CAPITOLO TRENTUNESIMO

NEW ORLEANS
Maggio 1870

Di notte, Gallatin Street sembrava la strada maestra per l’inferno, pensò Abner Marsh, mentre la percorreva in fretta. Su di essa si affacciavano sale da ballo, saloon, e bordelli, tutti affollati, sporchi e rumorosi, e i marciapiedi brulicavano di ubriachi, prostitute e ladruncoli. Le prostitute gli facevano cenno, mentre passava, inviti irridenti che divenivano veri e propri dileggi, quando Marsh li ignorava. Uomini duri, dagli occhi gelidi, con coltelli e pugni di ferro lo valutavano con un aperto disprezzo, e ciò fece desiderare a Marsh di non sembrare troppo ricco o troppo dannatamente vecchio. Attraversò la strada, per evitare una folla di uomini fermi di fronte ad una sala da ballo e che inpugnavano dei randelli di quercia, e si ritrovò di fronte al Green Tree. Era una sala da ballo come tutte le altre, un buco infernale circondato da altri buchi infernali. Marsh si si fece largo tra la folla ed entrò. L’interno era affollato, fumoso, e buio. Coppie danzavano stancamente nell’atmosfera bluastra, al suono di una musica assordante, volgare. Uno degli uomini, un colosso mal rasato, con una camicia di flanella rossa, barcollava sulla pista da ballo con una dama che sembrava aver perduto conoscenza. L’uomo le stava strizzando i seni attraverso il sottile abito di calicò, come se la stesse sorreggendo, mentre la trascinava. Gli altri danzatori li ignoravano. Le donne erano tutte ragazze tipiche delle sale da ballo: vestiti di calicò consumati, scarpe a brandelli. Mentre Marsh guardava, l’uomo in camicia rossa inciampò, fece cadere la sua dama, e vi crollò sopra, e, subito dopo, si udì uno scroscio di risa. L’uomo imprecò e si rimise in piedi, mentre la donna rimase stesa sul pavimento. Poi, quando le risate cessarono, si chinò su di lei, l’afferrò per il davanti del vestito e la tirò su. Il tessuto si lacerò e lui, sogghignando, strappò completamente l’abito e lo gettò via. La donna, sotto, non indossava niente, tranne una giarrettiera rossa intorno ad una coscia bianca e sottile, con un piccolo pugnale infilato all’interno. L’elsa era rosa e a forma di cuore. L’uomo in rosso aveva cominciato a sbottonarsi i pantaloni, quando due buttafuori gli si affiancarono da entrambi i lati. Erano uomini massicci e con la faccia rossa, armati di pugni di ferro e spessi manganelli di legno. «Portatela di sopra,» grugnì uno di loro. L’uomo in camicia rossa iniziò una sfilza di bestemmie, ma alla fine sollevò la donna su una spalla e passò barcollando attraverso il fumo, accompagnato da altre risate. «Volete ballare, signore?» bisbigliò all’orecchio di Marsh una voce strascicata di donna. Marsh si voltò e aggrottò le ciglia. La donna doveva pesare quanto lui. La sua carnagione era di un bianco pastoso, ed era nuda come il giorno in cui era nata, tranne una sottile cintura di pelle da cui pendevano due coltelli. Gli sorrise e gli carezzò la guancia, prima che egli si voltasse di botto ed iniziasse ad aprirsi la strada tra la folla. Fece un giro completo del locale, in cerca di Joshua. In un angolo particolarmente rumoroso, una dozzina di uomini si affollavano intorno ad una scatola di legno, ruttando e imprecando mentre assistevano ad una lotta tra topi. Intorno al bar gli uomini erano il doppio, quasi tutti armati e dallo sguardo truce. Marsh mormorò delle scuse e si fece largo, spintonando un giovane dall’aspetto magro, con una garrota che pendeva dalla cintura, il quale stava chiacchierando vivacemente con un uomo basso, armato di un paio di pistole. L’uomo con la garrota smise di parlare e fissò Marsh con sguardo malevolo, fin quando l’altro non gli urlò qualcosa che gli fece riprendere la conversazione.

«Whiskey,» ordinò Marsh, appoggiandosi al bancone del bar.

«Questo whiskey vi farà un buco allo stomaco, Abner,» gli disse tranquillamente il barista, con voce appena sufficiente a superare il fracasso. Abner Marsh rimase a bocca aperta. L’uomo che gli sorrideva da dietro il bancone indossava pantaloni a sacco rozzamente cuciti e tenuti su da una cintura di corda, una camicia bianca così sporca che era quasi grigia, e un gilé grigio. Ma il suo volto era quello di tredici anni fa, pallido, privo di rughe, contornato da bianchi capelli lisci, adesso un po’ scompigliati. Gli occhi grigi di Joshua York sembrarono brillare di luce propria nell’oscurità della sala da ballo. Allungò la mano attraverso il bancone e afferrò il braccio di Marsh. «Andiamo di sopra,» disse in tono urgente, «dove possiamo parlare.» Mentre aggirava il bancone del bar, l’altro barista lo fissò, e un uomo magro, dal viso affilato da furetto, in abito scuro, gli si avvicinò a passo di carica, dicendogli, «Dove diavolo stai andando? Torna indietro a servire i whiskey!»

«Me ne vado,» lo informò Joshua.

«Te ne vai? Allora vuoi che ti tagli la tua dannata gola!»

«Davvero?» disse Joshua. Si fermò, e percorse con lo sguardo il locale improvvisamente silenzioso, sfidando tutti gli avventori ad intervenire.

Nessuno si mosse. «Sarò di sopra con il mio amico, se qualcuno di voi ci vuole provare,» disse rivolto alla mezza dozzina di buttafuori appoggiati al bancone del bar. Poi, afferrò Marsh per il gomito e lo condusse, dopo essersi fatto largo tra le coppie che danzavano, ad una stretta scala posteriore.

Di sopra, c’era un breve corridoio illuminato dalla singola, tremolante fiammella di una lampada a gas, e una mezza dozzina di camere. Dei rumori provenivano da una stanza chiusa: grugniti e lamenti. Un’altra porta era aperta, e un uomo era disteso sulla sua soglia, a faccia in giù, metà dentro, metà fuori della stanza. Quando Marsh lo scavalcò, vide che si trattava dell’uomo dalla camicia rossa che era prima dabbasso.

«Cosa diavolo gli è successo?» chiese Marsh ad alta voce. Joshua York scrollò le spalle.

«Bridget probabilmente si è svegliata, gli ha dato una botta in testa e gli ha preso il denaro. È un vero tesoro. Credo che abbia ucciso almeno quattro uomini con il suo coltellino. E poi incide delle tacche su quel cuore.» Joshua fece una smorfia. «In quanto a spargimento di sangue, Abner, la mia gente ha molto poco da insegnare alla vostra.» Joshua aprì una porta che dava in una stanza vuota. «Qui dentro, se non vi spiace.» Richiuse la porta, dopo aver acceso una delle lampade.

Marsh sedette pesantemente sul letto. «Dannazione,» disse, «è un vero inferno questo posto in cui mi avete invitato, Joshua. È orribile quanto lo era Natchez-sotto-la-collina venti, trent’anni fa. Che io sia dannato se mi sarei mai aspettato di trovarvi in un posto come questo.»

Joshua York sorrise e si sedé in una vecchia poltrona consunta. «E neppure Julian o Billy la Serpe se lo aspetterebbero. Questo è il punto. Mi stanno cercando, lo so. Ma anche se pensassero di setacciare Gallatin Street, per loro sarebbe estremamente difficile farlo. Julian sarebbe aggredito per la sua ovvia ricchezza, e Billy la Serpe, qui, è conosciuto di vista. Ha portato via troppe donne che non sono mai più tornate. Questa notte, nel Green Tree c’erano almeno due uomini che l’avrebbero ucciso a vista. Le strade appartengono ai Live Oak Boys, che potrebbero picchiare a morte Billy solo per il gusto di farlo, a meno che non decidessero di aiutarlo.» Rabbrividì. «Perfino la polizia non verrebbe a Gallatin Street. Sono al sicuro qui quanto lo sarei da qualsiasi altra parte, e in questa strada le mie abitudini notturne non risultano strane. Qui, fanno tutti così.»

«Non perdiamoci in chiacchiere,» disse Marsh con impazienza. «Mi avete inviato una lettera, annunciandomi che avevate fatto la vostra scelta. Voi sapete perché sono qui, ma non sono sicuro del perché mi avete cercato. Forse fareste meglio a dirmelo.»

«Non so davvero da dove iniziare. È passato così tanto tempo, Abner.»

«Per entrambi,» rispose bruscamente Marsh. Poi il suo tono si raddolcì. «Vi ho cercato, Joshua. Per molti anni, e ormai ho smesso di pensare al loro numero, ho cercato di trovare voi e quel mio dannato battello. Ma il dannato fiume era così grande e c’erano così poco tempo e denaro.»

«Abner,» disse York, «avreste potuto avere tutto il tempo e il denaro di questo mondo, e non ci avreste mai trovato sul fiume. Negli ultimi tredici anni, il Fevre Dream è stato tirato a secco. È nascosto vicino ai vecchi tini di tintura d’indaco nella piantagione di Julian, a cinquecento metri dal bayou, ma ben nascosta.»

Marsh disse, «Come diavolo…»

«Sono stato io. Lasciatemi cominciare dall’inizio, e vi racconterò tutto.» Sospirò. «Devo tornare indietro di tredici anni, alla notte in cui ci siamo lasciati.»

«Ricordo.»

«Risalii il fiume il più in fretta possibile,» iniziò Joshua, «ansioso di ritornare, preoccupato che la Sete potesse assalirmi di nuovo. Il viaggio fu duro, ma raggiunsi il Fevre Dream due notti dopo la mia partenza. Si era spostato di poco. Ora era ben distante dalla riva, e l’acqua scura scorreva velocemente ad entrambi i lati. Era una notte fredda e nebbiosa, e quando mi avvicinai ad esso, il battello era completamente silenzioso e buio. Né fumo, né vapore, e neppure una luce. Così silenzioso che avrei potuto anche mancarlo, a causa della nebbia. Non avevo voglia di ritornare, ma sapevo che dovevo farlo. Nuotai verso il battello.» Joshua esitò brevemente. «Abner, sapete che tipo di vita ho condotto. Ho visto e fatto cose orribili. Ma nulla mi faceva pensare che avrei trovato il battello in quelle condizioni, nulla.»

Il volto di Marsh si indurì. «Andate avanti.»

«Una volta, vi ho detto che pensavo che Julian fosse pazzo.»

«Sì, ricordo.»

«Pazzo, avventato e in cerca della morte. E lo ha ben dimostrato. Oh, sì. Lo ha dimostrato. Quando salii sul ponte, il battello era immerso in una calma mortale. Né suoni, né movimenti, tranne quello dell’acqua del fiume che scorreva. Mi aggirai per la nave, indisturbato.» I suoi occhi erano fissi su Abner Marsh, ma avevano uno sguardo sfocato, come se stessero guardando qualcos’altro, qualcosa che avrebbero visto per sempre. York si fermò.

«Ditemi, Joshua.»

La bocca di York si fece sottile. «Era diventato un macello, Abner.» Fece una breve pausa dopo quella semplice frase, prima di continuare. «C’erano cadaveri dappertutto. Dappertutto. E non integri, no. Attraversai il ponte di comando, e trovai i cadaveri… tra il carico e dietro i motori. C’erano… braccia, gambe, e altre parti del corpo. Strappati. Squarciati. Gli schiavi, i magazzinieri che Billy aveva comprato, molti di loro erano ancora in manette, morti, con le gole tagliate. L’ufficiale di macchina era stato appeso a testa in giù sul cilindro, ed era stato ferito in modo che… il suo sangue colasse…come se avesse potuto prendere il posto dell’olio.» Joshua scosse cupamente la testa. «Il numero dei morti, Abner. Non potete immaginarlo. E il modo in cui erano stati trucidati, le mutilazioni grottesche. La nebbia aveva invaso la nave, cosicché non potevo vederla subito nella sua interezza. Camminavo, mi aggiravo, e quelle cose mi apparivano davanti all’improvviso dove, un istante prima, non c’erano altro che vaghe ombre e un danzante velo di nebbia. E io osservavo qualunque nuova terribile visione che la nebbia mi aveva celato, e poi mi muovevo, e solo dopo due o tre passi, il vapore si dissolveva di nuovo per rivelare qualcosa di ancora più orribile.

«Finalmente, disgustato e colmo di una rabbia che mi bruciava dentro come febbre, raggiunsi la grande scalinata che conduceva al ponte superiore. Il salone… era lo stesso. Cadaveri e pezzi di essi. Era stato versato così tanto sangue che i tappeti ne erano ancora inzuppati. Dappertutto, osservai segni di lotta. Dozzine di specchi erano ridotti in frantumi, tre o quattro porte delle cabine erano state divelte, i tavoli erano rovesciati. Su di un tavolo, c’era ancora una testa umana su un piatto d’argento. Non ho mai provato un orrore simile a quello di attraversare quel salone, quegli orribili novanta metri. Nulla si muoveva nell’oscurità, nella nebbia. Non vi era alcun essere vivente. Andavo avanti e indietro senza sosta, senza sapere cosa fare. Mi fermai davanti al refrigeratore. Quel grande refrigeratore ornamentale, d’argento, che avevate fatto istallare all’estremità anteriore del salone. Avevo la gola secca. Afferrai una delle coppe d’argento e girai la chiave del rubinetto. L’acqua… l’acqua fluì lentamente, Abner. Molto lentamente. Perfino nell’oscurità del salone, mi accorsi che era nera e viscosa. Mezza… coagulata.

«Rimasi con la coppa in mano, il mio sguardo divenne assente, e il mio naso fu sopraffatto…dall’odore, non ho ancora menzionato la cosa, l’odore era terribile, era… potete immaginarlo, ne sono certo. Restai immobile al centro di quell’orrore, osservando quel rivolo che scendeva con lentezza agonizzante dal refrigeratore. Mi sentii soffocare. Il mio orrore, la mia rabbia… li sentii crescere dentro di me. Scagliai la coppa attraverso il salone e urlai.

«Poi, sentii dei rumori. Bisbigli, scalpicii, preghiere, pianti, minacce. Voci, Abner, voci di esseri viventi. Mi guardai intorno, ancora più disgustato, più adirato. Le porte di almeno una dozzina di cabine erano state inchiodate, e i loro occupanti imprigionati in esse. In attesa, lo sapevo, di quella notte o della notte successiva. La dispensa vivente di Julian. Cominciai a tremare. Mi avvicinai alla porta più vicina e cominciai a schiodare le assi che la tenevano chiusa. Vennero via con un sonoro scricchiolio, quasi come un grido di agonia. Stavo ancora lavorando su quella porta quando mi disse, “Caro Joshua, devi fermarti. Caro, perduto Joshua, ritorna da noi.”

«Quando mi voltai, erano lì. Julian mi sorrideva, Billy la Serpe era al suo fianco, e gli altri, tutti gli altri, perfino la mia gente, Simon, Smith e Brown, tutti quelli che erano rimasti… mi stavano guardando. Urlai contro di loro, selvaggiamente, incoerentemente. Era la mia gente, eppure loro avevano fatto questo, Abner. Ero talmente colmo d’odio…

«Più tardi, alcuni giorni dopo, mi raccontarono tutta la storia, e appresi la profondità della follia di Julian. Forse fu colpa mia, in un certo senso. Salvando Toby, il signor Framm e voi, provocai la morte di più di cento passeggeri innocenti.»

Abner Marsh sbuffò. «No,» disse. «Qualunque cosa sia accaduta, è stato Julian a volerla, e lui deve rispondere di essa. Voi non vi trovavate nemmeno là, perciò non biasimatevi, capito?»

I grigi occhi di Joshua erano turbati. «Così ho ripetuto molte volte a me stesso,» disse. «Ma lasciatemi terminare la mia storia. Ecco cosa era accaduto — Julian si svegliò quella notte e scoprì che eravamo scappati. Era furioso. Imbestialito. Di più — quelle parole suonano troppo inadeguate per descrivere quella che deve essere stata la sua rabbia. Forse fu la Sete a svegliarsi in lui, dopo tutti quei secoli. Inoltre, dovette sembrargli come se la distruzione fosse vicina. Tutti i piloti se n’erano andati. Il battello non poteva muoversi senza un pilota. E doveva sapere che voi intendevate ritornare, per attaccarlo di giorno e distruggerlo. Invece, non poteva certo immaginare che io sarei tornato indietro, per salvarli. Senza dubbio il mio tradimento e la diserzione di Valerie lo avevano riempito di paura, di incertezza riguardo al futuro. Aveva perso il controllo. Era stato il Signore del sangue, eppure noi avevamo agito contro di lui. In tutta la storia del popolo della notte, non era mai accaduto prima. Io credo che, durante quella terribile notte, Damon Julian credette di vedere la morte che, nello stesso tempo, desiderava e temeva.

«Billy la Serpe, lo appresi dopo, insisteva affinché essi raggiungessero la terra ferma, si separassero, viaggiassero via terra separatamente e si incontrassero a Natchez o New Orleans o da qualche altra parte. Questa sarebbe stata un’idea sensata. Ma Julian non ragionava più. Era appena entrato nel salone, con la follia che gli ribolliva negli occhi, quando un passeggero gli si avvicinò e si lamentò del ritardo che portava il battello, che non si era mosso per tutto il giorno. “Ah,” disse Julian, “allora dobbiamo muoverci immediatamente.” Fece allontanare il battello ulteriormente dalla riva, in modo che nessuno potesse raggiungerla. Dopodiché, ritornò nel salone, dove i passegeri stavano cenando, e si avvicinò all’uomo che si era lamentato. Lo uccise, davanti a tutti.

«Poi, iniziò la carneficina. Naturalmente, la gente urlò, fuggì, si nascose, si rinchiuse nelle cabine. Ma non c’era scampo. E Julian utilizzò il suo potere, utilizzò la sua voce, i suoi occhi, e spinse gli altri ad uccidere. Credo che il Fevre Dream, quella notte ospitasse a bordo circa centotrenta passeggeri, contro circa venti della mia gente, alcuni spinti dalla Sete, altri da Julian. Ma la Sete può essere terribile, in un momento del genere. Come una febbre che l’uno può mischiare all’altro, finché tutti bruciano di essa. E Billy la Serpe aveva anche gli uomini che aveva assoldato a Natchez-sotto-la-collina che lo assistettero nella lotta. Raccontò loro che faceva parte del piano derubare e uccidere i passeggeri, e che avrebbero condiviso il bottino. Quando poi la mia gente si volse contro di loro, era ormai troppo tardi.

«Tutto accadde mentre io e voi parlavamo quell’ultima notte in cui ci siamo visti, Abner. Le urla, la carneficina, l’ultimo colpo di coda, mortale e selvaggio, di Julian. Ma non andò tutto come voleva lui. I passeggeri reagirono. Mi hanno detto che quasi tutti quelli della mia gente furono feriti, anche se, naturalmente, le ferite guarirono. Vincent Thibaut ebbe un occhio trapassato da un proiettile e morì. Katherine fu afferrata da due fuochisti e gettata in una fornace. Morì bruciata, prima che Kurt e Alain potessero intervenire. Così, due della mia gente trovarono la morte. Due di noi, contro un centinaio dei vostri. I sopravvissuti furono rinchiusi nelle loro cabine…

«Quando tutto fu finito, Julian si fermò e volle aspettare. Gli altri erano pieni di paura, volevano scappare, ma Julian non glielo permise. Desiderava essere scoperto, credo. Mi dissero che si riferiva a voi, Abner.»

«Io?» disse Marsh, sbigottito.

«Spiegò che vi aveva promesso che il fiume non avrebbe mai dimenticato il Fevre Dream. Rise e disse che avrebbe mantenuto quella promessa.»

L’ira montò in Abner Marsh, traboccando e costringendolo ad emettere un grugnito. «Dannazione a lui!» esclamò, ma in tono stranamente tranquillo.

«Questo,» concluse Joshua York, «è quello che è accaduto. Ma non ne sapevo nulla, la notte in cui ritornai sul Fevre Dream. Sapevo solo quello che i miei occhi avevano potuto vedere, quello che avevo sentito, indovinato, immaginato. Ed ero furioso, Abner, furioso. Stavo schiodando quelle assi, come ho detto, e poi comparve Julian. Improvvisamente, mi misi ad urlare contro di lui, incoerentemente.

«Volevo vendetta.

«Desideravo intensamente d’ucciderlo, come mai avevo desiderato di uccidere qualcuno, volevo aprirgli quella sua pallida gola, e gustare il suo dannato sangue! La mia ira… ah, le parole sono così inutili

«Julian attese che io la smettessi di urlare e poi disse con calma. “Sono rimaste due assi, Joshua. Tirale e fallo uscire. Devi avere molta Sete.” Billy la Serpe ridacchiò.

«Non dissi nulla.

«“Vai avanti, caro Joshua,” insisté Julian. “Stanotte tu ti unirai davvero a noi, così non scapperai più. Avanti, caro Joshua. Liberalo. Uccidilo.” I suoi occhi mi avevano rapito. Sentii la loro forza, mi spingevano, mi spingevano dentro di lui, cercando di catturarmi e di assoggettarmi al suo volere. Una volta che avessi gustato il sangue di nuovo, sarei stato suo, anima e corpo, per sempre. Mi aveva battuto una dozzina di volte, mi aveva costretto a inginocchiarmi davanti a lui, a pregarlo di bere il mio stesso sangue. Ma non era mai riuscito a costringermi ad uccidere. Era l’unico ricordo, l’unica protezione rimastami di quello che ero, di ciò in cui credevo e di quello che cercavo di fare, e ora i suoi occhi la stavano abbattendo, e dietro di essi c’erano soltanto morte, sangue e terrore, e le notti vuote e senza fine che presto avrebbero costituito la mia vita.»

Joshua York si arrestò, e distolse lo sguardo. Nei suoi occhi era passata una qualche emozione, confusa e indecifrabile. Marsh vide con sua sorpresa che la mano di Joshua stava tremando.

«Joshua,» disse, «qualunque cosa sia accaduta, è stato tredici anni fa. È passato, è sparito come tutta quella gente che avete ucciso in Inghilterra. E voi non avevate scelta, nessuna scelta. Siete stato voi a dirmi che non ci può essere bene o male senza una scelta. Voi non siete come Julian, non importa se avete ucciso quell’uomo.»

Joshua York lo guardò fisso e fece uno strano sorrisino. «Abner, non l’ho ucciso quell’uomo.»

«No? Allora cosa…»

«Ho resistito,» spiegò Joshua. «Ero furioso, Abner. Lo guardai negli occhi e lo sconfissi. Lottai e questa volta vinsi. Restammo lì per buoni dieci minuti, e infine Julian distolse lo sguardo, e, ringhiando, salì le scale per ritirarsi nella sua cabina, seguito da Billy la Serpe. Il resto della mia gente restò a fissarmi meravigliata. Raymond Ortega si avvicinò per sfidarmi. In meno di un minuto era ai miei piedi. “Signore del Sangue”, disse, chinando il capo. Poi, uno ad uno, gli altri iniziarono ad inginocchiarsi. Armand, Cara, Cynthia, Jorge, Michel LeCouer, perfino Kurt, tutti. Simon aveva un’espressione vittoriosa sul volto. Così gli altri. Quello di Julian era stato un regno amaro, per molti di loro. Ora erano liberi. Avevo vinto Damon Julian, nonostante la sua forza e la sua età. Ero il capo della mia gente ancora una volta. Capii allora che mi trovavo di fronte ad una scelta. A meno che non avessi agito, e in fretta, il Fevre Dream sarebbe stato scoperto e Julian, io e tutta la mia razza sarebbe morta.»

«Cosa avete fatto?»

«Trovai Billy la Serpe. Era stato ufficiale in seconda, dopo tutto. Era fuori la cabina di Julian, confuso, intimorito. Gli diedi l’incarico di occuparsi del ponte di coperta e dissi agli altri di obbedirgli. Ed essi lavorarono, come magazzinieri, macchinisti, come ufficiali di macchina. Con Billy spaventato quasi a morte che dava gli ordini, essi rimisero in moto la nave. L’alimentammo con legna, lardo e cadaveri. È raccapricciante, lo so, ma dovevamo sbarazzarci dei corpi, e non potevamo fermarci per far rifornimento di legna senza correre grandi rischi. Salii nella cabina di pilotaggio e mi misi al timone. Lassù, almeno, non era morto nessuno. Il battello procedeva con tutte le luci spente, così nessuno poteva vederci, anche se avesse avuto occhi capaci di penetrare la nebbia. Qualche volta, dovemmo sondare il fondale e procedere a velicità ridotta e altre volte — quando la nebbia si diradava — scivolavamo tanto veloci sul fiume da rendervi orgoglioso, Abner! Sorpassammo alcuni battelli al buio, ma nessuno si avvicinò abbastanza da leggere il nostro nome. Il fiume era deserto, quella notte, buona parte del traffico era impedito dalla nebbia. Pilotavo in maniera spericolata, ma l’alternativa era la scoperta e la morte certa. All’alba, eravamo ancora sul fiume. Ma avrei permesso alla mia gente di ritirarsi. Billy aveva sistemato le tele cerate tutt’intorno il ponte di comando, per proteggerli dal sole. Io rimasi nella cabina di pilotaggio. Verso lo spuntar del sole, superammo New Orleans, continuammo a discendere il fiume e imboccammo un affluente. Era stretto e basso, la parte più difficile del viaggio. Fummo costretti a sondarne ogni centimetro. Ma, alla fine, raggiungemmo la vecchia piantagione di Julian. Soltanto allora raggiunsi il riparo della mia cabina. Ero seriamente ustionato. Di nuovo.»

Sorrise mestamente.

«Ormai sembra essere diventata un’abitudine,» disse. «La notte seguente, esaminai la proprietà di Julian. Avevamo attraccato il battello ad una vecchio molo mezzo marcito sul bayou, ma era troppo visibile. Se aveste pensato di venire a Cypress Landing, avreste trovato facilmente il vostro battello. Mi dispiaceva distruggerlo, dal momento che potevamo aver bisogno della mobilità che ci garantiva, eppure sapevo che sarebbe stato meglio nasconderlo.

«Trovai una soluzione. Il terreno era stato, un tempo, piantato a indaco. I proprietari avevano iniziato a coltivare la più lucrosa canna da zucchero più di cinquant’anni prima, e naturalmente Julian non ci aveva piantato nulla — ma a sud del vecchio edificio principale, trovai dei vecchi tini di indaco abbandonati, in un canale che conduceva al bayou. Era acqua stagnante, immobile, piena di erbacce e maleodorante. L’indaco non è salubre. Il canale era a malapena tanto largo per farvi passare il Fevre Dream, ma chiaramente non abbastanza profondo.

«Pensai di drenarlo. Scaricai il battello e iniziai a liberare il terreno dal sottobosco, a tagliare gli alberi e a drenare il canale. Un mese di fatica, Abner, trascorso a lavorare quasi ogni notte. E poi feci percorrere al battello il bayou, lo diressi verso il canale con grande difficoltà e ve lo feci entrare. Quando lo fermai, stavamo grattando il fondo, ma il battello era praticamente invisibile, coperto da ogni lati dal fogliame. Nelle settimane seguenti, ostruimmo la bocca del canale dove esso sfociava nel fiume, rimettemmo a posto la sabbia e il fango che avevamo così laboriosamente drenato e cercammo di prosciugare il canale. Nel giro di un mese, o quasi, il Fevre Dream riposò su un terreno fangoso, umido, celato alla vista da querce e cipressi. Nessuno avrebbe mai immaginato che ci fosse stata dell’acqua, in quel luogo.»

Abner Marsh aggrottò la fronte, con aria infelice. «Questa non è la dannata fine che un battello dovrebbe fare,» disse amaramente. «In particolare, non il mio. Si meritava qualcosa di meglio.»

«Lo so,» disse Joshua. «ma dovevo pensare alla salvezza della mia gente. Feci la mia scelta, Abner, e quando la feci mi sentii felice e trionfante. Ormai, non saremmo stati più scoperti. La maggior parte dei cadaveri era stata bruciata o seppellita. Julian non si era più visto dalla notte in cui lo avevo sconfitto e sottomesso. Lasciava di rado la sua cabina, e soltanto per mangiare. Billy la Serpe era il solo che gli parlava. Billy era timoroso ed obbediente, e tutti gli altri seguivano il mio esempio e bevevano con me.

«Avevo ordinato a Billy di rimuovere il mio elisir dalla cabina di Julian e di conservarlo dietro il bancone del bar, nel salone. Lo bevevamo ogni sera, a cena. C’era soltanto un unico, grande problema da dover prendere in considerazione, prima che potessi continuare a pensare al futuro della mia razza — i nostri prigionieri, quei passeggeri che erano sopravvissuti alla notte di terrore. Li avevamo tenuti confinati durante tutto il tempo del nostro viaggio e dei lavori, sebbene nessuno di loro fosse stato toccato. Avevo verificato che fossero ben nutriti e ben trattati. Avevo perfino provato a parlare con loro, a ragionare con loro, ma invano — quando entravo nelle loro cabine, diventavano isterici per la paura. Non avevo nessuna voglia di tenerli imprigionati per sempre, ma essi avevano visto ogni cosa e non sapevo, in vista della nostra sicurezza, come potessi lasciarli andare.

«Ma poi il problema si risolse. In una notte buia, Damon Julian lasciò la sua cabina. Viveva ancora sul battello, come anche pochi altri, quelli che gli erano stati più vicini. Io ero a terra, quella notte, con una dozzina di altri — stavamo lavorando nella casa padronale, che Julian aveva lasciato decadere vergognosamente. Quando ritornai sul Fevre Dream, scoprii che due dei prigionieri erano stati portati via dalle loro cabine e uccisi. Raymond, Kurt e Adrienne erano seduti sui loro corpi, nutrendosi del loro sangue e Julian stava assistendo a tutta la scena.»

Abner Marsh sbuffò. «Dannazione, Joshua, avreste dovuto ucciderlo quando ne avevate l’occasione.»

«Sì,» concordò Joshua York, con sorpresa di Marsh. «Pensavo di poterlo controllare. Fu un grave errore. Naturalmente, quella notte era riemerso dal suo stato di torpore, e io cercai di correggere quell’errore. Ero furioso e nauseato. Ci scambiammo parole amare, e io ero determinato a rendere quello l’ultimo crimine della sua lunga e mostruosa vita. Gli ordinai di guardarmi. Volevo farlo inginocchiare ai miei piedi e fargli offrire il suo sangue, più di una volta se fosse stato necessario, fin quando sarebbe stato mio, fin quando sarebbe stato dissanguato, spezzato, inerme. Egli si alzò, mi guardò e…» York emise una risata dura, priva di speranza.

«Vi ha sconfitto?» disse Marsh.

Joshua assentì. «Facilmente. Come ha sempre fatto in precedenza, tranne quella notte. Raccolsi tutta la forza, la volontà, la rabbia che avevo, ma non fui in grado di reggere il confronto. Forse, perfino Julian non se l’aspettava, almeno credo.» Scosse la testa. «Joshua York, re dei vampiri. Li delusi di nuovo. Il mio regno è durato soltanto due mesi. Per gli ultimi tredici anni, Julian è stato il nostro Signore.»

«E i prigionieri?» chiese Marsh, conoscendo la risposta ma sperando di sbagliarsi.

«Morti. Li presero uno ad uno, durante i mesi che seguirono.»

Marsh fece una smorfia. «Tredici anni. È un bel po’ di tempo, Joshua Perché non siete scappato? Dovete avere avuto numerose occasioni.»

«Molte,» ammise Joshua. «Penso che Julian avrebbe preferito che io scomparissi. Era stato il Signore del sangue per un migliaio d’anni o forse più, il più forte e il più terribile predatore che avesse mai camminato sulla terra, e io lo avevo reso schiavo per due mesi. Né lui, né io potevamo dare importanza a quel breve, amaro trionfo, ma neppure potevamo dimenticarlo. Lottammo ancora e ancora durante quegli anni, e ogni volta, prima che Julian raccogliesse tutta la sua forza per fronteggiarmi, vedevo un pizzico di dubbio, la paura che forse questa volta lo avrei sconfitto di nuovo. Ma non accadde mai. E io rimasi. Dove potevo andare, Abner? E cosa avrei potuto fare? Il mio posto era con la mia gente. Per tutto quel tempo, continuavo a sperare che un giorno avrei potuto riconquistarli a lui. Perfino nella sconfitta, credo che la mia presenza abbia agito da freno su Julian. Ero sempre io che cominciavo le nostre sfide per il predominio, non lui. Non tentò mai di uccidermi. Quando la scorta di elisir iniziò a scarseggiare, approntai il mio equipaggiamento e ne fabbricai dell’altro e Julian non interferì. Permise addirittura a qualche altro di unirsi a me. Simon, Cynthia, Michel e pochi altri. Bevendo, arrestavamo la Sete.

«Julian, da parte sua, se ne stava nella sua cabina. Si sarebbe potuto anche affermare che era dormiente. A volte, nessuno, se non Billy la Serpe, lo incontrava, per settimane. E così passarono gli anni, con Julian perduto nei suoi sogni, sebbene la sua presenza incombesse su di noi. Aveva la sua razione di sangue, naturalmente. Almeno una volta al mese, Billy la Serpe scendeva a New Orleans e ritornava con una vittima. Schiavi, prima della guerra. In seguito, ragazze di sala da ballo, prostitute, ubriachi, furfanti — chiunque riuscisse ad adescare per noi. Quello della guerra fu un periodo difficile. Julian ritornò attivo e condusse spedizioni in città parecchie volte. In seguito, inviò gli altri. Le guerre spesso forniscono prede facili alla mia gente, ma possono anche essere pericolose e anche questa guerra ha preteso il suo tributo. Cara fu assalita da un soldato dell’Unione, una notte, a New Orleans. Lo uccise, naturalmente, ma il soldato aveva dei compagni… fu la prima a morire. Philip e Alain furono arrestati come sospetti e imprigionati. Furono rinchiusi in un recinto all’aperto, in attesa di essere interrogati. Il sole si levò e morirono. Dei soldati, una notte, incendiarono la casa padronale della piantagione. Era già mezza distrutta, comunque, ma non vuota. Armand morì tra le fiamme, Jorge e Michel furono orribilmente ustionati, ma si ripresero. Il resto si disperse e ritornò al Fevre Dream, quando i saccheggiatori se ne furono andati. Da allora, ritornò ad essere la nostra casa.

«Gli anni sono passati con una specie di tregua inquieta tra Julian e me. Eravamo rimasti in pochissimi, una dozzina scarsa, ed eravamo divisi. I miei seguaci avevano il mio elisir, e quelli di Julian il loro sangue. Simon, Cynthia e Michel erano dalla mia parte, il resto dalla sua, alcuni perché la pensavano come lui, altri perché era il Signore del sangue. Kurt e Raymond sono i suoi alleati più forti. E Billy.»

La sua espressione si incupì.

«Billy è un cannibale, Abner. Per tredici anni, Julian ha tentato di farlo diventare uno di noi, o così sostiene lui. Dopo tutto questo tempo, il sangue lo fa ancora stare male. L’ho visto vomitare una dozzina di volte. Ma ora mangia con piacere carne umana, anche se la cuoce prima. Julian lo trova divertente.»

«Avreste dovuto lasciarmelo uccidere.»

«Forse. Anche se, senza Billy, saremmo morti sul battello, quel giorno. Ha una mente sveglia, ma Julian l’ha distorta in modo orribile, come distorce tutti quelli che lo ascoltano. Senza Billy, lo stile di vita che Julian si era costruito sarebbe crollato. È Billy che va in città e ritorna con le sventurate prede per Julian. È Billy che vende l’argento del battello, o parcelle di terra o qualunque cosa sia necessaria per avere a disposizione del denaro. E, in un certo senso, è grazie a Billy che voi ed io ci siamo incontrati di nuovo.»

«Immaginavo che, prima o poi, sareste arrivato a questo» disse Marsh. «Siete rimasto con Julian per molto tempo, senza fuggire o fare qualcosa. Adesso, siete qui, con Julian e Billy la Serpe che vi danno la caccia, e mi avete scritto quella dannata lettera. Perché ora? Cosa è cambiato?»

Le mani di Joshua erano strette sui braccioli della poltrona. «La tregua di cui ho parlato è finita,» disse, «Julian si è svegliato di nuovo.»

«Come?»

«Billy,» spiegò Joshua. «Billy è il nostro legame con il mondo esterno. Quando va a New Orleans, spesso porta giornali e libri, per me, insieme a cibo, vino e vittime. Billy ascolta anche tutte le storie, tutte le chiacchere in città e sul fiume.»

«E allora?» lo interruppe Abner Marsh.

«Di recente, buona parte delle chiacchere riguardavano un solo argomento. Anche i giornali ne erano pieni. È un argomento a voi caro, Abner. Battelli. In particolare, due battelli.»

Abner Marsh aggrottò la fronte. «Il Natchez e il Robert E. Lee,» disse. Non riusciva a capire dove volesse arrivare Joshua. «Precisamente. Da quel che ho letto sui giornali e dai racconti di Billy, credo che sia inevitabile una gara.»

«Per l’inferno, è così,» esclamò Marsh.

«E presto, anche. Leathers si è vantato su e giù per il fiume e ha iniziato a tagliare fuori dal commercio il Lee, stando a quel che ho sentito dire. Il Capitano Cannon non lo tollererà a lungo. E, inoltre, dovrebbe trattarsi di una gara infernale.» Si tirò la barba. «Solo che non vedo cosa questo abbia a che fare con Julian, Billy e il vostro dannato popolo della notte.»

Joshua York sorrise sinistramente.

«Billy ha parlato troppo. Ha risvegliato l’interesse di Julian. Ed egli ricorda, Abner, ricorda quella promessa che vi fece. Io l’ho fermato una volta. Ma ora, dannazione a lui, intende farlo di nuovo.»

«Farlo di nuovo?»

«Ripeterà la carneficina che trovai sul Fevre Dream,» disse Joshua. «Abner, questa gara tra il Natchez e il Robert E. Lee ha carpito l’interesse dell’intera nazione. Perfino in Europa sono state fatte grandi scommesse, a quello che dicono i giornali. Se la gara si svolgerà tra New Orleans e St. Louis, impiegheranno tre o quattro giorni. E tre o quattro notti, Abner. E tre o quattro notti.» E improvvisamente, Abner Marsh capì dove voleva arrivare Joshua e una sensazione di gelo si impossessò di lui, una sensazione che non aveva mai provato. «Il Fevre Dream,» disse. «Lo faranno navigare di nuovo,» disse York, «riaprendo quel canale che abbiamo riempito. Billy la Serpe sta raccogliendo il denaro. Più in là, questo mese, verrà in città per assoldare un equipaggio, per preparare il battello ed equipaggiarlo quando sarà l’ora. Julian pensa che sarà molto divertente. Intende condurlo a New Orleans e rimanere ormeggiato qui fino al giorno della gara. Lascerà partire prima il Natchez e il Robert E. Lee e poi li inseguirà con il Fevre Dream. Quando scenderà la notte, si avvicinerà a quella delle due navi che sarà in testa, la abborderà e… beh, sapete cosa intende fare. Entrambi i battelli navigheranno ad equipaggio ridotto, senza nessun passeggero, per diminuire il loro peso. Per Julian sarà una passeggiata. E costringerà tutti noi a prendervi parte. Io sono il suo pilota.» Rise amaramente. «O almeno lo ero. Quando per la prima volta sentii di questa sua follia, lo affrontai, e persi di nuovo. All’alba del giorno dopo, rubai il cavallo di Billy e scappai. Credevo che con la mia fuga sarei riuscito ad ostacolare il suo proposito. Senza un pilota, non poteva portare in acqua il battello. Ma già quando mi fui rimesso dalle mie ustioni, compresi di essermi sbagliato. Billy assolderà semplicemente un pilota.»

Abner Marsh provò una fitta allo stomaco. Parte di lui era disgustata e furiosa per il piano di Julian, che mirava a fare del Fevre Dream una specie di battello infernale. Ma un’altra parte di lui era conquistata dall’audacia dell’impresa, dalla visione del Fevre Dream che si prendeva gioco di entrambi i battelli, di Cannon e Leathers e tutto il resto del mondo da prendere a calci. «Un pilota, per l’inferno,» imprecò Marsh. «Quei battelli sono le cose più veloci sul dannatissimo fiume, Joshua. Se Julian concede loro del vantaggio, non li riprenderà mai, e non ucciderà nessuno.» Ma non appena pronunciò quelle parole, Marsh capì di non crederci neppure lui. «Julian pensa che così sia più divertente,» replicò Joshua York. «Se riusciranno a rimanere in testa, vivranno. In caso contrario…»

Scosse la testa.

«E Julian dice di nutrire una grandissima fiducia nel vostro battello, Abner. Vuole farlo diventare famoso. Poi, dopo che entrambi i battelli verranno affondati, Julian pensa che scapperemo a riva in direzione est, diretti verso Philadelphia o forse New York. Afferma di essere stanco del fiume. Ma credo si tratti di chiacchere prive di significato. Julian è stanco della vita. Se porterà a termine il suo piano, significherà la fine della mia razza.»

Abner Marsh si alzò dal letto e batté il bastone sul pavimento con ira. «Stradannazione!» ruggì. «Li prenderà, so che lo farà, il mio battello avrebbe potuto superare il dannatissimo Eclipse, se ne avesse avuto la possibilità, lo giuro. E non avrebbe nessuna dannata difficoltà a superare battelli come il Natchez e il Lee. All’inferno, nessuno dei due avrebbe mai potuto battere l’Eclipse. Dannazione, Joshua, non farà questo con il mio battello, giuro che non lo farà!» Joshua York sorrise, un sorriso sottile e pericoloso, e quando Abner Marsh lo guardò negli occhi, vi scorse quella determinazione che aveva notato una volta nel Planters’ House, e la fredda ira che aveva visto una volta quando si era scontrato con York di giorno. «No,» disse Joshua. «Non lo farà. Ecco perché vi ho scritto, Abner, e ho pregato che foste ancora vivo. Ci ho pensato a lungo. Mi sono deciso. Lo uccideremo. Non c’è altra soluzione.»

«Dannazione,» esclamò Marsh. «Vi ci è voluto del tempo per capirlo. Avrei potuto dirvelo io tredici dannati anni fa. Beh, sono con voi. Solo che…» Puntò il suo bastone verso il petto di York. «… Non danneggeremo il battello, capito? La sola cosa sbagliata di quel dannato piano di Julian è la parte in cui ognuno verrà ucciso. Il resto mi piace abbastanza.» Sorrise. «Cannon e Leathers avranno una tale dannata sorpresa che stenteranno a crederci.»

Joshua si alzò sorridendo. «Abner, faremo del nostro meglio, ve lo prometto, affinché il Fevre Dream resti intatto. Assicuratevi di avvertire i vostri uomini.» Marsh aggrottò la fronte. «Quali uomini?»

Il sorriso scomparve dal viso di Joshua. «Il vostro equipaggio,» disse. «Credevo che foste venuto qui su una delle vostre navi, con degli uomini.»

Marsh, improvvisamente, ricordò che Joshua aveva inviato la sua lettera alla Fevre River Packets, a St. Louis. «Dannazione,» disse, «Joshua, io non ho più battelli, e nemmeno uomini. Sono venuto qui in battello, d’accordo, ma in una cabina passeggeri.»

«Karl Framm,» chiese Joshua. «Toby. Gli altri, quegli uomini che avevate sull’Eli Reynolds…»

«Morti o andati via, tutti quanti. Anch’io sono quasi morto.»

Joshua si accigliò. «Pensavo di poter attaccare in forze, di giorno. Questo cambia le cose, Abner.»

Abner Marsh si rannuvolò come un temporale pronto a scoppiare. «Che io sia dannato se è così,» disse. «Non cambia nulla, almeno per come la vedo io. Forse voi pensavate che saremmo andati da loro con un’armata, ma io avevo altre idee. Sono vecchio, Joshua, probabilmente morirò presto, e Damon Julian non mi spaventa più. Ha posseduto il mio battello per troppo dannatissimo tempo e non sono affatto felice di quello che ne ha fatto, e per questo me lo riprenderò, anche se ciò dovesse costarmi la vita. Avete scritto che avete fatto una scelta, dannazione. Ora cosa succede? Verrete con me oppure no?»

Joshua York ascoltò con tranquillità lo sfogo furioso di Marsh, e, lentamente, un riluttante sorriso apparve sui suoi tratti pallidi. «Va bene,» disse alla fine. «Faremo tutto da soli.»

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