Epilogo

Quasi non riesco a crederci, benché tutto ciò che ho fatto negli ultimi sette anni avesse un unico scopo, questo. Sono qui, seduto alla mia scrivania a prendere i miei appunti, e la scrivania si trova in un’astronave e l’astronave si trova nello spazio e lo spazio è pieno di luce. Il Lou di prima si stringe al cuore le serie e danza dentro di me come un bambino felice. Io fingo una maggiore austerità nella mia tuta da lavoro, però so che un sorriso mi solleva un angolo della bocca. Tutti e due udiamo la stessa musica.

Il codice d’identificazione della mia tessera personale riporta i miei titoli accademici, il mio gruppo sanguigno, il mio nullaosta di segretezza… ma non fa alcuna menzione del fatto che ho passato quasi quarant’anni della mia vita bollato come persona disabile, come autistico. Qualcuno lo sa, naturalmente; il clamore pubblicitario che esplose quando la compagnia fece un tentativo (fallito) di commercializzare un trattamento per il controllo dell’attenzione dei lavoratori portò a tutti noi più notorietà di quanta ne volessimo. Bailey in particolare fu per i media il boccone più appetitoso. Io non avevo saputo quale cattivo esito avesse avuto per lui il trattamento finché non consultai gli archivi dei notiziari. Non ci hanno mai più permesso di rivederlo.

Mi manca Bailey. Non era giusto ciò che gli avvenne, e spesso me ne sentivo colpevole, anche se davvero non era affatto colpa mia. Mi mancano Linda e Chuy: speravo che accettassero di sottoporsi al trattamento quando avessero constatato come aveva guarito me; ma Linda non ha deciso di farlo se non l’anno scorso, dopo che io ho conseguito il dottorato. Chuy non ha mai voluto. L’ultima volta che l’ho visto mi ha ripetuto che è sempre contento di restare com’è. Mi mancano Tom e Lucia e Marjory e gli altri miei amici del circolo di scherma, che mi aiutarono tanto nei primi anni della mia guarigione. So che il Lou di prima amava Marjory, ma dentro di me non si mosse nulla la prima volta che la guardai dopo l’uscita dalla clinica. Dovevo scegliere, e… come il Lou di prima… scelsi di andare avanti, di rischiare il successo, di trovare nuovi amici, di essere quello che sono adesso.

Là fuori c’è il buio: il buio del quale ancora non sappiamo nulla. È sempre lì che aspetta, e in questo senso arriva sempre prima della luce. Il Lou di prima soffriva per il fatto che la velocità del buio fosse maggiore di quella della luce. Adesso invece io ne sono felice, perché ciò significa che correndo dietro alla luce non arriverò mai alla fine.

Adesso sono io a porre le domande.

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