Alla fermata successiva toccò al Capitano Mezzabarba.
Ecco come andò. Il Motociclista alzò il braccio e fece arrestare la carovana.
— Casa di Marino Rossi — annunciò, senza nemmeno spegnere il motore.
— Marino? C'è un bambino che si chiama Marino? — si sentì esclamare. — Corpo di mille balene marinate! Questo tocca a me.
Avrete riconosciuto la voce di Mezzabarba, no?
— Se si chiama Marino gli deve piacere il mare. E se gli piace il mare gli occorre un bastimento. E se gli occorre un bastimento, ecco qua il due alberi più veloce e resistente del mondo. Amici, aiutatemi a sbarcare.
Per entrare in casa di Marino si dovevano salire tre gradini. L'Ingegnere Capo del Meccano costruì in un batter d'occhio una funicolare e il veliero vi salì a vele gonfie.
— Grazie, ora ci penso io — dichiarò Mezzabarba. — Andatevene pure per gli affari vostri. Ho fretta di dare un'occhiata alla mia sistemazione. Su, andate, che cosa aspettate? Corpo di mille balene lacrimogene, che cosa vi safta adesso?
Stavano tutti là, con le mani in mano e gli occhi rossi. Mezzabarba era caro a tutti. È vero che lanciava tanti accidenti, ma, come dice il proverbio, capitano che abbaia non morde.
— Noi stare tutti commossi — disse Penna d'Argento, levandosi la pipa di bocca.
— Commossi? Commossi? Che cosa vuol dire? Non capisco questa parola, e non ho un vocabolario per vedere che cosa significhi. Ed anche se avessi un vocabolario non avrei nessuna voglia di guardarlo.
Ma in realtà era commosso anche lui, il vecchio lupo degli oceani, il semibarbuto comandante del glorioso due alberi.
— Ci rivedremo — disse — la terra gira, o forse non avete studiato la geografia? Soltanto le montagne restano al loro posto. Ed io qui di montagne non ne vedo.
Ma tutti vollero restare a guardarlo fin che fu entrato in casa, trascinandosi dietro con le catene il due alberi, come se fosse un carrettino.
Con gli occhi abituati a scrutare le tempeste e i tifoni, Mezza-barba non faticò molto ad orientarsi nella stanza in cui era capitato. Vide subito, anzi, quel che gli occorreva: un bel catino, grande giusto per un due alberi, pieno d'acqua.
— Benone — disse Mezzabarba — voglio vedere che faccia farà domattina il nostro Marino, quando verrà qui di corsa per lavarsi. Sarà ancora mezzo assonnato, ci scommetto. Avrà ancora gli occhi chiusi e in principio non si accorgerà di nulla. Ficcherà le mani nel catino, con una gran paura di trovarci l'acqua fredda, e invece che cosa toccherà? Il più alto pennone della mia nave. Allora sì che spalancherà gli occhi. Ed io sarò lì pronto a fargli il saluto. Sono il Capitano Mezzabarba. dirò, e metto la mia flotta ai vostri ordini.
Così borbottando, aiutandosi con le catene dell'ancora, Mezza-barba varò il due alberi nel catino, e si lasciò dondolare placidamente nella bonaccia.
— Finalmente in acqua — mormorò allora soddisfatto. — La notte è serena, la neve è cessata, la stagione dei monsoni è ancora
lontana, non vedo pescicani né pirati: in attesa dell'alba posso schiacciare un pisolino.
E così fece.
E al suo risveglio andò tutto come aveva pensato.
Mezzabarba varò i due alberi nel catino e si lasciò dondolare placidamente nella bonaccia.