegnare loro qualcosa.
«Così dovremmo fare, perché questa è la Via del giorno. Ma la Via della notte è diversa. È allora che ci riuniamo lontano da loro. Il sogno da noi sognato è la strada che ci permette di attraversare la notte. Gli stranieri conoscono il nostro giorno, ma non la nostra notte, non la Via che percorriamo. Allora solo noi possiamo trovare la nostra strada, mostrarcela l’un l’altro, seguire la lanterna delle nostre menti forti, seguire nell’oscurità i nostri sogni.»
La somiglianza tra la frase di Sorrdja, «strada attraverso la notte» e quella di Freud, «strada reale per l’inconscio», è interessante ma, sospetto, superficiale.
Visitatori del mio piano hanno discusso con i frinth le teorie psicologiche, ma né quelle di Freud, né quelle di Jung hanno riscosso molto interesse presso di loro. La «strada reale» dei frinth è percorsa non da una singola anima e in segreto, ma da una moltitudine e in comune. I sentimenti soppressi, per quanto distorti, nascosti e simbolici sono proprietà collettiva di tutti coloro che abitano in una casa e nelle sue vicinanze.
L’inconscio dei frinth, collettivo o individuale, non è una fonte cupa, profondamente sepolta sotto anni di evasioni e di negazioni, ma una sorta di grande lago illuminato, alle cui rive tutti accorrono per nuotare, nudi, ogni notte.
Di conseguenza l’interpretazione dei sogni non è, presso i frinth, un mezzo di rivelazione della personalità, di indagine psichica privata e di riadattamento. Non è neppure una caratteristica specifica della specie, perché gli animali condividono i sogni, anche se solo i frinth sono in grado di descriverli.
Per loro, il sogno è la comunione di tutte le creature del mondo. Pone profondamente in dubbio il concetto di personalità individuale.
Posso solo immaginare che per loro addormentarsi sia lasciare del tutto la propria personalità, per entrare — o per ritornare - nell’illimitata comunità dell’essere, un po’ come la morte per noi.